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Quando ero piccolo adoravo il circo, ero attirato in particolar modo dall’elefante che, come scoprii più tardi, era l’animale preferito di tanti altri bambini.
Durante lo spettacolo faceva sfoggio di un peso, una dimensione e una forza davvero fuori dal comune… ma dopo il suo numero, e fino ad un momento prima di entrare in scena, l’elefante era sempre legato ad un paletto conficcato nel suolo, con una catena che gli imprigionava una delle zampe. Eppure il paletto era un minuscolo pezzo di legno piantato nel terreno soltanto per pochi centimetri. E anche se la catena era grossa mi pareva ovvio che un animale del genere potesse liberarsi facilmente di quel paletto e fuggire.
Che cosa lo teneva legato?
Chiesi in giro a tutte le persone che incontravo di risolvere il mistero dell’elefante; qualcuno mi disse che l’elefante non scappava perché era ammaestrato… allora posi la domanda ovvia: “Se è ammaestrato, perché lo incatenano?” Non ricordo di aver ricevuto nessuna risposta coerente.
Con il passare del tempo dimenticai il mistero dell’elefante e del paletto. Per mia fortuna qualche anno fa ho scoperto che qualcuno era stato tanto saggio da trovare la risposta: l’elefante del circo non scappa perché è stato legato a un paletto simile fin da quando era molto, molto piccolo.
Chiusi gli occhi e immaginai l’elefantino indifeso appena nato, legato ad un paletto che provava a spingere, tirare e sudava nel tentativo di liberarsi, ma nonostante gli sforzi non ci riusciva perché quel paletto era troppo saldo per lui, così dopo vari tentativi un giorno si rassegnò alla propria impotenza. L’elefante enorme e possente che vediamo al circo non scappa perché crede di non poterlo fare: sulla sua pelle è impresso il ricordo dell’impotenza sperimentata e non è mai più ritornato a provare… non ha mai più messo alla prova di nuovo la sua forza… mai più!
A volte viviamo anche noi come l’elefante pensando che non possiamo fare un sacco di cose semplicemente perché una volta, un po’ di tempo fa ci avevamo provato ed avevamo fallito, ed allora sulla pelle abbiamo inciso “non posso, non posso e non potrò mai”.
L’unico modo per sapere se puoi farcela è provare di nuovo mettendoci tutto il cuore… tutto il tuo cuore!"
Tratta da un libro di Jorge Bucay.
Non è una storiellina motivazionale da due soldi.
Personalmente dopo anni di studi, autosabotaggi, autoanalisi varie, disastri vari ed eventuali, poco dopo essermi trasferito all'estero ho avuto una sorta di rivelazione, imbattendomi su alcuni video su You Tube e approfondendo con una voracità quasi imbarazzante.
Ho fondamentalmente capito, e finalmente con una certa precisione, cos'è che ha mandato a puttane (e lo fa tutt'ora) 31 anni di respiri - ad oggi - sprecati.
Rileggendo questa storia stasera, mi sono accorto che in certe aree ho mosso qualche passo in più, in altre addirittura sono tornato indietro, sono vicinissimo a quel "paletto" che mi trattiene.
Tecnicamente quella sorta di gabbia non c'è più. A parte alcune limitazioni intrinseche (es. son basso, bla bla), ora ho consapevolezza del perché e del percome certe cause abbiano determinato certe conseguenze.
La cosa che mi spaventa però è questa: ho passato talmente tanto tempo in questa condizione (con una breve fuga di qualche mese, un momento "fortunato" in cui ottenni delle soddisfazioni) che fondamentalmente ho arredato il tunnel, mi sono preparato confusamente a qualcos'altro, e ho fantasticato molto... MA... una volta aperte le metaforiche sbarre, non mi sono sentito libero, non mi sono messo a correre a perdifiato con selvaggio entusiasmo, prendendomi ciò che MI SONO TOLTO per tutti questi anni.
Anzi, un certo bagno di realtà dovuto a una socializzazione "forzata" mi ha dato una bella sferzata sui denti, di quelle che ti fanno male e ti mettono davanti a una realtà ancora più cruda rispetto alle aspettative.
31 anni vissuti così son stati tanti, forse è questione di tempo, devo fare le cose un pò alla volta. Forse....
.... Forse comprerò un diario e mi darò l'obiettivo giornaliero di fare (e appuntarmi) 3-5 cose che normalmente non farei, che vanno contro le emozioni che provo al momento.
Giorno dopo giorno, giorno dopo giorno... Forse cambierà qualcosa.
Ma la malinconia per il tempo buttato è davvero tanta... Tante esperienze, vissute nella giusta età, sarebbero state certemente più saporite e spensierate.
Non ho certezze, purtroppo non ho davvero alcuna certezza.
Al di là di questo sfogo, tornando alla storia... pensate anche voi a questi paletti, cominciate a fare più attenzione alle dinamiche delle interazioni, a capire dove vi state gettando la zappa sui piedi da soli.
Alle volte facciamo inconsapevolmente delle cose che ci autopenalizzano e poi ci stracciamo le vesti chiedendoci il perché capitiamo puntualmente nelle stesse dinamiche.
Spero che per voi sia più semplice capire e risolvere.
Onore a chi è arrivato a leggere fino in fondo