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Originariamente inviata da Sintra
Avevo letto (su un libro sulla FS) che ogni essere umano quando nasce ha di base una bella autostima. Se questa rimane così, si alza o si abbassa dipende molto da come cresciamo. Credo sia importante che un genitore dica al bambino "bravo!" ogni volta che ha imparato a fare una cosa nuova (anche se facile), per rinsaldarne l'autostima. Però credo che il metodo della validazione esterna sia necessario e utile solo nella fase della crescita di una persona. Una volta adulti la validazione dovrebbe venire da noi stessi e non dipendere dagli altri. Magari penso di aver fatto una cosa fighissima come trainare una slitta con gli husky, poi lo racconto e ricevo indifferenza. La mia autostima da adulta dovrebbe dipendere solo dall'autovalidazione. Nella persona diciamo sana l'autostima dovrebbe rimanere sempre a un livello ideale, senza fluttuazioni che dipendono da quello che ci dicono o fanno gli altri. Se traino una slitta la mia autostima si dovrebbe irrobustire (o aumentare se era carente) solo per il fatto che IO so di aver fatto una cosa che ritengo figa, non perché desidero raccontarla agli altri e ricevere la loro approvazione (che può non esserci e affossarmi). Credo che sia così, magari mi sbaglio.
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Secondo me ti sbagli.
La stima non dipende dal fare attività gratificanti.
Se a me piace far qualcosa e riesco a farla nella misura in cui mi gratifica, non riesco a capire questa cosa come si collega al mio valore, perché per me questa cosa dovrebbe darmi valore?
Al più può interessarmi, ma finisce qua.
Per me non è corretto pensare che la stima sia una cosa slegata dal contesto, il contesto determina anche quali sono le attività significative e che danno valore ad un individuo.
Il valore non è una questione privata e mentale, è sociale e non può ridursi ad affari privati, alla fine è privato solo nel senso che l'individuo si costruisce una sorta di mappa per determinare quale sia sil suo valore sociale, ma il valore poi è una costruzione sociale e non del singolo che può al più solo negoziare un po'. La mappa la costruisce l'individuo, ma la mappa non è il territorio, questa al più o collima o non collima, l'individuo non costruisce il territorio.
Così come il valore stimato di un'auto viene stipulato socialmente e non è un affare privato di un singolo individuo, non lo è nemmeno il valore di tizio e caio, i quali possono al più solo conoscerlo correttamente in base a quel che sanno fare e chi sono, non inventarselo a testa di cavolo.
Gli psicologi siccome devono accaparrarsi clienti tenderanno a sbugiardare questa lettura, mentre per me la lettura sociale della stipulazione di valore (di scambio e così via) è quella più corretta, l'individuo al più può essersi sbagliato nell'afferrare certe cose, nel senso che ad esempio un bambino non conosce il valore di un'auto e non sa confrontarlo con quello di altri oggetti e quindi in questo processo di conoscenza qualcuno poi può anche sbagliarsi, ma non è che le costruisce di sana pianta, questo è falso per me.
Perché ci stimiamo?
Da cosa dipende questa cosa?
Perché cerchiamo di appiccicarci un valore?
Come facciamo a costruirci questa idea che la tal cosa ha il valore x e rispetto ad un'altra cosa vale di più o di meno?
Socialmente usiamo non solo il valore sociale di cose per ottenerne altre, usiamo anche il nostro valore in svariati sensi per ottenerne altre. A questo serve il valore, altrimenti sinceramente non capisco a noi a cosa dovrebbe servire appiccicarci un valore.
Dirmi "io valgo molto" che significa e cosa comporta per me?
Spesso qua si parla di queste cose come se fossero già scontate, non ci si chiede neanche vagamente perché mai a noi dovrebbe disturbarci valere poco, si parte dall'idea che non bisogna avere questa idea di sé e che è male, sì va bene, è male, ma perché è male? E' un'etichetta, se non ha effetti concreti a noi cosa ci frega dell'etichetta?
Se io valessi poco per le mosche a me cosa fregherebbe? Niente, perché le mosche in fin dei conti non avrebbero niente da darmi e io non stipulo alcun accordo con questi insetti.
Quindi l'autostima non è un'etichetta che ci diamo da soli così per sfizio e la validazione non può mai venire da noi stessi, così come il territorio non possiamo inventarcelo noi ma al più conoscerlo correttamente.
Facciamo un esempio. Io posso autovalutare la mia altezza, ma la mia altezza non posso decidere quale sia in modo indipendente. Se sono alto un metro e mezzo non posso autovalidare la mia altezza in modo indipendente dal metro e il sistema di misura e dirmi da solo che sono alto un metro e settanta. L'autostima è un'autovalutazione del proprio valore sociale secondo me, poi a seconda di quanto è scollata questa cosa dal proprio sé ideale può produrre più o meno sofferenza.
Se un individuo sta male per queste cose e si è autovalutato correttamente, o si cerca di aumentare oggettivamente il suo valore sociale o si cerca di farlo fesso e fargli credere che vale più di quel che vale (ma non so per quanto tempo può reggere), o si cerca di ridurre e ridimensionare il suo sé ideale in maniera tale che il divario tra il suo valore percepito e quello che vorrebbe avere per vivere in certi modi non risulta esorbitante.