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Originariamente inviata da Rick Blaine
Riguardo i ragazzi: io le persone le riesco a capire abbastanza velocemente. Alle volte, lo ammetto, sono costretto a ricredermi, ma non succede spesso. Questi erano quei classici ragazzi che suonano in un gruppo senza talento, e magari inventano che apriranno il concerto dei Radiohead, per esempio. Alla fine finiscono tutti a fare gli architetti. Senza talento, ovviamente: restaureranno case in provincia, arrotondando con una cattedra in qualche liceo. Sono quei ragazzi che professano in ogni loro battuta un gran diprezzo per il genere femminile, salvo poi dichiarare amore eterno alle loro compagne. Sono quei ragazzi che ancora parlano di comunismo e di fascismo come facevano i loro padri.
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Sì, certo, cosa fanno i giovani, intelligenti,
delle famiglie agiate, se non
parlare di letteratura e di pittura?
Magari anche con degli amici di più bassa estrazione
- un po' più rozzi, ma anche più tormentati
dall'ambizione? Parlare di letteratura e pittura,
cialtroni e faziosi, pronti a buttar all'aria tutto,
cominciando già a scaldare coi loro giovani sederi
seggiole di caffè già scaldate da sederi di ermetici?
Oppure passeggiando (calpestando cioè i lastrici divini
della parte vecchia della città, come soldati o puttane),
sovversivi malati di snobismo borghese,
- anche con tutte le sue sincerità, i suoi idealismi,
le sue vocazioni all'azione: l'ombra, cioè, dolorosa,
di Esenin o Simone Weil nell'anima?
Ma vediamo: sia che vengano, sudando,
da appartamentini con tristi
coperte bruciate dal ferro da stiro, o armadi
costati poche migliaia di lire al padre amato di nascosto
- sia, invece, che vengano da case circondate
dall'aureola della ricchezza, con abitudini quasi celesti,
di domestici e fornitori - tutti i letterati giovani
sono sudaticci, hanno un pallore di anziani,
se non di vecchi, le loro grazie sono già scrostate;
hanno un'irresistibile vocazione ai pasti pesanti
e agli indumenti di lana, tendono a malattie
puzzolenti - dei denti o degli intestini –
cacano male: sono, insomma, dei piccoli borghesi,
come i fratelli magistrati o gli zii commercianti.
Un'unica grande famiglia, priva di ogni amore.
Capita ogni tanto in questa famiglia
un Adorabile. Ma strano:
anche Lui, come gli altri, i merdosi,
invoca (dai principio dell'altro secolo, e,
dopo una breve interruzione tra il '45 e il '55,
fino ai nostri giorni) un Dio sterminatore: sterminatore
di sé e della sua classe sociale. Anch'io lo invoco!
E già una volta questa invocazione è stata ascoltata.
Giovinetti cascanti in scialli Sioux, finti giovani di Torino
già stempiati con loden blu, distruttori di grammatiche,
convittori castristi che saltano i pasti a Monza,
nuovi qualunquisti in pelliccia, che amano i Concerti
Brandeburghesi come se avessero scoperto una formula
antiborghese, che gli fa lanciare intorno occhiate furenti,
democratici dolcemente burberi, persuasi che solo
la vera democrazia distrugga la falsa; anarchici
biondini, che confondono in perfetta buona fede la dinamite
col loro buon sperma (andando,
con grandi chitarre, per strade
false come quinte, in branchi rognosi); Pierini
universitari che vanno a occupare l'Aula Magna
chiedendo il Potere anziché rinunciarvi una volta per
guerriglieri con le loro guerrigliere al fianco [sempre;
che hanno deciso che i Negri sono come i Bianchi
(ma forse non anche i Bianchi come i Negri): tutti costoro
non preparano altro che l'avvento
di un nuovo Dio Sterminatore;
marchiati, innocentemente, di una croce uncinata:
eppure essi saranno i primi a entrare, con vere
malattie e veri stracci addosso,
in una camera a gas: non è ciò che giustamente vogliono?
Non vogliono la distruzione, e la più orrenda,
di loro stessi e della classe sociale a cui appartengono?
Io, col mio piccolo cazzo tutto pelle e peli,
capace di fare, sì, il suo dovere, eppure umiliato,
per sempre, da un cazzo di centauro, greve e divino,
immenso e proporzionato, tenero e potente;
io, vagante nelle latebre del moralismo e del sentimentalismo
lottare contro i due, cercandone l'estraniamento
(una moralità straniata, un sentimento straniato
al posto di quelli veri: con ispirazioni simulate
e quindi molto più madornali di quelle autentiche,
destinate al ridicolo, com'è regola borghese);
io mi trovo insomma dentro un meccanismo
che ha sempre funzionato allo stesso modo.
La Borghesia è lucida, e adora la ragione:
eppure, a causa della propria nera coscienza,
manovra per punirsi e per distruggersi: delega
così a deputati alla propria Distruzione,
i suoi figli degeneri, appunto: i quali
(chi stronzamente conservando
un'inutile dignità borghese di letterato indipendente,
o addirittura reazionario e servile, chi invece,
andando proprio fino in fondo, e perdendosi)
obbediscono a quell'oscuro mandato.
E incominciano a invocare il suddetto Dio.
Arriva Hitler, e la Borghesia è felice.
Muore, suppliziata, per mano di se stessa.
Si punisce, per mano di un proprio Eroe, delle proprie colpe
Di cosa parlano i giovani del 1968 - coi capelli
barbarici e i vestiti edoardiani, di gusto
vagamente militare, e che coprono membri infelici come il mio
se non di letteratura e di pittura? E questo
che cosa significa se non evocare dal fondo
più oscuro della piccola borghesia il Dio
sterminatore, che la colpisca ancora una volta
per colpe ancora maggiori di quelle maturate nel '38?
Solo noi borghesi sappiamo essere teppisti,
e i giovani estremisti, scavalcando Marx e vestendosi
al mercato delle Pulci, non fanno altro che urlare
da generali e ingegneri contro generali e ingegneri.
È una lotta intestina.
Chi veramente morisse di consunzione,
vestito da mugik, non ancora sedicenne,
sarebbe il solo forse ad avere ragione.
Gli altri si scannano fra loro.