Ciao a tutti , dopo essermi presentato ed aver ricevuto l'approvazione per l'attivazione dell'account, eccomi qui, come promesso a partire sin da subito con il mio contribuoto.
Premettendo che ho letto le varie sezioni e sperando che sia quella giusta, parto...
Giunto alla soglia dei 30 anni, solo biologici perché mentalmente e praticamente me ne sento almeno 50 per via della vita che conduco, tendo a fare qualche bilancio, voluto o meno che sia.
Penso che dentro me siano esistiti sempre due Io che si sono alternati l'un l'altro o due anime se preferite, non troppo in contraddizione tra loro dal punto di vista emotivo, quanto distanti dal punto di vista dell’approccio alla vita ed al modo di porsi.
Il tutto ha portato ad un unico e solo risultato: l’immobilismo cronico, misto a pigrizia, avversità al cambiamento e timoroso al mettersi in gioco.
Se in tanti, quelli che sanno solo vedere da fuori, credono che io sia una persona realizzata, con un lavoro stabile, relazione stabile, famiglia stabile, casa e lavoro , casa e lavoro e ancora casa e lavoro, penso che si sbaglino di grosso ma non perché non mi senta realizzato; probabilmente questo non è il vero e proprio metro di giudizio che reputo coerente e che possa essere utilizzato per dare vita ad un vero e proprio bilancio alla soglia dei 30 anni.
La quasi totalità della mia vita l’ho condotta a fare una guerra tra i miei due io: da un lato, quello timoroso di tutto e tutti, introverso, sempre e molto spesso cupo, incapace e non troppo voglioso e curioso di instaurare relazioni con il prossimo; dall’altro quello che invece voleva, poteva e doveva sconfiggere questo suo dannato alter ego, tanto debole quanto opprimente all’interno della mia persona, che non mi ha mai dato aria e che nei pochi momenti di tregua, dava la possibilità invece alla seconda anima di dare una sistemata un po' a tutto e di rimediare, quindi instaurare relazioni, conoscere persone, evolversi, trovare un lavoro.. insomma, se non lo avete capito è sempre stato un conflitto tra un Io che sosteneva fermamente nella mia mente con una piccola vocina, tanto docile quanto ossessiva, che IO NON POTEVO FARE NULLA e tra un’altra anima che invece cercava di ribellarsi. Questa seconda anima, la più coraggiosa, ha sempre avuto un punto debole: nonostante la buona volontà, si è sempre portata appresso durante quei pochi momenti di tempo a disposizione possibile per agire, gli strascichi della prima anima: di conseguenza i risultati ottenuti sono sempre stati discretamente sufficienti, in linea con gli standard dell’uomo medio ma pur sempre purtroppo influenzati da questa prima anima, fermamente salda dentro me stesso.
Credo che i veri nemici dell’uomo siano la natura ed il tempo: in un certo senso, la prima ti condanna o ti premia dalla nascita e indirizza la tua esistenza verso una strada ben definita. Di conseguenza, se hai una buona materia grezza, intellettiva o fisica che sia, sta poi a te starla ad usare al tempo giusto ed al momento giusto. La seconda invece è un qualcosa che indietro non può tornare per cui, fatta una scelta, presa una strada, ricominciare poi, soprattutto a determinate età, 30,40,50 anni diventa un po' difficile per tutti…è qui che nascono rimorsi e rimpianti.
Un altro vero problema sono stati gli entusiasmi di piccola durata; sono stati troppi, tanto consistenti nella loro intensità quanto facili a spegnersi nella loro durata. La mia persona ha cercato nel tempo di immaginarsi più mentalmente che praticamente alle situazioni cui meglio poteva ritenere più adeguate e conformi per sè stessa. Ho spaziato dunque tra lavori domestici, volantinaggio, cameriere, gestore di b&b nella pratica, a lavori immaginari, mai affrontati, per svogliatezza mista a timore, nella finanza, nel gioco d’azzardo e nell’investigazione. Nella teoria sono anche qui un discreto conoscitore, ma quando non si è né carne né pesce, si è nulla: il tutto ha portato alla concretizzazione della sintesi reale di quella che è la mia persona: l’impiegato…. Quel tipo di lavoro che a pensarci bene fa ridere ma poi a pensarci sul serio non è stato un caso perché è proprio quella professione che si avvicina alla persona ed alle persone come me…quelle persone che inconsciamente non vogliono rischi, non vogliono mettersi in gioco, passano la vita a far gli spettatori/commentatori/critici della vita di altri, il tutto passivamente e, come sembra essere troppo importante, senza rischiare…. Piccolo ma grande effetto collaterale…
Per la verità, io non so davvero cosa comporterà questa via, questo modus operandi nel lungo termine alla mia mente; diceva verdone che “la nostalgia non è altro che lo svago delle persone cha hanno paura del futuro…”
Forse sarà proprio per questo che sono un nostalgico; preferisco vedere dietro, piuttosto che avanti, perché è più comodo, fa meno male, da meno incertezza e crea meno scompiglio interiore:
Guardare avanti significa prendere iniziativa, agire, aver creatività ma probabilmente non ne sono in grado… per questo motivo tendo a guardarmi solo indietro… Ho detto tante volte a chi mi è vicino che non ho paura di morire ma ho paura del futuro e forse è questo il motivo.
La società mi fa paura, non ha pazienza, non cerca coinvolgimento, non è forse adeguata alla persona che sono io; anzi, meglio, sono io a non essere adeguato a lei. Per arrivare dove sono ora ho dovuto molto spesso conformarmi a quella che è la tendenza, il vento di quel momento e la cosa mi ha fatto e mi fa piuttosto male. Non c’è spazio per le ideologie, non c’è spazio per la solidarietà: c’è solo spazio per la competizione, il chiacchiericcio, l’ingratitudine ed il buon viso a cattivo gioco. Il mio problema è proprio questo: davvero non so se riuscirò mentalmente a resistere a tutto questo, a sopportate tutto questo, a vivere in questo contesto per tutta la vita. Per ora non mi sento all’altezza di “sopravvivere” cosi ed avere a che fare con compromessi continui e, soprattutto, non mi va, seppur sia stato in grado di tenere testa a tutte queste circostanze seppur con fatica, sacrificio e costrizione/inibizione/modifica del mio Io: il tutto per poter essere accettati. Vivere con la consapevolezza che quello che fai non sarà mai abbastanza è proprio questa la cosa più struggente…..
Pensare a me stesso fra 10 anni fa davvero paura, specialmente per la vita che ho vissuto io; il mio più grande timore è non riuscire un giorno a metabolizzare, digerire e sopperire a tutto questo quando mi guarderò indietro. Ora sono giovane e riesco a tralasciare; ho paura invece che con il tempo il buco si faccia più grande, gli scompensi sempre più grandi a tal punto da diventare incapace di gestire la situazione perché la mia più grande paura è quella che ho e vedo tutt’ora…guardare dietro e vedere NULLA, nulla di davvero concreto che possa aver arricchito la mia persona, il mio spirito, il mio modo di essere, tutte queste componenti costantemente represse per far spazio ad arricchire solo le competenze per sopravvivere, neanche vivere; e tutto questo a che prezzo?
Ho sempre creduto e pensato, forse grazie alla mia forte immaginazione che io avrei avuto le qualità di essere diverso, di creare un filo, di dare vita ad una nuova voce che potesse raccogliere le voci degli altri ma, ad ora, c’è solo il nulla. A questo punto è evidente che forse non è che poi avessi tutte queste cose da dire e forse non ero questo bomba che doveva esplodere…
Una cosa che mi è sempre piaciuto fare, quando il secondo io me lo permetteva, era conoscere le persone; ho sempre ritenuto in cuor mio che imparare dal prossimo fosse sempre d’auspicio per il futuro. In un modo o nell’altro vivere o sentire con gli occhi degli altri non avrebbe potuto che giovare accrescendo la nostra persona interiormente. Ragion per cui, non mi sono mai posto limiti in questo senso e mi intrattenevo con chiunque fosse ben disposto, donna o uomo che sia, giovane o anziano non contava. Tentavo di far rispondere loro a delle domande che mi ero sempre posto che riporto qui sotto e che sempre, se consideravo all’altezza, ero solito fargli/le; le domande alla fine di ogni discorso erano:
Come vivere una vita che si possa ricordare?
Come essere sicuro di aver fatto la cosa giusta?
L’ho chiesto a tantissime persone ma purtroppo poche hanno saputo accontentarmi non per incapacità ma perché cercavo sempre una risposta profonda che poi non trovavo. Ho pensato spesso di aver bisogno o di seguire un mentore per capire ciò che fosse giusto e ciò che fosse sbagliato; al momento sono ancora alla ricerca e mi ritrovo a fare il mentore di me stesso, seguendo più il mio istinto, le mie riflessioni e cercando di non dare troppo adito all’impulsività che potrebbe recar danni.
Siate curiosi… curiosi di conoscere voi stessi e di non fare il salto più in avanti per paura, retaggi e la solita maledetta pigrizia….
Semmai vorrete ed avrete voglia di rispondermi perchè so che non è facile, risponderò anticipatamente al suo sospetto di aver davanti uno pseudo-scrittore depresso: no, cari amici del forum, non è depressione; è invece consapevolezza di non aver fatto abbastanza, essere cosciente che di tutto ciò che si poteva fare, si è fatto l’1%. Sono una persona che tutti i giorni cerca di “non morire”… cura se stessa per quello che è possibile, si impegna fisicamente, nel lavoro, e nelle relazioni sociale ma è consapevole di essere una persona che ha vissuto con un blocco…..