C'è uno spazio tra le parole che vuol dire incomunicabilità e perciò solitudine, e questo anche nella più felice delle circostanze; la prossimità psicologica e culturale, l'affinità ideologica che lega ad un comune destino, nella sua dimensione meno superstiziosa e più "personale".
E questa solitudine è inalienabile. Quella che possiamo evitare è la solitudine del non detto, del silenzio a cui attribuiamo le nostre intenzioni, l'idea che non appartenere a un contesto nelle sue forme più immediate e riconoscibili voglia dire giudizio, critica, esclusione. L'esclusione è un fatto naturale che appartiene al definirsi e al possedere un'identità; accettato questo, si può scegliere di dialogare, intessere uno scambio reale ed essere almeno in parte nell'altro. Altrimenti si tratterà di prossimità o al più promiscuità, una confusione che disperde e allontana sempre di più ciascuno da se stesso.
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