|
|
28-01-2012, 19:38
|
#21
|
Esperto
Qui dal: Jul 2010
Messaggi: 577
|
Mettiamo anche qualcosa di allegro in giro
Ernesto Ragazzoni - Laude dei pacifici lapponi
Ben tappati dentro i poveri,
ma fidati lor ricoveri,
mentre, lento, sui tizzoni
cuoce il lor desinaruzzo,
i pacifici lapponi
bevon l’olio di merluzzo.
Fuori il vento piglia a schiaffi
quattro o cinque abeti squallidi:
gli orsi bianchi sono pallidi
pel gran freddo, e si dan graffi
l’un con l’altro per distrarsi...
Oh! bisogna ricordarsi
che ormai nevica da mesi;
fiumi e rivi presi al laccio
dell’inverno, son di ghiaccio
(e che ghiaccio! perché il ghiaccio
è assai freddo in quei paesi).
Ma che importa lor? Ghiottoni
dallo stomaco di struzzo,
i pacifici lapponi
bevon l’olio di merluzzo.
E son là, raccolti e stretti,
padre, madre, zii, bambini
(battezziamoli lappini,
i lapponi pargoletti?)
e poi c’è la nonna, il nonno,
qualche amico dei vicini;
ciascun preso già dal sonno
perché ha l’epa troppo piena
già di grasso di balena;
pure, a nuove imbandigioni
ogni dente torna aguzzo,
e i pacifici lapponi
bevon l’olio di merluzzo.
Beatissimi! Fra poco,
tutti e quanti russeranno
in catasta attorno al fuoco.
Poi, doman, si leveranno,
mangeranno e riberranno
il buon olio di cui sopra,
e così, per tutto l’anno
sempre... fin che moriranno.
Così svolgesi la loro
vita, piana e senza scosse,
senza mai quell’ansia insana
che ci muta in pellirosse;
senza il fiel, senza la bile
necessari all’uom civile.
Ho da dirvelo? Una smania
prepotente mi dilania,
ed invan da più stagioni
in me dentro la rintuzzo...
Vo’ in Lapponia, tra i lapponi,
a ber l’olio di merluzzo.
Il finale è epico XD
|
Ultima modifica di TomRogerRobert; 28-01-2012 a 19:48.
|
29-01-2012, 11:55
|
#22
|
Principiante
Qui dal: Dec 2011
Ubicazione: Lombardia centro-occidentale
Messaggi: 74
|
Giovanni Pascoli - La mia sera
Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c'è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! Che scoppi!
Che pace, la sera!
Si devono aprire le stelle
nel cielo si tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell'aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell'umida sera.
E', quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d'oro.
O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell'ultima sera.
Che voli di rondini intorno!
che gridi nell'aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena. La parte, si piccola, i nidi
nel giorno non l'ebbero intera.
Né io……. e che voli, che gridi,
mia limpida sera!
Don…don…e mi dicono, Dormi!
Mi cantano, Dormi! Sussurrano,
Dormi! Bisbigliano, Dormi!
là voci di tenebra azzurra…
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch'io torni com'era…
sentivo mia madre… poi nulla…
sul far della sera.
Mi piace soprattutto la parte in cui torna il sereno perchè penso che ci rappresenti un po' tutti... dopo il temporale torna per forza il bel tempo, così come dopo un periodo in cui ci si sente tristi (per i più svariati motivi) deve venire un periodo migliore!
|
|
12-04-2012, 16:52
|
#23
|
Banned
Qui dal: Mar 2012
Ubicazione: Nel meridione della Lombardia :)
Messaggi: 387
|
Queste le ho scritte io:
Nella Notte
Fortunato chi porta con sé il ricordo
e sa attingere
nella veglia,
al cielo sotterraneo,
ai magici giardini
che brillano
nel profondo della notte
Oltre il varco segreto
l'antico cancello
spalancato nel buio
riposa nascosto dalla luce
Mai conosciuti dal Sole
nella Notte
i suoi fiori
innocenti e spontanei
morbide lucciole
lumi a sé stessi
brillano insieme
petali di pensieri
riflettono
ombre luminose
nella fonte nascosta
fuggevoli forme di nuvole
si affacciano
sotto la superficie
lontano dal tempo,
nell'attimo eterno
dormono infinite ricchezze
sconosciute e dimenticate
si cullano ricordi
più antichi della memoria
specchiandosi nel liquido cielo
che onniscente
stupisce se stesso
sgorgano sogni infiniti
e dissetano semi nascosti
che attendono
fiduciosi
nell'oscurità feconda
attraverso la volta stellata,
dentro la sorgente
ogni bambino che gioca
si riconosce nell'acqua
in quel giardino
infinito ma vicino
colmo di meraviglia
e caldo
come la dimora più antica
________________________________________________
Dioniso
Io sono Dioniso
La Musica Mi Attraversa
E Mi Sommerge
Il Ritmo Mi Trascina
E Possiede
Forte come un Fiume In Piena
Brillo nella Luce del Sole
Drogato dalle Spezie
Deliziato dal Profumo
Dei Fiori Respiro La Gioia
La mia Anima Vibra
Nei loro Colori
Piango nel Tramonto
Fremo nel Vento
Quando l'Autunno
Accarezza le mie Foglie
La Linfa di Fuoco
Mi Muove a Divorare
E Mi Divora
Ferocemente
Assetato di Essa
Nel Sesso
Fragrante Profumo
Primavera Nella Carne
__________________________________________________ ___
Sogno
Ho volato
alla velocità del pensiero
in un universo di caleidoscopica intelligenza
pura coscienza abbagliata da infinita meraviglia
nel cuore la gioia dell'anima
che come goccia evapora
in un sole brillante di luce spirituale
perché ha toccato Dio
__________________________________________________ ___
Alfabeto dell'Infinito
Esploro l'infinito del possibile
ogni istante racchiude una nuova meraviglia
troppo vasta per la linea del tempo.
Ricerco l'alfabeto del possibile
l'arte combinatoria
degli aspetti e delle trasformazioni generali
il linguaggio eterno
degli dei architetti di mondi.
__________________________________________________ _____
In un abisso
C'è una parte di me
che non riesco ad afferrare
che in rari momenti di libertà.
La parte di me che
si apre spontaneamente
al mondo,
correndo felice
incontro alle esperienze.
Perché mi sono ucciso?
Sepolto vivo,
in un cupo silenzio,
per tanti anni?
Dove può arrivare
il dolore di un bambino,
e la vendetta?
Ad uccidere un figlio,
accecarne la gioia,
gettarne il cuore
in un abisso.
_____________________________________________
A Estia
Estia,
presenza invisibile,
vergine e saggia
una in se stessa
completa
degna della stima più alta
eterna custode del fuoco
al centro
del cerchio sacro
arde pura,
raccolta e distaccata
luminosa
riscalda lo spazio interno,
la casa del Sé.
__________________________________________________ _
Eclissi
in un attimo
il cielo si è avvolto intorno a noi
le stelle attenderanno silenziose
dietro la corona di luce
splendida Luna d'argento
dall'oro che risplende nell'azzurro
lasciati baciare
fammi brillare Sole per te
__________________________________________________
Io amo
Io amo
io amo il sole
io amo il sorriso
gli occhi
le dolci voci
delle ragazze
io amo sfrecciare nell'orizzonte
io amo il cielo
io amo le sconfinate verdi foreste
io amo l'infinito
io amo il pieno respiro della vita
io amo possedere la mia donna
vedere il suo rapimento
sentirla godere
io amo camminare sereno nella notte
io amo tutto ciò che è intenso
io amo la tempesta
io amo il temporale
il bagliore del fulmine nell'oscurità
il fragore del tuono
amo le rondini nel vento
amo il profumo del verde
dissetato dalla pioggia
amo i campi dorati
distese di spighe generose
sintesi dell'amore
del sole e della terra
amo il sorriso
e l'immediatezza dei bambini
io amo la libertà
io amo i seni pieni
il profumo di donna
e la sublime morbidezza della pelle
sotto le mie carezze
amo il semplice sapore del pane
io amo le tranquille domeniche
la musica
leggere
pensare
scrivere
io amo la luna
circondata da magici contrasti di nubi
in una notte suggestiva
e amo questo centro
che vede
che sente
che ama
__________________________________________
Risveglio
galleggio
piccola foglia di speranza
sotto cieli di libertà
sull'orizzonte della vita
dove l'oceano di sofferenza
precipita nell'abisso
|
|
12-04-2012, 17:29
|
#24
|
Banned
Qui dal: Mar 2012
Ubicazione: Ovunque... e da nessuna parte...
Messaggi: 6,762
|
Gli auguri dell'Innocenza - William Blake
Vedere il mondo in un granello di sabbia
e il paradiso in un fiore selvatico.
Tenere l'infinito nel palmo di una mano
e l'eternità in un'ora.
|
|
16-07-2012, 23:53
|
#25
|
Intermedio
Qui dal: Jul 2012
Messaggi: 137
|
Questo che a notte balugina
nella calotta del mio pensiero,
traccia madreperlacea di lumaca
o smeriglio di vetro calpestato,
non è lume di chiesa o d'officina
che alimenti
chierico rosso, o nero.
Solo quest'iride posso
lasciarti a testimonianza
d'una fede che fu combattuta,
d'una speranza che bruciò più lenta
di un duro ceppo nel focolare.
Conservane la cipria nello specchietto
quando spenta ogni lampada
la sardana si farà infernale
e un ombroso Lucifero scenderà su una prora
del Tamigi, dell'Hudson, della Senna
scuotendo l'ali di bitume semi-
mozze dalla fatica, a dirti: è l'ora.
Non è un'eredità, un portafortuna
che può reggere all'urto dei monsoni
sul fil di ragno della memoria,
ma una storia non dura che nella cenere
e persistenza è solo l'estinzione.
Giusto era il segno: chi l'ha ravvisato
non può fallire nel ritrovarti.
Ognuno riconosce i suoi: l'orgoglio
non era fuga, l'umiltà non era
vile, il tenue bagliore strofinato
laggiù non era quello di un fiammifero.
|
|
17-07-2012, 21:14
|
#26
|
Esperto
Qui dal: Feb 2012
Ubicazione: Firenze
Messaggi: 484
|
Il mare brucia le maschere,
le incendia il fuoco del sale.
Uomini pieni di maschere
avvampano sul litorale.
Tu sola potrai resistere
nel rogo del Carnevale.
Tu sola che senza maschere
nascondi l'arte d'esistere.
G. Caproni
|
|
21-07-2012, 16:07
|
#27
|
Banned
Qui dal: Mar 2012
Ubicazione: Ovunque... e da nessuna parte...
Messaggi: 6,762
|
Sola nel mondo eterna, a cui si volve
Ogni creata cosa,
In te, morte, si posa
Nostra ignuda natura;
Lieta no, ma sicura
Dall’antico dolor. Profonda notte
Nella confusa mente
Il pensier grave oscura;
Alla speme, al desio, l’arido spirto
Lena mancar si sente:
Cosí d’affanno e di temenza è sciolto,
E l’età vote e lente
Senza tedio consuma.
Vivemmo: e qual di paurosa larva,
E di sudato sogno,
A lattante fanciullo erra nell’alma
Confusa ricordanza:
Tal memoria n’avanza
Del viver nostro: ma da tema è lunge
Il rimembrar. Che fummo?
Che fu quel punto acerbo
Che di vita ebbe nome?
Cosa arcana e stupenda
Oggi è la vita al pensier nostro, e tale
Qual de’ vivi al pensiero
L’ignota morte appar. Come da morte
Vivendo rifuggia, cosí rifugge
Dalla fiamma vitale
Nostra ignuda natura
Lieta no ma sicura;
Però ch’esser beato
Nega ai mortali e nega a’ morti il fato.
(Giacomo Leopardi, Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie , 1824)
|
|
23-07-2012, 19:39
|
#28
|
Esperto
Qui dal: Jun 2012
Ubicazione: Milano
Messaggi: 4,737
|
Non è un vero angolo della poesia se manca il più grande poeta di tutti i tempi
!Attenzione!: la traduzione dal greco antico è stata realizzata da me. (le traduzioni trovabili già in italiano sono estremamente libere, ma qui è stata riportata la traduzione fedele del passo, realizzata da me medesimo appunto)
OMERO ODISSEA (libro sesto 127-210)
L'INCONTRO DI ODISSEO E NAUSICAA
Così dicendo, di sotto i cespugli sbucò Odisseo glorioso,
dal folto della selva un ramoscello di foglie con mano gagliarda
stroncò, affinchè coprisse sul corpo le vergogne di uomo.
Si mosse come leone nutrito sui monti, sicuro della forza,
che va bagnato da pioggia e battuto da vento; gli occhi
ardono. Tra buoi si getta, tra pecore
tra cerve selvagge; il ventre lo spinge,
in cerca di greggi e nella solida casa a giungere.
Così Odisseo fra fanciulle bei riccioli stava
per mescolarsi, nudo presso esse: il bisogno infatti lo incalzava.
Terribile a quelle apparve, imbruttito da salsedine,
fuggirono qua e là nelle rive che si protendevano.
Sola, la figlia di Alcinoo rimase, a lei infatti Atena
il coraggio nel cuore infuse e da ginocchia timore le tolse.
Stette davanti, stando immobile: e meditò Odisseo,
se i ginocchi prendendo, pregar la fanciulla occhi belli,
o così con parole di miele, da lontano,
pregarla che la città gli mostrasse e vesti gli desse.
Così a egli che pensava parve cosa migliore,
pregar di lontano con parole di miele,
affinchè con chi le prendeva i ginocchi non si sdegnasse nel cuore la vergine.
Subito dolce e scaltra parola parlò:
"T'imploro, signora: dea o mortale sei?
Se dea tu sei, di quelli che il cielo vasto possiedono,
ad Artemide, figlia del grande Zeus,
per aspetto e grandezza e bellezza rassomiglio vicinissima.
Se invece mortale sei, di quelli che in terra vivono,
tre volte beati il padre e la madre sovrana,
tre volte beati i fratelli: molto a essi l'animo
sempre s'addolcisce di gioia per te,
quando contemplano un tal germoglio muovere a danza.
Ma soprattutto beatissimo in cuore più degli altri,
chi soverchiando coi doni, ti condurrà in casa sua.
Mai simil cosa ho veduto cogli occhi,
nè uomo, nè donna: riverenza mi vince, guardandoti.
In Delo una volta, presso l'altare d'Apollo,
vidi levarsi un fusto nuovo di palma:
giunsi infatti anche lì; e innumerevole esercito mi seguiva,
via in cui m'era destino aver tristi pene.
Così ammirandolo, ero stupito nell'animo
a lungo, poichè mai crebbe tale pianta da terra,
come te, donna, ammiro e sono incantato e ho paura tremenda
di abbracciarti i ginocchi: ma duro strazio m'incalza.
Ieri al ventesimo giorno fuggii il mare colore del vino:
intanto sempre m' ha spinto l'onda e le procelle rapaci,
dall'isola Ogigia; qui m'ha scagliato ora un dio,
affinchè in qualche modo anche qui patisca male: non credo infatti
che finiranno, ma ancora molto gli dei compieranno prima.
Ma tu signora, abbi pietà: infatti molte malvagità soffrendo
a te per prima mi prosto, nessuno conosco degli altri
uomini, che hanno questa città e terra.
La città mostrami, dammi un cencio da mettermi addosso,
se avevi una fodera dei vestiti, venendo qui.
A te gli dei diano tante cose, quante nel cuore desideri,
marito, casa e concordia gloriosa rendano;
Di questo infatti nulla è migliore e superiore,
quando, avendo la stessa opinione nei pensieri, dirigono la casa
l'uomo e la donna: molte sofferenze ai maligni,
ma gioie per gli amici, e loro moltissimo han fama splendida."
A lui Nausicaa braccio bianco in risposta parlò:
"Straniero, nè a malvagio nè a stolto uomo somigli,
ma Zeus Olimpio divide la fortuna tra gli uomini,
nobili e cattivi, come vuole, a ciascuno:
e a te tali cose ha dato, bisogna che tu tolleri in ogni caso.
Ora però, poichè alla nostra città e terra sei giunto,
non abbisognerai di veste, nè di null'altro,
come s'addice a chi tollera molti mali e sta come supplice.
La città ti mostrerò e dirò il nome del popolo.
I Feaci questa città e terra possiedono,
e io son la figlia di Alcinoo magnanimo,
che tra i Feaci ha potere e forza".
Certo, e alle ancelle bei riccioli ordinò:
"Fermatevi, ancelle: dove fuggite vedendo un uomo?
Forse uno degli uomini nemici credete che sia?
Non c'è mortale vivente nè mai ci sarà,
che alla terra dei Feaci pervenga
portando guerra: molto cari agli immortali siamo.
Viviamo in disparte nel mare flutti infiniti,
lontani,nè mai qualcuno degli altri mortali si mischia a noi.
Ma questi è un misero naufrago che qui è giunto,
del quale dobbiamo occuparcene: da Zeus infatti vengono tutti
gli stranieri e i poveri, un dono piccolo e caro.
Ma date, ancelle, allo straniero da mangiare e da bere,
lavatelo nel fiume, dov'è il riparo dal vento".
|
Ultima modifica di Pluvia; 23-07-2012 a 21:03.
|
29-07-2012, 22:09
|
#29
|
Banned
Qui dal: May 2012
Ubicazione: Toscana
Messaggi: 364
|
Son luce ed ombra; angelica
farfalla o verme immondo
sono un caduto cherubo
dannato a errar sul mondo,
o un demone che sale,
affaticando l'ale,
verso un lontano ciel.
Ecco perché nell'intime
cogitazioni io sento
la bestemmia dell'angelo
che irride al suo tormento,
o l'umile orazione
dell'esule dimone
che riede a Dio, fedel.
Ecco perché m'affascina
l'ebbrezza di due canti,
ecco perché mi lacera
l'angoscia di due pianti,
ecco perché il sorriso
che mi contorce il viso
o che m'allarga il cuor.
Ecco perché la torbida
ridda de' miei pensieri,
or mansueti e rosei,
or violenti e neri;
ecco perché con tetro
tedio, avvincendo il metro
de' carmi animator.
O creature fragili
dal genio onnipossente!
Forse noi siamo l'homunculus
d' un chimico demente,
forse di fango e foco
per ozioso gioco
un buio Iddio ci fe'.
E ci scagliò sull'umida
gleba che c'incatena,
poi dal suo ciel guatandoci
rise alla pazza scena
e un dì a distrar la noia
della sua lunga gioia
ci schiaccerà col pie'.
E noi viviam, famelci
di fede o d'altri inganni,
rigirando il rosario
monotono degli anni,
dove ogni gemma brilla
di pianto, acerba stilla
fatta d'acerbo duol.
Talor, se sono il demone
redento che s'india,
sento dall'alma effondersi
una speranza pia
e sul mio buio viso
del gaio paradiso
mi fulgureggia il sol.
L'illusion-libellula
che bacia i fiorellini,
-l'illusion-scoiattolo
che danza in cima i pini,
-l'illusion-fanciulla
che trama e si trastulla
colle fibre del cor,
viene ancora a
sorridermi
nei dì più mesti e soli
e mi sospinge l'anima
ai canti, ai carmi, ai voli;
e a turbinar m'attira
nella profonda spira
dell'estro ideator.
E sogno un'Arte eterea
che forse in cielo ha norma,
franca dai rudi vincoli
del metro e della forma,
piena dell'Ideale
che mi fa batter l'ale
e che seguir non so.
Ma poi, se avvien che l'angelo
fiaccato si ridesti,
i santi sogni fuggono
impauriti e mesti;
allor, davanti al raggio
del mutato miraggio,
quasi rapito, sto:
e sogno allor la magica
Circe col suo corteo
d'alci e di pardi, attoniti
nel loro incanto reo.
E il cielo, altezza impervia,
derido e di protervia
mi pasco e di velen.
E sogno un'Arte reproba
che smaga il mio pensiero
dietro le basse immagini
d'un ver che mente al Vero
e in aspro carme immerso
sulle mie labbra il verso
bestemmiando vien.
Questa è la vita! L'ebete
vita che c'innamora,
lenta che pare un secolo,
breve che pare un'ora;
un agitarsi alterno
fra paradiso e inferno
che non s'accheta più!
Come istrion, su cupida
plebe di rischio ingorda,
fa pompa d'equilibrio
sovra una tesa corda,
tal è l'uman, librato
fra un sogno di peccato
e un sogno di virtù.
-Dualismo, Arrigo Boito-
|
|
30-07-2012, 08:09
|
#30
|
Esperto
Qui dal: Feb 2012
Ubicazione: Firenze
Messaggi: 484
|
XVII SONETTO
Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l'ombra e l'anima.
T'amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.
T'amo senza sapere come, né quando, né da dove,
t'amo direttamente senza problemi né orgoglio:
così ti amo perché non so amare altrimenti
che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.
Neruda
|
|
30-07-2012, 08:20
|
#31
|
Banned
Qui dal: May 2012
Ubicazione: Toscana
Messaggi: 364
|
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi-
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.
-Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, Cesare Pavese-
|
|
30-07-2012, 09:22
|
#32
|
Esperto
Qui dal: Jun 2009
Ubicazione: Oceania, Pista Uno
Messaggi: 63,742
|
Quote:
Originariamente inviata da dany91
Non è un vero angolo della poesia se manca il più grande poeta fino al 1265
|
|
|
02-08-2012, 18:10
|
#33
|
Esperto
Qui dal: Jul 2012
Messaggi: 1,687
|
Donne ch’avete intelletto d’amore,
i’ vo’ con voi de la mia donna dire,
non perch’io creda sua laude finire,
ma ragionar per isfogar la mente.
Io dico che pensando il suo valore,
Amor sì dolce mi si fa sentire,
che s’io allora non perdessi ardire,
farei parlando innamorar la gente.
E io non vo’ parlar sì altamente,
ch’io divenisse per temenza vile;
ma tratterò del suo stato gentile
a respetto di lei leggeramente,
donne e donzelle amorose, con vui,
ché non è cosa da parlarne altrui.
Angelo clama in divino intelletto 15
e dice: "Sire, nel mondo si vede
maraviglia ne l’atto che procede
d’un’anima che ’nfin qua su risplende".
Lo cielo, che non have altro difetto
che d’aver lei, al suo segnor la chiede,
e ciascun santo ne grida merzede.
Sola Pietà nostra parte difende,
ché parla Dio, che di madonna intende:
"Diletti miei, or sofferite in pace
che vostra spene sia quanto me piace
là ’v’ è alcun che perder lei s’attende,
e che dirà ne lo inferno: O mal nati,
io vidi la speranza de’ beati".
Madonna è disiata in sommo cielo:
or voi di sua virtù farvi savere. 30
Dico, qual vuol gentil donna parere
vada con lei, che quando va per via,
gitta nei cor villani Amore un gelo,
per che onne lor pensero agghiaccia e pere;
e qual soffrisse di starla a vedere
diverria nobil cosa, o si morria.
E quando trova alcun che degno sia
di veder lei, quei prova sua vertute,
ché li avvien, ciò che li dona, in salute,
e sì l’umilia, ch’ogni offesa oblia.
Ancor l’ha Dio per maggior grazia dato
che non pò mal finir chi l’ha parlato.
Dice di lei Amor: "Cosa mortale
come esser pò sì adorna e sì pura?".
Poi la reguarda, e fra se stesso giura
che Dio ne ’ntenda di far cosa nova.
Color di perle ha quasi, in forma quale
convene a donna aver, non for misura:
ella è quanto de ben pò far natura;
per essemplo di lei bieltà si prova.
De li occhi suoi, come ch’ella li mova,
escono spirti d’amore inflammati,
che feron li occhi a qual che allor la guati,
e passan sì che ’l cor ciascun retrova:
voi le vedete Amor pinto nel viso,
là ’ve non pote alcun mirarla fiso.
Canzone, io so che tu girai parlando
a donne assai, quand’io t’avrò avanzata.
Or t’ammonisco, perch’io t’ho allevata
per figliuola d’Amor giovane e piana,
che là ’ve giugni tu dichi pregando:
"Insegnatemi gir, ch’io son mandata
a quella di cui laude so’ adornata".
E se non vuoli andar sì come vana,
non restare ove sia gente villana:
ingegnati, se puoi, d’esser palese
solo con donne o con omo cortese,
che ti merranno là per via tostana.
Tu troverai Amor con esso lei;
raccomandami a lui come tu dei.
|
|
02-08-2012, 18:12
|
#34
|
Esperto
Qui dal: Jul 2012
Messaggi: 1,687
|
They fuck you up, your mum and dad.
They may not mean to, but they do.
They fill you with the faults they had
And add some extra, just for you.
But they were fucked up in their turn
By fools in old-style hats and coats,
Who half the time were soppy-stern
And half at one another’s throats.
Man hands on misery to man.
It deepens like a coastal shelf.
Get out as early as you can,
And don’t have any kids yourself.
|
|
02-08-2012, 19:13
|
#35
|
Esperto
Qui dal: Jan 2012
Ubicazione: Asti
Messaggi: 1,630
|
Solo, camminando per le strade affollate
Solo, sorridendo per abitudine
Solo, in un mondo che non mi appartiene
penso a te
Pianto silenzioso a occhi muti, riversare
di pensieri e parole, lacrime e gioia si fondono
in un ricordo lontano, spezzato ma pur vivo
come frammenti di vetro traslucido che portano via
la più intima parte di me
ferendomi
Scritta da me in un momentaccio, anni fa
|
|
03-08-2012, 03:56
|
#36
|
Esperto
Qui dal: Jun 2012
Ubicazione: Milano
Messaggi: 4,737
|
Quote:
Originariamente inviata da Winston_Smith
Non è un vero angolo della poesia se manca il più grande poeta fino al 1265
|
"Quamquam quid me utrique vestrum "loqui" dixerim? Strepere est quicquid ab ullo vobis dicitur: nimis excellitis supraque hominem estis et toto vertice itis in nubis? Sed dulce mihi velut infanti est cum disertissimis nutritoribus balbutire".
Trad: "Ma insomma, perché parlo di "stile" proprio a voi due [Omero e Virgilio]? Sono solo chiacchiere le cose che chiunque può dire a voi: siete troppo in alto voi, siete al di sopra di noi semplici uomini, e dall'altezza della vostra sommità passeggiate tra le nuvole. Ma a me è dolce, come un bambino, balbettare con facondissimi nutritori".
Francesco Petrarca, Familiares XXIV 12, 9 ottobre 1360 ( )
PS: Petrarca ebbe nel 1366 da Boccaccio la traduzione di Iliade e Odissea; pare invece non abbia mai posseduto l'opera del tuo divin poeta, come lui stesso ammette nell'epistola Familares XXI - 15
"Ea vero michi obiecte calumnie pars altera fuerat, cuius in argumentum trahitur quod a prima etate, que talium cupidissima esse solet, ego librorum varia inquisitione delectatus, nunquam librum illius habuerim, et ardentissimus semper in reliquis, quorum pene nulla spes supererat, in hoc uno sine difficultate parabili, novo quodam nec meo more tepuerim. Factum fateor, sed eo quo isti volunt animo factum nego".
Trad: "L’altra calunniosa accusa che mi si fa è che io, che fin da quella prima età in cui avidamente si coltivano gli studi, mi compiacqui tanto di far raccolta di libri, non abbia mai ricercato il libro di costui (Dante), e mentre con tanto ardore mi diedi a raccoglier libri quasi introvabili, di quello solo, che era alla mano di tutti, stranamente non mi sia curato. Confesso che è così, ma nego di averlo fatto per le ragioni ch’essi dicono".
|
Ultima modifica di Pluvia; 03-08-2012 a 04:20.
|
06-08-2012, 15:44
|
#37
|
Esperto
Qui dal: Jan 2012
Ubicazione: Asti
Messaggi: 1,630
|
Eldorado
Gaiamente vestito
un galante cavaliere,
alla luce del sole ed all’ombra
aveva viaggiato lungamente,
cantando una canzone
in cerca di Eldorado.
Ma egli diventò vecchio
questo cavaliero così ardito
e sul suo cuore un’ombra
cadde quando ei non trovò
alcun luogo sulla terra
somigliante all’Eldorado.
E come la sua possanza
lo abbandonò alla fine,
egli incontrò un’ombra pellegrina
“Ombra,diss’egli,
dove può essere
questa terra di Eldorado?”
“Sui monti
della Luna,
giù nella valle dell’Ombra,
cavalca, arditamente cavalca
-l’ombra replicò-
se tu cerchi l’Eldorado!”
(Edgar Allan Poe,1849)
|
|
06-08-2012, 15:48
|
#38
|
Esperto
Qui dal: Jun 2009
Ubicazione: Oceania, Pista Uno
Messaggi: 63,742
|
Quote:
Originariamente inviata da dany91
"Quamquam quid me utrique vestrum "loqui" dixerim? Strepere est quicquid ab ullo vobis dicitur: nimis excellitis supraque hominem estis et toto vertice itis in nubis? Sed dulce mihi velut infanti est cum disertissimis nutritoribus balbutire".
Trad: "Ma insomma, perché parlo di "stile" proprio a voi due [Omero e Virgilio]? Sono solo chiacchiere le cose che chiunque può dire a voi: siete troppo in alto voi, siete al di sopra di noi semplici uomini, e dall'altezza della vostra sommità passeggiate tra le nuvole. Ma a me è dolce, come un bambino, balbettare con facondissimi nutritori".
Francesco Petrarca, Familiares XXIV 12, 9 ottobre 1360 ( )
PS: Petrarca ebbe nel 1366 da Boccaccio la traduzione di Iliade e Odissea; pare invece non abbia mai posseduto l'opera del tuo divin poeta, come lui stesso ammette nell'epistola Familares XXI - 15
"Ea vero michi obiecte calumnie pars altera fuerat, cuius in argumentum trahitur quod a prima etate, que talium cupidissima esse solet, ego librorum varia inquisitione delectatus, nunquam librum illius habuerim, et ardentissimus semper in reliquis, quorum pene nulla spes supererat, in hoc uno sine difficultate parabili, novo quodam nec meo more tepuerim. Factum fateor, sed eo quo isti volunt animo factum nego".
Trad: "L’altra calunniosa accusa che mi si fa è che io, che fin da quella prima età in cui avidamente si coltivano gli studi, mi compiacqui tanto di far raccolta di libri, non abbia mai ricercato il libro di costui (Dante), e mentre con tanto ardore mi diedi a raccoglier libri quasi introvabili, di quello solo, che era alla mano di tutti, stranamente non mi sia curato. Confesso che è così, ma nego di averlo fatto per le ragioni ch’essi dicono".
|
Uno che ha dei pregiudizi verso un'opera solo perché scritta in volgare invece che in latino si squalifica da solo.
DANTE > Petrarca
|
|
06-08-2012, 16:28
|
#39
|
Esperto
Qui dal: Jul 2012
Messaggi: 1,687
|
Quote:
Originariamente inviata da dany91
"Quamquam quid me utrique vestrum "loqui" dixerim? Strepere est quicquid ab ullo vobis dicitur: nimis excellitis supraque hominem estis et toto vertice itis in nubis? Sed dulce mihi velut infanti est cum disertissimis nutritoribus balbutire".
Trad: "Ma insomma, perché parlo di "stile" proprio a voi due [Omero e Virgilio]? Sono solo chiacchiere le cose che chiunque può dire a voi: siete troppo in alto voi, siete al di sopra di noi semplici uomini, e dall'altezza della vostra sommità passeggiate tra le nuvole. Ma a me è dolce, come un bambino, balbettare con facondissimi nutritori".
Francesco Petrarca, Familiares XXIV 12, 9 ottobre 1360 ( )
PS: Petrarca ebbe nel 1366 da Boccaccio la traduzione di Iliade e Odissea; pare invece non abbia mai posseduto l'opera del tuo divin poeta, come lui stesso ammette nell'epistola Familares XXI - 15
"Ea vero michi obiecte calumnie pars altera fuerat, cuius in argumentum trahitur quod a prima etate, que talium cupidissima esse solet, ego librorum varia inquisitione delectatus, nunquam librum illius habuerim, et ardentissimus semper in reliquis, quorum pene nulla spes supererat, in hoc uno sine difficultate parabili, novo quodam nec meo more tepuerim. Factum fateor, sed eo quo isti volunt animo factum nego".
Trad: "L’altra calunniosa accusa che mi si fa è che io, che fin da quella prima età in cui avidamente si coltivano gli studi, mi compiacqui tanto di far raccolta di libri, non abbia mai ricercato il libro di costui (Dante), e mentre con tanto ardore mi diedi a raccoglier libri quasi introvabili, di quello solo, che era alla mano di tutti, stranamente non mi sia curato. Confesso che è così, ma nego di averlo fatto per le ragioni ch’essi dicono".
|
Fu proprio dopo quell'ammissione di colpa che Boccaccio gliene regalò una copia che certamente Petrarca lesse e, essendo un genio oltre che un letterato tra i più grandi, ammirò.
|
|
06-08-2012, 16:34
|
#40
|
Esperto
Qui dal: Jun 2009
Ubicazione: Oceania, Pista Uno
Messaggi: 63,742
|
Comunque lasciamo parlare qualcuno che ne capisce
http://it.wikipedia.org/wiki/Opere_d...laude_di_Dante
Il titolo "vulgato" aderisce perfettamente al tono di alto e quasi religioso elogio dell'opera.
Intorno alla figura del divino poeta vibra come un alone di leggenda conforme al tipo ideale che, nell'Alighieri, Boccaccio delinea e onora come primo, augusto ed eroico cultore della poesia e della scienza.
|
|
|
|
|