Che liberazione avervi incontrato! (oppure no?)
Parto dall’inizio, e cercherò di essere breve.
Da qualche tempo (due, tre anni?) vivo come una ladra rinchiusa nel mio bellissimo bilocale a guardare il mondo dalla finestra. Come sia successo non lo so, so che è scattata dentro di me una lenta ma inesorabile paura del mondo esterno. Inizialmente la controllavo rifuggendo le situazioni che mi avrebbero procurato quell’ansia che non capivo né mi spiegavo. Mi ripetevo sempre: non hai trovato le persone giuste, non stai facendo le cose giuste, un giorno tutto cambierà. Poi, non solo tutto non è cambiato, ma ho cominciato a soffrire di attacchi di panico. Tremori, sudorazione, blocchi di vario genere, emicranie, senso di sdoppiamento (io ero là, spesso, fuori, che mi guardavo impallidire senza dire una parola).
Le mani in certe situazioni sembravano avere una vita propria. Al lavoro specialmente. Poi anche con gli “amici”, non gli Amici di sempre, che per buona parte ho rinnegato e allontanato. Gli amici dell’aperitivo, quelli che vedi ogni tanto e che fanno bene all’umore perché di costringono a pensare e a parlare d’altro, oltre che di te. Via anche loro, gettati nella spazzatura. Mi rimangono i colleghi di lavoro, con cui ho buoni rapporti, ma guai ad approfondirli. E alcuni, vecchi, carissimi amici. Che di me sanno ma non capiscono. Come biasimarli? Ho sempre la battuta pronta, svolgo un lavoro a contatto con il pubblico, non mi manca mai il sorriso. Ma che fatica ogni giorno mi costa quel sorriso… e far finta di niente… e nascondere tutto… e accampare le scuse più sceme per rifiutare ogni forma di invito... anche una sigaretta fumata insieme durante una pausa (le mie mani ballerebbero la tarantella, e io mi scaverei una buca...)
Sarà mai possibile che in 29 anni di vita oggi è stata la prima volta in cui, leggendovi, mi sono sentita capita?
(fortuna che dovevo essere breve)
Grazie, Agata