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Vecchio 28-01-2021, 22:04   #1
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Prendo un po' spunto da un post di Hor.

Dopo molti anni di letture sul tema, mi sembra abbastanza condivisa tra le varie correnti e scuole l'idea che determinati comportamenti (includendo in essi anche i modi con cui ci rapportiamo a noi stessi) siano strategie di fronteggiamento (coping) di vissuti ed emozioni considerati intollerabili. Insomma, ognuno cerca di cavarsela come può e riesce e, nel repertorio di strategie tra cui può scegliere, alcune comportano un prezzo in termini di sintomi (dalle voci alla depressione, dagli attacchi di panico alla timidezza). Dunque, certi modi di affrontare "la vita" sono al contempo funzionali (per alcuni versi o in alcune fasi dello sviluppo) e disfunzionali (per altri versi o in altre fasi). I rimedi a volte sono peggiori del male.

Per inciso, secondo non pochi orientamenti (cognitivismo incluso) si dà "patologia" non sulla base di valutazioni oggettive, ma solo quando certi vissuti sono soggettivamente sgradevoli: a sufficienza perché la persona desideri superarli, pagando il prezzo che questi gli permettevano di evitare.

Se condividete le mie considerazioni, sia sulla natura delle "patologie", sia sul modo in cui queste vengono considerate dalla comunità terapeutica (posto che, naturalmente, un consenso pienamente condiviso non c'è; e ovviamente psichiatri ortodossi esclusi); vi sorge qualche riflessione?
Vecchio 28-01-2021, 22:17   #2
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L'avatar di Alakazam
 

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Originariamente inviata da Angus Visualizza il messaggio
Prendo un po' spunto da un post di Hor.

Dopo molti anni di letture sul tema, mi sembra abbastanza condivisa tra le varie correnti e scuole l'idea che determinati comportamenti (includendo in essi anche i modi con cui ci rapportiamo a noi stessi) siano strategie di fronteggiamento (coping) di vissuti ed emozioni considerati intollerabili. Insomma, ognuno cerca di cavarsela come può e riesce e, nel repertorio di strategie tra cui può scegliere, alcune comportano un prezzo in termini di sintomi (dalle voci alla depressione, dagli attacchi di panico alla timidezza). Dunque, certi modi di affrontare "la vita" sono al contempo funzionali (per alcuni versi o in alcune fasi dello sviluppo) e disfunzionali (per altri versi o in altre fasi). I rimedi a volte sono peggiori del male.

Per inciso, secondo non pochi orientamenti (cognitivismo incluso) si dà "patologia" non sulla base di valutazioni oggettive, ma solo quando certi vissuti sono soggettivamente sgradevoli: a sufficienza perché la persona desideri superarli, pagando il prezzo che questi gli permettevano di evitare.

Se condividete le mie considerazioni, sia sulla natura delle "patologie", sia sul modo in cui queste vengono considerate dalla comunità terapeutica (posto che, naturalmente, un consenso pienamente condiviso non c'è; e ovviamente psichiatri ortodossi esclusi); vi sorge qualche riflessione?
Se attui alcune strategie per affrontare le difficoltà della vita e in qualche modo ci riesci (per esempio riesci a lavorare) ma pagandone il prezzo in termini di disturbi come ansia e depressione, c'è poco di funzionale, il resto è disfunzionale. Raggiungere risultati pragmatici non è (o almeno non direttamente) funzionale alla psiche, quindi restano solo i contro. Stai sacrificando la tua "salute"(mentale?) per raggiungere i tuoi risultati. Quei risultati ovviamente SE positivi influenzeranno positivamente la tua psiche, senza dubbio; ma non è sempre così e non sempre il gioco vale la candela. Per questo spesso è tutto un circolo virtuoso o vizioso.

Ultima modifica di Alakazam; 28-01-2021 a 22:20.
Vecchio 28-01-2021, 23:35   #3
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Se attui alcune strategie per affrontare le difficoltà della vita e in qualche modo ci riesci (per esempio riesci a lavorare) ma pagandone il prezzo in termini di disturbi come ansia e depressione, c'è poco di funzionale, il resto è disfunzionale. Raggiungere risultati pragmatici non è (o almeno non direttamente) funzionale alla psiche, quindi restano solo i contro. Stai sacrificando la tua "salute"(mentale?) per raggiungere i tuoi risultati. Quei risultati ovviamente SE positivi influenzeranno positivamente la tua psiche, senza dubbio; ma non è sempre così e non sempre il gioco vale la candela. Per questo spesso è tutto un circolo virtuoso o vizioso.
Ma gli obiettivi/risultati possono essere a loro volta "mentali". L'evitamento può servire a non fare esperienza della tristezza, ad esempio. La megalomania può evitarti la depressione. E così via. Ci sono equilibri anche all'interno della psiche.
Vecchio 29-01-2021, 01:18   #4
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L'avatar di Alakazam
 

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Ma gli obiettivi/risultati possono essere a loro volta "mentali". L'evitamento può servire a non fare esperienza della tristezza, ad esempio. La megalomania può evitarti la depressione. E così via. Ci sono equilibri anche all'interno della psiche.
Si ma non sono le soluzioni migliori, anzi. Quando eviti, eviti la tristezza, ma anche tutto il resto. Cosa ci hai guadagnato? La megalomania può evitarti la depressione, ma a che costo?
Sono comunque cose disfunzionali.
Vecchio 29-01-2021, 01:57   #5
Esperto
L'avatar di pure_truth2
 

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Si ma non sono le soluzioni migliori, anzi. Quando eviti, eviti la tristezza, ma anche tutto il resto. Cosa ci hai guadagnato? La megalomania può evitarti la depressione, ma a che costo?
Sono comunque cose disfunzionali.
Sì,ma la mente queste valutazioni di costo/beneficio le ha già fatte,e ritiene che tale comportamento le sia funzionale, che sia il male minore.
Vecchio 29-01-2021, 13:49   #6
Esperto
L'avatar di Edwin
 

Per le poche cose che ho approfondito, e che mi riguardano, mi trovo d'accordo ma con un appunto: talvolta il fatto difficile da gestire non porta ad un comportamento adattativo ma ad un vero e proprio danno. Nel senso che se è vero che disturbi come il narcisismo, il disturbo dissociativo o il DOC possono essere visti come meccanismi di difesa molto grezzi che la mente di un bambino adotta per sopravvivere a cose troppo dolorose o complesse da gestire, ho il sentore che la scarsa autostima, l'ansia (nella sua sfumatura più da derivante da mancanza di autostima) o altro possano essere semplicemente dei danni, quindi non "adattativi"
Vecchio 29-01-2021, 15:04   #7
Avanzato
 

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Ultima modifica di sconfitto; 21-01-2022 a 17:44.
Vecchio 29-01-2021, 16:03   #8
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Originariamente inviata da Edwin Visualizza il messaggio
Per le poche cose che ho approfondito, e che mi riguardano, mi trovo d'accordo ma con un appunto: talvolta il fatto difficile da gestire non porta ad un comportamento adattativo ma ad un vero e proprio danno. Nel senso che se è vero che disturbi come il narcisismo, il disturbo dissociativo o il DOC possono essere visti come meccanismi di difesa molto grezzi che la mente di un bambino adotta per sopravvivere a cose troppo dolorose o complesse da gestire, ho il sentore che la scarsa autostima, l'ansia (nella sua sfumatura più da derivante da mancanza di autostima) o altro possano essere semplicemente dei danni, quindi non "adattativi"
A me invece sembra una minimizzazione, ma anche il mio è solo un sentore. Prendi la scarsa autostima. Se è fondata, non è un problema, anzi, è "sana" (significa che sei in grado di reggere una valutazione realistica di te stesso, almeno se riesci a non deprimerti).
Se non lo è, ti svaluti, e in fondo è un narcisismo all'incontrario - in entrambi i casi, ti racconti di essere chi non sei. Se il narcisismo megalomane è (a suo modo) adattivo, lo è anche quello autosvalutativo.
L'ansia (quando non giustificata) sembra a me un modo per fuggire da vissuti di vulnerabilità. Quali sono i fattori coinvolti? Molti. Mi sembra anch'essa avere una sua dignità.

Comunque, io prendo per buono il principio che i coping "patologici" siano rimedi peggiori del male, nel lungo termine. Il punto che volevo provare a mettere a fuoco è che sono comunque pur sempre rimedi a qualcosa, cioè che hanno un senso e non sono semplicemente "difetti". Mi sembra un passaggio necessario per capirli.
Ringraziamenti da
Da'at (29-01-2021)
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