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17-10-2015, 17:55
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#21
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Banned
Qui dal: Jul 2014
Messaggi: 7,147
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Originariamente inviata da Angus
Ipotizziamo che questa persona se ne trovi di fronte un'altra, e che si renda conto che essa è "esposta alle intemperie" come lo è lei. Cosa potrà provare, se non un senso di vicinanza? E come potrà non desiderare per lei (come la desidera per sé) una vita felice?
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Ma questo dovrebbe avvenire per ogni persona che si trova davanti? Visto che ha ormai raggiunto questo senso di compassione per la condizione umana, e quindi per tutti...
A me sembra utopistico uno scenario del genere.
Io penso che si possa amare un numero limitato di persone, con le altre ci si può relazionare con il massimo rispetto possibile, cercando ovviamente di richiedere lo stesso dagli altri.
Potrei capire se si stesse parlando di provare compassione per chiunque nel momento in cui questo viene visto in una condizione di sofferenza, ma non semplicemente perchè umano e vivo.
In un certo senso, è come se stessi parlando di un senso di appartenenza il più ampio possibile, quello relativo al genere umano e per il quale ogni persona dovrebbe essere riconosciuta e accettata dall'altra per tale motivo. In teoria sarebbe giusto, ma in pratica accade che ognuno prova un senso di vicinanza maggiore o minore a seconda delle persone che si trova davanti, a volte spiegabile in modo conscio altre volte no.
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17-10-2015, 20:13
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#22
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Banned
Qui dal: Mar 2011
Messaggi: 5,525
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Originariamente inviata da Nothing87
No, Angus. Spesso, l'unico aspetto che differenzia il timido dal non timido è la maggiore sensibilità psicologica del primo. Non nel senso che ha più valori morali ma che è più debole interiormente. Quindi, la paura di essere ferito lo rende evitante. C'è anche chi diventa timido in un secondo momento per anormalità del fisico o dei gusti ma per questi penso si debba fare un discorso separato (come avevo già detto in un'altra tua discussione a tema).
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La paura del rifiuto lo rende timido, sì. Ma questo comporta il ritenere di poter non essere rifiutato, se si impegna. Così non è: se ci distorciamo per piacere, gli altri non accetteranno noi, ma la maschera che indossiamo. E a che ci serve? Ci serve da bambini, quando solitudine e abbandono sono intollerabili, ma non da adulti.
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17-10-2015, 20:26
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#23
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Banned
Qui dal: Mar 2011
Messaggi: 5,525
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Quote:
Originariamente inviata da alien boy
Ma questo dovrebbe avvenire per ogni persona che si trova davanti? Visto che ha ormai raggiunto questo senso di compassione per la condizione umana, e quindi per tutti...
A me sembra utopistico uno scenario del genere.
Io penso che si possa amare un numero limitato di persone, con le altre ci si può relazionare con il massimo rispetto possibile, cercando ovviamente di richiedere lo stesso dagli altri.
Potrei capire se si stesse parlando di provare compassione per chiunque nel momento in cui questo viene visto in una condizione di sofferenza, ma non semplicemente perchè umano e vivo.
In un certo senso, è come se stessi parlando di un senso di appartenenza il più ampio possibile, quello relativo al genere umano e per il quale ogni persona dovrebbe essere riconosciuta e accettata dall'altra per tale motivo. In teoria sarebbe giusto, ma in pratica accade che ognuno prova un senso di vicinanza maggiore o minore a seconda delle persone che si trova davanti, a volte spiegabile in modo conscio altre volte no.
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Sì, certo, ma è questo "riconoscimento" che il timido desidera, nel suo profondo. E se accettiamo che le persone siano qualcosa di definito, ogni tentativo di piegarsi alle aspettative altrui è un'illusione di potere. Le persone o ci riconoscono ("amano") o non lo fanno, e noi non possiamo farci nulla. In questo senso siamo tutti "pari", e tutti ugualmente indifesi. Possiamo, però, provare ad essere dalla nostra parte, e accettare la solitudine inevitabile di alcuni rapporti e alcune situazioni, smettendo di svenderci e cercando relazioni sensate, partendo da basi sensate (offrendoci cioè per quello che siamo).
E' vero: tutti amano sempre solo fino ad un certo punto (anche se non concordo con il "numero limitato di persone"). Ma perché quando qualcosa va storto non dovremmo ammettere che l'altro è, per suoi motivi, distante da noi, e non siamo noi ad essere sbagliati, o a doverci correggere?
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Ultima modifica di Angus; 17-10-2015 a 20:31.
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17-10-2015, 21:50
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#24
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Banned
Qui dal: Jul 2009
Ubicazione: Prov. Milano
Messaggi: 1,187
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Originariamente inviata da Angus
La paura del rifiuto lo rende timido, sì. Ma questo comporta il ritenere di poter non essere rifiutato, se si impegna. Così non è: se ci distorciamo per piacere, gli altri non accetteranno noi, ma la maschera che indossiamo. E a che ci serve? Ci serve da bambini, quando solitudine e abbandono sono intollerabili, ma non da adulti.
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Non sono d'accordo. La maschera dei timidi di natura è la timidezza stessa. Sotto sta la loro vera personalità che spesso nutre le stesse paure e desideri dei loro coetanei non timidi.
Sarebbero invece portati a simulare un comportamento innaturale gli allergici al divertimento superficiale, gli omosessuali...per questi, che per me sono la minoranza tra i timidi, invece ti dò ragione; così non otterrebbero l'accettazione e anche se la ottenessero non starebbero bene con se stessi. Potrebbero tentare di fingere più coerentemente solo se spinti da vanità.
Poi c'è una terza categoria che comprende quelli che hanno un fisico fuori dai canoni sociali del bello e del normale pur avendo una mentalità ben massificata. Questi secondo me è giusto che tentino di mascherarsi per stare bene con gli altri ma anche e soprattutto con se stessi.
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Ultima modifica di Nothing87; 19-10-2015 a 14:48.
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17-10-2015, 23:08
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#25
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Banned
Qui dal: Jul 2014
Messaggi: 7,147
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Originariamente inviata da Angus
Sì, certo, ma è questo "riconoscimento" che il timido desidera, nel suo profondo. E se accettiamo che le persone siano qualcosa di definito, ogni tentativo di piegarsi alle aspettative altrui è un'illusione di potere. Le persone o ci riconoscono ("amano") o non lo fanno, e noi non possiamo farci nulla. In questo senso siamo tutti "pari", e tutti ugualmente indifesi. Possiamo, però, provare ad essere dalla nostra parte, e accettare la solitudine inevitabile di alcuni rapporti e alcune situazioni, smettendo di svenderci e cercando relazioni sensate, partendo da basi sensate (offrendoci cioè per quello che siamo).
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Ma alla fine cos'è che un timido vuole?
Cioè con quelle persone che ci riconoscono continueremo a essere timidi?
Perchè a me piacerebbe, per dire, non aver paura di parlare quando si è in gruppo e poter dire la mia; che il gruppo mi accetti ok, ma a me sembra normarle volersi togliere almeno un po' di quel peso rappresentato da blocchi vari.
Per gli altri, quelli che non mostrano molta empatia nei nostri confronti: o fai qualcosa per ottenerla o provi a dare meno peso al loro giudizio e quindi diventi meno timido. Nel primo caso potresti esserti snaturato, nel secondo no.
Ma mettiamo ad es. il contesto lavorativo, un timido che non prova a fare nè l'una nè l'altra cosa... a me sembra strano che si rimanga 'immobili' nello sperare che qualcuno ci accetta o nell'accettare che nessuno l'ha fatto. Voglio dire, proprio perchè uno è già indifeso istintivamente prova a difendersi.
Quote:
Originariamente inviata da Angus
E' vero: tutti amano sempre solo fino ad un certo punto (anche se non concordo con il "numero limitato di persone"). Ma perché quando qualcosa va storto non dovremmo ammettere che l'altro è, per suoi motivi, distante da noi, e non siamo noi ad essere sbagliati, o a doverci correggere?
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infatti è un discorso di 'vicinanza', compatibilità, o semplice simpatia, ma non possiamo neanche aspettarci di essere 'amati' da quelli che ci sono distanti.
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Ultima modifica di alien boy; 17-10-2015 a 23:16.
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18-10-2015, 19:16
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#26
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Esperto
Qui dal: Sep 2013
Ubicazione: Valdelatresca
Messaggi: 1,093
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non credo di aver ben capito quale sia questo potere che i timidi si illudono di avere
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18-10-2015, 20:27
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#27
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Esperto
Qui dal: Feb 2014
Messaggi: 1,539
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Quote:
Originariamente inviata da Ventolin
non credo di aver ben capito quale sia questo potere che i timidi si illudono di avere
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L'ingannevole potere di illudersi.
Io, per esempio, credo di avere il potere di fare del male agli altri.
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18-10-2015, 22:24
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#28
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Esperto
Qui dal: Sep 2013
Ubicazione: Valdelatresca
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Quote:
Originariamente inviata da _Diana_
L'ingannevole potere di illudersi.
Io, per esempio, credo di avere il potere di fare del male agli altri.
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ah
la capacità infinita di fare figure di merda va messo nei poteri? se la risposta è si, c'è un modo per levarselo o sono condannato a tenermelo come la Cosa dei fantastici 4?
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18-10-2015, 22:44
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#29
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Esperto
Qui dal: Feb 2014
Messaggi: 1,539
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Quote:
Originariamente inviata da Ventolin
ah
la capacità infinita di fare figure di merda va messo nei poteri? se la risposta è si, c'è un modo per levarselo o sono condannato a tenermelo come la Cosa dei fantastici 4?
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Non saprei. So che puoi illuderti di perderlo però.
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18-10-2015, 22:51
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#30
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Banned
Qui dal: Mar 2011
Messaggi: 5,525
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Quote:
Originariamente inviata da Ventolin
non credo di aver ben capito quale sia questo potere che i timidi si illudono di avere
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Il potere di essere accettati/amati/riconosciuti, semplicemente distorcendosi e piegandosi alle aspettative altrui. E' un potere illusorio perché queste cose hanno un valore se investono la persona, e non la maschera che indossa.
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19-10-2015, 00:19
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#31
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Esperto
Qui dal: Sep 2013
Ubicazione: Valdelatresca
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Quote:
Originariamente inviata da Angus
Il potere di essere accettati/amati/riconosciuti, semplicemente distorcendosi e piegandosi alle aspettative altrui. E' un potere illusorio perché queste cose hanno un valore se investono la persona, e non la maschera che indossa.
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ho capito. Proprio in questo periodo trovandomi come sai in un contesto nuovo sto riscontrando problemi proprio con questo "potere" che in effetti mi attribuisco, di fare o non fare bella impressione, fare del bene o del male, fare o non fare la cosa giusta, dire o non dire la cosa giusta, e così via e così non via.
Il fatto è appunto che le persone diciamo più timide o per meglio dire distimiche - perchè penso che il vero problema in questo caso non sia la timidezza quanto la distimia unita ad introversione e/o timidezza - credo non abbiano un concetto del se molto unitario o molto radicato.
Una persona timida perchè distimica - ripeto, parlo di distimia perchè la semplice timidezza potrebbe essere un mero tratto caratteriale, facilmente superabile tramite rinforzi positivi - osserva se stessa e si analizza al punto da credere di sapere tutto di se stessa, quando in realtà è molto più probabile il contrario. Difatti è facile che una persona simile si trovi ad essere indecisa su ogni più becera questione, poichè per la necessità di apparire bella agli altri ha dimenticato (se l'ha mai saputo) quali siano le sue preferenze o affinità elettive. Come dicevo non ha un concetto di se unitario e/o radicato.
Essendo più simile dunque ad un contenitore vuoto, una bagneruola al vento, una persona distimica può essere definita come una sorta di "Mistica" delle personalità, o di jolly se preferisci. Pronta a cambiare atteggiamento quando lo richiede la situazione, o quando la suddetta persona crede che la situazione lo richieda al fine di essere, come dici tu, accettata. Anche quando sente di fare violenza su se stessa, eventualità peraltro frequente per un tipo di persona simile.
Il motivo per cui i distimici sembrano così attaccati alle maschere e al loro illusorio potere, penso sia in realtà piuttosto comprensibile: è lo stesso motivo per cui questa cosa vale per tutti gli esseri umani. Il desiderio di socialità.
Le maschere permettono di rapportarsi in tutti i contesti sociali in cui la vita media di un essere umano si svolge, e non assolvono questa funzione solo per i timidi bensì per tutti. Permettono di donare al mondo una sua chiarezza: come ci sono le uniformi professionali, ci sono comportamenti codificati, perchè funzionali, inseriti nella tradizione, nel costume, nelle leggi e vari regolamenti di un paese, che Durkheim definirebbe fatti sociali, tali per cui a lezione ci si comporta in un modo, con un amico in un altro, in chiesa in un altro, con la ragazza in un altro e con tuo padre in un altro ancora, eccetera eccetera. Certo i fatti sociali non devono essere in assoluto più funzionali per tutti: in tua coscienza potresti dissentire con il divieto di violentare le vecchiette in metropolitana; tuttavia sono funzionali per la società in un dato periodo storico, perchè questa difatti esiste a prescindere da noi, esisteva prima ed esisterà dopo, e i suoi cambiamenti interni avvengono lentamente, secondo molti proprio quando certi fatti sociali cessano di svolgere la funzione per cui erano nati (e devono essere quindi rimpiazzati da altri, ma qui si aprirebbe una parentesi troppo vasta).
Insomma tutti siamo dei pirandelli mascherati, anche i più estroversi, e per gli stessi motivi, cioè vivere in società.
Ciò che dunque davvero distingue un timido-distimico, che è una persona molto riflessiva, da una persona socievole e/o ben inserita, non è (necessariamente) il maggior peso che da alle proprie azioni, non è tanto la paura di sbagliare, che come la timidezza potrebbe appunto andarsene, non è nemmeno il pensiero ossessivo di valere poco che pure non lo lascia mai.
E' la coscienza di stare indossando una maschera ma non sapere come gettarla via, forse perchè non è ancora certa di cosa ci sia sotto, di come riempire questo vuoto che lui sente nella sua vita, in se stesso, o se si chiama Leopardi, nel cosmo.
Perchè infatti credi che molti approcci di aiuto psicologico (psic. cognitivo-comportamentale) o sostegni di altro tipo (centri di recupero, lavori socialmente utili) siano così improntati alla prassi, alla dimensione sociale?
tutti abbiamo bisogno di "esserci", "sentirsi di essere qualcuno" non inteso come credere di avere una minchia tanta, ma appunto di sentire di essere uomini, di far parte di una comunità di altri uomini e di avere in quanto tali una qualche dignità, o quantomeno di non meritare meno rispetto a qualcun altro. Stare in mezzo alle persone aiuta innanzitutto a ridimensionare le paure. Dopodichè bisognerebbe fare quel passo in più che porta a gettare la maschera, e in quel momento, come dal nulla, scoprire con una sorta di epifania chi si è veramente, ovvero un individuo unico nella propria individualità ma che fa parte di un tutto estremamente più vasto, l'umanità.
(L'umanità per i più, la natura per altri, tipo Spinoza credo).
Non sto profetizzando: credo che questo sia lo stato mentale tipico delle persone socievoli, quelle che meno soffrono di frequenti ansie e assurde paranoie. Solo così la loro socievolezza è spiegabile: è un atteggiamento positivo verso l'altro che parte da un'intima confidenza in se stessi (perlomeno quando non parte da eccessiva tracotanza, aka desiderio di dominare sull'altro) che è coscienza di avere un potere sulla propria vita e su ciò che gli gravita intorno, persone incluse, e di saperlo controllare. Infatti solo le persone coscienti del proprio potere e quindi di se stesse, trovano poi il coraggio di gettare le maschere riuscendo comunque a vivere la loro vita.
Se uno ha così paura di gettare una maschera perchè non sa cosa ci sia sotto, o per tutte le difficoltà che ti vengono in mente, non saprà mai cosa vuol dire essere "uomini", saprà solo cosa vuol dire essere maschere, che in quanto fittizie non valgono nulla.
Non bisogna nemmeno fermarsi a considerare tutti gli altri come maschere e solo noi come "puri e incontaminati" (oltre che più intelligenti), perchè anche quella è una illusione - che personalmente trovo risibile seppur spesso diffusa.
Credo che tu, ad esempio, non conducendo una vita molto dinamica e piena di nuove esperienze in ambito sociale, hai molto tempo per rimuginare su questi fattori. Difficilmente in questi casi può giungere "l'epifania" di cui dicevo sopra. La coscienza di se stessi negli altri, e gli altri in se stessi.
Aspè che cazzo ho detto?
Credo comunque di meritare la palma per il commento più lungo del giorno, ciao Mila Kunis
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Ultima modifica di Ventolin; 19-10-2015 a 00:28.
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