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09-08-2016, 12:42
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#1
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Esperto
Qui dal: Aug 2016
Ubicazione: Sottozero
Messaggi: 745
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La volontà:E' come se fossi tirata da due estremità opposte... da una parte desidero fortemente isolarmi, soprattutto dai parenti e da chi si trova ad orbitare nel mio quotidiano (alle volte da chiunque indistintamente); dall'altra parte vorrei interagire con le persone, nonostante la difficoltà. L'azione:Può capitare, una tantum, di riuscire a relazionarmi in maniera relativamente facile, anche dal vivo; il più delle volte, però, devo sforzarmi per instaurare un dialogo, reale o virtuale che sia (nel secondo contesto più per un discorso di apatia); In fin troppe occasioni, invece, non riesco a spiccicare parola ed alzare lo sguardo verso chi mi parla. C'è un paradosso totale sia negli intenti che nelle riuscite... è impossibile continuare in questo senso, e perciò mi trovo in un vicolo cieco, in stasi.
La mancanza di coerenza in questi frangenti a quanto pare mi causa un disagio tale da portarmi alla confusione estrema, nonostante potrei scegliere di assecondare questo flusso di relatività, come faccio per tutto il resto. Il contesto, come ho scritto sul mio primo thread, è importante, ma ciò non vuol dire che ci sia per forza una reazione standard al verificarsi di certe situazioni.
Nel dubbio, certe volte penso che rifiutando totalmente gli scambi sociali forse farei la scelta giusta e mi immagino tra dieci anni, rinchiusa in una veranda, solo io, la tela sul cavalletto e le piante.
Mi chiedo se sono poi così sicura di aver bisogno di costruirmi un'ipotetica vita sociale, o se posso farne a meno. Se non capisco quello che voglio in merito, né sono aiutata da una 'certezza' in ambito comportamentale, come posso lavorare su questo mio tratto debilitante?
Avete questa stessa 'guerra civile' in atto anche voi?
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09-08-2016, 13:01
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#2
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Banned
Qui dal: Jun 2016
Messaggi: 618
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No, la prima battaglia l'ho persa nonostante fossi convinto di averla vinta.
Mi sono già completamente isolato una volta, ho già rifiutato ogni tipo di contatto sociale pensando che assecondare quei miei desideri fosse la scelta migliore. E non è che me ne penta veramente, però sono stato il peggior nemico di me stesso e ho perso a causa delle mie stesse decisioni.
Ora la volontà mi porta a cercare una vita diversa, pur rimanendo sulla via che ho scelto, e l'unico problema reale è la riuscita degli intenti. Potrei parlare di conflitto interiore solo riguardo la mancanza di volontà nell'andare per locali, in contrasto con la voglia di conoscere persone nuove con le quali costruire qualcosa di nuovo. Ma temo che la mia selettività e gli standard sociali di divertimento vadano in contrasto netto con tutto ciò, giustificando il mio rifiuto nell'azione.
ps.
"Non è che me ne penta veramente" = "Rimanendo sulla via che ho scelto"
Dubito seriamente di essere in contrasto con me stesso..
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09-08-2016, 16:59
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#3
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Esperto
Qui dal: Aug 2016
Ubicazione: Sottozero
Messaggi: 745
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Quote:
Originariamente inviata da BlackDragon
Ma temo che la mia selettività e gli standard sociali di divertimento vadano in contrasto netto con tutto ciò, giustificando il mio rifiuto nell'azione.
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I miei di standard non è che siano alti, è che sono troppo diversi... E cavolo, sì, influiscono molto sulla spinta a fare qualcosa.
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09-08-2016, 18:44
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#4
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Esperto
Qui dal: Nov 2014
Ubicazione: sotto il letto
Messaggi: 4,292
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Quote:
Avete questa stessa 'guerra civile' in atto anche voi?
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Sì, però credo di essere giunto ad una specie di armistizio, almeno temporaneo. Le due tendenze (isolamento,socialità) sono contraddittorie (generando conflitto) se si presentano nel medesimo tempo, ma possono coesistere tranquillamente in tempi diversi, perché sono entrambi bisogni naturali che chiunque in parte possiede (credo). Secondo me il trucco sta nel non assecondare o reprimere troppo né l'una né l'altra tendenza. Sarebbe utile evitare di sprofondare nella zona comfort dell'isolamento, ridimensionando eccessivamente al ribasso il valore attributo ai momenti condivisi, "convincendosi" di non averne la necessità (perchè come sappiamo bene o male tutti qui dentro quando stai troppo da solo con te stesso il cervello inizia a girare a vuoto inoltrandosi in percorsi contorti e pericolosi ), così come di vivere in funzione della socialità o della sua mancanza, facendo dipendere il proprio benessere/malessere esclusivamente da essa. La battaglia ancora in corso nel mio caso è che pur avendo delle aspettative abbastanza basse riguardo a tutto ( o forse questa è una cosa che mi racconto io, ad esempio lo psicoterapeuta dice che le mie aspettative sugli altri sono comunque troppo alte anche se a me sembra di averle quasi annientate), quasi mai il momento di socialità mi gratifica a sufficienza da spingermi a ricercarlo, anzi in qualche modo lo ricerco proprio perché solitamente non mi gratifica, è quel solitamente a fregarmi, perché so quanto può essere piacevole una buona compagnia anche se accade raramente. Invece spesso stare a casa è proprio una pacchia. Infatti passo da periodi di isolamento totale a periodi in cui non riesco a stare fermo e dentro casa mi sento soffocare (questa è una novità a dire il vero, da quando son tornato a vivere con mia madre più o meno, coincidenza?) però appunto mi sembra che il bisogno di uscire sia più la conseguenza del non riuscire a stare ulteriormente in casa e non tanto del piacere o della voglia di stare in giro (bisognerebbe distinguere in base alle varie situazioni ma si farebbe troppo lungo il discorso). Anche a me il dubbio di non aver poi veramente così bisogno della socialità mi ha dato da riflettere a lungo, tanto che per un paio d'anni ho vissuto sul serio nella prospettiva di non uscire più di casa, organizzandomi di conseguenza. Non mi rendevo nemmeno conto che stavo cronicizzando l'evitamento, anzi pensavo fosse tutto frutto di una soppesata analisi della mia vita e di ragionamenti razionali e coerenti, quando in realtà stavo segando il ramo su cui ero seduto. Infatti la spinta a fare qualcosa per porre rimedio all'andazzo è stata data dall'insostenibilità di quella situazione piuttosto che dalla mancanza di vita sociale. Quella di una vita passata in solitudine, pur essendo un'ipotesi allettante (solo se per scelta ovviamente), all'atto pratico è quasi impossibile da realizzare, sono necessarie entrambe le cose, nella misura appropriata alla propria persona. Ho capito che devo fare lo sforzo di non lasciar prendere il sopravvento alla mia indole solitaria e mantenere quel minimo di socialità necessaria a placare certi pensieri "disfunzionali" (ma disfunzionali per chi poi? per me? per la società? boh). In medio stat virtus. Può accadere ed è accaduto che sforzarsi di uscire produca un effetto controproducente, c'è sempre il rischio di sentirsi a disagio in mezzo agli altri, perché sotto sotto di schiodare dalla sedia non avevi nessuna voglia e poi magari questo disagio te lo porti dietro perché ti chiedi i motivi di questo malessere e inizi a dubitare di te stesso, e stai male pure a casa,il solito circolo vizioso. Finisce che non sai più cosa vuoi, rischiando di assolutizzare una delle due tendenze. Il massimo sarebbe riuscire a divenire tu stesso la fonte di benessere nei momenti di socialità, non aspettandosi che siano gli altri a dover dare un senso alla propria presenza. E' difficile, ma qualcosa in questa direzione si sta iniziando a muovere. Vedremo.
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Ultima modifica di DownwardSpiral2; 09-08-2016 a 18:57.
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09-08-2016, 18:55
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#5
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Esperto
Qui dal: Sep 2015
Messaggi: 3,299
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Quote:
Originariamente inviata da xtal*
La volontà:E' come se fossi tirata da due estremità opposte... da una parte desidero fortemente isolarmi, soprattutto dai parenti e da chi si trova ad orbitare nel mio quotidiano (alle volte da chiunque indistintamente); dall'altra parte vorrei interagire con le persone, nonostante la difficoltà. L'azione:Può capitare, una tantum, di riuscire a relazionarmi in maniera relativamente facile, anche dal vivo; il più delle volte, però, devo sforzarmi per instaurare un dialogo, reale o virtuale che sia (nel secondo contesto più per un discorso di apatia); In fin troppe occasioni, invece, non riesco a spiccicare parola ed alzare lo sguardo verso chi mi parla. C'è un paradosso totale sia negli intenti che nelle riuscite... è impossibile continuare in questo senso, e perciò mi trovo in un vicolo cieco, in stasi.
La mancanza di coerenza in questi frangenti a quanto pare mi causa un disagio tale da portarmi alla confusione estrema, nonostante potrei scegliere di assecondare questo flusso di relatività, come faccio per tutto il resto. Il contesto, come ho scritto sul mio primo thread, è importante, ma ciò non vuol dire che ci sia per forza una reazione standard al verificarsi di certe situazioni.
Nel dubbio, certe volte penso che rifiutando totalmente gli scambi sociali forse farei la scelta giusta e mi immagino tra dieci anni, rinchiusa in una veranda, solo io, la tela sul cavalletto e le piante.
Mi chiedo se sono poi così sicura di aver bisogno di costruirmi un'ipotetica vita sociale, o se posso farne a meno. Se non capisco quello che voglio in merito, né sono aiutata da una 'certezza' in ambito comportamentale, come posso lavorare su questo mio tratto debilitante?
Avete questa stessa 'guerra civile' in atto anche voi?
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quella che hai detto è il mio pane quotidiano da 44 anni..un classico degli ansio/depressi
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09-08-2016, 19:54
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#6
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Avanzato
Qui dal: Mar 2015
Ubicazione: Puglia
Messaggi: 256
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Prima desideravo relazionarmi agli altri e allo stesso tempo stare tra me e me (non tanto per non stare fra gli altri, quanto per sfuggire dall'azione), mi mancava però la voglia, l'interesse spasmodico che gli altri, della mia stessa età, provavano nei confronti della compagnia altrui
L'azione era rara e quindi ero sempre palesemente impreparato.
Oggi sono costretto a stare con gli altri, a collaborare (per via dello studio), questo mi costinge a stare sempre sotto l'occhio attento e vigile dell'altrui giudizio e mi fa venire voglia di stare con gli altri. Perchè prima o poi torno a casa e mi sento solo, e capisco di apprezzare lo stare fra gli altri.
Insomma il mettermi in mezzo alla società costantemente, ogni giorno, fra persone con interessi simili ai miei, e con impegni simili ai miei, mi ha fatto migliorare...detto questo ne ho ancora parecchia di strada davanti!
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11-08-2016, 15:28
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#7
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Esperto
Qui dal: Aug 2016
Ubicazione: Sottozero
Messaggi: 745
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Quote:
Originariamente inviata da DownwardSpiral2
In medio stat virtus
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. Il problema, difatti, è proprio quello: cercare di essere equilibrati e non cedere agli estremi per via delle varie motivazioni (più o meno valide).
Se fosse solo una questione di preferenza momentanea sul come spendere il proprio tempo, allora sarebbe decisamente più facile... ma finché il tutto è condizionato dai vissuti negativi e dalle difficoltà personali, io sento di stare sempre sul filo del rasoio con indosso uno stiletto.
E' che mi metto a guardare indietro a tutta la gente che vuoi o non vuoi ho frequentato ed il fatto di non uscire più in compagnia non mi sembra una grande perdita, alla fine... Se non hai mai avuto persone adatte con cui confrontarti, non è qualcosa che ti manca appieno, o almeno su un piano nostalgico, poiché è una sensazione che non conosci. Però sto prendendo coscienza che esistono anche persone valide e perciò la mancanza diventa più a livello di desiderio non soddisfatto. A questo punto c'è anche un discorso di non essere pigri e sforzarsi di interagire. Ma io sono pigrissima e too much socially awkward
Ci lavorerò al meglio del mio potenziale, btw.
Quote:
Originariamente inviata da argeo.94
Oggi sono costretto a stare con gli altri, a collaborare (per via dello studio), questo mi costinge a stare sempre sotto l'occhio attento e vigile dell'altrui giudizio e mi fa venire voglia di stare con gli altri. Perchè prima o poi torno a casa e mi sento solo, e capisco di apprezzare lo stare fra gli altri.
Insomma il mettermi in mezzo alla società costantemente, ogni giorno, fra persone con interessi simili ai miei, e con impegni simili ai miei, mi ha fatto migliorare...detto questo ne ho ancora parecchia di strada davanti!
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Sai, anch'io durante i mesi di apprendistato in uno studio di tatuaggi alla fine mi sono abituata a stare in compagnia ed ero costretta a chiacchierare moooolto a lungo con i clienti per consigliarli/rassicurarli/intrattenerli durante le pause. Ed in effetti tornando a casa riflettevo su quanto fosse positivo far parte di una tattoo family eccetera... Credo che in casi così, dove la volontà rimane comunque forte nonostante gli impedimenti, sia anche molto un fatto di ''esercizio''.
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