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Vecchio 30-06-2012, 04:17   #1
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Più volte mi è capitato di ritrovarmi chiuso in un'opprimente gabbia mentale, che mi preclude ogni possibilità di accesso a quelle risposte di cui tanto avrei bisogno.
Leggendo "Guerra e Pace" di Tolstoj, ho trovato una riflessione molto importante, che mi ha colpito subito. E vorrei condividerla con voi:

"Come il sole e ogni atomo dell'etere sono una sfera in sé finita e nello stesso tempo solo un atomo di un tutto, inaccessibile all'uomo per la sua grandezza, così ogni persona singola porta in sé i propri fini e nello stesso tempo serve a fini universali inaccessibili all'uomo.
L'ape, che prima era posata su un fiore, punge un bambino. E il bambino ha paura delle api e dice che il fine delle api è nel pungere la gente.
Il poeta ammira l'ape che sorbisce dal calice di un fiore e dice che il fine delle api è di assorbire l'aroma dei fiori.
L'apicultore, osservando l'ape raccogliere il polline e portarlo nell'alveare, dice che il fine delle api sta nel fare il miele.
Un altro apicultore, studiando più da vicino la vita dello sciame, diche che le api raccolgono il polline per nutrire le giovani api e mantenere la regina e che il loro fine è la continuazione della specie.
Un botanico osserva che, volando col polline di un fiore dioico su un pistillo, l'ape lo feconda, e il botanico vede in questo il fine delle api.
Un altro botanico, osservando la disseminazione delle piante, vede che l'ape favorisce questa disseminazione: questo osservatore può dire che in questo consiste il fine delle api.
Ma il fine ultimo delle api non si esaurisce né col primo, né con il secondo, né con il terzo fine che la mente umana è in grado di scoprire. Quando più si prodiga la mente umana nella scoperta di tali fini, tanto più le risulta evidente che il fine ultimo è per lei inaccessibile
."

Ho trovato l'esempio delle api piuttosto affascinante e, per certi versi, concreto. Mi sono anche permesso di evidenziare l'ultima frase, perchè a mio avviso è la più indicativa del discorso.
Più volte mi sono interrogato a proposito del fine ultimo delle cose, partendo da quelle più semplici (come un bicchiere o una matita...) a quelle più complesse ed inspiegabili (come la sofferenza, l'amore, le delusioni, la felicità...).
Ho finalmente capito una cosa: non ne ricaverò niente continuando a crucciarmi difronte a queste grandezze, non verrò mai a capo dei miei dubbi. Non risolverò mai i miei problemi cercando di capire cosa li ha provocati, perchè esistono, perchè certe cose capitano a me, perchè gli altri sono più felici di me...
Non esistono risposte a queste domande, proprio perchè ognuno di noi ha un modo tutto suo di vivere, di intendere le cose. La vita è un grande stato mentale, governato dalla soggettività.
E' impossibile, per tutti noi, arrivare al fine ultimo di ogni cosa. Quel che conta non è la fine, non è lo scopo. Quel che importa è la causa e la conseguenza, come nasce un fenomeno e quali mutazioni subisce nel corso del tempo.
Siamo "costretti" a rimanere chiusi in gabbia, a tentare di toccare le stelle salendo sulle punta dei nostri piedi, perchè pesanti catene legate alle caviglie ci fissano a terra, le catene dell'ignoranza.
"In medio stat virtus", la virtù sta nel mezzo.
Dobbiamo accontentarci degli equilibri, dobbiamo cercare gli equilibri. Dobbiamo vivere nel presente, negli intervalli che compongono gli istanti della nostra vita.
Ogni istante è irrecuperabile, una volta passato non torna più. E a proposito di istanti, volevo condividere con voi una parte del film "L'odio".


"E' la storia di una società che precipita e che mentre sta precipitando si ripete per farsi coraggio: 'Fino a qui tutto bene'".
Ecco, questa frase e il momento in cui i due attori si puntano la pistola addosso rendono bene l'idea del concetto di istante.
Prima che il grilletto venga premuto, prima dello sparo... tutto va bene. In quell'istante, tutto va bene.
E noi, secondo me, dovremmo vivere proprio così. Immaginare la nostra vita come il grilletto di una pistola, tenuta in mano dal tempo. E ripeterci, ogni secondo che passa, "fino a qui tutto bene".

Ultima modifica di rainy; 30-06-2012 a 04:22.
Vecchio 30-06-2012, 04:56   #2
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E noi, secondo me, dovremmo vivere proprio così. Immaginare la nostra vita come il grilletto di una pistola, tenuta in mano dal tempo. E ripeterci, ogni secondo che passa, "fino a qui tutto bene".
Esatto.

Metterlo in pratica è un altro paio di maniche però...
Vecchio 30-06-2012, 08:24   #3
Esperto
 

Molto interessante....
Vecchio 30-06-2012, 10:20   #4
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Bellissimo "Le Haine" ,grande pellicola francese, un grande Vincent Cassell in questo film, ve lo consiglio.
Vecchio 30-06-2012, 13:16   #5
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L'avatar di Allocco
 

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E noi, secondo me, dovremmo vivere proprio così. Immaginare la nostra vita come il grilletto di una pistola, tenuta in mano dal tempo. E ripeterci, ogni secondo che passa, "fino a qui tutto bene".
Alla faccia dei rimedi antiansia!

A parte gli scherzi, bel post, e bel tema, Rainy.
Per molto tempo mi sono interrogato sui fini ultimi della vita, l'universo e tutto quanto (cit.) e mmm beh... debbo dire che...
Non sono sicuro che la soluzione "soggettivista" sia quella definitiva.
In questo campo, credo che ogni visione, tipo gli esempi delle api, abbia una sua valenza.
Ma mettiamo caso che esista uno scopo oggettivo. Materiale, reale, e comune, che lega ogni singolo elemento esistente.
Quello avrebbe una caratura ontologica (cioè, rispetto alla scala dei fini ultimi) maggiore rispetto a qualsiasi altro..?

C'è, non c'è, uno scopo simile?
Mica ve lo devo dire io, eh scusate.. son pure un allocco
(ma non sarebbe quel che pensate! E tu la dietro, non ridacchiare! )

Ultima modifica di Allocco; 30-06-2012 a 13:23.
Vecchio 01-07-2012, 04:15   #6
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Originariamente inviata da Allocco Visualizza il messaggio
Ma mettiamo caso che esista uno scopo oggettivo. Materiale, reale, e comune, che lega ogni singolo elemento esistente.
Quello avrebbe una caratura ontologica (cioè, rispetto alla scala dei fini ultimi) maggiore rispetto a qualsiasi altro..
C'è, non c'è, uno scopo simile?
probabilmente esiste o forse cerchiamo di spremere le nostre meningi per nulla.
Il fatto che nè a me che a te venga in mente uno scopo oggettivo nella vita, ci pone di fatto due condizioni d'uscita:

1) Non esiste
2) Esiste, ma non riusciamo a coglierlo

E qui tornano in ballo le gabbie mentali, le catene dell'ignoranza.
Riflettendo bene, potrei concludere che la mia vita la vivo io ed io soltanto. Nessun altro. Quello che provo, sento, apprezzo, amo, detesto... è tutto dentro di me, appartiene solo a me ed a nessuno all'infuori di me.
Il nostro è un binario a senso unico, percorso da un unico vagone. Quel vagone siamo noi

Quote:
Originariamente inviata da Dedalus Visualizza il messaggio
Che qualcosa abbia un fine, raggiunga il suo fine, vuol dire è completamente se stessa, senza quelle impurità o gradi minori d'esistenza che la distolgano dal compito d'essere se stessa.
parlare di completezza è troppo simile ad un elogio alla perfezione. Io non credo che ci sia nulla di perfetto, al mondo.
E sulla completezza, beh... non riuscirei ad esprimermi.
La completezza può anche essere intesa come un insieme casuale di coincidenze e volontà.
Tornando all'esempio delle api, queste lavorano ogni giorno tra fiori, pollini ed alveari. Ma sono consapevoli del lavoro che svolgono? Hanno piena consapevolezza di ciò che comporta la loro laboriosità quotidiana, anche per l'uomo?
Non credo che si possa parlare di completezza, troppo prematuro. Altrimenti sarebbe come affermare che le api non hanno un fine, la loro esistenza non ha un fine.
E noi, esseri umani senzienti, ce l'abbiamo? L'acqua ce l'ha? Gli alberi ce l'hanno? Il vento ce l'ha?

Quote:
Originariamente inviata da Dedalus Visualizza il messaggio
Il fine dev'essere allora quella cosa, più importante, che non potrà più calare la sua intensità ontologica, che non potrà mutare in peggio, che assicura del suo saldo stare eterno, e che soprattutto si dia a conoscere senza ombre.
su questo concordo
Vecchio 01-07-2012, 08:50   #7
Esperto
L'avatar di Allocco
 

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Originariamente inviata da rainy Visualizza il messaggio
probabilmente esiste o forse cerchiamo di spremere le nostre meningi per nulla.
Il fatto che nè a me che a te venga in mente uno scopo oggettivo nella vita, ci pone di fatto due condizioni d'uscita:

1) Non esiste
2) Esiste, ma non riusciamo a coglierlo
Sono d'accordo, ma "non coglierlo" non significa necessariamente "non poterlo cogliere".
Secondo me, seguendo anche Dedalus (interpretandolo un pochino, lo ammetto ), il fine materiale e oggettivo ce l'abbiamo davanti agli occhi. E' la risposta più semplice possibile.
Ma comprensibilmente, i filtri del soggettivismo, delle aspettative, insomma, dei pensieri. Ce lo rendono invisibile.
Il fine è "la fine del pensiero in teoria". Quindi la pratica.
In questa visione il sasso ha senso rispetto alla sua storia come sasso. Non rispetto a chi pensa al sasso.
Non so se mi spiego

La difficoltà nel cogliere l'oggettività dell'universo è naturale, è un classico.
Ben evidenziata da un rompicapo tra i più conosciuti e duraturi della storia.
L'albero che cade in solitudine nel bosco, fa rumore?
Lo modifico liberamente: L'albero che cade in solitudine nel bosco, ha un senso?
Secondo me, fa rumore eccome.
Vecchio 01-07-2012, 19:15   #8
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Quote:
Originariamente inviata da Allocco Visualizza il messaggio
Sono d'accordo, ma "non coglierlo" non significa necessariamente "non poterlo cogliere".
Secondo me, seguendo anche Dedalus (interpretandolo un pochino, lo ammetto), il fine materiale e oggettivo ce l'abbiamo davanti agli occhi. E' la risposta più semplice possibile.
Ma comprensibilmente, i filtri del soggettivismo, delle aspettative, insomma, dei pensieri. Ce lo rendono invisibile.
Il fine è "la fine del pensiero in teoria". Quindi la pratica.
In questa visione il sasso ha senso rispetto alla sua storia come sasso. Non rispetto a chi pensa al sasso.
Non so se mi spiego

La difficoltà nel cogliere l'oggettività dell'universo è naturale, è un classico.
Ben evidenziata da un rompicapo tra i più conosciuti e duraturi della storia.
L'albero che cade in solitudine nel bosco, fa rumore?
Lo modifico liberamente: L'albero che cade in solitudine nel bosco, ha un senso?
Secondo me, fa rumore eccome.
si, ho capito perfettamente.
"L'essenziale è invisibile agli occhi"

Quote:
Originariamente inviata da Dedalus Visualizza il messaggio
Direi di no.

-----------

Scusate ma vorrei togliere i miei interventi, mi stanno mettendo parecchio a disagio.
Se qualcuno vuole parlare di queste cose, può contattarmi.

Scusate ancora.
tranquillo
Anzi, se devo eliminare i quote dimmi pure

Quote:
Originariamente inviata da Daniele89 Visualizza il messaggio
Vedo che si è scesi allo scandaglio della questione gnoseologica, ma prima di farmi palombaro dell'espisteme vorrei avanzare il dubbio se, nella questione originaria del thread, non vi fosse una qualche confusione, oserei dire quasi un'assimilazione, tra il concetto di fine e quello di senso.
no, non c'è alcuna allusione a tutto ciò.
Anche perchè ho riportato l'esempio delle api, del loro presunto fine ignoto
Vecchio 01-07-2012, 20:04   #9
Esperto
L'avatar di Daniele89
 

Quote:
Originariamente inviata da rainy Visualizza il messaggio

no, non c'è alcuna allusione a tutto ciò.
Anche perchè ho riportato l'esempio delle api, del loro presunto fine ignoto
Ok.Allora..
Tu parti con un tuo personalissimo cruccio intorno alla ricerca di uno scopo esistenziale, giungendo poi a risolvere come inesplicabile l'ordine che soggiace il mondo e le cose particolari, in un -a metà strada- tra lo scettico e il solipsismo("la vita è un grande stato mentale")
Ma l'operazione che intraprendi verso l'oggetto -la mia vita- è, implicitamente, il voler insediarla in una sfera di senso, fasciarla nella gonna scomoda d'una struttura logica finita.
Indumento che inevitabilmente cade, a rivelar lo scoscio della vita puttana.
Non è tanto da curarsi se il fine conti o meno, il fine non esiste proprio, se non in quanto disagio di non riscontrare( a prima vista) nell'estensione del mondo, quella struttura finita e immediata che è il senso.
Il fine dell'ape non è mutevole, non è.
L'errore è credere che quel suo compiere certe operazioni, il saltare di fiore in fiore, sia una catena di cause che preparano una causa ultima e privilegiata e di configurare quello svolazzo in un progetto meccanicistico e|o preesistente.
Ma, ripeto, il problema non si pone.
Il fine, cioè il senso, esiste solo nel tuo linguaggio ed estendere le sue leggi al materico conduce alla strana bottega dell'inesplicabile.

Ultima modifica di Daniele89; 01-07-2012 a 20:07.
Vecchio 01-07-2012, 20:07   #10
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beh un fine ce l'ha l'ape. Stare bene.
Fa quelle cose perché in un determinato momento sono le cose che la fanno stare meglio.
Noi un fine pure ce l'abbiamo, stare bene.
Siamo un tantino più complessi di un ape, ma fondamentalmente non è che cerchiamo altro, il benessere fisico-psichico quando possibile, ed evitare il malessere fisico-psichico quanto possibile.

Siamo tutti qui a farci un mucchio di domande, ma il nostro scopo è solo quello.
Vecchio 01-07-2012, 22:41   #11
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Pensa a vivere, o sopravvivere, che già è abbastanza doloroso o qualche volta gioioso.

Il fine ultimo di cosa?Della vita?E chi ti dice che la vita sia poi la fine di tutto?

Puoi anche speculare sul fine ultimo, l'importante è che questa domanda non ti impedisca le funzioni fisiologiche, e quelle mentali e psicologiche, di stare bene e di vivere con pienezza, gioia o dolore, questa esistenza.

Una visione teleologica della vita non ha senso secondo me: mica siamo giavellotti scagliati per andare il più lontano possibile.

La vita, l'esistenza non ha nessun significato oggettivo. E' la coscienza che le dà un significato, anzi la coscienza stessa crea la vita nel momento stesso in cui la vivi.

Perciò ognuno le attribuisce il significato che sente, a scorno delle morali universali, proprio come nella tua metafora dell'apicoltore.

Intanto continuo a preoccuparmi di come mi alzerò domattina,se avrò il denaro per tirare avanti.
Vecchio 02-07-2012, 00:17   #12
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bouree a un filosofo che mi chiedesse cos'è la felicità tirerei una pedata fra le palle e gli risponderei "sicuramente adesso non sei felice".
Vecchio 02-07-2012, 09:35   #13
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era per dire che secondo me, magari definire la felicità è difficile, ma il benessere è molto facile, come pure il malessere, il primo è qualcosa a cui siamo naturalmente indirizzati e il secondo è qualcosa che naturalmente rifuggiamo.
Personalmente invece la felicità ritengo sia la derivata del benessere, sicché è pressoché impossibile rimanere felici costantemente.

Il problema secondo me sono quelle situazioni paradosse in cui si raggiunge un punto di "massimo locale". Ovvero certi casi in cui ci infognamo con le nostre stesse azioni in una condizione di relativa felicità, insufficiente a farci sentire soddisfatti (infatti ce ne lamentiamo in continuazione), ma rimaniamo incapaci ad uscirne perché per farlo dovremmo attraversare per un periodo uno stato di maggior infelicità. Quando facciamo certe azioni gratificatorie cerchiamo di raggiungere uno stato di benessere, ma oltre a un dato punto non riusciamo ad andare. Le dipendenze ad esempio funzionano così, e l'unico modo per uscirne è affrontare un momento di temporanea infelicità.
Vecchio 02-07-2012, 10:56   #14
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Quote:
Originariamente inviata da Dedalus Visualizza il messaggio
Abbeh, in effetti così è davvero molto facile.
ma infatti la vita in teoria è molto più semplice di quanto si creda... quante persone passano la vita a darsi martellate sull'alluce? Non credo molte, e sicuramente chi lo fa ha qualche problema grave.
Il problema principale imho è appunto questo rimanere incastrati in quelle bolle di felicità relativa, come può essere ad esempio nel mio caso la dipendenza dai forum e dalle serie tv, che mi impediscono di prendere in mano la vita, e mi rendono arduo persino il comprare un biglietto per il raduno romano del 28...
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