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		|  16-12-2011, 22:27 | #1 |  
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			Non so se è la sezione giusta, se è quella sbagliata mi scuso in anticipo. 
Mi stavo chiedendo... ma io sono malata? No, sul serio. Se dovessi parlarne con qualcuno (cosa che non ho mai fatto), dovrei descriverla come una malattia da cui si può guarire, o è sbagliato?   
Insomma... non riesco a considerarmi davvero malata, però in certi casi sarebbe una valida giustificazione... "Senti, se non ti parlo non è che mi stai antipatico, è solo che sono fobica... non è colpa mia... è la MALATTIA!"   
Forse non riesco ad esprimere appieno quello che voglio dire, però, se qualcuno mi ha capita e si è mai fatto questa domanda, mi può dire cosa si è risposto? 
Grazie!    |  
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		|  16-12-2011, 22:30 | #2 |  
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					Originariamente inviata da mile426  Non so se è la sezione giusta, se è quella sbagliata mi scuso in anticipo. 
Mi stavo chiedendo... ma io sono malata? No, sul serio. Se dovessi parlarne con qualcuno (cosa che non ho mai fatto), dovrei descriverla come una malattia da cui si può guarire, o è sbagliato?   
Insomma... non riesco a considerarmi davvero malata, però in certi casi sarebbe una valida giustificazione... "Senti, se non ti parlo non è che mi stai antipatico, è solo che sono fobica... non è colpa mia... è la MALATTIA!"   
Forse non riesco ad esprimere appieno quello che voglio dire, però, se qualcuno mi ha capita e si è mai fatto questa domanda, mi può dire cosa si è risposto? 
Grazie!   |  Sai, mi immedesimo nel tuo pensiero, nel senso che spesso mi sento assolutamente inadeguato nelle relazioni sociali, con la conseguenza che cose che per altre persone sono normalissime e banali, per me, al contrario, diventano difficili e spesso complicate e fonte di fastidio.... 
Non se se è una malattia, forse è semplicemente il nostro modo di essere. 
Forse è un modo per proteggere la nostra sfera intima. 
Non saprei, anche se purtroppo, spesso la timidezza e la fobia sociale ci fanno apparire agli altri antipatici e non molto socievoli.
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		|  16-12-2011, 22:35 | #3 |  
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			Io credo che considerarsi malati può portare a due vie:1) Sono malato? Bene, rimobocchiamoci le maniche e superiamo la malattia.
 2) Sono malato? Ora posso scaricare la colpa dei miei errori sulla malattia che, per l'appunto, non dipende da me. La colpa di tutto ciò che c'è di sbagliato nella mia vita è di questo male oscuro, non mia, non posso farci nulla.
 
 Data la natura della "cosa" (che poi esiste davvero questa cosa?) credo che in genere si è propoensi a parteggiare per la 2)
 QUINDI, sconsiglio di definirsi malati.
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		|  16-12-2011, 22:38 | #4 |  
	| Intermedio 
				 
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					Originariamente inviata da Kavin Casey  Io credo che considerarsi malati può portare a due vie:1) Sono malato? Bene, rimobocchiamoci le maniche e superiamo la malattia.
 2) Sono malato? Ora posso scaricare la colpa dei miei errori sulla malattia che, per l'appunto, non dipende da me. La colpa di tutto ciò che c'è di sbagliato nella mia vita è di questo male oscuro, non mia, non posso farci nulla.
 
 Data la natura della "cosa" (che poi esiste davvero questa cosa?) credo che in genere si è propoensi a parteggiare per la 2)
 QUINDI, sconsiglio di definirsi malati.
 |  Interessante il tuo iter logico, e non c'è dubbio che, anche se scomoda e difficile, bisogna scegliere il punto 1), perchè con l'autoindulgenza di cui al punto 2), anche se al momento ci fa sentire più tranquilli perchè pensiamo che non è responsabilità nostra, alla fine è qualcosa che ci fa stare sempre peggio. 
Certo, non è facile fare la prima scelta, in quanto essa è difficile, aspra ed impervia, e purtroppo non tutti hanno energia sufficiente per reagire alla malattia che li fa soffrire.
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				 Ultima modifica di Acheo;  18-12-2011 a 01:30.
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		|  16-12-2011, 22:50 | #5 |  
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			No, sarebbe meglio di no.Già avere solo la consapevolezza di affermare che sei malata vuol dire implicitamente affermare che non lo sei.
 Io preferisco sempre prendermi le mie responsabilità, se non riesco nella vita è colpa mia, non cerco scuse.
 E autodefinirsi malati quando siamo perfettamente in grado di intendere e volere, senza offesa, è una presa per i fondelli a chi sta davvero male.
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		|  16-12-2011, 23:02 | #6 |  
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					Originariamente inviata da maury25  Io preferisco sempre prendermi le mie responsabilità, se non riesco nella vita è colpa mia, non cerco scuse.E autodefinirsi malati quando siamo perfettamente in grado di intendere e volere, senza offesa, è una presa per i fondelli a chi sta davvero male.
 |  Non esageriamo insomma... 
Le "malattie mentali" non annullano la capacità di intendere e volere... 
La alterano, perlopiù...
 
Detto questo, per come sono fatto io non ho mai preso in considerazione l'idea di definirmi seriamente malato.
(eh certo, non lo sei! - lo abbiamo capito) 
Ma dovresti riflettere su quanto ha scritto Kavin e su come pensi reagiresti... 
L'idea che "sarebbe una valida giustificazione" mi sembra una buona premessa per la reazione numero 2...
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		|  16-12-2011, 23:25 | #7 |  
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			Mile    non  chiamarti malata   
 Quello si chiama disturbo d'ansia sociale  e non è una patologia  . 
 Guarda  
 forse non potrà sembrarti  
 ma + o - tutti   abbiamo qualche disturbo .  
 Anche i normaloni che alle volte ammirate  hanno i loro disturbi  
    Esiste il disturbo istrionico (che si nota pochissimo ma fa male) , il disturbo narcisistico (pure si nota poco ma immaginate come dovrebbero vivere quelli <_<)  ,  il disturbo antisociale , il disturbo schizoide , disturbo autistico per esempio le persone Asperger (e credetemi che alcune di loro UOMINI  si sposano pure)  , il disturbo ossessivo compulsivo , il disturbo depressivo , il disturbo dipendente di personalità  etc ..   sono così tanti . .. 
 
  Mile non considerarti mai malata , credimi se tu lo fossi davvero non lo sapresti. 
Il fatto che qualcuno possa credere che tu sia malata , beh  questa è una conseguenza . Ma non del tuo malessere !!  
  La tua fobia  è l'oggetto di pregiudizio , loro sono gli osservatori , il fenomeno è la cultura moderna . 
  In questo mondo odierno  la stabilità sociale   di una persona o di un insieme di persone   viene  stimata mettendo a confronto il modello ordinario   con i soggetti da stimare . 
  Questo è il vero motore della discriminazione  degli introversi , della loro privazione di essere amati o considerati adeguatamente nel lavoro . E questo è anche il motivo dell'esistenza del fenomeno del bullismo (che le scuole , idiote come certe volte sono -.-" , mettono in discussione facendo capire agli alunni che i deboli  non vanno maltrattati <_< che st@...)  
  Soltanto una persona di vera competenza , che sa vedere aldilà  delle convenzioni  e  del modello normativo ,  può giudicarti . Ma non si tratta di un giudizio inteso sgarbato , come i pregiudizi o i giudizi di chi ti ha conosciuta personalmente  ,  bensì di una affermazione scientifica e grazie a Dio esiste la scienza  che spiega le cose aldilà della loro mera apparenza su cui soltanto a primo impatto si fa osservazione . 
   Mile  se vuoi una volta parliamo in chat  . Ti spiego altre cose   , almeno il morale si tira un po su     |  
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		|  16-12-2011, 23:41 | #8 |  
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					Originariamente inviata da Kavin Casey  Io credo che considerarsi malati può portare a due vie:1) Sono malato? Bene, rimobocchiamoci le maniche e superiamo la malattia.
 2) Sono malato? Ora posso scaricare la colpa dei miei errori sulla malattia che, per l'appunto, non dipende da me. La colpa di tutto ciò che c'è di sbagliato nella mia vita è di questo male oscuro, non mia, non posso farci nulla.
 
 Data la natura della "cosa" (che poi esiste davvero questa cosa?) credo che in genere si è propoensi a parteggiare per la 2)
 QUINDI, sconsiglio di definirsi malati.
 |  Ecco io sono a un bivio tra le due ipotesi, ma sono più propensa alla seconda perché non ho la stoffa (per non dire un altro termine XD) per reagire e mi rassegno al fatto di essere così. Niente di più sbagliato...
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		|  16-12-2011, 23:51 | #9 |  
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			Vorrei rispondere raccontando un episodio recente. Un paio di mesi fa, una mia compagna di corso mi ha invitata a pranzo con un suo amico, un giovane professore. Per i primi 10 minuti è andato tutto bene; ad un certo punto s'è iniziato a parlare di un argomento riguardante il nostro campo di studi, ed io sono caduta in una impasse verbale nel tentativo di spiegare il mio punto di vista.
 Il “professore” mi ha incalzata gentilmente, chiedendo di spiegarmi meglio, ed io all'improvviso sono scoppiata a piangere, lasciando sia lui che la mia amica di stucco. Mi sono congedata tra mille scuse, tremando, e sono letteralmente fuggita. °_°
 Mi sono diretta alla stazione, decisa a tornare a casa e a non farmi rivedere per qualcosa come mai più (°_°), poi ho pensato che in questo modo avrei buttato via un anno di terapia. Allora ho telefonato alla mia amica, le ho chiesto di prendere un caffé, e le ho spiegato la mia “situazione” (in breve: ho problemi di ansia, sono seguita e ci sto lavorando, mi scuso se ogni tanto assumo dei comportamenti “strani”, non ti devi preoccupare). In sostanza: ho dato ai miei problemi la forma di un “disturbo”, senza però delegare alcuna forma di responsabilità. Anzi, questa “confessione” mi è sembrata molto più faticosa, perché mi sono esposta ad un'altra persona, che nemmeno conoscevo troppo bene, per quella che effettivamente sono.
 La mia compagna di corso è stata molto comprensiva, e tutt'ora mi sta aiutando ad ambientarmi in dipartimento. Certo, forse qualcun altro il giorno dopo si sarebbe girato dall'altra parte; per contro, il fatto in sé di avere in qualche modo cercato di prendere in mano quel pasticciaccio (l'ennesimo, e il tipico...viva la fuga... -_-), mi ha dato, come dire, più “sicurezza”.
 Non so se ho centrato il problema (come ho già detto, non me la sento di far discorsi sulla “malattia”), però, mi sembra che la questione possa essere anche più sottile, ovvero: rivelare apertamente, in un certo senso, una diversità sgradevole.
 
 (scusate la lunghezza ._. devo proprio andare a nanna ._.)
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		|  17-12-2011, 14:34 | #10 |  
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					Originariamente inviata da Kavin Casey  Io credo che considerarsi malati può portare a due vie:1) Sono malato? Bene, rimobocchiamoci le maniche e superiamo la malattia.
 2) Sono malato? Ora posso scaricare la colpa dei miei errori sulla malattia che, per l'appunto, non dipende da me. La colpa di tutto ciò che c'è di sbagliato nella mia vita è di questo male oscuro, non mia, non posso farci nulla.
 
 Data la natura della "cosa" (che poi esiste davvero questa cosa?) credo che in genere si è propoensi a parteggiare per la 2)
 QUINDI, sconsiglio di definirsi malati.
 |  E' esattamente questo il punto. La prima cosa che mi viene da fare è scegliere la seconda, perché è facile, mi fa sentire un po' più normale perché non è più un problema mio.  
Ha ragione @Acheo dicendo "Certo, non è facile certo fare la prima scelta, in quanto essa è difficile, aspra ed impervia, e purtroppo non tutti hanno energia sufficiente per reagire alla malattia che li fa soffrire " 
Io non so se ho abbastanza forza di accettare la seconda!
 
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					Originariamente inviata da Lian  Non so se ho centrato il problema (come ho già detto, non me la sento di far discorsi sulla “malattia”), però, mi sembra che la questione possa essere anche più sottile, ovvero: rivelare apertamente, in un certo senso, una diversità sgradevole. |  Non hai tutti i torti, utilizzare questo termine perlomeno può aiutarci per spiegare agli altri cosa proviamo. Sì, è una sorta di giustificazione, ma non per forza vuol dire che dobbiamo scaricare tutti i nostri problemi come se non fossero nostri...
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		|  17-12-2011, 14:37 | #11 |  
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			siamo malati, abbiamo più difficoltà a fare le cose, ma questo mica ci giustifica se non facciamo nulla op ne facciamo di sbagliate... 
vi state invischiando in un loop di analisi grammaticale inutile   |  
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		|  17-12-2011, 14:56 | #12 |  
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			Io tendo a non considerarla una malattia,ma dipende da quanto incide nel tuo stile di vita, nel mio incide tanto.
 Eppure non riesco a considerarla tale, e forse è meglio così,
 quando vi vedo parlare di normaloni e fobici ragazzi miei mi vengono i brividi.
 Le divisioni non sono mai così nette nessuno è normalone la normalità è un concetto e ognuno interpreta questo concetto in maniera sua.
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		|  17-12-2011, 17:16 | #13 |  
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					Originariamente inviata da picio  Io tendo a non considerarla una malattia,ma dipende da quanto incide nel tuo stile di vita, nel mio incide tanto.
 Eppure non riesco a considerarla tale, e forse è meglio così,
 quando vi vedo parlare di normaloni e fobici ragazzi miei mi vengono i brividi.
 Le divisioni non sono mai così nette nessuno è normalone la normalità è un concetto e ognuno interpreta questo concetto in maniera sua.
 |  Si, quoto.
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		|  17-12-2011, 17:22 | #14 |  
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			Qualunque parola usate per descriverla, non è una condizione divertente.
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		|  17-12-2011, 18:17 | #15 |  
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			Ricordo solo di aver letto su un libro di sociologia, che i distrurbi mentali, la depressione, insomma tutto ciò che non si riscontra nelle persone "normali", è considerato semplicemente come una deviazione, non una malattia, alla fine cos'è normale? Ad esempio, so che nell'antica Grecia era consentito praticare la pedofilia, oggi invece vieni (giustamente) considerato un malato... quindi si capisce che una cosa è normale o anormale in relazione all'epoca a cui ci si riferisce e quindi in base agli usi e costumi del momento. Sono convinto che tra mille anni, gli stili di vita e le convinzioni delle persone muteranno, e guardando indietro si dirà: ma veramente quelli credevano che una vergine riuscì a restare incinta e che l'uomo falena compare prima dei terremoti? Erano pazzi..  Comunque tornando alla devianza, il libro parlava di una linea retta, che stava a rappresentare i comportamenti più comuni, e per indicare un deviato, si parlava seplicemente di non seguire quella linea, di uscire dai bordi, fare delle curve, insomma deviare.
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		|  17-12-2011, 18:22 | #16 |  
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					Originariamente inviata da Kavin Casey  Io credo che considerarsi malati può portare a due vie:1) Sono malato? Bene, rimobocchiamoci le maniche e superiamo la malattia.
 2) Sono malato? Ora posso scaricare la colpa dei miei errori sulla malattia che, per l'appunto, non dipende da me. La colpa di tutto ciò che c'è di sbagliato nella mia vita è di questo male oscuro, non mia, non posso farci nulla.
 
 Data la natura della "cosa" (che poi esiste davvero questa cosa?) credo che in genere si è propoensi a parteggiare per la 2)
 QUINDI, sconsiglio di definirsi malati.
 |  uhm non è una malattia fisica ma psicologica ragion per cui deriva dall'individuo per la più parte come nel caso dell'anoressia o della bulimia.sono disturbi curabili ma alla fin fine voluti dall'individuo come una sorta di protezione o soluzione ad un problema.quindi direi che non è una scusa quanto mai adottabile.
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		|  17-12-2011, 18:25 | #17 |  
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					Originariamente inviata da il morto  Ricordo solo di aver letto su un libro di sociologia, che i distrurbi mentali, la depressione, insomma tutto ciò che non si riscontra nelle persone "normali", è considerato semplicemente come una deviazione, non una malattia, alla fine cos'è normale? Ad esempio, so che nell'antica Grecia era consentito praticare la pedofilia, oggi invece vieni (giustamente) considerato un malato... quindi si capisce che una cosa è normale o anormale in relazione all'epoca a cui ci si riferisce e quindi in base agli usi e costumi del momento. Sono convinto che tra mille anni, gli stili di vita e le convinzioni delle persone muteranno, e guardando indietro si dirà: ma veramente quelli credevano che una vergine riuscì a restare incinta e che l'uomo falena compare prima dei terremoti? Erano pazzi..  Comunque tornando alla devianza, il libro parlava di una linea retta, che stava a rappresentare i comportamenti più comuni, e per indicare un deviato, si parlava seplicemente di non seguire quella linea, di uscire dai bordi, fare delle curve, insomma deviare. |  Così mi istigate a citare De Andrè però
"Questa è una canzone che risale al 1962, dove dimostro di avere sempre avuto, sia da giovane che da anziano, pochissime idee ma in compenso fisse. Nel senso che in questa canzone esprimo quello che ho sempre pensato: che ci sia ben poco merito nella virtù e ben poca colpa nell'errore. Anche perché non sono ancora riuscito a capire bene, malgrado i miei cinquantotto anni, cosa esattamente sia la virtù e cosa esattamente sia l'errore, perché basta spostarci di latitudine e vediamo come i valori diventano disvalori e viceversa. Non parliamo poi dello spostarci nel tempo: c'erano morali, nel Medioevo, nel Rinascimento, che oggi non sono più assolutamente riconosciute. Oggi noi ci lamentiamo: vedo che c'è un gran tormento sulla perdita dei valori. Bisogna aspettare di storicizzarli. Io penso che non è che i giovani d'oggi non abbiano valori; hanno sicuramente dei valori che noi non siamo ancora riusciti a capir bene, perché siamo troppo affezionati ai nostri."  (dal commento introduttivo a La città vecchia, Teatro Brancaccio di Roma, 14 febbraio 1998)
 
Credo anche io che non esista giusto nè giusto nè sbagliato, ma che la giustizia sia rispettare la propria moralità. 
Ovviamente, abbiamo bisogno di leggi, perchè senò la società sarebbe un campo da battaglia ingetibile.
 
Non avevo mai pensato  di trascinare questo ragionamento sulle malattie.
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		|  17-12-2011, 18:34 | #18 |  
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			ATTENZIONE, QUESTO POST è AMPOLLOSO
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					Originariamente inviata da il morto  Ricordo solo di aver letto su un libro di sociologia, [...] fare delle curve, insomma deviare. |  Tutto giusto; aggiungo un particolare, ossia che le "malattie" sono definite attraverso specifici organi in una serie di sintomi raccolti in manuali; questi manuali hanno una certa valenza dacché sono ricavati da un ampio (a dir poco) campione statistico. 
Ed è questo che differenzia una malattia da una devianza. 
E' una questione di terminologia specifica...
 
Ciò detto, bisogna ammettere che i sintomi che identificano questo o quello spesso si sovrappongono, non sono chiari nella gamma da considerare (ci sono sintomi considerati normali fino a un certo livello, ma quale sia questo livello se ne discute..) e compagnia bella... 
Ma alla fine risultano utili per decidere una terapia specifica in casi che altrimenti sarebbero "un po' tutti uguali"...
 
A mio modesto avviso però andrebbero valutate alcune cose prima di applicare un'etichetta simile: 
1 - L'effetto che hanno (o potrebbero avere) i sintomi, sul presunto malato e su chi gli sta intorno , nel senso che se questo ha le visioni ma sa che sono tali e riesce a gestirle del tutto in autonomia, io (io ) considererei le sue visioni una parte della sua "visione del mondo", della sua mente, e non un errore strutturale. 
2 - Il vantaggio che si può avere dall'etichettamento ; nel senso che se dare un nome alla cosa serve come sprono e come stimolo all'autoperfezionamento e al superamento delle impasse (fosse anche solo per decidere una terapia, come scritto prima) allora farlo è cosa buona e giusta. In caso contrario eviterei.
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				 Ultima modifica di Allocco;  17-12-2011 a 18:44.
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		|  17-12-2011, 18:39 | #19 |  
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					Originariamente inviata da Kavin Casey  Credo anche io che non esista giusto nè giusto nè sbagliato, ma che la giustizia sia rispettare la propria moralità.Ovviamente, abbiamo bisogno di leggi, perchè senò la società sarebbe un campo da battaglia ingetibile.
 
 Non avevo mai pensato  di trascinare questo ragionamento sulle malattie.
 |  Però, anche la nostra moralità è il risultato delle esperienze e degli insegnamenti ricevuti dai genitori, se qualcuno non è stato educato a rispettare gli animali, forse da solo non sarà in grado di sviluppare quella senisibilità.. 
Le leggi.. legalità non significa giustizia, (ciò che IO ritengo giusto), se pensiamo alle leggi razziali, che obbligavano a denunciare gli ebrei e a non fornirgli riparo, era la legge, se non la rispettavi eri considerato un delinquente. Non se ne esce più da questi argomenti
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				 Ultima modifica di onironauta;  17-12-2011 a 18:48.
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		|  17-12-2011, 18:53 | #20 |  
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					Originariamente inviata da Allocco  ATTENZIONE, QUESTO POST è AMPOLLOSOL'effetto che hanno (o potrebbero avere) i sintomi, sul presunto malato e su chi gli sta intorno nel senso che se questo ha le visioni ma sa che sono tali e riesce a gestirle del tutto in autonomia, io (io) considererei le sue visioni una parte della sua "visione del mondo", della sua mente, e non un errore strutturale.
 |  Esatto, è proprio ciò che intendo.. Oggi invece per la minima stronzata ti danno un farmaco; è la vita!  
Cioè, si sta andando verso queste cose.
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