In realtà non sono mai stato apostrofato in modo così inurbano e diretto, però sono sempre riuscito a cogliere nell'espressione delusa che seguiva i miei (rari) no, una sensibile irritazione.
Questi episodi rivelano quale distanza separi un timido da un "non timido". I timidi prima di arrivare alla suprema prova della richiesta del favore devono vincere una battaglia interiore con la loro natura, la quale esclude categoricamente la possibilità di chiedere l'aiuto di qualcuno se non (forse) in caso di vita o morte; a questo si aggiunge il terrore di arrecare fastidio alla persone alla quale si dovrebbe rivolgere, e il risultato è di frequente la rinuncia a qualsiasi tentativo di richiesta di questo benedetto favore.
Appare perciò meravigliosa la capacità di certi estroversi di passare dalla constatazione di aver bisogno dell'aiuto, del favore, della disponibilità del prossimo, alla richiesta del favore senza che tra il pensiero e l'azione trascorra più di qualche secondo. Non è infrequente che la richiesta venga formulata nella maniera più cortese possibile con gran spreco di sorrisi luminosi, occhi ammiccanti e gesti ossequiosi. In questi casi è pi facile apprezzare il mutamento improvviso che subisce quell'incarnazione della benevolenza divina nel momento in cui si scontra con un no! In certi casi cambiamento di sentimenti è così potente e fulmineo che il soggetto non insiste conscio di non poter più riprodurre la stessa teatrale rappresentazione, non avendo più la capacità di affettare un'estrema gentilezza. Gli spiriti meno cerimoniosi solitamente ribattono con un "E che ti costa!?" "Su dai! Non fare così!" "Lo sapevo che eri così!".
Com'è raro che l'umiltà ispiri e ingentilisca gli animi in certe occasioni! Com'è difficile ammettere uno stato di momentanea inferiorità rispetto all'altro nel momento del bisogno, come sono prive certe nature poco introspettive della capacità di accettare con deferenza anche la risposta negativa del prossimo!