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28-06-2004, 22:44
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#1
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Intermedio
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29-06-2004, 15:48
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#2
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Guest
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Quando ho scritto che la psicoanalisi non era una psicoterapia, non intedevo dire non fosse un “terapia”. Ho scritto così per differenziarla da alcune psicoterapie che, da quanto ho letto, hanno premesse e presupposti molto lontani da quelli classici psicoanalitici. Alcune negano l'inconcio, altre non considerano minimamente la storia di un paziente, altre si contraddicono l'una con l'altra. Insomma c'è più di un motivo per dubitarne la pretesa scientificità. La psicoanalisi mi da l'idea di essere più rigorosa, più seria, sebbene che chi critica le psicoterapie riconosca quest'ultime forse più efficaci ai fini pratici nel trattamento delle fobie.
Riguardo a Gabbard mi riconosco molto in quello che scrive. Ti dico solo che quando ero bambino mi è capitato di sognare qualche volta mia madre che rideva di me. Mi sono sempre vergognato molto davanti ai miei genitori. Quando ho scritto quindi dell'importanza di questo rapporto, tra le cause della fobia sociale, beccandomi dell'ignorante, non ho fatto altro che dire grossolanamente e con miei parole, quello che “avvertivo” e che sostiene Gabbard di cui manco sapevo l'esistenza. E quando dico che recuperare il rapporto coi propri genitori può far fare quel salto di qualità che manca, non dico forse una cosa così insensata e stupida. Mi piacerebbe sapere cosa dice questo Gabbard in proposito. Com'è possibile superare questo sentimento di vergogna o umiliazione?
Non nego quindi che le psicoterapie possano essere utili, ma ci muoviamo sempre nell'ambito dei miglioramenti, dei piccoli progressi, non della remissione totale dei sintomi.
Ciao insider
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30-06-2004, 22:02
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#3
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02-07-2004, 10:47
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#4
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Guest
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Con l'ultima frase però un po' contraddici quello che hai sempre sostenuto nel forum ovvero che la psicoterapia cognitiva comportamentale fa miracoli o quasi :wink:
Non so se l'ammettere una ricaduta costrituisca un punto di forza come dici. In pratica questa teoria sostiene che le cause del comportamento “anormale” stanno nel modo in cui pensiamo e percepiamo la realtà. Viene attribuita una grande importanza alla cattiva interpretazione delle proprie esperienze. Potremmo dire allora che una persona troppo critica e pessimista, con poca autostima sarà portata a valutare in modo scorretto le proprie e altrui esperienze; le quali valutazione scorrete genereranno pensieri “anormali” e di conseguenza comportamenti “anormali”.
Già, ma qual'è il modo corretto di percepire la realtà? Finchè rimaniamo nell'ambito della percezione delle cose (cos'è una casa, un'auto, ecc) dovremmo tutti convenire. Ma di fronte alle relazioni umane, ai propri sentimenti e alle proprie aspettative ognuno non può percepire che quello che vede e che sente e diventa molto difficile definire uno standard di cosa sia giusto e cosa sia sbagliato.
Ciao insider
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12-07-2004, 21:10
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#5
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Intermedio
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12-07-2004, 22:05
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#6
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Banned
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Riguardo il primo post direi che sono io!!! Ciao Yon
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14-07-2004, 21:24
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#7
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Guest
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Capisco che cosa vuoi dire, ma credo sia molto soggettiva l'interpretazione dell'espressione di un viso o dell'atteggiamento di una persona. Io osservo molto i comportamenti, le espressioni di un viso, degli occhi, il gesticolare, tutto quello che insomma costituisce il linguaggio del corpo. Ovviamente non posso portare nessuna prova logica se, poniamo, trovassi la faccia di una persona inquietante o notassi disappunto nella sua espressione del viso relativamente ad un certo contesto. E' la mia percezione e come tale è soggettiva. Ognuno percepisce in base alla propria sensibilità, non c'è uno standard oggettivo. Ovviamente non sempre interpretiamo correttamente il linguaggio corporeo, a volte ho preso delle cantonate, ma l'ho capito solo dopo, magari conoscendo meglio la persona e aver cambiato idea su di essa.
Ci sono persone che a pelle suscitano simpatia o antipatia, con le quali possiamo trovarci bene o a disagio, dov'è la logica e la razionalità in questo? Non c'è. E' una cosa istintiva/emotiva che sfugge al ragionamento. Non si possono razionalizzare le sensazioni e i sentimenti. L'unico modo per superare certe diffidenze e paure è verificare (se possibile) se sono fondate o meno. Ma di fronte a persone che non conosco, ad esempio, io assumo sempre un atteggiamento di diffidenza. Probabilmente sbaglio, dovrei pensare sempre bene degli altri, ma è un'esercizio alquanto difficile.
ciao insider
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14-07-2004, 21:49
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#8
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15-07-2004, 16:25
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#9
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Guest
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Verificare certe impressioni e sensazioni è una cosa che ho sempre fatto e che non necessariamente richiede un terapeuta. Quando studiavo, ad esempio, stavo in appartamento con altri studenti. Ce n'era uno in particolare che mi metteva molto a disagio. No saprei dire il perché, ma non mi andava molto a genio e di conseguenza cercavo sempre di evitarlo (mangiavo in orari diversi, ecc). Col tempo il disagio era cresciuto trasformandosi in una specie di paura/ossessione. L'idea che potesse rivolgermi la parola, l'idea di trovarmelo davanti rientrando a casa o che entrasse per chiedermi qualcosa in camera mia mi mandava nel panico. Mi rendevo perfettamente conto che tutto ciò era paradossale e illogico, considerando che lo conoscevo appena e che non c'era un ragione sensata a livello conscio di temerlo.
Allora per vincere queste paure o per lo meno diminuire questo disagio ho cercato di conoscerlo meglio, di verificare se le impressioni che mi aveva dato avevano un fondamento oppure no, cercavo insomma di farmelo come amico. Ci sono riuscito solo in parte, perché comunque rimase per me una persona fonte di disagio.
Per questo credo molto in quello che dice Gabbard, sui conflitti inconsci, sulle proiezioni e l'evitamento. Io mi riconosco molto in questo e mi sembra strano di essere il solo. Certo pure YON dice di riconoscersi, ma solo in due siamo? Tu Yon come affronti la questione?
Ciao :wink:
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15-07-2004, 21:11
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#10
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A proposito di videocamere, ho appena letto che alcuni psicoterapeuti, le utilizzano per fil mare delle esposizioni sociali e poi le rivedono insieme al paziente. Non ho però capito a cosa serve! Chi me lo spiega?
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15-07-2004, 23:32
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#11
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Intermedio
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16-07-2004, 22:34
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#12
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Noi diciamo tutto è il contrario di tutto. Parliamo a vanvera e "ci ritroviamo" (vedi carota) tanto per dire qualcosa.
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17-07-2004, 17:03
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#13
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Mi rifaccio a quanto ha scritto qualcuno di voi a proposito dell'efficacia delle moderne terapie cognitivo-comportamentali rispetto alla psicoanalisi.
E vero che la prima offre maggiori risultati, ma si è anche dimostrata del tutto inefficace rispetto a problemi di fobia sociale.
Questo perché noi social fobici sappiamo benissimo cosa si deve fare per relazionarci con gli altri, e che non c'è alcun motivo di aver paura, eppure la paura rimane lo stesso.
Nel nostro caso le terapie migliori rimangono quella analitica, e quella emotiva, basate ad anazizzare e sconfiggere ciò che c'è a monte del problema ed eliminarlo.
Purtroppo per noi non è possibile cambiare direttamente il comportamento.
E' come dire per superare la tua fobia devi parlare con gli altri.
Ossia per non essere sordo ci devi sentire.
E' invece possibile in quei momenti, prestare maggiore attenzione alle emozioni che proviamo e che ci bloccano, abituarci ad esse cercare di modificarle piano piano e quando non saranno più così terribili iniziare ad osare di più.
E' vero che qualcuno mette in dubbio l'esistenza dell'inconscio, ma nell'ingegneria stessa per studiare dei sistemi si costruiscono dei modelli e si studiano quelli, anche se magari il sistema è completamente diverso dal modello.
L'inconscio, potrebbe essere visto come la raccolta, il sunto di una serie di meccanismi automatici del nostro cervello e della nostra storia passata.
Ciao e tanti auguri emoziali a tutti.
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18-07-2004, 19:11
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#14
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Intermedio
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18-07-2004, 20:02
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#15
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Ti chiedo scusa, ma io mi rifacevo alle dichiarazioni
di uno psichiatra americano specializzato in fobia sociale e ansia sociale.
Allora non siamo solo noi a dire tutto e il contrario di tutto.
:wink:
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19-07-2004, 13:52
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#16
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Guest
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Concordo in linea di massima con quanto dici tu insalita, ma come si modifica razionalmente qualcosa che nasce d'istinto? Due persone avvampano di rossore, una continua dritta per la sua via senza curarsene troppo, l'altra se ne vergogna e ne fa una malattia. Dietro a questa risposta istintiva differenziata c'è poco di razionale e molto di inconscio ed emotivo secondo me. Come si modificano queste reazioni emotive che sono indipendenti dal pensiero?
Cambiare comportamento (inteso come atteggiamento generale verso gli altri e verso se stessi), secondo me, dovrebbe essere invece uno degli obiettivo principali perché c'è sempre molta finzione nel fobico che si nasconde e mantiene rapporti superficiali. Molte delle energie e degli sforzi sono tesi a indossare una maschera di apparenza.
Se c'è una cosa che mi ha insegnato la mia psicoterapeuta è che i sentimenti (di rabbia, dolore, ecc) vanno espressi verbalmente e non repressi. So che non è facile per chi è chiuso e ha questi problemi, ma in qualche modo deve cominciare.
Ciao insider
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