|
|
29-10-2012, 00:35
|
#61
|
Esperto
Qui dal: Jun 2012
Ubicazione: Milano
Messaggi: 4,737
|
Il lessico italiano è costituito da:
1) parole popolari derivate dal latino classico, che sono passate al latino volgare e poi all'italiano per tradizione diretta o ininterrotta
2) latinismi, cioè voci derivate dal latino classico e passate all'italiano per via dotta ma non attraverso il latino volgare, recuperate nella lingua scritta grazie al prestigio culturale del latino e adattate in parte al nuovo sitema fonetico e morfologico
3) voci straniere, dette forestierismi o prestiti
4) derivazione e composizione, cioè parole nuove formate da voci già esistenti in italiano (conversione, suffissazione, prefissazione, univerbazioni)
Perplimere...che cosa sarebbe? Voce derivante per tradizione sciocca?
|
Ultima modifica di Pluvia; 29-10-2012 a 00:37.
|
29-10-2012, 00:59
|
#62
|
Esperto
Qui dal: Feb 2010
Messaggi: 9,731
|
L'avevo letta anch'io quella pagina dell'accademia della crusca.
Mi chiedo se qualcuno abbia mai usato con intenzioni serie "perplimere".
|
|
29-10-2012, 16:14
|
#63
|
Esperto
Qui dal: Aug 2012
Ubicazione: Napoli
Messaggi: 1,298
|
Quote:
Originariamente inviata da FirstClass
La parola "vabbè" o "vabbeh" o ancora "va beh" che origine ha? E soprattutto come si scrive?
|
Non è ortodossa, come è ovvio, ma la usiamo tutti gergalmente e andrebbe scritta "vabbé", l'apocope di "va bene", senza la "h".
|
|
29-10-2012, 16:15
|
#64
|
Esperto
Qui dal: Aug 2012
Ubicazione: Napoli
Messaggi: 1,298
|
Quote:
Originariamente inviata da dany91
Il lessico italiano è costituito da:
1) parole popolari derivate dal latino classico, che sono passate al latino volgare e poi all'italiano per tradizione diretta o ininterrotta
2) latinismi, cioè voci derivate dal latino classico e passate all'italiano per via dotta ma non attraverso il latino volgare, recuperate nella lingua scritta grazie al prestigio culturale del latino e adattate in parte al nuovo sitema fonetico e morfologico
3) voci straniere, dette forestierismi o prestiti
4) derivazione e composizione, cioè parole nuove formate da voci già esistenti in italiano (conversione, suffissazione, prefissazione, univerbazioni)
Perplimere...che cosa sarebbe? Voce derivante per tradizione sciocca?
|
Un neologismo di Corrado Guzzanti lo si accetta per dovere morale!
|
|
29-10-2012, 17:07
|
#65
|
Intermedio
Qui dal: Sep 2012
Ubicazione: Toscana
Messaggi: 160
|
Quote:
Originariamente inviata da FirstClass
La parola "vabbè" o "vabbeh" o ancora "va beh" che origine ha? E soprattutto come si scrive?
|
Deriva da va bene, naturalmente.
L'ortografia italiana standard di quell'espressione è vabbè (il segno d'accento è grave, non acuto) o anche va be' separato e con l'apostrofo. Per simili dilemmi torna molto utile il Dizionario d'Ortografia e di Pronunzia, uno strumento un po' troppo puristico ma davvero completo e rigoroso. Da pochi anni ne è stata fatta una nuova edizione, che è anche liberamente consultabile su internet: http://www.dizionario.rai.it (è ancora provvisorio, soprattutto perché non è stata conclusa la parte su nomi e parole straniere).
|
Ultima modifica di Rifiorire; 29-10-2012 a 17:38.
|
29-10-2012, 17:20
|
#66
|
Intermedio
Qui dal: Sep 2012
Ubicazione: Toscana
Messaggi: 160
|
Quote:
Originariamente inviata da dany91
...
4) derivazione e composizione, cioè parole nuove formate da voci già esistenti in italiano (conversione, suffissazione, prefissazione, univerbazioni)
Perplimere...che cosa sarebbe? Voce derivante per tradizione sciocca?
|
Perplimere rientra nel punto 4, poiché è formato da voci già esistenti in italiano. Per la precisione, viene fuori per analogia con comprimere, esprimere ecc.
Espresso sta a esprimere come perplesso sta a X. L'incognita è appunto perplimere (che non fa parte dell'italiano standard, ma è usato da alcuni).
Se uno volesse più rettamente latineggiare, dovrebbe dire questa cosa mi perplette.
|
|
29-10-2012, 17:33
|
#67
|
Esperto
Qui dal: Aug 2012
Ubicazione: Napoli
Messaggi: 1,298
|
Ottimi gli interventi di Rifiorire (di cui mi piacerebbe conoscere i titoli, se non in pubblico puoi sempre mandarmi un messaggio privato). "Vabbè" con accento grave, correggo il mio precedente.
|
|
29-10-2012, 18:57
|
#68
|
Banned
Qui dal: Jun 2005
Ubicazione: Torino
Messaggi: 3,754
|
" ma che cazzo stai a di' ?''
"eh vabbè l'italiano è una lingua maledetta"
|
|
04-11-2012, 01:44
|
#69
|
Banned
Qui dal: Jan 2011
Messaggi: 1,272
|
Mica e manco: due avverbi dell'uso parlato e popolare
Ilaria Ciangherotti ha chiesto consulenza alla nostra redazione per conoscere l'origine, i diversi significati e i possibili usi degli avverbi mica e manco
Mica e manco:
due avverbi dell'uso parlato e popolare
La forma avverbiale mica deriva dal latino MICA 'briciola di pane' (attestato in Petronio) e in italiano, nel significato di 'punto', 'affatto', ha attestazioni molto antiche fin dal Ritmo di Sant'Alessio composto nel XII secolo. Proprio dal significato originario di 'briciola, piccolissima parte', attraverso un uso estensivo in frasi negative, ha assunto il significato corrente di 'per nulla, affatto'. Si tratta di un elemento rafforzativo che trova la sua origine in proposizioni del tipo "non mangio nemmeno una briciola", "non faccio neanche un passo" e che poi si è generalizzato nell'uso anche in presenza di altri verbi. In italiano la particella mica, registrata già dalla prima edizione del Vocabolario degli accademici della crusca (1612) anche nella variante miga attestata in Boccaccio, ha avuto maggiore diffusione nella lingua comune, parlata (nei dialetti restano vive diverse realizzazioni: miga e minga al nord, nel parmense si è mantenuta la forma brisa 'briciola'), mentre in ambito letterario le occorrenze non sono numerosissime.
Questa distribuzione nell'uso è particolarmente significativa se la confrontiamo con quanto è invece accaduto in altre lingue neolatine, come ad esempio il francese, che ha generalizzato l'uso di queste particelle a tutte le costruzioni negative della lingua standard (pas da PASSUS ancora in uso e mie da MICA segnalato nei dizionari della lingua francese come voce arcaica, anche se la si può trovare ancora in scrittori della prima metà del Novecento: in tutti e due i casi si è perso il significato originario).
Mica insieme a punto resta viva nel parlato toscano e, nelle diverse forme a seconda delle zone, in molti dialetti.
L’avverbio manco ha due accezioni principali, quella di ‘meno’ limitata all’italiano antico e popolare (ma non nel meridione dove prevale più poco) diffuso in forme composte come niente di manco, niente manco, non di manco, non manco attestato in scritti pratici o di genere popolare; e quella di ‘neanche’ come forma abbreviata da nemmanco, uno dei tanti avverbi che trovano il loro precedente nel latino NE… QUIDEM. La connotazione popolare appare confermata dalle prime attestazioni dell'avverbio e dal modo in cui è stato poi accolto nel Vocabolario degli accademici della crusca: nella banca dati del Tesoro della Lingua Italiana delle Origini che raccoglie testi anteriori al 1375 in italiano e nei vari dialetti, le prime occorrenze di manco (nella variante mancu) sono contenute in testi siciliani dei primi del Trecento; nel Vocabolario degli accademici della crusca la forma, nell'accezione di 'neanche', compare solo nella terza edizione (1691), aggiunta come terza accezione dopo quelle principali di 'ammanco' e 'meno' e non corredata da esempi d'autore a conferma del fatto che gli accademici l'hanno inserita come forma d'uso di cui non hanno trovato riscontri nelle opere letterarie. In questa stessa accezione di 'neanche' manco è stato condannato come neologismo da Rigutini (I neologismi buoni e cattivi, 1926, dove commenta: “Manco, avverbio, l’usano alcuni pessimi scrittori con senso negativo: «Son cose manco da dirsi; manco l’ho pensata», ecc. invece di «non son cose da non dirsi neanco; non l’ho neppur pensata», ecc. E la maniera «manco a dirlo», per «superfluo di dirlo, non c’è bisogno di dirlo», e simili"), anche se, in realtà, è di antica attestazione (da Jacopo Nardi a metà del ’500 a Caro, Caporali, Lippi, Algarotti) e rimane la forma dominante nel meridione, mentre il nord preferisce neanche. Nell’italiano contemporaneo resta forma quasi esclusiva del parlato e può comparire in scritture informali o che riproducono la forma parlata.
A cura di Raffaella Setti
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
http://www.accademiadellacrusca.it/f...7052&ctg_id=93
|
|
05-11-2012, 01:59
|
#70
|
Banned
Qui dal: Jan 2011
Messaggi: 1,272
|
"cosa è" si può scrivere o ho sbagliato?
bisogna per forza mettere l'apostrofo?
|
Ultima modifica di Sverso; 05-11-2012 a 02:02.
|
05-11-2012, 02:18
|
#71
|
Intermedio
Qui dal: Sep 2012
Ubicazione: Toscana
Messaggi: 160
|
Quote:
Originariamente inviata da Sverso
"cosa è" si può scrivere o ho sbagliato?
bisogna per forza mettere l'apostrofo?
|
Si può, si può. Nessuna seria controindicazione.
|
|
12-12-2012, 00:13
|
#72
|
Esperto
Qui dal: Aug 2012
Ubicazione: Napoli
Messaggi: 1,298
|
Uso degli accenti nelle III p.s.
La regola, per quanto riguarda le terze persone singolari monosillabiche, è questa: l'accento è obbligatorio solo su 'egli dà' (errato 'egli da'), 'egli è' e 'egli può'; tutti gli altri si scrivono senz'accento: 'egli fa/ha/sa/sta/va' (non me ne vengono in mente altri). Poi ci sono gli accenti facoltativi (inutili sul verbo dare, ma non sbagliati): è lecito scrivere 'io dò, tu dài, essi dànno' anche se non potrebbe mai esserci ambiguità con 'do' nota musicale, 'dai' preposizione articolata o 'danno' sostantivo. Qui è questione di gusto. Per questa e altre questioni, Le consiglio l'acquisto della "Grammatica italiana" di Luca Serianni, senza dubbio la migliore perché fa il punto della situazione su quasi tutti i dubbi che possiamo avere.
|
|
12-12-2012, 00:22
|
#73
|
Esperto
Qui dal: Jun 2012
Ubicazione: Milano
Messaggi: 4,737
|
Una domanda che mi ha sempre tormentato: come si comportano nell'italiano contemporaneo al plurale i prestiti (dunque termini alloglotti) non adattati?
|
|
12-12-2012, 00:25
|
#74
|
Esperto
Qui dal: Aug 2012
Ubicazione: Napoli
Messaggi: 1,298
|
Quote:
Originariamente inviata da dany91
Una domanda che mi ha sempre tormentato: come si comportano nell'italiano contemporaneo al plurale i prestiti (dunque termini alloglotti) non adattati?
|
Vanno mantenuti al singolare.
|
|
12-12-2012, 00:31
|
#75
|
Esperto
Qui dal: Jun 2012
Ubicazione: Milano
Messaggi: 4,737
|
Ecco dove volevo arrivare:
Dunque in italiano "polis" (la città-stato greca) al singolare e "poleis" al plurale (cosa su cui i professori a scuola bacchettavano parecchio, ricordo) et similia (tipo curriculum e curricula), sono solo inutili forme di devozione classicista?
|
|
12-12-2012, 00:43
|
#76
|
Esperto
Qui dal: Aug 2012
Ubicazione: Napoli
Messaggi: 1,298
|
Quote:
Originariamente inviata da dany91
Ecco dove volevo arrivare:
Dunque in italiano "polis" (la città-stato greca) al singolare e "poleis" al plurale (cosa su cui i professori a scuola bacchettavano parecchio, ricordo) et similia (tipo curriculum e curricula), sono solo inutili forme di devozione classicista?
|
No, la prassi del singolare vale solo per le lingue a noi contemporanee e non invece per il latino e il greco.
|
|
12-12-2012, 00:49
|
#77
|
Esperto
Qui dal: Jun 2012
Ubicazione: Milano
Messaggi: 4,737
|
Il latino e il greco costituiscono un unicum, quindi?
E parole di altre lingue antiche come "ziqqurat"?
|
|
12-12-2012, 00:58
|
#78
|
Esperto
Qui dal: Aug 2012
Ubicazione: Napoli
Messaggi: 1,298
|
Quote:
Originariamente inviata da dany91
Il latino e il greco costituiscono un unicum, quindi?
E parole di altre lingue antiche come "ziqqurat"?
|
Ufficialmente, vi sarebbe necessità, laddove li si volesse utilizzare, di conoscere il plurale (se esiste) anche dei lemmi delle altre lingue estinte.
|
|
12-12-2012, 01:12
|
#79
|
Esperto
Qui dal: Sep 2012
Messaggi: 1,246
|
Chiedo una belinata:
Secondo voi, se dovessi usare il singolare di proci dovrei dire proco o procus?
Non ho mai capito se il termine usato per riferirsi a loro è proprio latino oppure se è inteso come parola italiana a tutti gli effetti.
|
Ultima modifica di VyCanisMajoris; 12-12-2012 a 01:14.
|
12-12-2012, 01:14
|
#80
|
Esperto
Qui dal: Aug 2012
Ubicazione: Napoli
Messaggi: 1,298
|
Quote:
Originariamente inviata da VyCanisMajoris
Chiedo una belinata:
Secondo voi, se dovessi usare il singolare di proci dovrei dire proco o procus?
Non ho mai capito se il termine usato per riferirsi a loro è proprio latino oppure se è inteso come parola italiana a tutti gli effetti.
|
http://www.treccani.it/vocabolario/proco/
|
|
|
|
|