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			03-12-2010, 12:50
			
			
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			Si sente spesso dire, anche in questo forum, cose come "a cosa mi può servire fare una chiacchierata di un'ora con uno psicologo?". Riporto questo brano che ho trovato interessante per capire quale possa essere il potere curativo della parola.
 
	Quote: 
	
	
		
			
				LA PSICOTERAPIA 
 
 Che cosa succede tra paziente e terapeuta, anzi tra quel paziente e  quel terapeuta, perché quel processo possa dirsi effettivamente  terapeutico? 
 
 Da una parte abbiamo il paziente, quale che sia la  parola con cui lo si voglia indicare (cliente, utente, committente)  portatore di una domanda di terapia e, ovviamente, di una sofferenza  tanto forte da averlo spinto a fare questa domanda. 
 
 Dall’altra abbiamo lo psicoterapeuta, qualunque sia  il suo indirizzo (cognitivista, transazionale, sistemico, ecc.)  portatore di una promessa di terapia, il fatidico “io ti salverò“,  ovverosia “sono in grado di ridurre, e magari anche, eliminare la  tua sofferenza“. 
  
Come? 
 
 LA PSICOTERAPIA: IN CHE MODO? 
 
 Non già attraverso oggetti fisici – i farmaci – palpabili,  misurabili, concreti… né interventi fisici sul corpo, come farebbe il  medico ma attraverso mezzi psichici, primo fra tutti la parola. 
  
La tua parola, la mia parola, le nostre parole…. 
  
Posso aiutarti a ridurre o eliminare la tua sofferenza soltanto  mettendomi in comunicazione con te. 
  
Magia? Ma no, qualcosa di molto più semplice. 
  
Partiamo dal presupposto che tu, come qualunque altro essere umano,  ritrovatosi gettato in questo mondo, hai appreso a starci, ovvero ad  adattartici sulla base delle esperienze che ti è toccato di fare.Per esempio quando tuo padre – sei tu oggi a  comunicarmelo – ti picchiava, e tu non capivi perché (ma intanto avevi  capito che se ti ammalavi lui diventava più buono) così strutturando i  primi apprendimenti su come era fatto il mondo – il tuo mondo – e  cominciare a pensare come fare a continuare a starci al meglio,  ovverosia come comportarti per riuscire a soffrire il meno possibile. 
 Dai primi apprendimenti, ai secondi, e così via per tutto il corso  della tua vita e della tua malattia. 
 
 Poi arriva l’oggi, il qui ed ora, tra me e te, il momento del nostro  incontro in cui mi porti la tua domanda e mi chiedi di aiutarti a… “non  lo sai bene in verità“, di certo sai che stai male. 
  
Cosa vuoi dirmi quando mi dici che stai male? 
  
Che cosa vuoi comunicarmi? 
  
Forse quello che provi? O quello che pensi? 
  
Oh, non è facile da spiegare tanto più che le spiegazioni che ti sei  dato fino ad oggi non ti sono servite a granché in quanto a riuscire a  stare meno male. 
  
Mi dichiari che “non sai più cosa fare per…” e  implicitamente mi chiedi che sia io a suggerirtelo, anzi me lo chiedi  esplicitamente, “che cosa devo fare?” 
  
Già, che cosa? 
  
Parliamone. 
  
Se è vero che si apprende dall’esperienza, perché il processo  comunicativo possa dirsi terapeutico bisogna che il terapeuta si ponga  per il paziente come un’opportunità di fare un’esperienza altra rispetto  a quella (o quelle) che lo portarono ad imparare a stare al mondo…. male, troppo per potere, come si suol dire, andare avanti così. 
  
Dire un’esperienza altra è come dire un’esperienza tale da permettere  di imparare qualcos’altro rispetto a quello che è stato imparato fino  ad oggi ai vari livelli sui quali ognuno di noi si dibatte per stare al  mondo: quello cognitivo (io penso così  perché), quello emotivo (sento  che… provo questo perché…) e quello comportamentale  (faccio così perché…non faccio così perché…). 
  
Per riuscire a trasformarsi per il suo paziente nell’opportunità di  cui sopra, il terapeuta deve comunicare al paziente quello che non gli è  mai stato comunicato, o non abbastanza, o non in modo sufficientemente  chiaro. 
 
 Prima di tutto che può sentirsi compreso come non lo fu quando, per  esempio, suo padre lo picchiava e lui non sapeva perché. 
  
Lo psicoterapeuta è lì apposta per comprenderlo e riconoscerlo quale  soggetto contribuente al farsi della loro relazione, in grado di  comprenderlo a sua volta quando cercherà di restituirgli quello che ha  capito di lui: interpretando (è come se…);  domandando (cosa sentivi quando lui  minacciava di picchiarti? Dolore? Paura?); commentando  (tu eri molto piccolo, e lui molto grande ai tuoi occhi…)  e ancora domandando (che ruolo ha oggi la paura nella tua  vita?). 
  
Facciamo un esempio: che cos’è un ricordo rispetto ad un ginocchio  visibilmente gonfio suscettibile di essere toccato, palpeggiato,  radiografato? 
  
Quel ginocchio è oggetto nel vero senso del termine. 
 
 Se ne può parlare con la certezza che si sta parlando di qualcosa di  concreto… qualcosa di oggettivo… “res extensa”. 
  
Quel ricordo no. 
  
Non potrà mai assumere la dignità di oggetto, è uno pseudo oggetto. 
 
 Forse potremmo definirlo un “inter- soggetto” nella misura in cui si  costituisce, acquista senso e consistenza solo all’interno di un “comunicare  tra soggetti“, quei due, paziente e terapeuta che si comunicano… uno che ascolta, l’altro che chiede, uno che chiede, l’altro che  ascolta. 
  
Nella misura in cui uno risponde all’altro qualcosa. 
  
Qualcosa che abbia un senso. Non un senso qualsiasi (tutto ha un  senso qualsiasi) ma un senso tale da portare un cambiamento  significativo nel discorso con cui l’altro racconta di sé.“Ero certo che tutto andasse a meraviglia tra noi due  fino a quando… all’improvviso non mi ha lasciato. 
 
 È partita così…. senza preavviso….senza senso…. 
 
 E ora io sto male, malissimo, non capisco più niente, non capisco più  che cosa devo fare”. 
 Di che cosa si sta parlando? 
  
Di una certezza? (la certezza che tutto andasse a meraviglia fino a  quando…) 
  
Che cosa intende dire quella persona quando dice certezza? A quali  emozioni, ricordi, fatti, vissuti, si riferisce? 
  
O si sta parlando di un abbandono? 
  
O di quello che la persona in questione ha vissuto, definito,  interpretato come abbandono? 
  
Magari si arriverà poi a dire che fu lui (o lei) o anche lui (o lei) a  provocare l’abbandono dell’altro. 
  
LA RELAZIONE PSICOTERAPEUTICA 
 
 La relazione terapeutica si costituisce all’interno di un processo  comunicativo caratterizzato da una speciale mancanza: Manca  l’oggetto della comunicazione, quello di cui si parla, di cui  si tratta, quello a cui si accenna, quello che si cerca di… comprendere. 
 
Attraverso il crearsi tra paziente e terapeuta di una esperienza  (esperienza di conoscenza di sé, esperienza di comprensione o nuova  comprensione di sé e degli altri) tale da correggere gli effetti di  altre esperienze occorse nella sua vita. 
  
Si tratta dunque di un processo in cui la comprensione reciproca – il  comprendersi – si pone come preliminare “conditio sine  qua non” per comprendere…. il problema che motiva la domanda di terapia,  la cosa da risolvere, il cosa fare per, il come fare a…. 
  
È un’esperienza che cura l’esperienza.
			
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						Ultima modifica di MoonwatcherII;  03-12-2010 a 12:52.
					
					
				
			
		
		
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			03-12-2010, 13:15
			
			
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#2
			
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			 Esperto 
			
			
			
				
			
			
				 
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			Questo brano mette in debita evidenza un concetto chiave della psicoterapia: il poter parlare. La prima cosa che m'ha colpito durante l'analisi è stata la disponibilità ad ascoltare del terapista: sono tutti buoni a dire «Datti da fare» o «Non piangerti addosso» o a "sparare" altre frasi-fatte a raffica.
		 
		
		
		
		
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						Ultima modifica di barclay;  03-12-2010 a 13:18.
					
					
				
			
		
		
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			03-12-2010, 13:56
			
			
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#3
			
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			 Intermedio 
			
			
			
				
			
			
				 
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			Mi sono sentito i brividi lungo la schiena, poiché questo testo mi ha riportato alla mente sensazioni ed emozioni fortissime legate direttamente alla mia esperienza. Non avevo  mai letto una descrizione talmente profonda e allo stesso tempo accurata. Anch’io, come Stone, sono stato colpito dalla disponibilità totale ad ascoltare, ma soprattutto dall’ enorme differenza di approccio con chi si limita ad elargire consigli generici buttati là a caso. Uno delle cose che pensai alla fine della prima seduta (ma mi è venuta in mente solo adesso, chissà perché?) è qualcosa del tipo “Qui si fa veramente sul serio. Questo è un lavoro che porterà a qualcosa”.
		 
		
		
		
		
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			03-12-2010, 14:03
			
			
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#4
			
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					Originariamente inviata da  Clark_Kent
					 
				 
				Mi sono sentito i brividi lungo la schiena, poiché questo testo mi ha riportato alla mente sensazioni ed emozioni fortissime legate direttamente alla mia esperienza. Non avevo  mai letto una descrizione talmente profonda e allo stesso tempo accurata. Anch’io, come Stone, sono stato colpito dalla disponibilità totale ad ascoltare, ma soprattutto dall’ enorme differenza di approccio con chi si limita ad elargire consigli generici buttati là a caso. Uno delle cose che pensai alla fine della prima seduta (ma mi è venuta in mente solo adesso, chissà perché?) è qualcosa del tipo “Qui si fa veramente sul serio. Questo è un lavoro che porterà a qualcosa”. 
			
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Mi fa piacere, io invece ho avuto un impatto decisamente meno positivo con la prima terapeuta da cui sono andato: avevo l'impressione che non mi ascoltasse per nulla.    Vale a dire, mi ascoltava solo con le orecchie.
 
Ora la seconda è molto molto più disponibile ad ascoltarmi.   
Comunque non ti smentisci, sempre queste frasi a effetto pensavi eh?
 
“Qui si fa  veramente sul serio. Questo è un lavoro che porterà a  qualcosa”
  
		 
		
		
		
		
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			03-12-2010, 15:28
			
			
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			Grazie Moony veramente molto interessante   
		 
		
		
		
		
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			03-12-2010, 18:16
			
			
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#6
			
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			Io ho parlato per un anno con una psicologa, non è servito a nulla...
		 
		
		
		
		
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			03-12-2010, 19:14
			
			
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#7
			
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					Originariamente inviata da  Mangetsu69
					 
				 
				Io ho parlato per un anno con una psicologa, non è servito a nulla... 
			
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 Sono d'accordo con te, magari non nego che possa essere utile, ma dipende da persona a persona.
		  
		
		
		
		
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			03-12-2010, 20:10
			
			
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#8
			
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			Davvero un brano interessante, mi ha tolto il fiato. Ha descritto concretamente il senso di una psicoterapia. Spesso le persone pensano che la psicoterapia si fondi esclusivamente su una sorta di conversazione a senso unico tra terapeuta/paziente. Questo brano dimostra che la psicoterapia non è semplice conversazione. Ma soprattutto non esiste soltanto la parola. Ci sono delle specifiche tecniche d'intervento che vengono adottate. Hai speigato benissimo cosa è il colloquio terapeutico, quindi io adesso scriverò cosa NON è:   
Il colloquio terapeutico non è una conversazione in cui ci si siede e si chiacchiera. Da una semplice conversazione non esce nulla di definito tranne lo scambio di informazioni possedute dall'uno o dall'altro interlocutore.
 
Il colloquio terapeutico non è una discussione. In una discussione cerchiamo di sostenere degli argomenti, di risp a delle obiezioni, di parare attacchi e confutazioni che vengono dalla parte avversa (chi, su questo forum, non l'ha mai fatto con "i tre dell'ave maria Moon, Winston e Warlo?   ).
 
Il colloquio terapeutico non è un'intervista nel senso giornalistico del termine (anche se le domande da parte del terapeuta sgorgano a fiotti   ).... 
 
Il colloquio terapeutico non è un interrogatorio perchè il soggetto che ne usufruisce non è in una posizione inferiore, o di sospetto o di accusa.
 
Il colloquio terapeutico non è un discorso dell'intervistatore (del tipo "ha parlato soltanto lui e io non ho detto una parola".
 
Il colloquio terapeutico non è una confessione, non c'è una valutazione morale, c'è assenza di giudizio, deiezione ideica (cit. Rogers)   
		 
		
		
		
		
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			03-12-2010, 21:08
			
			
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#9
			
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			 Guest 
			
			
			
			
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					Originariamente inviata da  TerzaCagna
					 
				 
				 
la psicoterapia non è semplice conversazione... 
 
il colloquio terapeutico non è uno scambio di informazioni possedute dall'uno o dall'altro interlocutore... 
 
Il colloquio terapeutico non è una discussione...  
 
Il colloquio terapeutico non è un'intervista (anche se le domande da parte del terapeuta sgorgano a fiotti)... 
 
Il colloquio terapeutico non è un interrogatorio...  
 
Il colloquio terapeutico non è un discorso dell'intervistatore (del tipo "ha parlato soltanto lui e io non ho detto una parola")... 
 
Il colloquio terapeutico non è una confessione... 
			
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Gentilmente, io di tutto il brano riportato da MoonwatcherII non è che ci abbia capito granché ...
 
Potresti cortesemente dire in due o tre parole, come hai fatto sopra, cos'è il colloquio terapeutico ?  ... Grazie   
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			04-12-2010, 02:47
			
			
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#10
			
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			 Banned 
			
			
			
			
				 
				Qui dal: Jan 2009 
				
				
				
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					Originariamente inviata da  Nimrod
					 
				 
				Gentilmente, io di tutto il brano riportato da MoonwatcherII non è che ci abbia capito granché ... 
Potresti cortesemente dire in due o tre parole, come hai fatto sopra, cos'è il colloquio terapeutico ?  ... Grazie    
			
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 Da quel che ho capito io il brano che ho riportato, in estrema sintesi, afferma che il potere curativo di una psicoterapia deriva dalla relazione stessa tra paziente e terapeuta (la comunicazione) e dalla comprensione reciproca che si viene a creare.
		  
		
		
		
		
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			04-12-2010, 09:33
			
			
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#11
			
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			 Esperto 
			
			
			
				
			
			
				 
				Qui dal: Dec 2007 
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			se la fobia socile è la mallatia della parola, allora si può guarire con la parola
		 
		
		
		
		
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			04-12-2010, 18:19
			
			
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#12
			
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			 Esperto 
			
			
			
			
				 
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					Originariamente inviata da  TerzaCagna
					 
				 
				Il colloquio terapeutico non è una discussione. In una discussione cerchiamo di sostenere degli argomenti, di risp a delle obiezioni, di parare attacchi e confutazioni che vengono dalla parte avversa (chi, su questo forum, non l'ha mai fatto con "i tre dell'ave maria Moon, Winston e Warlo?   ).  
			
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 Ecco, io invece sono sicuro che finirei per far diventare il colloquio terapeutico una discussione: figuriamoci se mi faccio convincere così facilmente da quello che dice il tizio solo perché lui è psicologo   
Alla fine il terapeuta chiederebbe l'internamento...il suo, però, per esauriumento nervoso   
		 
		
		
		
		
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			04-12-2010, 20:45
			
			
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#13
			
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					Originariamente inviata da  Nimrod
					 
				 
				Gentilmente, io di tutto il brano riportato da MoonwatcherII non è che ci abbia capito granché ... 
Potresti cortesemente dire in due o tre parole, come hai fatto sopra, cos'è il colloquio terapeutico ?  ... Grazie   
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 ciao Nim, dovendo scriverlo in poche parole, "l'obiettivo del colloquio terapeutico è quello di attenuare o eliminare i sintomi ma anche di far acquisire al paziente modelli di comportamento più adeguati alle esigenze della sua esistenza."   
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					Originariamente inviata da  Winston_Smith
					 
				 
				Ecco, io invece sono sicuro che finirei per far diventare il colloquio terapeutico una discussione: figuriamoci se mi faccio convincere così facilmente da quello che dice il tizio solo perché lui è psicologo  
Alla fine il terapeuta chiederebbe l'internamento...il suo, però, per esauriumento nervoso 
			
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 Ah guarda questo è poco ma sicuro! Stessa cosa dicasi per l'altro compare, Moon, che sta facendo impazzire il povero dott. Liverani    
Un consiglio: datti alla politica   
		 
		
		
		
		
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			04-12-2010, 20:47
			
			
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#14
			
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	| 
			
			 Esperto 
			
			
			
			
				 
				Qui dal: Jun 2009 
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					Originariamente inviata da  TerzaCagna
					 
				 
				Ah guarda questo è poco ma sicuro! Stessa cosa dicasi per l'altro compare, Moon, che sta facendo impazzire il povero dott. Liverani    
Un consiglio: datti alla politica    
			
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 Se in Italia ciò non equivalesse a dire "datti all'ippica" o "va' a rubare" l'avrei già fatto   
		 
		
		
		
		
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