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Originariamente inviata da Vertigo
La citazione però non c'azzecca molto. A Cesare non interessa essere come i suoi contemporanei,non se ne fa nulla di ciò che ha attorno, infatti guarda all'uomo più grande, Alessandro, come metro di paragone. Non è l'invidia che lo muove al pianto, ma il desiderio di gloria.
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Ma se non ci fosse stato Alessandro con cui far paragoni avrebbe pianto lo stesso?
Se l'ideale che si ha in mente è slegato dal confronto con qualcuno che è migliore, perché mai disperarsi nel leggere cosa aveva fatto Alessandro?
Per questo per me si ha comunque a che fare con un complesso di inferiorità rispetto a qualcuno o qualcosa, ci si sente sotto e si aspira a salire su come l'altro o ci si rammarica di non essere riusciti a salire su come l'altro.
Che poi secondo me l'autostima dipende anche da questo, dipende dai termini di confronto che la persona sceglie. Se uno si confronta col mostro che aveva vicino casa il personaggio interpretato da Troisi è ovvio che poi la persona finisce col percepirsi in qualche senso
sotto.
Una persona ce l'ha bassa l'autostima perché si confronta con certi tipi di persone.
Certe persone sanno fare un mucchio di cose e ce l'hanno bassa comunque l'autostima perché si confrontano con altri che ne sanno fare di più o che riescono in certi campi meglio.
Da che dipende questo? Dalle aspettative che la persona introietta nel periodo di formazione probabilmente.
A uno come me non verrebbe in mente di paragonarsi ad Alessandro Magno e rammaricarsi di non aver conquistato il mondo, ma ad un altro che ha vissuto in un ambiente aristocratico (o che è stato introdotto in questo) e gli hanno ficcato in testa certe idee sì.
Ne "Il soccombente" la dinamica è la stessa, un pianista comunque molto bravo arriva all'autodistruzione perché sceglie come termine di paragone un genio in quel campo.
Uno come me già se riesce a mettere in fila qualche nota su una tastiera potrebbe dirsi soddisfatto, ma provengo da un ambiente diverso.
Un'altra scena significativa...