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Vademecum essenziale della lingua italiana
Vademecum sull'accento:
quando indicarlo e dove pronunciarlo USO DELL'ACCENTO Quando ci vuole e quando no Quando si parla, l'accento si fa sentire in tutte le parole, perché tutte lo hanno, tranne rarissime eccezioni. Quando si scrive, non sempre c'è bisogno di segnare l'accento, anzi: i casi in cui è obbligatorio indicarlo sono pochi. Noi, desiderosi di cavarvi da ogni impiccio, ve li indichiamo tutti. Nello scritto, l'accento va segnato: nelle parole tronche (cioè accentate alla fine) con più di una sillaba: La servitù emigrò in Perù; nelle seguenti parole formate da una sola sillaba: dà, dì, è, là, lì, né, sé, sì, tè, ciò, già, giù, più, può, scià. Ma attenzione: le prime nove parole di questa lista hanno dei corrispettivi che vanno scritti senza accento. In particolare, l'accento va messo su... l'accento non va messo su... dà (verbo dare): Mi dà fastidio da (preposizione): Vengo da Bari dì (il giorno): La sera del dì di festa di (preposizione): È amico di Marco è (verbo essere): È stanca e (congiunzione): coltelli e forchette là (avverbio di luogo): vai là la (articolo o pronome): La pizza, la mangi? lì (avverbio di luogo): Rimani lì li (pronome): Non li vedo né (congiunzione negativa): Né carne né pesce ne (avverbio o pronome): Me ne vado; te ne importa? sé (pronome): Chi fa da sé fa per tre se (congiunzione): Se torni, avvisami sì (affermazione): Sì, mi piace si (pronome): Marzia non si sopporta tè (la bevanda): Una tazza di tè te (pronome): Dico a te! In tutte le altre parole di una sillaba l'accento non va segnato. Nei casi di ambiguità, quando una parola si distingue da un'altra solo per la diversa posizione dell'accento, può essere utile indicarlo. Per esempio: mi pare che àbitino qui è un bell'abitìno l'àncora della nave non è ancóra tornato Alcuni, quando il pronome sé è seguito da stesso e medesimo, tralasciano di indicare l'accento, perché in questo caso il se pronome non può confondersi con se congiunzione: se stesso, se medesimo. Noi, però, consigliamo di indicare l'accento anche in questo caso, e quindi di scrivere sé stesso, sé medesimo. Per quanto riguarda la parola su, è meglio scriverla sempre senza accento: "Venite su!" Scrivete do (prima persona del presente indicativo di dare) e soprattutto sto (prima persona del presente indicativo di stare) sempre senza accento: "Ti do ragione", "Sto qui ad aspettarti". Qualcuno mette l'accento sul verbo do, per distinguerlo dalla nota musicale: ma nessuno confonderebbe questi due do, così come nessuno confonde i due re! La stessa indicazione vale per fa e sta (terze persone del presente indicativo di fare e stare) e per gli avverbi qui e qua, che non devono mai avere l'accento. http://www.accademiadellacrusca.it/f...4016&ctg_id=93 |
Re: Vademecum essenziale della lingua italiana
Esatta grafia di qual è
L'esatta grafia di qual è non prevede l'apostrofo in quanto si tratta di un'apocope vocalica, che si produce anche davanti a consonante (qual buon vento vi porta?) e non di un'elisione che invece si produce soltanto prima di una vocale (e l'apostrofo è il segno grafico che resta proprio nel caso dell'elisione). Come qual ci sono altri aggettivi soggetti allo stesso trattamento: tal, buon, pover (solo nell'italiano antico), ecc. È vero che la grafia qual'è è diffusa e ricorrente anche nella stampa, ma per ora questo non è bastato a far cambiare la regola grafica che pertanto è consigliabile continuare a rispettare. |
Re: Vademecum essenziale della lingua italiana
Qualcun altro si scrive senza apostrofo perchè:
QUALCUNO, ALCUNO, NESSUNO (e VERUNO), cioè i pronomi o aggettivi che hanno alla loro base UNO seguono le stesse regole dell'articolo indeterminativo. Per quanto riguarda l’articolo indeterminativo l’incertezza maggiore riguarda i casi in cui va usata la forma apostrofata. Tuttavia, una volta memorizzate alcune semplici regole grammaticali che ne disciplinano l’uso, il sistema degli articoli indeterminativi non dovrebbe più presentare problemi. Le regole d’uso dell’articolo indeterminativo possono essere facilmente descritte partendo dalla struttura del sistema dell’articolo determinativo. Quest’ultimo, infatti, è quadripartito in articolo maschile e femminile e, per entrambi i generi, in forma debole e forte, secondo la terminologia specialistica della linguistica. Per il maschile, la forma debole è il e quella forte è lo (e l’); per il femminile l’unica forma, che unifica quella debole e quella forte, è la. Corrispondentemente: a) la forma un si usa nei casi in cui si userebbe l’articolo determinativo debole il, cioè per quelle parole di genere maschile che cominciano: - per consonante semplice: un maccherone, un foglio, un giardino; - per consonante diversa da s seguita da l o r : un gladiatore, un prisma, un criceto; b) la forma uno si impiega in tutti quei casi in cui si impiegherebbe l’articolo determinativo forte lo, cioè davanti a parole di genere maschile che iniziano: - per s complicata (cioè seguita da consonante): uno stivale, uno scovolino, uno spiffero, uno sforzo, uno sguardo; - per s palatale: uno scemo, uno scivolo, uno scioglilingua; - per n palatale: uno gnomo, uno gnocco; - per z: uno zio, uno zoppo, uno zaffiro; - per particolari gruppi consonantici come pn e ps: uno pneumatico, uno psicologo; - per x (pronuncia [cs]): uno xilofono, uno xenofobo; - per semiconsonante i: uno iato. L’unico caso che presenta possibili problemi è quello dell’articolo indeterminativo maschile davanti a vocale, quando si impiegherebbe l’articolo determinativo forte lo apostrofato, l’. Infatti, la variante elisa di uno non ha l’apostrofo. Si ha quindi: un ariete, un espresso, un ornitorinco, un enzima, un unguento; è sbagliato scrivere *un’animale, *un’enzima; c) il femminile ha solo un’unica forma per articolo forte e debole, una, (come del resto per l’articolo determinativo, la), che si può trovare anche nella forma apostrofata un’ (nei casi in cui si userebbe l’articolo determinativo l’, ma l’elisione non è obbligatoria). Quest’ultima va usata davanti a parole che iniziano per vocale. Quindi si avrà un’aiola, un’eresia, un’ora, un’isola, un’udienza. Negli altri casi, si dovrà scrivere una giardiniera, una storia, una collana, una zattera, una xenofoba. |
Re: Vademecum essenziale della lingua italiana
AHAHAHAH perchè sta cosa? Stai lanciando frecciatine all'utenza?
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Re: Vademecum essenziale della lingua italiana
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Re: Vademecum essenziale della lingua italiana
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Re: Vademecum essenziale della lingua italiana
Io sapevo che non si dicesse "la scatola" ma "lo scatolo" è maschile.. quindi non puoi dire: <mi hai rotto le scatole> devi dire: <mi hai rotto gli scatoli> perchè è maschile. E' maschile. :pensando:
p.s Vuchan non devi dire bonci, devi dire bonce.. è femminile. Nevvero? Ti piace la parola nevvero? tutte queste vvv messe una vicino all'altra? |
Re: Vademecum essenziale della lingua italiana
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Re: Vademecum essenziale della lingua italiana
Siamo su FS o sul forum dell'Accademia della Crusca?
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Re: Vademecum essenziale della lingua italiana
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Re: Vademecum essenziale della lingua italiana
In ogni caso, io aspetto ancora la risposta su "bonci", di cui continuo ad ignorare il significato.
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Re: Vademecum essenziale della lingua italiana
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-Capisco -Perfetto -Mi sta bene -Basta/Okay ( Allora bonci=Allora basta/allora okay ) E affini. Comunque mi sa che è una cosa vuchaniana, non penso faccia parte di un qualche slang a quanto pare :pensando: |
Re: Vademecum essenziale della lingua italiana
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Re: Vademecum essenziale della lingua italiana
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Mi sembra che tu abbia sbagliato accento. |
Re: Vademecum essenziale della lingua italiana
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Re: Vademecum essenziale della lingua italiana
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