|
|
11-04-2020, 11:58
|
#41
|
Esperto
Qui dal: Dec 2007
Ubicazione: Altrove
Messaggi: 4,555
|
Per me il problema dell'unione europea è che una volta fatto l'euro, cioè dal 2002, il processo di creazione di una vera e propria confederazione di stati si è fermato. Sembra quasi che l'unico interesse degli stati memebri fosse esclusivamente la moneta unica e una volta realizzato questo progetto, tutto si è arenato. Non si è proseguito sulla strada di continuare l'unificazione politica, culturale, legislativa, solidale, no, tutto si è fermato all'euro, ci si è accontantati di quello. Non è stato fatto nessun tentativo di andare oltre la moneta unica. E questo è il problmea, il motivo per cui oggi vediamo l'unione europea come un limite, invece che un'opportunità. Vediamo l'Europa come una severa governante che non fa altro che imporci limiti, divieti, multe ecc.
Secondo me una volta fatto l'euro, biusogna proseguire sulla strada dell'unificazione, per esempio inziare a fare leggi e codici comuni. Si poteva inziare da un codice della strada uguale per tutti gli stati, visto che ci sta la patente di guida europe, eprchè non fare anche il codice della strada europeo? con gli stetti limiti, gli stessi divieti, le stesse sanzioni. Invece ogni stato fa per i cacchi suoi. Questo del codice dlela strada è solo un esempio per dire che si dovrebbe fare molto di più per sentirici europei.
|
|
11-04-2020, 14:47
|
#42
|
Esperto
Qui dal: Feb 2019
Ubicazione: Isola di Poveglia
Messaggi: 6,371
|
In pratica vedo che il forum è diviso fra europeisti, non europeisti e fra quelli che vorrebbero un'altra Europa, purtroppo non ho inserito il sondaggio. Per quel che mi riguarda dico si alla UE ma non questa con questi continui litigi sugli argomenti più disparati.
|
|
11-04-2020, 17:21
|
#43
|
Esperto
Qui dal: Jun 2018
Ubicazione: Milano
Messaggi: 1,232
|
Penso che l'unione europa ci abbia dato quasi solo vantaggi, e ad oggi, ho poco da recriminarle.
Si, immobilismo geopolitico e incapacità di andare d'accordo l'hanno fatta vacillare su temi anche importanti, ma per l'italia come nazione l'entrata in UE è stata una fortuna per mille ragioni, da quella prettamente economica agli ingenti aiuti che oggettivamente ci danno (con il problema che poi noi non vogliamo restituire i soldi, ma questa è altra questione). Vi faccio solo notare che noi siamo un paese esportatore e il fatto che tra i paesi europei non ci siano dazi è un rafforzamento molto grosso per la nostra economia, così come sono totalmente favorevole al libero circolare delle persone. Vorrei una confederazione, ma già come stanno le cose ora son comunque meglio di prima.
Siamo un paese che ama lamentarsi e che necessita a tutti i costi di un nemico, non dico che le critiche all'europa non si possano fare o siano tutte sbagliate, pure io ne avrei da fare, ma quelle che vedo arrivare dal lato sovranista sono la quintessenza della pretesuosità, il che manda in vacca un discorso serio sull'europa e il suo ruolo nel mondo.
In terzo luogo, i singoli stati Europei sono talvolta molto scarsi, ma il blocco Europeo è tanto grande e forte da poter competere traquillamente con gli stati uniti. Se vogliamo contare, dobbiamo essere uniti.
Per intenderci sono d'accordo con Gummo e la differenza che fa trapelare per Stati Uniti ed Europa (io difatto vorrei gli Stati Uniti D'Europa), ma a differenza sua (oddio, immagino sia così, se vuole può correggermi) penso che anche questa forma menomata di Europa sia stata comunque più vantaggiosa per noi rispetto alla sua assenza.
|
Ultima modifica di Edwin; 11-04-2020 a 17:40.
|
11-04-2020, 18:14
|
#44
|
Esperto
Qui dal: Feb 2019
Ubicazione: Isola di Poveglia
Messaggi: 6,371
|
Quote:
Originariamente inviata da Edwin
Se vogliamo contare, dobbiamo essere uniti.
|
Questa tua frase che ho estrapolato dal tuo post riassume benissimo quello che dovrebbero fare tutti gli stati della UE, essere uniti di fronte agli ostacoli, ma credo che siano proprio le differenze fra gli stati stessi che non lo permettano.
|
|
14-04-2020, 08:02
|
#45
|
Esperto
Qui dal: Sep 2016
Messaggi: 2,704
|
Quote:
Originariamente inviata da gaucho
L’idea è nobile ma alla fine siamo troppo diversi come popoli, lingue, etnie, culture, tradizioni, economie... non è possibile e non sarebbe giusto mettere tutto dentro un unico contenitore socio-economico come invece si vuole fare, si dovrebbe vertere ad una federazione con agevolazioni economiche e di mobilità al suo interno, ma ciascuna nazione deve avere una sua politica e indipendenza di moneta e bilancio.
|
Anche la Svizzera è un unione di cantoni di tre, se non quattro lingue diverse, però è una Confederazione.
Teoricamente nemmeno gli USA sono o erano linguisticamente unitari : gli Statunitensi sono discendenti di europei provenienti da vari paesi, parlanti lingue differenti, prevalentemente inglese, ma non solo, ci sono anche discendenti di lingua tedesca, italiana, spagnola (dovuto alla conquista di parte del Messico a metà '800) e in misura minore scandinava, francese, olandese, polacca, gaelica, eccetera.
|
|
14-04-2020, 08:14
|
#46
|
Esperto
Qui dal: Sep 2007
Messaggi: 2,338
|
dipende da che orizzonte temporale si prende in considerazione: sul breve termine l'Italia sarà svantaggiata perché l'UE mira a costruire fondamenta solide sull'economia manifatturiera tedesca e francese. per raccogliere benefici bisognerà aspettare piu a lungo. l'Evropa è un'area economicamente e culturalmente eterogenea, non è come gli Usa dove se il Nebraska è in crisi, i lavoratori si possono trasferire in Florida visto che la lingua e le leggi sono piu o meno gli stessi. i problemi maggiori nascono dai meccanismi di elezione degli euro-deputati ed euro-parlamentari che non sono democratici come dovrebbero essere.
|
Ultima modifica di captainmarvel; 14-04-2020 a 08:18.
|
16-04-2020, 13:54
|
#47
|
Esperto
Qui dal: Sep 2016
Messaggi: 2,704
|
Quote:
Originariamente inviata da Inosservato
ma da quando mai nella storia del mondo il deficit è stato un problema per uno stato?
solamente dal 1996
uno stato DEVE fare debito, altrimenti non è uno stato ma un'azienda
|
Repubblica di Weimar, primi anni '20.
|
|
16-04-2020, 14:22
|
#48
|
Esperto
Qui dal: Jun 2009
Ubicazione: Oceania, Pista Uno
Messaggi: 63,742
|
Quote:
Originariamente inviata da Inosservato
ma da quando mai nella storia del mondo il deficit è stato un problema per uno stato?
|
Direi in pratica da sempre, per uno Stato che non avesse un sistema Paese economia + politica sufficientemente forte e autonomo e che non potesse permettersi di affrontare la sfiducia degli investitori esteri.
Quote:
Originariamente inviata da choppy
Repubblica di Weimar, primi anni '20.
|
Appunto, ecco un esempio.
|
|
16-04-2020, 14:47
|
#49
|
Avanzato
Qui dal: Aug 2019
Ubicazione: Casa telefono
Messaggi: 440
|
Io di politica so niente quindi... boh... va bene come risposta?
|
|
16-04-2020, 15:19
|
#50
|
Esperto
Qui dal: Sep 2007
Ubicazione: Nord
Messaggi: 13,066
|
No,non ci ho mai creduto,già 25 anni fa alle superiori quando tutti erano esaltati per questa unione feci un tema contrario unico di tutta la classe,credo che sia sbagliata sia dal punto di vista economico che politico.
|
|
16-04-2020, 15:30
|
#51
|
Avanzato
Qui dal: May 2017
Messaggi: 330
|
Quote:
Originariamente inviata da Winston_Smith
Direi in pratica da sempre, per uno Stato che non avesse un sistema Paese economia + politica sufficientemente forte e autonomo e che non potesse permettersi di affrontare la sfiducia degli investitori esteri.
|
Da sempre non penso proprio. Fare deficit durante i periodi di recessione non solo non è un problema ma anzi, quasi sempre è la soluzione. Tranne ovviamente, per la propaganda europeista.
|
|
16-04-2020, 15:34
|
#52
|
Esperto
Qui dal: Jun 2009
Ubicazione: Oceania, Pista Uno
Messaggi: 63,742
|
Quote:
Originariamente inviata da Antares93
Da sempre non penso proprio. Fare deficit durante i periodi di recessione non solo non è un problema ma anzi, quasi sempre è la soluzione. Tranne ovviamente, per la propaganda europeista.
|
Mi sbaglierò, ma non credo comunque che prima di Maastricht & C. fare deficit fosse una cosa che qualunque Stato potesse permettersi, non mi pare che il problema si sia posto solo a partire da allora e mai prima.
|
|
16-04-2020, 16:15
|
#53
|
Avanzato
Qui dal: May 2017
Messaggi: 330
|
Quote:
Originariamente inviata da Winston_Smith
Mi sbaglierò, ma non credo comunque che prima di Maastricht & C. fare deficit fosse una cosa che qualunque Stato potesse permettersi, non mi pare che il problema si sia posto solo a partire da allora e mai prima.
|
Il Trattato di Maastricht fu firmato nel'92. Già negli anni '60 alcuni paesi europei(almeno 5) facevano deficit tranquillamente. Negli anni '70 e '80 quasi tutti i paesi che oggi appartengono all'UE facevano deficit. E negli anni '90 la situazione non cambiò di molto. Quindi sì, qualunque Stato europeo poteva permettersi -e infatti lo ha fatto- di fare deficit. E sì, alcuni problemi(come il non poter fare deficit in recessione) son sorti con la nascita delle regole europee che non hanno alcun fondamento economico.
|
|
16-04-2020, 17:05
|
#54
|
Esperto
Qui dal: Jun 2009
Ubicazione: Oceania, Pista Uno
Messaggi: 63,742
|
Che fosse possibile fare deficit prima di Maastricht non l'ho mai messo in dubbio.
Che fosse possibile per chiunque, anche per Paesi non sufficientemente forti da poter permettersi di affrontare la sfiducia degli investitori esteri, come dicevo prima, beh questo nonostante la mia ignoranza in materia economica, continua a risultarmi fonte di perplessità. Riporto un paio di esempi che almeno in apparenza sembrerebbero contraddire questo assunto.
Esempio storico
La Germania di Weimar ha sopportato infatti il peso di due grandi crisi economiche. La prima, dovuta alla sconfitta nella prima guerra mondiale: la terribile inflazione dei primi anni '20 che ne seguì fu in gran parte indotta dalle potenze vincitrici, Francia e Gran Bretagna, con la richiesta di esose riparazioni dei «danni di guerra» non si sa se per punire una Germania imperiale (responsabile quanto loro della prima guerra mondiale) che comunque non esisteva più, o per rallentare l' evoluzione istituzionale della repubblica tedesca verso un inedito modello di democrazia progressiva e socialmente più giusta. Almeno settecentomila tedeschi morirono di fame e di stenti in quegli anni. La seconda crisi, proveniente dal crollo di Wall Street del 1929, investì la ancora debole razionalizzazione industriale, finanziaria e commerciale cominciata cinque anni prima grazie al Piano Dawes, cioè grazie ai dollari di società e banche statunitensi.
Nel primo caso, il capitalismo tedesco si riprese dall' inflazione grazie alle strategie monetarie del banchiere Hjalmar Schacht (che rivalutò il marco strappandolo all' abisso in cui era caduto nel l923, quando un pezzo di pane costava miliardi), alla fiducia da lui cercata nei circoli finanziari inglesi e ai crediti del Piano Dawes, ma gli imprenditori si impegnarono, in cambio, a evitare lo svolgimento della democrazia tedesca verso uno «Stato sociale» ante litteram. Fu la prima grande difficoltà creata al partito socialdemocratico al governo e alla sua guida teorica, l' economista marxista Rudolf Hilferding. Nel secondo caso, l' avvento del nazismo distrusse le basi istituzionali e formali della repubblica, anche se, è necessario ripeterlo, Hitler giunse al potere nel rispetto delle forme weimariane.
In entrambi i casi la Germania dipendeva dalla fiducia degli investitori stranieri (che dopo il 1929 fecero rientrare molti investimenti in patria, minando le basi del piano Dawes), e infatti per amore o per forza fu costretta ad adottare politiche deflazionistiche, limitando la spesa pubblica (Schacht tra l'altro ottenne nel 1924 il pareggio del bilancio dello Stato).
Non c'era Maastricht, eppure mi pare che non ci si potesse permettere, per un motivo o per un altro, delle spese in deficit.
Esempio che invece ci riguarda più da vicino
Anche qui la tesi è che l'economia italiana non possa fare spesa in deficit a piacimento nel momento in cui sia tenuta, per un motivo o per l'altro, a rendere conto a una platea di investitori esteri (posto ovviamente che non si potesse più continuare a fare come si era fatto fino agli anni '80, con una spesa pubblica progressivamente sempre più fuori controllo):
Questo era il mondo della “sovranità”. Un mondo molto statalizzato. In questo mondo fu costruito negli anni Sessanta e Settanta lo stato sociale – ossia la sanità, la scuola e le pensioni – con le entrate che erano, a differenza degli altri Paesi che hanno costruito nello stesso periodo lo stato sociale, inferiori alle uscite. Da qui trae origine il gran debito pubblico dell’Italia.
Il debito pubblico italiano fino agli anni Ottanta era detenuto dalle banche italiane. Era facilmente governabile, perché le banche erano in gran parte pubbliche. Poi, negli anni Novanta, il debito pubblico è passato nelle mani delle famiglie. Era di nuovo facilmente governabile, perché in cambio di rendimenti elevati, queste lo sottoscrivevano.
Si aveva così un meccanismo di consenso semplice. La politica governava il deficit e il debito prima attraverso le “sue” banche e poi attraverso gli alti rendimenti. In questo modo non si poteva formare un giudizio di merito sul debito italiano. Nel primo caso gli investitori erano “catturati”, nel secondo “sedotti”. In breve, il Principe non faticava per ricevere il consenso degli elettori, perché il debito crescente si sarebbe poi scaricato sui “non nati”, che non votano (si può dire la stessa cosa del sistema pensionistico che allora elargiva dei redditi superiori ai versamenti).
Arriva con gli anni Novanta il momento del “mercato” nella doppia direzione degli Italiani che possono investire all’estero, e dell’estero che può investire in Italia. I giudizi di merito si possono perciò formare: qual è il premio – il maggior rendimento richiesto – per detenere il debito italiano rispetto a quello tedesco? Il Principe deve ora – e a differenza di prima – convincere una platea piuttosto vasta che il suo debito è sottoscrivibile. Cambia così la natura del rapporto: nel primo caso il Principe non doveva convincere nessuno intorno alla tenuta del debito, nel secondo, invece, deve farlo.
|
Ultima modifica di Winston_Smith; 16-04-2020 a 17:18.
|
16-04-2020, 18:15
|
#55
|
Esperto
Qui dal: Feb 2010
Messaggi: 9,731
|
Mi permetto solo di osservare che non c'è un solo apologista dell'Unione Europea che non suggelli i suoi poemetti elogiativi con un compendio di insulti e offese indirizzati all'Italia, agli italiani e alla sua storia.
|
|
16-04-2020, 18:20
|
#56
|
Esperto
Qui dal: Jun 2009
Ubicazione: Oceania, Pista Uno
Messaggi: 63,742
|
Quote:
Originariamente inviata da Labocania
Mi permetto solo di osservare che non c'è un solo apologista dell'Unione Europea che non suggelli i suoi poemetti elogiativi con un compendio di insulti e offese indirizzati all'Italia, agli italiani e alla sua storia.
|
Dipende anche da cosa s'intende per "insulti" (denunciare le magagne verificatesi nel corso della storia non lo è, btw).
E comunque si potrebbe dire anche il viceversa: non c'è un solo avversario dell'Unione Europea che non suggelli i suoi pamphlet con un compendio di insulti e offese indirizzati all'Unione in generale o a qualche Stato in particolare (uno a caso: Germania), ai suoi abitanti e alla loro storia, anche con frequenti quanto azzardati parallelismi tra UE e Terzo Reich.
|
|
16-04-2020, 18:53
|
#57
|
Intermedio
Qui dal: Sep 2016
Messaggi: 215
|
Quote:
Originariamente inviata da Winston_Smith
Esempio che invece ci riguarda più da vicino
Anche qui la tesi è che l'economia italiana non possa fare spesa in deficit a piacimento nel momento in cui sia tenuta, per un motivo o per l'altro, a rendere conto a una platea di investitori esteri (posto ovviamente che non si potesse più continuare a fare come si era fatto fino agli anni '80, con una spesa pubblica progressivamente sempre più fuori controllo):
Questo era il mondo della “sovranità”. Un mondo molto statalizzato. In questo mondo fu costruito negli anni Sessanta e Settanta lo stato sociale – ossia la sanità, la scuola e le pensioni – con le entrate che erano, a differenza degli altri Paesi che hanno costruito nello stesso periodo lo stato sociale, inferiori alle uscite. Da qui trae origine il gran debito pubblico dell’Italia.
Il debito pubblico italiano fino agli anni Ottanta era detenuto dalle banche italiane. Era facilmente governabile, perché le banche erano in gran parte pubbliche. Poi, negli anni Novanta, il debito pubblico è passato nelle mani delle famiglie. Era di nuovo facilmente governabile, perché in cambio di rendimenti elevati, queste lo sottoscrivevano.
Si aveva così un meccanismo di consenso semplice. La politica governava il deficit e il debito prima attraverso le “sue” banche e poi attraverso gli alti rendimenti. In questo modo non si poteva formare un giudizio di merito sul debito italiano. Nel primo caso gli investitori erano “catturati”, nel secondo “sedotti”. In breve, il Principe non faticava per ricevere il consenso degli elettori, perché il debito crescente si sarebbe poi scaricato sui “non nati”, che non votano (si può dire la stessa cosa del sistema pensionistico che allora elargiva dei redditi superiori ai versamenti).
Arriva con gli anni Novanta il momento del “mercato” nella doppia direzione degli Italiani che possono investire all’estero, e dell’estero che può investire in Italia. I giudizi di merito si possono perciò formare: qual è il premio – il maggior rendimento richiesto – per detenere il debito italiano rispetto a quello tedesco? Il Principe deve ora – e a differenza di prima – convincere una platea piuttosto vasta che il suo debito è sottoscrivibile. Cambia così la natura del rapporto: nel primo caso il Principe non doveva convincere nessuno intorno alla tenuta del debito, nel secondo, invece, deve farlo.
|
Quote:
I salari in Italia crescevano più della produttività. Si era a un bivio: o si fermava la crescita salariale, o si investiva in tecnologie superiori che avrebbero protetto la crescita del costo del lavoro
|
Gap tra produttività e salari, 1995-2013
Fonte: Oecd, Economic Outlook, 2, 2018.
|
|
16-04-2020, 18:59
|
#58
|
Avanzato
Qui dal: May 2017
Messaggi: 330
|
Quote:
Originariamente inviata da Winston_Smith
Che fosse possibile fare deficit prima di Maastricht non l'ho mai messo in dubbio.
Che fosse possibile per chiunque, anche per Paesi non sufficientemente forti da poter permettersi di affrontare la sfiducia degli investitori esteri, come dicevo prima, beh questo nonostante la mia ignoranza in materia economica, continua a risultarmi fonte di perplessità. Riporto un paio di esempi che almeno in apparenza sembrerebbero contraddire questo assunto.
Esempio storico
La Germania di Weimar ha sopportato infatti il peso di due grandi crisi economiche. La prima, dovuta alla sconfitta nella prima guerra mondiale: la terribile inflazione dei primi anni '20 che ne seguì fu in gran parte indotta dalle potenze vincitrici, Francia e Gran Bretagna, con la richiesta di esose riparazioni dei «danni di guerra» non si sa se per punire una Germania imperiale (responsabile quanto loro della prima guerra mondiale) che comunque non esisteva più, o per rallentare l' evoluzione istituzionale della repubblica tedesca verso un inedito modello di democrazia progressiva e socialmente più giusta. Almeno settecentomila tedeschi morirono di fame e di stenti in quegli anni. La seconda crisi, proveniente dal crollo di Wall Street del 1929, investì la ancora debole razionalizzazione industriale, finanziaria e commerciale cominciata cinque anni prima grazie al Piano Dawes, cioè grazie ai dollari di società e banche statunitensi.
Nel primo caso, il capitalismo tedesco si riprese dall' inflazione grazie alle strategie monetarie del banchiere Hjalmar Schacht (che rivalutò il marco strappandolo all' abisso in cui era caduto nel l923, quando un pezzo di pane costava miliardi), alla fiducia da lui cercata nei circoli finanziari inglesi e ai crediti del Piano Dawes, ma gli imprenditori si impegnarono, in cambio, a evitare lo svolgimento della democrazia tedesca verso uno «Stato sociale» ante litteram. Fu la prima grande difficoltà creata al partito socialdemocratico al governo e alla sua guida teorica, l' economista marxista Rudolf Hilferding. Nel secondo caso, l' avvento del nazismo distrusse le basi istituzionali e formali della repubblica, anche se, è necessario ripeterlo, Hitler giunse al potere nel rispetto delle forme weimariane.
In entrambi i casi la Germania dipendeva dalla fiducia degli investitori stranieri (che dopo il 1929 fecero rientrare molti investimenti in patria, minando le basi del piano Dawes), e infatti per amore o per forza fu costretta ad adottare politiche deflazionistiche, limitando la spesa pubblica (Schacht tra l'altro ottenne nel 1924 il pareggio del bilancio dello Stato).
Non c'era Maastricht, eppure mi pare che non ci si potesse permettere, per un motivo o per un altro, delle spese in deficit.
Esempio che invece ci riguarda più da vicino
Anche qui la tesi è che l'economia italiana non possa fare spesa in deficit a piacimento nel momento in cui sia tenuta, per un motivo o per l'altro, a rendere conto a una platea di investitori esteri (posto ovviamente che non si potesse più continuare a fare come si era fatto fino agli anni '80, con una spesa pubblica progressivamente sempre più fuori controllo):
Questo era il mondo della “sovranità”. Un mondo molto statalizzato. In questo mondo fu costruito negli anni Sessanta e Settanta lo stato sociale – ossia la sanità, la scuola e le pensioni – con le entrate che erano, a differenza degli altri Paesi che hanno costruito nello stesso periodo lo stato sociale, inferiori alle uscite. Da qui trae origine il gran debito pubblico dell’Italia.
Il debito pubblico italiano fino agli anni Ottanta era detenuto dalle banche italiane. Era facilmente governabile, perché le banche erano in gran parte pubbliche. Poi, negli anni Novanta, il debito pubblico è passato nelle mani delle famiglie. Era di nuovo facilmente governabile, perché in cambio di rendimenti elevati, queste lo sottoscrivevano.
Si aveva così un meccanismo di consenso semplice. La politica governava il deficit e il debito prima attraverso le “sue” banche e poi attraverso gli alti rendimenti. In questo modo non si poteva formare un giudizio di merito sul debito italiano. Nel primo caso gli investitori erano “catturati”, nel secondo “sedotti”. In breve, il Principe non faticava per ricevere il consenso degli elettori, perché il debito crescente si sarebbe poi scaricato sui “non nati”, che non votano (si può dire la stessa cosa del sistema pensionistico che allora elargiva dei redditi superiori ai versamenti).
Arriva con gli anni Novanta il momento del “mercato” nella doppia direzione degli Italiani che possono investire all’estero, e dell’estero che può investire in Italia. I giudizi di merito si possono perciò formare: qual è il premio – il maggior rendimento richiesto – per detenere il debito italiano rispetto a quello tedesco? Il Principe deve ora – e a differenza di prima – convincere una platea piuttosto vasta che il suo debito è sottoscrivibile. Cambia così la natura del rapporto: nel primo caso il Principe non doveva convincere nessuno intorno alla tenuta del debito, nel secondo, invece, deve farlo.
|
Ok, allora dimmi quali sono questi Paesi non sufficientemente forti da poter fare deficit per uscire da una recessione. Il Belgio del 1970 era economicamente più forte dell'Italia del 2020? La Spagna del 1970? Il Regno Unito del 1960? L'Irlanda del 2009 era economicamente più forte dell'Italia del 2009 o di quella del 2018? E la Spagna del 2009?
L'esempio della Repubblica di Weimar c'entra assolutamente nulla con la situazione italiana o europea del terzo millennio. È già il fatto che sia necessario ricorrere un esempio tanto estremo denota quanto poco fondata sia la teoria secondo cui fare deficit in situazioni particolari sia cosa impossibile. Poi se si vuole fare questo esempio allora io potrei portare come esempio quello del debito pubblico giapponese pari al 250% e comunque non mi avvicinerei neanche lontanamente all'estremismo dell'esempio della Repubblica di Weimar.
In primo luogo la Germania usciva sconfitta e devastata da una guerra e le vennero inoltre imposte sanzioni pesantissime. Francia e Belgio inoltre, qualche anno dopo decisero di occupare la Ruhr, regione dalla quale proveniva il carbone tedesco facendo così collassare tutta l'industria tedesca(quella che ancora non era collassata).
Quindi quella Germania a quale Paese del 2020 dobbiamo paragonarla? Qual è quel Paese europeo che versa in condizioni, non dico identiche, ma anche soltanto lontanamente simili? Vogliamo paragonarla alla settima industria mondiale(seconda europea), che tra le altre cose è prima per avanzo primario negli ultimi 25 anni nonostante il giornalismo europeista voglia dipingerla come una Nazione di spendaccioni?
Vorrei inoltre capire l'attinenza del secondo articolo con quanto da me scritto. In quell'articolo si parla espressamente dei nostalgici della spesa pubblica in forte deficit. Io non sono un nostalgico della spesa pubblica in forte deficit a prescindere e parlare di fare deficit durante i periodi di recessione è altra cosa, almeno dal punto di vista economico. Dal punto di vista del giornalismo da quattro soldi magari non è così. Poi per carità, se mi si vuol far passare per nostalgico della lira e dei continui deficit degli anni '80 lo si faccia pure. In quel caso bisognerebbe considerare tali anche i vari Schultze, Krugman, Solow, Sharpe, Diamond, Arrow, Stiglitz, Sen. Beh, direi che poteva andarmi peggio. Anche perché nello schieramento opposto al massimo ci posso trovare i Cottarelli(d'altronde in Italia le apparizioni televisive valgono più dei risultati accademici). Un po' come mettere sullo stesso piano la visione dell'Universo del mio prof di fisica al Liceo(bravissima persona tra l'altro) rispetto a quella di un Higgs qualsiasi.
In quell'articolo inoltre c'è una banalizzazione assurda dei motivi che portarono all'esplosione del debito pubblico italiano. Nella realtà, le cose furono ben più complesse, e nonostante io non metta in dubbio che la politica italiana abbia tantissime colpe, va ricordato che l'ingresso dell'Italia nello SME piuttosto che ridurre i problemi dell'economia italiana li peggiorò, e che anche questo giocò un ruolo fondamentale nella crescita del debito pubblico italiano e nella successiva crisi del'92. E questo in Europa lo hanno ammesso da decenni. In Italia forse un giorno, neanche troppo lontano, riusciremo a fare lo stesso, e finalmente avremo il coraggio di dire che anche l'UE ha sbagliato.
|
|
16-04-2020, 19:02
|
#59
|
Esperto
Qui dal: Jun 2009
Ubicazione: Oceania, Pista Uno
Messaggi: 63,742
|
Quote:
Originariamente inviata da FLeo
Gap tra produttività e salari, 1995-2013
Fonte: Oecd, Economic Outlook, 2, 2018.
|
Credo che l'affermazione che hai citato fosse riferita ai decenni precedenti l'entrata nel mercato europeo, mentre il grafico che hai linkato mostra una divaricazione a favore della produttività solo dal 1995.
Infatti poi nell'articolo si dice che prima era possibile svalutare la lira per rendere più competitive le produzioni italiane, dopo invece si sarebbe dovuto scegliere tra fermare la crescita salariale o investire in ammodernamento tecnologico. Purtroppo è stato più semplice seguire la prima via, come credo mostri anche il grafico che hai postato.
|
|
16-04-2020, 19:10
|
#60
|
Esperto
Qui dal: Jun 2009
Ubicazione: Oceania, Pista Uno
Messaggi: 63,742
|
Quote:
Originariamente inviata da Antares93
Ok, allora dimmi quali sono questi Paesi non sufficientemente forti da poter fare deficit per uscire da una recessione. Il Belgio del 1970 era economicamente più forte dell'Italia del 2020? La Spagna del 1970? Il Regno Unito del 1960? L'Irlanda del 2009 era economicamente più forte dell'Italia del 2009 o di quella del 2018? E la Spagna del 2009?
L'esempio della Repubblica di Weimar c'entra assolutamente nulla con la situazione italiana o europea del terzo millennio. È già il fatto che sia necessario ricorrere un esempio tanto estremo denota quanto poco fondata sia la teoria secondo cui fare deficit in situazioni particolari sia cosa impossibile. Poi se si vuole fare questo esempio allora io potrei portare come esempio quello del debito pubblico giapponese pari al 250% e comunque non mi avvicinerei neanche lontanamente all'estremismo dell'esempio della Repubblica di Weimar.
In primo luogo la Germania usciva sconfitta e devastata da una guerra e le vennero inoltre imposte sanzioni pesantissime. Francia e Belgio inoltre, qualche anno dopo decisero di occupare la Ruhr, regione dalla quale proveniva il carbone tedesco facendo così collassare tutta l'industria tedesca(quella che ancora non era collassata).
Quindi quella Germania a quale Paese del 2020 dobbiamo paragonarla? Qual è quel Paese europeo che versa in condizioni, non dico identiche, ma anche soltanto lontanamente simili? Vogliamo paragonarla alla settima industria mondiale(seconda europea), che tra le altre cose è prima per avanzo primario negli ultimi 25 anni nonostante il giornalismo europeista voglia dipingerla come una Nazione di spendaccioni?
Vorrei inoltre capire l'attinenza del secondo articolo con quanto da me scritto. In quell'articolo si parla espressamente dei nostalgici della spesa pubblica in forte deficit. Io non sono un nostalgico della spesa pubblica in forte deficit a prescindere e parlare di fare deficit durante i periodi di recessione è altra cosa, almeno dal punto di vista economico. Dal punto di vista del giornalismo da quattro soldi magari non è così. Poi per carità, se mi si vuol far passare per nostalgico della lira e dei continui deficit degli anni '80 lo si faccia pure. In quel caso bisognerebbe considerare tali anche i vari Schultze, Krugman, Solow, Sharpe, Diamond, Arrow, Stiglitz, Sen. Beh, direi che poteva andarmi peggio. Anche perché nello schieramento opposto al massimo ci posso trovare i Cottarelli(d'altronde in Italia le apparizioni televisive valgono più dei risultati accademici). Un po' come mettere sullo stesso piano la visione dell'Universo del mio prof di fisica al Liceo(bravissima persona tra l'altro) rispetto a quella di un Higgs qualsiasi.
In quell'articolo inoltre c'è una banalizzazione assurda dei motivi che portarono all'esplosione del debito pubblico italiano. Nella realtà, le cose furono ben più complesse, e nonostante io non metta in dubbio che la politica italiana abbia tantissime colpe, va ricordato che l'ingresso dell'Italia nello SME piuttosto che ridurre i problemi dell'economia italiana li peggiorò, e che anche questo giocò un ruolo fondamentale nella crescita del debito pubblico italiano e nella successiva crisi del'92. E questo in Europa lo hanno ammesso da decenni. In Italia forse un giorno, neanche troppo lontano, riusciremo a fare lo stesso, e finalmente avremo il coraggio di dire che anche l'UE ha sbagliato.
|
Non capisco che c'entri tu e per chi tu pensi io ti voglia far passare (?), io stavo solo cercando di trovare esempi che mostrassero che anche prima di Maastricht non è che chiunque potesse fare deficit senza problemi e che non lo ha inventato l'UE questo problema, punto. Sono rimasto al post di Inosservato che avevo quotato, sei tu che ti sei inserito in questo discorso con la solita polemica a squadre "Italia vs UE" che a me frega zero.
Non ho paragonato Weimar né altri Paesi nella storia all'Italia di adesso o del 2009, e non ho detto che l'Italia abbia avuto solo vantaggi dall'entrata nello SME o nell'euro, non faccio spot pro- o contro la UE, anche se pare sia il leitmotiv di ogni discorso economico su questo forum.
Dico solo quello che ho detto prima, per me operare in deficit non è stata sempre e per chiunque un'azione praticabile senza problemi nella storia e non è diventato un problema solo dopo Maastricht. Punto.
Il secondo articolo l'ho citato essenzialmente per far vedere che quando devi rendere conto agli investitori esteri non puoi spendere in deficit appena lo ritieni opportuno, non certo per dire che la strada presa dagli anni '90 in poi sia stata la migliore possibile (l'alternativa casomai è mettersi nella condizione di poter fare a meno della fiducia degli investitori).
|
Ultima modifica di Winston_Smith; 16-04-2020 a 19:16.
|
|
|
|