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Originariamente inviata da Chamomile
Ha senso avere una buona opinione di se stessi se si ha una vita umiliante?
Ha senso avere una qualsiasi opinione di se stessi se si ha una vita umiliante?
Ha senso avere una vita se questa è umiliante?
Ha senso continuare a sopportare una vita umiliante?
Ha senso accettare l'opinione altrui sulla propria persona se questa è umiliante?
Ha senso non accettare l'opinione altrui sulla propria persona se questa è umiliante?
Ha senso avere un'opinione su se stessi se essa non può cambiare la propria vita (umiliante)?
Ha senso andare avanti se ogni momento della vita sembra concepito allo scopo di umiliarti?
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Però io non capisco che significa avere una buona opinione di se stessi, è proprio a monte che io non afferro il concetto, io sono io, che significa che ho una buona opinione di me, io rispetto a me stesso non mi reputo una cosa valutabile, posso essere più o meno utile ad altri e questo lo vedo, posso piacere più o meno ad altri e questo posso verificarlo, ma io non sono un oggetto che valuto io stesso per me, gli altri sono oggetti valutabili da me, le cose sono valutabili da me, ma io stesso sono un soggetto per me, non un oggetto. Io per questo mi scaglio pure contro chi mi attribuisce un buon funzionamento pretendendo che io adotti questa visione, ma io non la adotto, direi che io la rigetto proprio direttamente a monte, mi tiro fuori dalla valutazione.
Riconosco solo la valutazione altrui nei miei confronti essendo io per gli altri una cosa esterna tra cose esterne, e loro sono lo stesso per me.
Io per me stesso non sono una cosa ma un punto di vista, una persona, un soggetto. Non rientro tra le cose valutabili, io semplicemente sono, non sono una cosa utile a me stesso (cosa può mai significare?), gli altri possono essere utili o meno a me e io utile o meno agli altri, non è riflessiva questa cosa!
Siamo noi che rileviamo come ci valutano altri non noi che valutiamo noi stessi.
Ho proprio idee talmente contro tutto il senso comune diffuso, che difficilmente credo che qualcuno può condividerle e capirle.
Supponiamo che io non sappia fare un cazzo e tizio caio e sempronio lo ripetono, ho capito che non so fare un cazzo e non risulto utile al contesto, ma sono io, il problema qua non è la mia autovalutazione è che non riesco ad ottenere quel che voglio in questo contesto di merda che mi valuta di scarso valore!
Se non so fare un cazzo non ottengo quello che voglio in questo contesto, io così descrivo la situazione ma io sono peggiore di altri in sé? Mi preoccupa in sé questa cosa? A me no, non esiste questa autovalutazione in sé! Di essere peggiore non è che interessa in sé, non è questo che mi disturba o mi ha mai disturbato, mi disturbano gli effetti dell'eterovalutazione, quindi l'autovalutazione riflessiva per me è l'ultimo dei problemi... Anzi direi che è una specie di errore logico che si è propagato a macchia d'olio nella mente di merda di tutti gli psicologi e psicoterapeuti perché fanno discorsi confusi!
E' come con l'amore, uno può amare altro, ma che cazzo significa che uno si autoama? Che fai ti inculi da solo? Non rientro tra le cose amabili da me!
Io devo soddisfare al meglio l'insieme di bisogni e desideri questo vorrei, ma è roba mia, mi interessa più questo che l'autostima e tutte le baggianate collegate. Mi sembra che è pressappoco irrilevante, bisogna vedere che si vuol fare, che si è disposti a fare e se lo si può fare, e i mezzi esterni di cui si può disporre tra cui anche le valutazioni altrui (per me sono solo un mezzo tra gli altri), questo è rilevante per sé.
Il tizio brutto come la morte e il demonio che ci prova con donne belle le convince? Qua è rilevante se davvero funziona la cosa. Mi metto a provare pure io a far cazzate se poi si ottengono effusioni aggratis e senza troppe rotture di coglioni.
Io ci credo poco perché mi guardo intorno e vedo persone che debbono sorbirsi scocciature di ogni tipo e il mercato delle escort che lievita!
Infatti io non capisco il senso di non sentirsi a posto quando uno ha tutto, io se avessi tutto non me me fregherebbe nulla di esser brutto incapace e un coglione per gli altri. Il problema non è l'autostima (questa stronzata di far proprio il punto di vista altrui quando in realtà bisogna sempre tenerli ben separati e parlare più correttamente così "per Tizio io sono sacrificabile, ma perché dovrei adottare questa sua valutazione in sé, osservo che per Tizio sono sacrificabile e traggo le conseguenze riguardo a dei limiti oggettivi di manovra") il problema è che non si soddisfano dei desideri importanti, e forse non si può fare proprio nell'insieme nel contesto in cui uno si trova scagliato fin da quando è nato.
Non è quello che penso io di me rilevante se devo stare con una donna che pensa che sono un coglione, pure che io penso che non sono un coglione se l'altra persona pensa che sono un coglione come cavolo faccio a starci insieme se è questo quello che vorrei ottenere?
Sono questi limiti di manovra il problema non l'autostima. Io non sto male perché non mi stimo, sto male perché non riesco ad ottenere le relazioni che vorrei senza sbattermi troppo. Chi vuol tramutare questa cosa in una forma di autovalutazione e autoattacco lo mando a quel paese, non ce l'ho proprio a monte questa struttura di pensiero fuorviante ormai diffusa dappertutto.
L'opinione di sé è una cosa proprio errata a livello logico, è come un verbo che non è riflessivo ma lo si è tramutato linguisticamente in riflessivo immaginando che poi la cosa avesse un qualche senso. Queste operazioni linguistiche pare abbiano un qualche senso ma a ben vedere potrebbero non averne nessuno. Si è tramutata la valutazione della stima sociale di altri nei nostri confronti in una cosa riflessiva a sé stante e secondo me è una cosa proprio errata.