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Originariamente inviata da Herzeleid
Galimberti, come psicanalista, è in tutto e per tutto freudiano. Se ti interessa, in questa lezione egli risponde ad una domanda molto grave, "cos'è l'uomo":
Lezione di Umberto Galimberti - YouTube
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L'ho visto e ti ringrazio, ma tuttavia non sono d'accordo su molti dei punti attorno ai quali Galimberti intesse questa sua definizione di Uomo.
Ad esempio per quanto mi riguarda la sua nozione di "istinto" è troppo generica.
Nei leoni, per dirne una, le tecniche di caccia non possono essere attribuite ad una istintualità in senso stretto: esse vengono in tutto e per tutto "insegnate" dai genitori e dal branco (e anche "in funzione" della loro appartenenza a un branco).
Ora, pure se non sono un entomologo, è chiaro che quando invece parliamo di insetti e studiamo (anzi, studiaNO, visto che mica sono io l'entomologo) i loro comportamenti nella prospettiva di ricondurli a un istinto, i caratteri che noi conferiremo alla nozione di istintualità saranno del tutto diversi da quelli con cui abbiamo designato l'istinto felino di cui sopra.
Il problema sarebbe più che altro il seguente: cosa significa
condividere una forma di vita?*
E lascio la cosa così perché non c'ho voglia di annoiare (soprattutto me stesso).
*il punto di partenza (e di arrivo?) di una discussione così impostata sarebbe: Condividere una forma di vita vuol dire, innanzitutto,
partecipare a una comune delimitazione sensoriale del mondo.
Radicalizzo la mia posizione: la definizione di Galimberti, almeno qui, è terribilmente superficiale, e lui stesso non sembra troppo convinto di quello che dice. Però sarà pure colpa di quell'aria che ha, da uomo che ha mangiato pesante: Galimberti, in breve, è definibile come una forma di vita presa in un processo eterno e travagliato di digestione.