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Vecchio 24-02-2012, 21:52   #1
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Qualcuno forse si ricorderà i miei topic precendenti.
Lavorativamente, feci una scelta "di sopravvivenza" che però ora mi sta scaraventando dritto dritto al capolinea.

In generale, avevo un grande desiderio, quello di "vivere alle mie condizioni", che si può declinare anche in questi termini: "Adeguare il reddito al tenore di vita" e non "adeguare il tenore di vita al reddito".

C'è stato un momento in cui credevo di poter fare quasi tutto.
Poi mi accorsi bruscamente che così non era, non è... e non sarà.

Premesso che posso annoverare un passato di merda, un presente di merda, e un futuro che prevedo anch'esso di merda, a sto punto rifletto sul da farsi.

Ciò che ho razionalizzato negli ultimi tempi è che il mio problema non è tanto da identificarsi nella fobia sociale, quando in un senso di "distacco", dalle cose, dalle persone, da tutto ciò che mi circonda.
In questo forum molte persone vorrebbero "aprirsi al mondo" ma hanno difficoltà a farlo, io invece ho sempre voluto "uscirne", starne fuori il più possibile.
E quella che per molti è una "fottuta solitudine", io quella solitudine tendenzialmente me la vado a cercare.

Ecco, un senso di distacco così forte, misto a una vocazione assoluta all'indipendenza, non sono le ricette per affrontare questo mondo, ma... Come dire... Ho provato anche a cambiare, ma è stato come cambiare un abito. Quando poi sono arrivato al dunque, mi sono ritrovato tale e quale a prima.

Una grossa delusione è stato rendermi conto che non ho gli attributi per fare l'imprenditore. Però, riflettendo a posteriori, anche l'imprenditore è un "lavoratore dipendente", perché dipende dai suoi clienti. Se lo abbandonano, fallisce.

E mi chiedo quindi quale ruolo possa ricoprire un misantropo, accidioso e distaccato, in questa società. Non ho potuto continuare gli studi e diventare docente di filosofia, il che avrebbe rappresentato la soluzione ideale, nè posso farlo ora o in futuro. Quel futuro che non vedo più.

Ho avuto lunghe dicussioni con un amico (poi, anche lui, mi ha deluso), il quale mi ha invitato a "ridefinire gli standard", e quindi, sistemazione di comodo, lavoretto precario e malpagato, in attesa che le cose si mettano meglio.
Ma non è quella la vita che desidero.
Sono passato per snob, imborghesito, con la puzza sotto il naso, e forse è così, ma il mio ragionamento è: "Ok, già vivere per me è più un'agonia che una gioia; ho cominciato a pensare al suicidio a 14 anni, ora ne ho 26, e il pensiero è ancora lì; ho rovinato il rapporto con l'unica persona che ho amato; con questo carattere non penso che potrò rendere felice qualcuna; ho ricevuto tante batoste che non avrei meritato... Ora mi si chiede anche di fare lavoretti del cazzo, quando ho visto emeriti incompetenti portarsi a casa oltre 2000 euro al mese... quando credo di aver scritto ed elargito consigli validi sulle materie più sterminate... quando ho cacciato fuori di tasca mia quasi 20.000 euro per libri e corsi di formazione... quando ho sputato pure il sangue in azienda ed ero diventato il migliore dell'ufficio?

Dev'essere questa la mia vita? Devo ritrovarmi magari in una camera doppia con uno che si spacca di canne, e a fare i caffé (sempre che questa opportunità ci sia) a persone che mi stanno pure sulle palle?

"Guarda che non sei l'unico, pensa a quanti altri sono nelle stesse condizioni"
"Ooookey... Si dà il caso che io pensi ai miei di desideri, esattamente come fanno gli altri. Ciascuno insegue il proprio "particulare", come diceva Guicciardini".

E poi... quanto devo ancora andare avanti portandomi dentro le ferite per gli errori del passato? E non posso cancellarle, lasciarmele alle spalle. Sono profonde, sanguinanti. E mi stanno condizionando, eccome.

Quindi, vivere alle proprie condizioni o adattarsi?
Penso che chi ama (o quantomeno tollera) la vita, chi ha speranza nel futuro, sia tenuto ad adattarsi, qualora fosse necessario. Adattarsi, aspettare, arrangiarsi.

Ma chi già la vita non la ama, e sente la propria dignità residua che scivola sotto le scarpe, perché deve farsi ulteriormente del male?
Io non ho più gli standard elevati che avevo in passato, ma ci sono delle cose a cui tengo, sia di forma che di sostanza, e non vedo più l'opportunità per conservarle, alimentarle, rinvigorirle.
Penso che dopo tutta la merda che ho ingoiato, e spesso non me la sono affatto cercata con atteggiamenti disfunzionali... ecco, penso di avere diritto a qualcosa.
Invece no.
Indifferenza, rifiuto, miseria.

Io una deadline me la sono data.
Una chance la vorrei ancora, anche solo per "rivincita", ma... Tutto mi porta a pensare che non accadrà, e che me ne andrò. Con molta paura, come si conviene in questi casi, ma anche con un senso di liberazione.

Vecchio 24-02-2012, 22:20   #2
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"Adeguare il reddito al tenore di vita" e non "adeguare il tenore di vita al reddito"
Questi dilemmi li ho affrontati, ma io parto da un punto di vista particolare: la società deve essere fatta in funzione del massimo sviluppo dell'individuo, quindi se la società non è fatta in funzione di questo, qualunque obiettivo rientri nel "sistema" è inappagante. La vita in questo sistema quindi la vivo come un'attesa, il mio investimento è in un'altra vita, in un sistema ideale, qualunque compromesso è escluso, nè questa società, ne una sua evoluzione, potrà mai essere il paradiso dell'individuo. Quest'ultimo dovrà essere costruito ex novo, da individui già maturi e con un'idea precisa di come costruirlo. Solo in questo paradiso stanno i miei progetti e i miei obiettivi (intellettuali, artistici, morali, esistenziali, etc...), il sistema attuale non è altro che un ostacolo accidentale alla realizzazione di quel paradiso. Durante la permanenza in questo ostacolo accidentale all'evoluzione dell'individualità e delle sue potenzialità e talenti potrò essere più o meno fortunato nelle condizioni economiche e nel ruolo sociale conseguito, ma mai proiettare in questo percorso transitorio e deviante la realizzazione della propria individualità. Piuttosto immagina come dovrebbe essere una società ideale anche nei dettagli più particolari, e quando vedi l'occasione di costruirla stai sempre pronto a uscire dal sistema (ma solo se l'occasione è quella giusta).
Vecchio 24-02-2012, 22:21   #3
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Sono tutti ragionamenti che alla fine non possono essere replicati. Certo, se una persona è così, è normale che provi un forte disagio di fronte a realtà che non sono esattamente come si aspettava. Intanto lascia passare del tempo, perchè il più delle volte è utile per staccare un attimo e per riorganizzare le idee. Se poi le cose non dovessero cambiare, prima o poi ti stuferai di continuare a frequentare ambienti che non ti danno reali soddisfazioni..e percorrerai inevitabilmente un'altra strada.
senza un lavoro l'unica strada percorribile è solo una........è inutile dire quale.
Vecchio 24-02-2012, 22:40   #4
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Originariamente inviata da HurryUp Visualizza il messaggio
Questi dilemmi li ho affrontati, ma io parto da un punto di vista particolare: la società deve essere fatta in funzione del massimo sviluppo dell'individuo, quindi se la società non è fatta in funzione di questo, qualunque obiettivo rientri nel "sistema" è inappagante. La vita in questo sistema quindi la vivo come un'attesa, il mio investimento è in un'altra vita, in un sistema ideale, qualunque compromesso è escluso, nè questa società, ne una sua evoluzione, potrà mai essere il paradiso dell'individuo. Quest'ultimo dovrà essere costruito ex novo, da individui già maturi e con un'idea precisa di come costruirlo. Solo in questo paradiso stanno i miei progetti e i miei obiettivi (intellettuali, artistici, morali, esistenziali, etc...), il sistema attuale non è altro che un ostacolo accidentale alla realizzazione di quel paradiso. Durante la permanenza in questo ostacolo accidentale all'evoluzione dell'individualità e delle sue potenzialità e talenti potrò essere più o meno fortunato nelle condizioni economiche e nel ruolo sociale conseguito, ma mai proiettare in questo percorso transitorio e deviante la realizzazione della propria individualità. Piuttosto immagina come dovrebbe essere una società ideale anche nei dettagli più particolari, e quando vedi l'occasione di costruirla stai sempre pronto a uscire dal sistema (ma solo se l'occasione è quella giusta).
Io sono pure ateo, figurati... Questo contribuisce a peggiorare le cose. E' la mia unica vita, e mi fa schifo. Se penso al "futuro", non vedo una dimensione salvifica, vedo cibo per vermi.
Vecchio 24-02-2012, 22:59   #5
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Certo.. ma mi riferisco a ciò che ha scritto filosofo. Parla di un determinato stile di vita, di una determinata occupazione.. e di determinati ambienti. Purtroppo, a volte, non è possibile scegliere.... Ma solo vivere delle alternative (che potrebbero comunque rivelarsi molto interessanti)..
E siamo punto e a capo, lo zoccolo più duro che non riesco a far capire.

Io in buona sostanza mi son fatto lunghi "tratti di vita" per inerzia. Non ho mai e poi mai fissato obiettivi con una meta superiore a un anno. Ho quasi sempre vissuto nel qui e ora, e non sono mai riuscito ad immaginarmi né adulto nè anziano. Sento che, già di base, se anche le cose si mettessero bene, la mia vita non durerebbe moltoi suo. Proprio per questo ho cercato di vivere le esperienze in maniera molto intensa e di trarre quante più conoscenze e quanta più consapevolezza possibile da ciascun avvenimento.

In buona sostanza a 26 anni ho fatto cose che altri farebbero in un arco di tempo più dilatato, proprio perché mosso da questo senso di urgenza.

Ora, dopo aver provato tutta una serie di esperienze chiave, mi ritrovo così, come un fesso, disarcionato con le mie stesse mani, un pò Don Chisciotte, che ha lottato contro i mulini a vento della mediocrità in ufficio.

Degli standard ce li ho, e sono ben lungi da quelli di chi può davvero permettersi la "bella vita".
Se già la mia vita fa schifo, e mi ritrovo pure a fare lo sgaloppino... Al diavolo.
Avrei potuto dare lezioni di management a un direttore, dov'ero prima... devo andare a battere scontrini?

Lo faccia uno che ama la vita e ama la gente.
Io a volte vorrei uscire di casa col lanciafiamme, e n'do cojo cojo.
Vecchio 24-02-2012, 23:09   #6
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Secondo me sei semplicemente troppo snob.
Vecchio 24-02-2012, 23:16   #7
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Dopo essermi per lungo tempo adattato, ora posso vivere un pò alle mie condizioni.
Vecchio 24-02-2012, 23:37   #8
Esperto
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Io sono pure ateo, figurati... Questo contribuisce a peggiorare le cose. E' la mia unica vita, e mi fa schifo. Se penso al "futuro", non vedo una dimensione salvifica, vedo cibo per vermi.
Non è una dimensione salvifica, ma solo una possibile strada dell'evoluzione naturale. Ti ho chiesto solo di fare la tua parte perchè la selezione naturale scelga quella ed escluda le altre.
Vecchio 25-02-2012, 00:12   #9
Esperto
L'avatar di recluso
 

le leggi della natura ci insegnano che solo chi si adegua, è flessibile, muta col mutare degli eventi, sopravvive.
non puoi imporre al mondo la tua visione del mondo e mettiti in testa che questo mondo non è perfetto, la vita non è perfetta.
mi pare che hai anche delle buone carte nel mazzo, ma proprio non le vuoi vedere..
tornare sulla terra, now.
Vecchio 25-02-2012, 00:43   #10
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L'avatar di HurryUp
 

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Originariamente inviata da recluso Visualizza il messaggio
le leggi della natura ci insegnano che solo chi si adegua, è flessibile, muta col mutare degli eventi, sopravvive.
No: le leggi della natura ci insegnano che solo chi si adegua alla strada evolutiva migliore sopravvive. Le condizioni naturali mutano cercando alla cieca la via migliore, quindi la flessibilità è al servizio del fine di perfezione, non di un fine medio di cui accontentarsi.
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