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Vecchio 18-09-2011, 15:26   #1
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Non so se ci avete mai pensato, ma io ogni tanto penso che forse in realtà sia impossibile raggiungere la felicità. Non nel senso che non posso raggiungiere i miei obbiettivi ma che anche se li raggiungessi, non cambierebbe nulla, avrei raggiunto solo obbiettivi che non mi arricchirebbero interiormente e soprattutto che verrebbero rimpiazzati da altri obbiettivi.

Tratto dalla pagina di wikipedia riguardante Pascal:

Quote:
« [...] ho scoperto che tutta l'infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera. [...] ho voluto scoprirne la ragione, ho scoperto che ce n'è una effettiva, che consiste nella infelicità naturale della nostra condizione, debole, mortale e cosí miserabile che nulla ci può consolare quando la consideriamo seriamente. »
(Blaise Pascal, Pensieri, 139)

Il divertimento, per Pascal, è dunque la peggiore e la più vasta piaga del mondo, in quanto ogni uomo cerca di "distrarsi" dalla propria condizione debole, mortale e cosí miserabile, per questo si disperde in infinite attività che lo illudono e, al contempo, si impegna egli stesso ad illudere gli altri. L'uomo è sempre in movimento, ma, se si ferma, sente il nulla; ma stare sempre in movimento è dannoso, poiché l'uomo è vero solo nella stasi; lo stare tranquillo in una camera non sarebbe dunque la causa dell'infelicità, ma solo la rivelazione di tale infelicità, che in realtà è sempre presente.
Che ne pensate? A me sembra verosimile, ed è anche vero che i momenti in cui crollo di più sono quelli in cui non faccio nulla tutto il giorno e la mia mente sprofonda in una quantità infinita di pensieri e "depressione".

Ho la sensazione che manchi qualcosa...
Vecchio 18-09-2011, 15:39   #2
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Quanto amo il pensiero di Pascal.... è il mio filosofo preferito.

Per me ha ragione.... L uomo nasce, cresce e vive perennemente insoddisfatto...

soddisfando un nostro desiderio ecco che se ne ripresenta un altro + grande da soddisfare... e così via in un loop infinito.

La felicità non è raggiungibile.... al massimo si può aspirare ad un pò di serenità.
Vecchio 18-09-2011, 15:56   #3
Esperto
L'avatar di Chained to dust
 

Quote:
Originariamente inviata da Giacomo Leopardi
Il sentimento della nullità di tutte le cose, la insufficienza di tutti i piaceri a riempierci l’animo, e la tendenza nostra verso un infinito che non comprendiamo, forse proviene da una cagione semplicissima, e più materiale che spirituale. L’anima umana (e così tutti gli esseri viventi) desidera sempre essenzialmente, e mira unicamente, benchè sotto mille aspetti, al piacere, ossia alla felicità, che considerandola bene, è tutt’uno col piacere. Questo desiderio e questa tendenza non ha limiti, perch’è ingenita o congenita coll’esistenza, e perciò non può aver fine in questo o quel piacere che non può essere infinito, ma solamente termina colla vita. E non ha limiti 1. nè per durata, 2. nè per estensione. Quindi non ci può essere nessun piacere che uguagli 1. nè la sua durata, perchè nessun piacere è eterno, 2. nè la sua estensione, perchè nessun piacere è immenso, ma la natura delle cose porta che tutto esista limitatamente e tutto abbia confini, e sia circoscritto. Il detto desiderio del piacere non ha limiti per durata, perchè, come ho detto non finisce se non coll’esistenza, e quindi l’uomo non esisterebbe se non provasse questo desiderio. Non ha limiti per estensione perch’è sostanziale in noi, non come desiderio di uno o più piaceri, ma come desiderio del piacere. Ora una tal natura porta con se materialmente l’infinità, perchè ogni piacere è circoscritto, ma non il piacere la cui estensione è indeterminata, e l’anima amando sostanzialmente il piacere, abbraccia tutta l’estensione immaginabile di questo sentimento, senza poterla neppur concepire, perchè non si può formare idea chiara di una cosa ch’ella desidera illimitata. Veniamo alle conseguenze. Se tu desideri un cavallo, ti pare di desiderarlo come cavallo, e come un tal piacere, ma in fatti lo desideri come piacere astratto e illimitato. Quando giungi a possedere il cavallo, trovi un piacere necessariamente circoscritto, e senti un vuoto nell’anima, perchè quel desiderio che tu avevi effettivamente, non resta pago. Se anche fosse possibile che restasse pago per estensione, non potrebbe per durata, perchè la natura delle cose porta ancora che niente sia eterno. E posto che quella material cagione che ti ha dato un tal piacere una volta, ti resti sempre (p.e. tu hai desiderato la ricchezza, l’hai ottenuta, e per sempre), resterebbe materialmente, ma non più come cagione neppure di un tal piacere, perchè questa è un’altra proprietà delle cose, che tutto si logori, e tutte le impressioni appoco a poco svaniscano, e che l’assuefazione, come toglie il dolore, così spenga il piacere... [...]
Io la penso più o meno così...
Vecchio 18-09-2011, 22:06   #4
Banned
 

Felicità? Che cosa effimera.
La felicità non è altro che un'illusione. Un pò come la tristezza. Sono stati d'animo che viaggiano di pari passo con i nostri pensieri, con il nostro cervello.
Per molte persone la felicità dipende da un buon lavoro e da una bella moglie a casa. Per altri no. Non siamo tutti uguali.
Io non ci credo più di tanto. Sarebbe tanto riuscire a soddisfare i propri bisogni e le propie esigenze senza pretendere felicità.


Ogni uomo deve capire che tutto può sparire molto in fretta: il gatto, la donna, il lavoro, la ruota davanti, il letto,
le pareti, la stanza; tutte le nostre necessità, amore compreso. Poggiano su fondamenta di sabbia.
- Charles Bukowski.
Vecchio 18-09-2011, 23:15   #5
Esperto
L'avatar di Woland12
 

Quote:
Originariamente inviata da Kavin Casey Visualizza il messaggio
Non so se ci avete mai pensato, ma io ogni tanto penso che forse in realtà sia impossibile raggiungere la felicità. Non nel senso che non posso raggiungiere i miei obbiettivi ma che anche se li raggiungessi, non cambierebbe nulla, avrei raggiunto solo obbiettivi che non mi arricchirebbero interiormente e soprattutto che verrebbero rimpiazzati da altri obbiettivi.
La felicità non si raggiunge stabilmente. Aveva ragione Leopardi nell'esposizione della "teoria del piacere": il raggiungimento del piacere è impossibile. Cito anch'io un passo di Leopardi, dallo Zibaldone:

Quote:
La somma della teoria del piacere, e si può dir anche, della natura dell'animo nostro e di qualunque vivente, è questa. Il vivente si ama senza limite nessuno, e non cessa mai di amarsi. Dunque non cessa mai di desiderarsi il bene, e si desidera il bene senza limiti. Questo bene in sostanza non è altro che il piacere. Qualunque piacere ancorchè grande, ancorchè reale, ha limiti. Dunque nessun piacere possibile è proporzionato ed uguale alla [647]misura dell'amore che il vivente porta a se stesso. Quindi nessun piacere può soddisfare il vivente. Se non lo può soddisfare, nessun piacere, ancorchè reale astrattamente e assolutamente, è reale relativamente a chi lo prova. Perchè questi desidera sempre di più, giacchè per essenza si ama, e quindi senza limiti. Ottenuto anche di più, quel di più similmente non gli basta. Dunque nell'atto del piacere, o nella felicità, non sentendosi soddisfatto, non sentendo pago il desiderio, il vivente non può provar pieno piacere; dunque non vero piacere, perchè inferiore al desiderio, e perchè il desiderio soprabbonda. Ed eccoti la tendenza naturale e necessaria dell'animale all'indefinito, a un piacere senza limiti. Quindi il piacere che deriva dall'indefinito, piacere sommo possibile, ma non pieno, perchè l'indefinito non si possiede, anzi non è. E bisognerebbe possederlo pienamente, e al tempo stesso indefinitamente, perchè l'animale fosse pago, cioè felice, cioè l'amor proprio suo che non ha limiti, fosse definitamente soddisfatto: cosa [648]contraddittoria e impossibile. Dunque la felicità è impossibile a chi la desidera, perchè il desiderio, sì come è desiderio assoluto di felicità, e non di una tal felicità, è senza limiti necessariamente, perchè la felicità assoluta è indefinita, e non ha limiti. Dunque questo desiderio stesso è cagione a se medesimo di non poter essere soddisfatto. Ora questo desiderio è conseguenza necessaria, anzi si può dir tutt'uno coll'amor proprio. E questo amore è conseguenza necessaria della vita, in quell'ordine di cose che esiste, e che noi concepiamo, e altro non possiamo concepire, ancorchè possa essere, ancorchè fosse realmente. Dunque ogni vivente, per ciò stesso che vive (e quindi si ama, e quindi desidera assolutamente la felicità, vale a dire una felicità senza limiti, e questa è impossibile, e quindi il desiderio suo non può esser soddisfatto) perciò stesso, dico, che vive, non può essere attualmente felice. E la felicità ed il piacere è sempre futuro, cioè non esistendo, nè potendo esistere realmente, esiste solo nel desiderio del vivente, e nella speranza, o aspettativa che ne segue.
Leopardi giustamente diceva: abbiamo un grande amor proprio e per nostra natura desideriamo non un piacere, ma il Piacere illimitato, indefinito, poichè anche il nostro desiderio è infinito, e solo una volta colto saremmo felici, ma un piacere indefinito non si raggiunge per definizione, non esiste, quindi...

Quello che secondo me Leopardi non ha considerato (per lo meno: lo accenna solo alla fine di questo passo, ma senza esaurire il discorso) è che la felicità non è uno "stato stabile" ma piuttosto un flusso, una successione di desideri e di successi uno di seguito all'altro. E' in questo flusso, in questa ricerca quotidiana, che la maggior parte delle persone trova la felicità.

L'unica via alternativa è quella (molto più rara) della ricerca del nirvana...

Vogliamo essere ora un po' più scientifici e schiantare la situazione? Un uomo è felice quando i suoi neuroni sintetizzano serotonina nelle giuste dosi.
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