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Vecchio 21-11-2020, 23:10   #21
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Oggi durante la seduta settimanale per la prima volta mi sono messo a piangere. In questo periodo sto assistendo mia mamma, ed ho pensato che quando avrò la sua età non avrò nessuno perché non ho mai voluto fare un figlio. Non è stata una scelta razionale, mi sono sempre sentito inadatto a crescere un figlio, troppo insicuro, pigro anche, timoroso di prendermi delle responsabilità. Mi è venuta in mente una canzone di Guccini, due versi : ripensi ad un figlio temuto / che ora non hai. Anche se si riferiva ad una donna, mi sono entrati dentro questi due versi. Lei mi ha detto una cosa a cui non avevo mai pensato, che potevo vedere quello che ho scelto è stato un atto di amore verso una persona che la mia fragilità non avrebbe effettivamente potuto rendere felice. Un atto di consapevolezza, più che uno sfuggire alla responsabilità. In effetti quando penso a me stesso, tendo a giudicare negativamente tutto quello che faccio. Ai miei comportamenti che non riesco ad attribuire all’uomo che dovrei essere diventato visto che ho 51 anni. Forse parlare con lei un’ora alla settimana mi porterà a veder me stesso da un punto di vista differente, meno negativo, pur accettando i miei lati negativi. perché finora non lo ho mai fatto, ho solo cercato di compensare questo vedermi come uno sfigato inetto con degli illusori sogni di grandezza, prima sportiva, poi artistica ed intellettuale. Oppure cercando di confrontarmi con persone che ho erroneamente ritenuto più sfigate di me. Non è facile ma spero che funzioni. Ho iniziato a settembre e mi pare che anche lei stia iniziando a conoscermi appena.
Vecchio 28-11-2020, 19:29   #22
Esperto
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Il continuo rimuginare sul mio fallimento come persona è qualcosa che devo accettare come parte di me stesso e non posso sperare di smettere di farlo. L innesco dei miei pensieri sarà sempre in quella direzione, devo cercare di ampliare lo sguardo e spostarlo da me al contesto, alla realtà. Come se fossi su una scena in cui il riflettore è puntato sul mio noioso monologo. Devo dire al direttore delle luci di allargare la zona illuminata per comprendere anche quello che mi sta attorno. Vedere gli altri non sempre in relazione alla pessima immagine che ho di me. Sembra facile. Di fatto parto da una situazione di disabilità psichica ... parole della dottoressa G.
Vecchio 04-12-2020, 19:30   #23
Esperto
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Quando devo fare qualcosa c’è sempre una voce dentro di me che mi dice che qualcosa andrà storto perché sono un incapace, pigro, pavido. È la cosa che mi fa incazzare è che le do ragione. Non vedo mai quello che di positivo ho fatto nella storia della mia vita, oppure mi dico che non sono più quello di una volta e che il futuro mi riserva una vecchiaia di paura e forse solitudine, perché stare con me può diventare alla lunga pesante. La psi mi ha detto che è una specie di disabilità psichica che fa parte della mia personalità e che devo lavorare perché non mi impedisca di vivere. Ieri sera ho visto un film in cui un ragazzo perde le gambe in un attentato e riesce con delle protesi a camminare. Quando la sua ragazza gli dice di essere incinta inizialmente si sente inadatto e non vuole tenere il figlio perché pensa di non potersi prendere cura di lui. Poi supera la cosa e si rimettono insieme e tutti vissero felici e contenti. Ma per la psiche esistono delle protesi ?
Vecchio 07-12-2020, 14:07   #24
Avanzato
 

Credo che il pensiero autoreferenziale sia il peggiore dei pensieri, non porta mai a nulla se non a autocommiserarsi, o auto compiacersi nella propria commiserazione. Credo sia molto più fruttuoso e pieno di grandi bellezze il pensiero sull'altro, sull'esterno, sulla realtà, su dio, sulla metafisica, il pensiero che ha come oggetto il mondo, come Seneca conclude come unico modo per non sprecare il tempo della nostra vita nel suo "De brevitate vitae'.
Ho notato che gli psicologi molte volte assumono come sanità la loro normalità o per meglio dire la normalità supposta dalla società in cui attualmente viviamo. Una normalità determinata da canoni statistici dati dallo scientismo imperante, se non lo sapete all'università di psicologia si studia il metodo sperimentale e la statistica. Il problema è che la statistica studia la media, non l'eccezione, studia le strade ben battute, un Kant, un Newton, un Platone attualmente sarebbero categorizzati come persone con problemi che non vivono in modo adeguato. Se ne potrebbero aggiungere molti altri alla lista. La scelta obbligata o meno di una vita casta ed eremita fatta di pensieri sul mondo e sull'esistenza era un qualcosa di socialmente accettato fino all'ottocento. Questo non toglie il fatto che il pensiero autoreferenziale non faccia altro che male, come molti studi dimostrano. Meglio occuparsi di metafisica, di mondo, di letterati, di filosofi, di qualsiasi cosa non centri con la nostra limitata e piccola esistenza. Qualsiasi pensiero che non considera il nostro ego e noi nel mondo ci da la possibilità di esperire la reale illimitatezza del mondo, solo al quel punto bisogna volgere un veloce sguardo a se stessi, per comprenderne il paragone, per comprendere il sublime.
Kant ha vissuto una vita di pensieri e castità, non per scelta probabilmente, ma perchè basso, brutto e timido. Non credo che abbia pensato la sua filosofia per la fama, ma abbia pensato per altri motivi e in quel pensare ha colto il sublime, e il sublime l'ha colto nel mondo, non in se stesso. La contemplazione dell'Essere è secondo Platone la più alta forma di contemplazione che porta in un ultimo stadio all'estasi, tale contemplazione è nella forma astratta del pensiero puro. E quando dico Essere intendo principalmente la struttura metafisica che da forma al mondo, o per dirla alla moderna, la struttura metafisica che assume la forma del mondo.

Vi auguro un tranquillo e stimolante pensare al mondo al di la di noi
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