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10-11-2007, 13:35
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#41
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Avanzato
Qui dal: Sep 2006
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Antoine Doinel è un bambino solo, indesiderato e incompreso che vive con la giovane madre e il patrigno. Ha poca voglia di studiare e si diverte ad andare al cinema, a marinare la scuola, a compiere piccoli furti, oppresso da una famiglia che pensa troppo a se stessa e lo relega a buttare via la spazzatura o ad andare a comprare il latte, lasciando ai compagni di scuola il compito di accompagnarlo all'adolescenza. Il riformatorio diventerà il trampolino per il tuffo nel mare della vita.
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11-11-2007, 12:28
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#42
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Avanzato
Qui dal: Sep 2006
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A Buffalo nevica il giorno in cui Billy esce di prigione dopo cinque anni. Il giovane possiede un carattere molto particolare, non sopporta di essere toccato da un altro essere umano e può passare in un batter d'occhio dalle buone maniere alla violenza incontrollata. Goon è l'unica persona che sa che Billy è stato in prigione ingiustamente per una scommessa di gioco persa. Neanche i suoi genitori sanno che è stato in galera, Billy gli ha raccontato che stava svolgendo un lavoro importante per conto del governo. Per far visita ai genitori ignari, però, rapisce una ballerina costringendola a fingersi sua moglie...
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11-11-2007, 18:52
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#43
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Esperto
Qui dal: May 2007
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Una bella orfana è decisa a farsi suora, ma ad un certo punto viene ospitata nella casa di uno zio molto ricco che, dopo aver cercato di violentarla, si impicca...
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18-11-2007, 23:25
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#44
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Esperto
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"Una storia vera" ( The Straight Story ) di David Lynch
Una storia vera è un film del 1999 diretto da David Lynch. Si basa su un fatto realmente accaduto e racconta la storia di Alvin Straight, un contadino dell'Iowa che nel 1994, a 73 anni di età, intraprese un lungo viaggio a bordo di una motofalciatrice per andare a trovare il fratello reduce da un infarto. Straight coprì in 6 settimane la distanza di 240 miglia, viaggiando a 5 miglia all'ora.
Recensione:
"La cosa peggiore della vecchiaia è il ricordo di quand'eri giovane". David Lynch racconta, commuove e torna a far riflettere sui temi importanti della vita, in modo dolce e poetico come solo un genio dietro la macchina da presa sa affrontare. La vecchiaia, l'importanza della famiglia, i ricordi e la saggezza, la vita e la morte, il regista abbandona momentaneamente gli incubi, le sue ossessioni e lo studio dei sogni per affrontare temi più forti e allo stesso tempo delicati con una storia incredibilmente straordinaria, basata su un fatto realmente accaduto.
Alvin Straight (Richard Farnsworth) ha settantatré anni, vive a Laurens nell'Iowa con la figlia Rose (Sissy Spacek), una madre ritardata alla quale hanno portato via i figli. Le sue condizioni di salute sono pessime: oltre a non vedere bene - che non gli consente di avere la patente -, convive, infatti, con un principio di enfisema polmonare e un'artrite che lo costringe ad usare ben due bastoni. Presto viene a sapere che il fratello Lyle del Wisconsin è molto malato e si avvicina alla morte. Malgrado non si parlino da tanto tempo a causa di un banale litigio e le proibitive condizioni fisiche non glielo permettano, Alvin decide di mettere da parte l'orgoglio e di intraprendere un viaggio lungo più di 350 miglia attraverso gli stati dell'Iowa e del Wisconsin, con un vecchio tosaerba che traina un piccolo rimorchio - la sua "casa" durante il viaggio -. Tra lande sterminate e paesaggi mozzafiato nel cuore dell'America, ripresi da raffinate inquadrature panoramiche, Alvin trascorre quasi due mesi di viaggio e incontra tanta gente, dispensando autentica saggezza e suscitando infinita tenerezza. Un pellegrinaggio interiore dunque, che si sublima con il ricordo sbiadito e nostalgico di un cielo stellato. La pellicola è una grande metafora del tempo e della sua ineluttabilità sottolineata magistralmente dalle scelte registiche; geniale in tal senso introdurre il gruppo di giovani ciclisti che sfrecciano ad alta velocità accanto al vecchio Alvin, in contrasto con la sua ponderatezza e la sua flemma, resa perfettamente con movimenti dolci dell'inquadratura e dalla splendida interpretazione di Farnsworth. Sembra quasi che questo voglia sottolineare la fretta e la furia di arrivare tipica dei giovani d'oggi, che non si fermano mai, che hanno un'ansia instancabile di crescere, paragonata alla serenità e lentezza di chi conosce il valore del tempo. E il viaggio di Alvin, in una visione più generale, potrebbe essere comparato alla vita stessa, fatta d'incontri e di un gran numero d'esperienze, nella quale forse il punto d'arrivo non è importante quanto il percorso in sé: non conta dove riusciamo ad arrivare, ma il panorama che il viaggio ci riserva.
Lynch dimostra ancora una volta di essere un cineasta formidabile, completo e versatile, un teorico del cinema che ripone nell'emotività dei personaggi (sempre molto passionali) e nel gioco di sguardi tutta la potenza comunicativa dei suoi film. Il regista stupisce ancora una volta concependo una pellicola che ripone la sua bellezza interamente nella sua semplicità. Questa caratteristica è attribuibile a diversi aspetti del film: oltre alla storia, anche il montaggio risulta essere realizzato in maniera semplice e lineare, in controtendenza rispetto alle altre pellicole. Se si esclude "The Elephant Man" (1980) siamo ben lontani dai labirinti mentali di "Lost Highway" (1997) o dalla mostruosa creatura di "Eraserhead" (1976) o tanto più dall'ottica multi-strato creata nel successivo "Mullholland Drive" (2001), dove sogno e realtà s'intrecciano e contorcono in scene apparentemente senza senso, costruite appositamente per rendere un perenne e claustrofobico stato di tensione. "The Straight Story" è il personale omaggio alla vita di un D. Lynch sicuramente meno allucinato, ma in grado ancora una volta di affascinare e lasciare un segno indelebile nello spettatore.
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23-11-2007, 19:51
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#45
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Guest
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Cinque tra i più famosi detective del mondo - un francese, due americani, una inglese, un cinese - vengono invitati "a una cena e assassinio" nel castello di un eccentrico miliardario, il quale promette un milione di dollari esentasse a quello dei cinque che per primo risolverà il caso dell'imminente delitto. Il castello di Twain è ricco di misteri e di sorprese, a cominciare dal maggiordomo cieco e dalla cuoca sordomuta, per continuare con le apparizioni dell'imprendibile anfitrione. Superati i primi scogli di attentati alle persone, messi di fronte a ben tre cadaveri (il terzo, quello dello stesso Twain, pugnalato dodici volte allo scoccare della mezzanotte), gli investigatori si trovano sottoposti a prove mortali da cui si salvano. Non si salvano, invece, dal ridicolo: ogni soluzione è brillante ma falsa. Sono veramente morte le presunte vittime? Chi è il diabolico organizzatore della beffa?
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27-12-2007, 22:58
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#46
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Esperto
Qui dal: Sep 2006
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DANCER IN THE DARK
L'incipit di Dancer In The Dark è molto più di una esplicita dichiarazione d'intenti, racchiude in un breve lasso di tempo la crisi della visione tematizzata dal film. Lo stravolgimento delle gerarchie sensoriali che sembra essere uno degli imperativi del cinema contemporaneo.
Selma (la cantante islandese Bjork) è una giovane immigrata cecoslovacca nell'america industriale degli anni '50. Operaia in una piccola fabbrica, Selma e il figlio Gene vivono in una roulotte nel giardino di casa di due americani apparentemente benestanti, il poliziotto Bill (David Morse) e la bella moglie Linda (Cara Seymour). Il loro legame matrimoniale è in realtà esclusivamente legato alla disponibilità economica che Bill ha fatto credere di avere alla moglie dissipatrice. In realtà Bill e la sua casa sono in mano alle banche. Anche Selma nasconde dietro agli occhiali spessi un terribile segreto: sta diventando cieca. Non solo. Anche il figlio Gene è afflitto dalla stessa malattia ereditaria agli occhi. Presto, se non si interverrà chirurgicamente, anche lui è destinato all'oscurità. L'infinito amore della madre tiene celato a Gene questo terribile destino. Selma lavora giorno e notte. Risparmia centesimo su centesimo pur di poter pagare un giorno l'operazione di Gene.
Per sfuggire alla dura realtà quotidiana della fabbrica e di una vita non certo felice Selma sogna ad occhi aperti. Sogna di essere la protagonista di un musical. Uno di quei musical hollywoodiani che Selma ama e di cui conosce perfettamente ogni meccanismo narrativo, tanto da essere capace di costruirsi il "suo" musical interiore. Un mondo immaginario ove tutto è colore, espressione stilistica, perfette coreografie di figure danzanti. La cecità fisica di Selma apre le porte della sua immaginazione. Ogni rumore della realtà, il frastuono meccanico delle macchine in fabbrica, la puntina gracchiante di un vecchio giradischi, il suono cupo di un treno sulle rotaie, si trasformano nella testa di Selma in un motivo da musical. La realtà diviene ancora più cupa e tragica quando Bill, spinto dalle continue richieste economiche della moglie, ruba il piccolo tesoro di Selma. Accecata dal bisogno, tradita nelle amicizie, Selma uccide Bill durante una colluttazione.
L'amore per il figlio, la decisa volontà di espiare il suo peccato originario, l'aver cioè dato vita ad un figlio pur conoscendo l'ereditarietà della malattia agli occhi, spingono la giovane operaia verso un terribile calvario. La punizione, la tortura psicologica e fisica, sono il fardello che Selma sceglie consapevolmente di portare sulle spalle fino alla sua morte.
Dancer In The Dark è un film nettamente scisso in due parti. Due film semi indipendenti che si compenetrano, si contaminano, si rivelano essere l'uno il "testo critico" dell'altro.
Da una parte il dramma. La tragedia della vita reale di Selma. Un egoistico amore verso il figlio che spinge Selma ai margini della società, all'impossibilità di intrattenere relazioni emozionali di alcun genere con i suoi simili. Le lenti spesse degli occhiali isolano, celano Selma alla vista degli altri uomini. Una impenetrabile barriera difensiva portata con malcelato disagio. Tutto filmato o meglio riprodotto secondo i canoni del Dogma. La camera a mano, la pellicola sgranata, nessun "trucco" cinematografico, nessun taglio. Nessun filtro, nessuna luce di scena. La massima impressione di realtà da riversare sullo spettatore.
Dalla parte opposta il musical. Il mondo interiore di Selma dedotto dai canoni del musical classico. Colori sgargianti, scenografie perfette, movimenti armonici dei personaggi che improvvisano gradevoli passi di danza. L'effetto nascosto della ripresa tramite 100 telecamere disposte con certosina pazienza per "cogliere l'attimo". Una netta impressione di irrealtà. Il cinema classico rappresentato nella sua valenza di evasione, di puro intrattenimento, di fuga dalla realtà.
Inizialmente i due mondi a parte si sfiorano soltanto. Dal mondo reale ritratto dal Dogma scocca la scintilla, il rumore, per la creazione del mondo immaginario classico del musical. Col procedere della narrazione i due mondi iniziano a contaminarsi. I toni leggeri e spensierati del musical si caricano della tragedia di Selma. La visone reale negata nel mondo concreto, diviene visone immaginaria necessaria alla sopravvivenza. Tutto il male del mondo, le angosce e le pene di Selma si riversano nel musical. Realtà ed immaginazione divengono inseparabili. Nella processo di compenetrazione dei due testi, nella apparente facilità con cui è possibile trasformare il musical in tragedia e viceversa, si evidenzia l'artificiosità artistica che sottende ad entrambi. Una attacco frontale studiato a priori. L'evidenziazione di canoni del genere attraverso il loro forzato accostamento. A cui segue la loro negazione programmatica, ed infine lo sbriciolamento stesso del concetto di genere.
In poco più di due ore Dancer In The Dark ripercorre l'evoluzione del cinema negli ultimi anni. In un solo istante, l'ultimo movimento di macchina, il volo finale della macchina da presa verso il soffitto della prigione, segna in modo inequivocabile l'impossibilità finale di scindere le due categorie cinematografiche. In un solo movimento di macchina il film segnala la natura intima del cinema (post)moderno. Non un cinema di genere, ma un cinema fatto di più generi, amalgamati ed omogeneizzati tra loro. Con Dancer In The Dark Lars Von Trier non solo riflette ed evidenzia i meccanismi narrativi ed i percorsi emotivi forzati del cinema classico, ma mette in mostra, senza falsi pudori, le forzature narrative e stilistiche che sono il fondamento del suo cinema. Del cinema contemporaneo nella sua globalità.
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27-12-2007, 23:17
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#47
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Esperto
Qui dal: Sep 2006
Messaggi: 5,489
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Neil Oliver è un giovane artista, ma il padre non approva le sue scelte, preferirebbe che frequentasse Oxford. Tutte le cose cambiano quando Neil incontra O.W.Grant, che può esaudire esattamente un desiderio per persona. Il desiderio di avere delle risposte lo porta a viaggiare lungo una strada che non esiste: la "Interstate 60". Lungo la strada molti incontri lo attendono, riuscirà a trovare ciò che chiede?
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04-01-2008, 18:14
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#48
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Guest
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Raga, per le discussioni e i pareri sui film aprite un topic apposta perchè l'idea è quella di fare solo una sezione cinema qui
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08-01-2008, 13:30
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#49
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Esperto
Qui dal: May 2007
Messaggi: 1,041
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Titolo: He was a Quiet Man
...il protagonista interpreta un impiegato timido isolato e solo che medita di sparare ai coworkers, alcuni dei quali non lo trattano bene...ma succederanno cose inaspettate e imprevedibili che cambieranno la sua vita...........
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08-01-2008, 17:05
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#50
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Banned
Qui dal: Dec 2007
Messaggi: 1,145
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un film che mi ha preso il cuore.
THE UGLY - genesi di un serial killer
di Scott Reynolds
Simon Cartwright non è un serial-killer. Simon non è un pazzo ma sente delle voci. Simon spesso riceve delle visite nella sua mente, visite da parte delle sue vittime. Simon è confuso ed ha paura. Simon sa essere spietato e mortale. Tutto questo e molto di più è Simon e ben presto se ne accorgerà la dottoressa Carol incaricata di tracciare un profilo psicologico di tale omicida internato in un allucinato manicomio criminale. Come può nascere un assassino? Cosa può spingere ad uccidere? La solitudine e l'opprimente società forse, oppure una sensibilità incompresa e derisa. Cosi' fra le pieghe della memoria di Simon incominciamo a viaggiare a ritroso. Fra omicidi ed un'infanzia triste, fra le mura della sua camera e lo sguardo gelido della madre. Senza un padre e senza un amico solo con un pallido amore nell'adolescenza ben presto interrotto. Questo e la violenza quotidiana creano Simon Cartwright e lo rendono rabbioso col mondo intero. Rabbioso e condannato ancora una volta di più a restar solo. Non serve raccontare nel dettaglio gli eventi che nel film accadono poiché ciò che veramente magnetizza è la figura di Simon magistralmente interpretata dal nostrano Paolo Rotondo. L'importante è aggrapparsi ben saldi alla poltrona per non rischiar di perdersi nel blu e nel rosso dell'allucinata fotografia, per evitare di farsi trascinare nel vortice di dolore che nella mente di Simon si muove. La fragilità dell'assassino e la sua spietatezza costituiscono un binomio mai cosi' ben delineato come accade in questo film. Impossibile non provare un profondo senso di pietà nei confronti di Simon cosi' come impossibile non spaventarsi dinanzi alla ferocia che poi esplode di colpo. Quanti di noi si sentiranno per brevi attimi vicini a lui, vicini al suo tormento e alla sua dolcezza calpestata. Quanti sentiranno fremere dentro la paura prima che egli scatti con il suo rasoio ed uccida. Se in "Maniac" di Lustig il serial-killer era brutalità e misoginia allo stato puro e se in "Henry - Pioggia di sangue" di Mcnaughton l'assassino è mostrato nella maniera più documentaristica possibile, qui in "The Ugly" l'unica cosa che conta è la mente stessa del folle. Guardando il film vi perderete nella confusione, nel dolore, nella paura e nei brevi attimi di gioia che Simon ha provato. Uno dei più grandi horror degli anni '90 in assoluto.
recensione presa da www.alexvisani.com
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17-01-2008, 13:02
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#51
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Esperto
Qui dal: Sep 2006
Ubicazione: VE
Messaggi: 986
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Il posto delle fragole
del grandissimo BERGMAN...
Recensione:
Un vecchio medico parte in auto con la nuora, carica una coppia di autostoppisti, va a trovare la vecchissima madre, arriva all'università di Lund dove si festeggia il suo giubileo, il 50° anniversario della sua attività professionale. Alle vicende del viaggio si alternano sogni, incubi, ricordi che si fanno parabola sulla morte nascosta dietro le apparenze della vita. “... non avevo capito che V. Sjöström si era preso il mio testo, l'aveva fatto suo e vi aveva immesso le sue esperienze... Si era impadronito della mia anima nella figura di mio padre e se ne era appropriato...” (I. Bergman)
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28-01-2008, 15:15
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#52
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Esperto
Qui dal: Nov 2007
Ubicazione: Emilia
Messaggi: 1,853
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Un bellissimo film di Joel Coen....da sbudellarsi dalle risate: con Jeff Bridges, John Goddman, Steve Buscemi.
Imperniato su un errore di identità e un sequestro di persona, ha per protagonista il barbuto in calzoncini corti Jeff Lebowski detto il Drugo (pessima traduzione dell'originale Dude), vecchio ragazzo degli anni '70, uno degli estensori del Manifesto (1962) di Port Huron, fedele alle amicizie e alle proprie idee, disincantato osservatore della putredine del mondo, ma deciso a fare la cosa giusta. Manca un filo forte a legare questa storia contorta, ma c'è un'assortita galleria di personaggi, attori bravissimi, talvolta irresistibili, ricchezza di invenzioni, una ghiotta sequenza onirica, intelligenti e divertenti dimostrazioni di cinema concettuale: “... è come una grande stanza mirabolante di quel museo-galleria degli sfigati e bizzarri del mondo in cui viviamo e che abbiamo voluto come è.”
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29-01-2008, 22:04
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#53
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Esperto
Qui dal: Sep 2006
Messaggi: 5,489
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"Se vuoi qualcosa nella vita datti da fare e prendila"
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30-01-2008, 13:59
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#54
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Esperto
Qui dal: Mar 2006
Messaggi: 1,072
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Quote:
Originariamente inviata da Redman
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uffi ma di questo film avevo già scritto io
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30-01-2008, 15:00
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#55
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Esperto
Qui dal: Nov 2007
Messaggi: 566
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-madness? this is spartaaaaaaaaaaaa-
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30-01-2008, 15:15
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#56
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Esperto
Qui dal: Sep 2006
Messaggi: 5,489
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Quote:
uffi ma di questo film avevo già scritto io
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Lo avevi scritto sul tuo diario? ho guardato le pagine precedenti e non c era nulla 8)
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03-02-2008, 12:20
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#57
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Esperto
Qui dal: Dec 2007
Messaggi: 936
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Montaggio abilissimo di riprese in 35mm, video e super8, originale fotografia.
Incalzante e paradossale colonna sonora (posto dila' la playlist).
Un reportage dell'anima, un'avventura segreta fra il silenzio individuale e il frastuono del mondo.
paranoidpark.co.uk
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03-02-2008, 22:19
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#58
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Avanzato
Qui dal: Sep 2006
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A Edimburgo tre amici – due uomini e una donna – scoprono che lo sconosciuto al quale hanno subaffittato un quarto del loro grande appartamento è morto lasciando una valigia piena di banconote. Fanno sparire il cadavere, liquidano due malviventi in cerca del malloppo e cominciano a dilaniarsi tra loro.
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05-02-2008, 14:19
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#59
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Guest
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Per cortesia, le discussioni inerenti ai film le potete fare aprendo altri topic? questa sezione è dedicata solo ai film
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07-02-2008, 15:43
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#60
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Esperto
Qui dal: Dec 2007
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