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Vecchio 15-05-2010, 11:46   #1
Principiante
 

Io mi sono chiesto tante volte come nasca il Disturbo evitante di personalità.

Sono arrivato alla conclusione che abbia, in buona parte, una ragione genetica, neurologica.

Se fosse legato all'attività e alla partecipazione sociale, penso, non si spiegherebbe la "cronicità" della sua natura...

§

Io vorrei lasciare quì la mia ipotesi, la mia teoria.

Io penso che il Disturbo evitante sia legato ad un insieme di funzioni sociali che chiamo "uomo educato e medico".

Le funzioni a cui mi riferisco sono queste:
- la cultura,
- la comunicazione,
- la scienza e la tecnologia,
- la medicina,
- l'educazione,
- la filosofia e la religione.

La mia esperienza mi ha insegnato che, per un evitante, questi campi sono l'orizzonte in cui si muove.

Ora: accanto a queste funzioni, ovviamente, ce ne sono altre... cioè:
- la vita cittadina,
- le politiche sociali di aiuto e di solidarietà,
- l'industrialità, la creatività,
- i movimenti socialisti,
- la moralità,
- la politica,
- la famiglia e il lavoro,
- la cooperazione in un movimento sociale,
- la violenza,
- il razzismo.

Le funzioni che un evitante ama, penso, sono importanti come le funzioni che rimangono.

Ma queste, a bene vedere, mi mettono a disagio: ad esempio... in città mi sento sperduti; amo la solidarietà, l'umanità, e, pure, non la agisco (forse mi mette a disagio? E perché mai?); non mi sento creativo: ho provato tantissime volte a creare ma i risultati nel complesso sono stati limitati; la moralità mi ha sempre lasciato interdetto (mi sento una persona morale? Sono stato morale nel mio passato? Beh... no...); la politica la odio; la famiglia e il lavoro (che sono una sol cosa) è qualcosa che non conosco; non sono violento e non sono razzista.

In breve: alcune funzioni giustissime mi appaiono meritevoli (socialità, città, morale, politica) e, pure, non le agisco.

Perché?

Probabilmente perché non sono "legate" ai campi di cui sopra.

Nei campi di cui sopra io mi sento forte e ferrato... e a mio agio. Negli altri campi, invece, no. Mi sento smarrito... solo.

§

Dunque: e se ciò che mi fà soffrire sia proprio l'obbligo, sociale, di vivere una funzione in cui non mi riconosco?

Ad esempio... osserviamo il binomio Famiglia-Lavoro.

Mio padre... la società... vuole che io "lavori" e che mi "faccia una famiglia".

Ma lo voglio?

E soprattutto: è giusto volerlo?

Io penso di no.

Chi è evitante è una persona portata, in modo straordinario, per la Scienza e la Tecnologia, per la Cultura e la Filosofia, per la Religione, per l'Educazione e per la Medicina.

Cinque campi.

Essenziali... importanti.

Se osservo bene: il disturbo "evitante" è assolutamente funzionale. Ad esempio: se sono un "Evitante" di stile "scientifico" sarò portato a capire il mondo, la Natura... e spesso cercherò "conferme" del mio parlare. (La scienza non si basa su questo?).

Se sono un "Evitante di stile filosofico" amerò al cultura, le discussioni... e cercherò sempre "conferme" delle mie teorie temendo di non essere ascoltato.

Così, ovviamente, se sono un "Evitante" di stile religioso. Amerò la Teologia e la Spiritualità... e cercherò "conferme" da parte dei fedeli.

Se sono un Evitante per l'educazione mi sentirò a mio agio come insegnante (e non come alunno). Le mie azioni però, dato che sono a contatto con bambini e ragazzi, saranno improntate al desiderio di riconoscimento, di apprezzamento e le mie paure saranno "funzionali" alla ricerca della loro attenzione: infatti cercherò sempre le loro "conferme".

E infine se sono un Medico le paure legate all'evitamento saranno sempre essenziali. Avrò sempre bisogno dell'approvazione e del sostegno dei miei pazienti: cercherò sempre "conferme" alla mia scienza medica.

Scienza, Cultura, Religione, Educazione e Medicina hanno come presupposto la costante ricerca di "conferme".

Le teorie scientifiche... ad esempio... sono continuamente messe in discussione. E così ogni gesto culturale... i religiosi cercano, ogni settimana, "conferme" alla loro fede e così gli insegnanti (che interrogano spesso i propri alunni) e i medici (che chiedono sempre "conferme" di come proceda la malattia)...

§

Io mi chiedo: e se il disturbo evitante (essere "accettato" solo dopo continue conferme...) fosse funzionale a qualcosa?

Mi spiego: e se questo continuo "dubitare" di noi stessi e del "mondo" fosse all'origine dello spirito critico?

Noi evitante abbiamo sempre paura di non essere accettati.

Ci critichiamo.

Ma questo continuo "dubitare" non è all'origine della Filosofia?

Questo continuo "domandare" non ha un nesso con le paure dell'Universo evitante?
Vecchio 15-05-2010, 12:08   #2
Banned
 

ma perchè non vai da uno specialista e te lo fai spiegare da lui, ogni spiegazione qui sul forum potrebbe essere infarcita di personalismi e non obiettiva.......ciao
Vecchio 15-05-2010, 12:17   #3
Esperto
L'avatar di kocis666
 

ma chi si fida dello specialista ?!, ascolta me, mi spieghi perchè io in 20 anni di psichiatria ho cambiato quasi 10 medici psichiatri ed ognuno ha fatto la sua diagnosi diversa dalle altre dei colleghi e mi somministravano sempre farmaci diversi, come ci si può fidare di uno specialista ? Preferisco il parere di chi li utilizza i farmaci e non da chi sà solo come funzionano in teoria, visto che non hanno esperienza diretta, i farmaci loro non li prendono, parlano per sentito dire e ciò che hanno letto/studiato sui libri sterili alle volte.

Ultima modifica di kocis666; 15-05-2010 a 12:19.
Vecchio 15-05-2010, 12:26   #4
Banned
 

si nasce cosi. Cioè in parte...mi spiego se ci riesco, io non ho problemi fisici, non ho subito traumi, e che son nato piu timido di altri. A sei anni quando mi son trovato per la prima volta insieme ad altri bambini alle elementari (considerando che a me non mi avevano messo all'asilo prima)già sentivo questa difficolta con gli altri. Pensa che a me, mi hanno bociato in prima elementare. Un ricordo vago di quel periodo e che stavo sempre all'ultimo posto e mentre tutti gli altri copiavano dalla lavagna, io facevo tutt'altro, forse disegnavo...o scarabbochiavo, non ricordo bene. Cmq avevo gia quella tendenza di evitare...poi negli anni...insomma è lunga da spiegare ...etc etc etc etc etc etc etc etc etc etc etc etc etc
Vecchio 15-05-2010, 14:10   #5
Banned
 

Ognuno fa le sue teorie, la tua mi sembra più campata in aria di quasi tutte le altre. E' un comportamento tipico dei fobici crearsi degli schemi mentali da seguire e con i quali decifrare il mondo.
Vecchio 15-05-2010, 14:26   #6
Banned
 

è na sorta di misantropia.... cmq, la base fondamentale tra i rapporti umani è la fiducia, la complicità... mancando questo elemento di fondo subentra anche il disturvo evitante ecc...
Vecchio 15-05-2010, 14:33   #7
Banned
 

qui si sta parlando di tutto tranne del dep
Vecchio 15-05-2010, 14:48   #8
Banned
 

Quote:
cmq, la base fondamentale tra i rapporti umani è la fiducia, la complicità...
Queste sono le cazzate che si dicono a bambini celebrolesi.
Vecchio 15-05-2010, 14:50   #9
Banned
 

Quote:
Originariamente inviata da U'megghje Visualizza il messaggio
Queste sono le cazzate che si dicono a bambini celebrolesi.
infatti l'ho detto qui per questo
Vecchio 16-05-2010, 17:51   #10
Principiante
 

Ecco... io penso ci sia un errore.

Non bisogna dare la colpa agli altri.

Secondo me, è uno schema sbagliato.

Dire: sono diventato "evitante" perché sono stato "emarginato" o altro...

E' lo stesso discorso di chi, omosessuale, dice: "Sono diventato omosessuale perché mio padre non giocava con me, etc etc".

L'osservazione che ho del mio Evitamento non parla di altri. No, assolutamente. E nè le altre persone evitanti che ho conosciuto o visto erano tali.

In breve: scopro che gli Evitanti, chi è veramente tale, tende a richiedere conferme costanti di accettazione da parte di una persona o di un gruppo. E se non riceve continui feedback positivi tende a isolarsi.

Basta una risposta 'sgarbata', basta una frase 'cattiva', per ferire un Evitante in modo così incisivo da farlo stare male, da spingerlo ad andarsene. Ma è colpa, davvero, degli altri?

La risposta credo sia no.

Le altre persone, nel bene e nel male, non sono meglio o peggio di tante altre persone esistite prima di noi. Le altre persone non sono sbagliate (se ciò fosse, non saremo noi i malati... sarebbero loro).

Dunque: non è affatto vero che l'Evitamento nasce dall'Esclusione...

§

Ma non è neanche vero, penso, il contrario.

L'idea che ci "escludiamo" è profondamente sbagliata.

Ad esempio: io sono convinto che gli evitanti, ad esempio, amino molto la Cultura.

(Gli Evitanti veri... reali).

Amano parlare di Cultura.

O di Cinema.

O di Sentimenti.

O di Medicina.

Ma... se il discorso và sulla Socialità, sul Lavoro, sul Potere, sui Status-symbols, sulla Fisicità... l'Evitante si perde.

Ma si perde perchè?

Prendiamo il Lavoro.

L'Evitante vero ha difficoltà enormi a lavorare.

Ma perchè?

Se osserviamo bene, questo suo comportamento è una 'patologizzazione' di un 'disinteresse'.

Io sono convinto che gli Evitanti veri... quando si parla di Soldi... Potere... provino noia.

E il fatto è che parlarne, a ben vedere, è assolutamente normale ai più.

Faccio un esempio pratico: io ho 35 anni, non ho mai lavorato e pure il tema dei soldi mi è assolutamente secondario.

Io sono circondato da persone che mi dicono che "lavorare" è necessario... che "lavorare" costa fatica... e così via.

Oppure: sono circondato da persone che mi parlano di sesso.

Cosa succede?

Succede che incappo nell'errore di dire che "soffro" perché non faccio sesso.

Ma è vero?

A ben vedere no. Io, Paolo, sono evitante e, sinceramente, di fare sesso non me ne importa niente ora, così come non me n'è importato prima, da ragazzo. Non è centrale... non me ne frega niente.

Però, per anni, mi sono raccontato la "bugia" che mi interessasse.

E quando mi sono raccontato questa bugia sono stato male... e l'evitamento mi ha "morso" l'anima


L'evitamento è, senza dubbio, una patologia.

E lo è, appunto, perché è un'altissima specializzazione in un campo...

La persona evitante può essere paragonata ad un lavoratore 'super-specializzato' che, al fallimento dell'azienda, non ne trova una seconda che lo impieghi

L'Evitante, infatti, è e s c l u s o dalla società.

Ed è escluso come il lavoratore super-specializzato perché non può integrarsi.

In pratica: non siamo riconvertibili?

Così come un lavoratore super-specializzato ha bisogno di continui feedback di accettazione e complessi da parte di un'Azienda quando questi mancano, subentra l'isolamento.

§

Allora... faccio una domanda.

E se fosse una forma di intelligenza?

Parlo dell'evitamento reale.

(Una persona realmente evitante non dice parolacce e non giudica...).

§

Cosicché io guardo il mio problema sotto un'ottica diversa...

E se la Società non fosse preparata ad accettare gli Evitanti?

Provo a spiegarmi: negli Stati Uniti le scuole liceali non sono affatto preparate ad accogliere gli Evitanti. E su questo siamo d'accordo. Sono un problema.

Ma le Università, al contrario, fanno a gare per accettarli.

E molti "evitanti" diventano, da grandi, persone assolutamente stimate e integrate.

Diventano cioè: chirurghi, medici, scrittori, poeti, filosofi, psicologi, artisti, scienziati, membri della Silicon Valley ecc ecc.

La nostra società è capace di integrarci?

Io penso di no.

Ma voi?

Cosa ne pensate?
Vecchio 19-06-2010, 19:52   #11
Esperto
L'avatar di caostotale23
 

Quote:
Originariamente inviata da Paolo(Roma) Visualizza il messaggio
Io mi sono chiesto tante volte come nasca il Disturbo evitante di personalità.

Sono arrivato alla conclusione che abbia, in buona parte, una ragione genetica, neurologica.

Se fosse legato all'attività e alla partecipazione sociale, penso, non si spiegherebbe la "cronicità" della sua natura...

§

Io vorrei lasciare quì la mia ipotesi, la mia teoria.

Io penso che il Disturbo evitante sia legato ad un insieme di funzioni sociali che chiamo "uomo educato e medico".

Le funzioni a cui mi riferisco sono queste:
- la cultura,
- la comunicazione,
- la scienza e la tecnologia,
- la medicina,
- l'educazione,
- la filosofia e la religione.

La mia esperienza mi ha insegnato che, per un evitante, questi campi sono l'orizzonte in cui si muove.

Ora: accanto a queste funzioni, ovviamente, ce ne sono altre... cioè:
- la vita cittadina,
- le politiche sociali di aiuto e di solidarietà,
- l'industrialità, la creatività,
- i movimenti socialisti,
- la moralità,
- la politica,
- la famiglia e il lavoro,
- la cooperazione in un movimento sociale,
- la violenza,
- il razzismo.

Le funzioni che un evitante ama, penso, sono importanti come le funzioni che rimangono.

Ma queste, a bene vedere, mi mettono a disagio: ad esempio... in città mi sento sperduti; amo la solidarietà, l'umanità, e, pure, non la agisco (forse mi mette a disagio? E perché mai?); non mi sento creativo: ho provato tantissime volte a creare ma i risultati nel complesso sono stati limitati; la moralità mi ha sempre lasciato interdetto (mi sento una persona morale? Sono stato morale nel mio passato? Beh... no...); la politica la odio; la famiglia e il lavoro (che sono una sol cosa) è qualcosa che non conosco; non sono violento e non sono razzista.

In breve: alcune funzioni giustissime mi appaiono meritevoli (socialità, città, morale, politica) e, pure, non le agisco.

Perché?

Probabilmente perché non sono "legate" ai campi di cui sopra.

Nei campi di cui sopra io mi sento forte e ferrato... e a mio agio. Negli altri campi, invece, no. Mi sento smarrito... solo.

§

Dunque: e se ciò che mi fà soffrire sia proprio l'obbligo, sociale, di vivere una funzione in cui non mi riconosco?

Ad esempio... osserviamo il binomio Famiglia-Lavoro.

Mio padre... la società... vuole che io "lavori" e che mi "faccia una famiglia".

Ma lo voglio?

E soprattutto: è giusto volerlo?

Io penso di no.

Chi è evitante è una persona portata, in modo straordinario, per la Scienza e la Tecnologia, per la Cultura e la Filosofia, per la Religione, per l'Educazione e per la Medicina.

Cinque campi.

Essenziali... importanti.

Se osservo bene: il disturbo "evitante" è assolutamente funzionale. Ad esempio: se sono un "Evitante" di stile "scientifico" sarò portato a capire il mondo, la Natura... e spesso cercherò "conferme" del mio parlare. (La scienza non si basa su questo?).

Se sono un "Evitante di stile filosofico" amerò al cultura, le discussioni... e cercherò sempre "conferme" delle mie teorie temendo di non essere ascoltato.

Così, ovviamente, se sono un "Evitante" di stile religioso. Amerò la Teologia e la Spiritualità... e cercherò "conferme" da parte dei fedeli.

Se sono un Evitante per l'educazione mi sentirò a mio agio come insegnante (e non come alunno). Le mie azioni però, dato che sono a contatto con bambini e ragazzi, saranno improntate al desiderio di riconoscimento, di apprezzamento e le mie paure saranno "funzionali" alla ricerca della loro attenzione: infatti cercherò sempre le loro "conferme".

E infine se sono un Medico le paure legate all'evitamento saranno sempre essenziali. Avrò sempre bisogno dell'approvazione e del sostegno dei miei pazienti: cercherò sempre "conferme" alla mia scienza medica.

Scienza, Cultura, Religione, Educazione e Medicina hanno come presupposto la costante ricerca di "conferme".

Le teorie scientifiche... ad esempio... sono continuamente messe in discussione. E così ogni gesto culturale... i religiosi cercano, ogni settimana, "conferme" alla loro fede e così gli insegnanti (che interrogano spesso i propri alunni) e i medici (che chiedono sempre "conferme" di come proceda la malattia)...

§

Io mi chiedo: e se il disturbo evitante (essere "accettato" solo dopo continue conferme...) fosse funzionale a qualcosa?

Mi spiego: e se questo continuo "dubitare" di noi stessi e del "mondo" fosse all'origine dello spirito critico?

Noi evitante abbiamo sempre paura di non essere accettati.

Ci critichiamo.

Ma questo continuo "dubitare" non è all'origine della Filosofia?

Questo continuo "domandare" non ha un nesso con le paure dell'Universo evitante?
Bellissimo post complimenti! Rispondendo alle ultime domande che facevi sopra. E' vero che gli evitanti cercano continuamente conferme dagli altri ma a differenza dei normali, ne soffrono tantissimo quando tali conferme nn arrivano e questo li porta alla depressione e a smettere qualsiasi attività
Vecchio 22-06-2010, 09:14   #12
Intermedio
 

Se lo conosci, lo eviti. Con gli estranei sono apertissimo, m solo quando posso fidarmi che restino tali. In montagna racconto vita morte e miracoli di tutti i trekking, ma tronco di brutto se iniziano a presentarsi. Dovunque vada voglio assolutamente non integrarmi, come uno sceicco in Costa Smeralda che non sa il sardo e forse neppure l'italiano.
In un residence al mare non si va da uno mai visto ad attaccare briga sull'odore di cavoli o sui calzini alla finestra, mentre a casa se si conosce e si parla ogni occasione è buona per pretendere più considerazione dagli altri. Perciò si dovrebbero demolire tutti i portoni e i cancelli, e in genere qualunque spazio dove si possa essere in-clusi, cioè chiusi dentro, magari senza neppure conoscersi personalmente, tipo le spiagge riservate degli hotel.
Una delle cause potrebbe essere l'assedio ai nuovi venuti per l'iniziazione alle regole del gruppo: più uno straniero è tenuto nel cpt in attesa che si occidentalizzi, più si chiuderà nell'integralismo.
Vecchio 22-06-2010, 12:09   #13
Esperto
L'avatar di Robedain
 

Quote:
Originariamente inviata da shady74 Visualizza il messaggio
Secondo me nasce dal rifiuto che si subisce dagli altri... io sono diventato evitante alle medie, in quanto venivo emarginato e deriso dagli altri compagni di classe.
Questo porta a perdere l'autostima, ad avere paura del giudizio delle altre persone e quindi ad evitarle, appunto.
Poi il problema si cronicizza e non ci si fida più degli altri, o comunque ci si trova a disagio insieme a loro, perchè si è passato troppo tempo in solitudine
.
Hai centrato il punto, questo è capitato pure a me (ma credo a molti utenti)...
Complimenti all'autore del post, Paolo: secondo me ha fatto un'analisi lucida e profonda nella quale mi rispecchio...
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