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Vecchio 21-09-2010, 09:18   #1
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L'avatar di Clark_Kent
 

Ritorno sul forum dopo quasi un annetto di assenza per condividere alcune testimonianze “d'epoca” sulla FS in cui mi sono imbattuto per caso. Mi sono sembrate particolarmente interessanti perché hanno smentito due mie convinzioni piuttosto radicate: che questo male sia legato strettamente alla contemporaneità (sia cioè un disturbo nato dalle contraddizioni e dai guasti della società postmoderna) e che sia del tutto incompatibile con una vita sana e semplice, a contatto con la natura ed i suoi ritmi. Ho evidenziato con i corsivi i passaggi più interessanti.

La prima voce è quella di Luca Goldoni, un giornalista che rievoca fatti collocabili a metà degli anni ’50:

Quote:
Credo di averti già raccontato, caro lettore, dei miei anni giovani fragili e complessati. Se aggiungo qualcosa d'altro è perché questa mia professione (e dunque questo mio rapporto con te nasce proprio da questa lontana insicurezza. A volte riesco a ridestare dentro di me quel senso di ammirazione che provavo per i miei compagni di scuola; mi apparivano estroversi, sempre divertiti e divertenti, irraggiungibili nella loro naturalezza: salivano sulla cattedra in attesa del professore, sapevano tener banco di fronte a tutta la classe, facevano morir dal ridere le ragazze, sapevano gridare: iù-huuu! E io mi chiedevo quando mai avrei potuto gridare allegramente iù-huuu! senza diventare rosso dalla testa ai piedi. (Fra gli altri, avevo anche il complesso della voce: una volta l'avevo sentita registrata e l'avevo trovata diversa da come la conoscevo. Qualcuno mi aveva spiegato che ciò era naturale in quanto, quando parliamo, noi non abbiamo una percezione della nostra voce attraverso le orecchie, ma per vie interne, attraverso il palato, le cartilagini o qualcosa di simile. E la mia “vera” voce non era quella che sentivo io, ma gli altri, cioè quella che avevo scoperto nel magnetofono. Fu una sgradevole scoperta, quella mia voce mi appariva sgraziata, estranea, mi fece avvampare di pudore.) A volte nel bagno di casa mia, facevo scrosciare tutti i rubinetti e mi esercitavo in qualche iù-huuu! che mi appariva penoso, improponibile. E mi rafforzavo nella convinzione che, anche dopo mezza bottiglia di doppio kummel (era il liquore di moda nelle feste del grammofono) non avrei trovato il coraggio per quell'urlo e se mai l'avessi fatto, ero certo che tutti mi avrebbero guardarmi dato ridendo: sei impazzito? Osservavo i miei compagni che ballavano, parlavano fitto con la ragazza (ogni tanto lei si slacciava dalle sue braccia e lì, in mezzo alla stanza, si torceva dal ridere, poi gli si avvinghiava con ulteriore trasporto). Se strusciavano un tango, le parlavano all’orecchio; se ballavano un boogie erano spiritosi ad alta voce. Non stavano mai zitti; e io mi chiedevo se almeno alla sera quando si ritrovavano soli nella loro stanza, stavano in silenzio, e se gli venivano i pensieri che venivano a me, e si guardavano allo specchio, formulando un boh? esistenziale. O se invece lanciavano l'ultimo iu-huuu! solitario e si cacciavano a letto, addormentandosi felici.
L’altra storia è quella di Antonio Marmai, un cestaio in un paese di montagna nato nel 1904:

Quote:
In Soplana eravamo quasi fuori dal mondo; io, quando veniva qualcuno andavo a nascondermi perché avevo paura. Una volta è venuto uno di Tramonti di Sotto con un altro da Brodaia dal bosco, per chiedere dov'era la fontana. Infatti c'era una piccola fonte sopra Brodaia che durava solo due mesi. Anche quella volta sono andato a nascondermi e non volevo più venir fuori; me lo ricorda sempre quello di Tramonti quando lo vedo. [...] Un anno sono stato tre mesi senza venire in paese. Quando lo facevo andavo in osteria a bere, però non giocavo perché non ero portato. Avevo pochi amici ... [...] Io non ho mai avuto fidanzate, mi sarebbe piaciuto ma non avevo coraggio di chiedere. Ero scombussolato per questo fatto. Così sono sempre stato chiuso in una stalla a lavorare, da solo. Mi alzavo alle cinque e lavoravo tutto il giorno. [...] Non ho avuto soddisfazioni dalla vita, anzi ... Sono pentito perché avrei potuto essere normale come tutti, sposarmi ... [...] Ormai sono vecchio.
Le due vicende sono molto simili, ma hanno un epilogo diverso. Luca Goldoni si costruisce da solo delle ‘abilità sociali alternative’ per superare il suo handicap e avere così una vita appagante. E’ qualcosa di simile a quel che ho fatto io (basta sotituire "giornalismo" con "ballo") il che me lo fa sentire umano e vicino:

Quote:
Ecco, caro lettore, io credo di aver scelto istintivamente questo mestiere perché mi permetteva di tener banco nonostante i miei condizionamenti psicologici. Se alle ragazze non sapevo cosa dire quando le stringevo in un tango o le facevo roteare in un boogie, ecco che forse riuscivo a divertirle standomene da solo a scrivere, a cancellare, a confezionare con calma una battuta decente. Credo di aver cominciato, tentando di scrivere cose spiritose perché l'umorismo mi sembrava la via più breve per suscitare l'applauso.
La vita Antonio Marmani è diversa. Trascorre la sua esistenza in solitudine, e muore vecchio e abbandonato, in preda all’alcolismo.
Vecchio 21-09-2010, 09:48   #2
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In questo momento, e soprattutto quando scrivo, vorrei essere Luca Goldoni.
Ma davanti a me nulla mi fa pensare che eviterò la sorte di Antonio Marmani, magari avrò una pensione migliore della sua (ci vuol poco).

P.S.: Ciao Clark, bentornato. Come ti va?

Ultima modifica di Winston_Smith; 21-09-2010 a 09:54.
Vecchio 21-09-2010, 12:05   #3
Esperto
L'avatar di barclay
 

Mi viene in mente il film “Con gli occhi chiusi” di F. Archibugi, del 1994, che si svolgeva nel 1910, in Italia.
Credo che la differenza rispetto al passato stia solo nel riconoscimento della FS e del DEP come malattie mentali.
Vecchio 21-09-2010, 12:47   #4
Esperto
L'avatar di Moonwatcher
 

Lungo, tortuoso e travagliato è in moltissimi casi il percorso dell'introverso. E la FS è tipicamente la malattia dell'introverso, quindi non stupisce che essendoci stati introversi in ogni epoca ci siano stati malati di FS in ogni epoca.

Ciò non toglie che nel mondo moderno il modello estroverso viene particolarmente spinto come l'unico "giusto", il mondo si sta troppo estroversando e la minoranza introversa ne paga le conseguenze.
Vecchio 21-09-2010, 13:44   #5
Esperto
 

Dove le hai trovate queste testimonianze?
Vecchio 21-09-2010, 15:29   #6
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L'avatar di Clark_Kent
 

Quote:
Originariamente inviata da nsssp Visualizza il messaggio
Dove le hai trovate queste testimonianze?
Quella di Goldoni viene dal libro “Se torno a nascere”, pubblicato da Mondadori nell’81, ma in nessun altra parte del libro parla di FS.
Per inciso, c’è la sua foto in quarta di copertina, dove fa una figura da bel tenebroso, forte, disinvolto e sicuro di sé. La cosa mi ha fatto riflettere: o era bello fin da giovane (e semplicemente non era consapevole delle sue doti e/o non sapeva come usarle proficuamente) oppure è diventato più interessante da adulto.

L’altra testimonianza viene da una raccolta di fonti orali, un dattiloscritto inedito a cui ho avuto accesso per lavoro.
Vecchio 21-09-2010, 15:35   #7
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da Clark_Kent Visualizza il messaggio

L’altra testimonianza viene da una raccolta di fonti orali, un dattiloscritto inedito a cui ho avuto accesso per lavoro.
ok, infatti immaginavo fossero fonti diverse, essendo uno famoso e l'altro un uomo qualunque...questo dattiloscritto inedito raccoglie storie di fobia sociale oppure è stato un caso che ci fosse una storia del genere (che mi ha intristito )?

Ultima modifica di nsssp; 21-09-2010 a 15:43.
Vecchio 21-09-2010, 15:47   #8
Banned
 

Io l'ho sempre detto che è un problema genetico e non sociale oppure dovuto a cause spazio-temporali.
Vecchio 21-09-2010, 17:12   #9
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L'avatar di Clark_Kent
 

Quote:
Originariamente inviata da nsssp Visualizza il messaggio
questo dattiloscritto inedito raccoglie storie di fobia sociale oppure è stato un caso che ci fosse una storia del genere (che mi ha intristito )?
No, un puro caso. Non c'è null'altro. E' davvero una storia assai amara, anche perché - almeno in questo specifico caso - sembra esserci un crudele determinismo da cui è impossibile sfuggire. L'altra vicenda per fortuna è più confortante.
Vecchio 21-09-2010, 17:37   #10
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si ma poi anche il fatto che questo Marmani viva in un paesino sperduto "quasi fuori dal mondo" rende tutto più triste ... cioè sembra che il destino si sia accanito facendo tutto ciò che si può fare per condannare alla solitudine questa persona
Vecchio 18-11-2010, 11:55   #11
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L'avatar di Clark_Kent
 

Ne aggiungo un’altra molto bella, tratta da “Furore” di J. Steinbeck”. Al e Tom stanno emigrando con la famiglia verso la California ma la loro auto si guasta. L’unica speranza è trovare un deposito di rottami per procurarsi un ricambio adatto:

Quote:
Passato il ponte, trovarono sulla destra della strada un deposito di vetture fuori uso: un acro di terreno circondato da un'alta siepe di filo spinato, al centro del quale si elevava una modesta baracca di lamiera. Dietro a questa baracca c'era un casotto costruito esclusivamente con vecchie cassette e con latte di benzina, che aveva per finestre dei parabrezza d'auto. Tutto il resto dell'area era occupato dagli avanzi di veicoli sfondati, telai contorti, spesso privi di ruote, motori arrugginiti, parafanghi ammaccati, ruote, carrozzerie, assi posteriori, alberi a gomito. Un mare di rottami; un putridume di relitti. Al fermò il camion davanti alla baracca. Tom smontò e guardò dentro, nel buio.
"Non si vede nessuno," brontolò, e chiamò: "C'è nessuno? Gesù, speriamo che abbiano un Dodge del '25."
Udendo sbattere la porta posteriore del casotto, guardò da quella parte e vide avvicinarsi il fantasma d'un uomo. Sulle ossa scheletrite e sui muscoli che parevano corde, non aveva che la pelle, sporca, unta. Un occhio era partito, e l'orbita vuota, scoperta, mostrava il contrarsi dei nervetti ad ogni movimento dell'occhio superstite. La lurida tuta che indossava era come inamidata dal fradiciume dei lubrificanti. Le mani callose erano istoriate di tagli e screpolature. Della bocca, si vedeva solo il labbro inferiore, pesante, carnoso, che sporgeva arrogante in una permanente smorfia di scherno.
"Siete voi il padrone?" domandò Tom.
L'occhio si animò.
"Sono un dipendente. Cosa volete?"
"Avete una Dodge del '25? S'ha bisogno d'una biella."
"Non so. Se ci fosse il padrone, porrebbe dirvelo; ma non c'è, è andato a casa."
"Possiamo dare un'occhiata in giro?" Il fantasma si soffiò il naso in una mano e asciugò la mano sui pantaloni. "Siete di queste parti?" "No. Si viene dall'est, andiamo nel West."
"Guardate pure, per quel che me ne importa!"
"Non t'è molto simpatico, eh, il padrone?"
L'occhio mandò un lampo di odio.
"È un lavativo porco. Mi sfotte. Ha una figlia, una smorfiosa; e mi fa, ti piacerebbe sposarla, eh? Stasera prima d'andar via mi fa, non vai al ballo stasera?" Una lagrima gli velò l'occhio, e un'altra sgorgò dall'angolo del rosso alveolo vuoto. "Mi sfotte sempre. Un giorno o l'altro, perdio, un giorno o l'altro ho deciso di portarmi addosso una chiave inglese e quando dice così, mi guarda fisso l'occhio. E gliela spacco, la testa, oh se gliela spacco, gliela faccio rotolar via dal collo con un colpo solo."
[...]
Il guercio stava ozioso a guardarli. "Se volete, vi aiuto anch'io. Sapete cosa m'ha detto l'altro giorno quel figlio di puttana? Aveva i pantaloni bianchi, e mi fa, t'invito a una crociera sul mio yacht. Uno di questi giorni gli spacco la testa. Sfottermi così perché mi manca un occhio! Da quando ho perso l'occhio non sono mai più stato con una donna ..." E grosse lacrime gli calavano giù per il naso. Tom s'impazientì.
"Perché non lo pianti? Chi ti tiene qui?"
"Eh, piantarlo. Facile a dire. Ma non è facile trovare lavoro, con un occhio solo."
"Sfido io, se lo tieni solo per piangere. Scuotiti, schiaffati una toppa su quel buco, e soprattutto lavati, che puzzi come un cesso; e smetti di frignare su di te. Cosa ti credi, di trovare una ragazza con quel buco nella fronte? Coprilo, diavolo, e lavati il muso. Inutile star lì a gemere, tanto non spaccherai mai la testa a nessuno."
"Sapeste cos'è, avere un occhio solo. Non vedo mica come gli altri, io; vedo tutto piatto."
"Piatto o tondo, contentati di vederci. Conoscevo una volta una troia, che le mancava una gamba. Credi che si rassegnasse a far la marchetta nei vicoli? Perdio non lei! Ti prendeva mezzo dollaro extra. Diceva: non a tutti capita d'andare a letto con una che ha una gamba sola, è una rarità che bisogna pagare, e che ti costa mezzo dollaro extra. E gliela davano, eccome se glielo davano, e se ne andavano convinti d'aver fatto un affare. Perché lei diceva che portava fortuna. Come un gobbo, che ho conosciuto; si metteva all'uscita dei cinema, e si lasciava toccare la gobba da chiunque, per dieci cents. E così che si fa. Un occhio di meno non è mica una catastrofe. Ti resta l'altro."
L'uomo disse, esitante: "La gente mi sfugge, le continue umiliazioni rendon cattivo."
"E schiaffaci su una toppa, t'ho detto, invece di metterlo in mostra come una vacca il deretano. Comprati anche un paio di pantaloni bianchi. Vai a ballare, invece di prender sbornie da solo e pianger su di te grattandoti i pidocchi ... Bisogno d'aiuto, Al?" "No. Ho tolto il cuscinetto. Ora lavoro al pistone."
"Bada a non ferirti."
Il guercio disse: "Si può sapere dove andate?"
"California. Tutta la famiglia. A cercar lavoro."
"Credete che uno come me, con la toppa nera sull'occhio, potrebbe trovar lavoro laggiù?" "Perché no? Non sei mica un invalido."
"E ... pensavo, potreste prendermi con voi?"
"Eh no, siam già stretti come acciughe. Trova un altro modo. Metti insieme uno di questi rottami, e vattene per conto tuo." "Sì, forse lo farò, perdio," dichiarò il guercio.
Al di là della qualità letteraria (parliamo di un premio Nobel!), il brano è bellissimo perché riassume bene una serie di temi ricorrenti: la percezione di sé come un essere privato di qualcosa e dunque inferiore (qui portato fino all’estremo della mutilazione); la consapevolezza di un’umiliazione ingiustamente subita, l’amore negato, l’affetto irraggiungibile, l’autocommiserazione, la solitudine, la fuga nell’alcool e infine il proposito di una vendetta estrema, che però rimane velleitario ed alimenta soltanto un implacabile ruminamento.

Tom, un ex galeotto, è invece portatore di un pragmatico realismo, e incarna l’eterna idea del “pesce grande mangia pesce piccolo, pesce piccolo si fa furbo”.
Vecchio 18-11-2010, 12:07   #12
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L'avatar di Joker5
 

Il fatto che la fobia sociale non sia legata alla società ma sia intrinseca all'individuo, non toglie (anzi, semmai conferma) che come "patologia" abbia potuto confrontarsi con periodi storici molto lunghi e variegati, e con risultati forse, anche se di poco, diversi. Quel che sarebbe interessante vedere, in base a questo, non è tanto da dove la fobia sociale sia nata, ma quanto la società l'ha resa più già grave di quanto potesse essere.
Vecchio 18-11-2010, 14:42   #13
Esperto
 

Clark Kent: riguardo alla storia di Antonio Marmai ho visto che hai messo delle parentesi con i puntini [...] ... c'è anche la versione integrale per caso?
Vecchio 01-12-2010, 17:06   #14
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L'avatar di Clark_Kent
 

Quote:
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Clark Kent: riguardo alla storia di Antonio Marmai ho visto che hai messo delle parentesi con i puntini [...] ... c'è anche la versione integrale per caso?
Per tutte e tre le fonti ho sempre riportato solo le parti più significative, lasciando perdere il resto. L’omissis di “Furore” è una lunga scena in cui viene descritto lo smontaggio dell'ambita biella, di Luca Goldoni ho tolto sola qualche divagazione senza particolare interesse, mentre la testimonianza di Marmai è una lunga rievocazione di vita rurale, con scenette di paese, ricordi e momenti di vita contadina. Il testo è molto prosaico e solo qua e là affiorano delle notazioni psicologiche: sono appunto quelle che ho riportato. Di quest'ultima fonte non ho però il libro, che ho nel frattempo restituito.
Vecchio 01-12-2010, 19:24   #15
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L'avatar di oloaP
 

Quote:
Originariamente inviata da Clark_Kent Visualizza il messaggio
Le due vicende sono molto simili, ma hanno un epilogo diverso. Luca Goldoni si costruisce da solo delle ‘abilità sociali alternative’ per superare il suo handicap e avere così una vita appagante. E’ qualcosa di simile a quel che ho fatto io (basta sotituire "giornalismo" con "ballo") il che me lo fa sentire umano e vicino:
Perché non credo che le social skill possano bastare per sentirsi appagati?
O abbiamo due concetti diversi dell'appagamento...

Le abilità sociali non mi bastano più, non possono soddisfare nel lungo periodo, io voglio migliorare per uscirne!
Tu stai lavorando per guarire completamente, o ti accontenti di questi successi intermedi?
Vecchio 01-12-2010, 19:57   #16
Intermedio
L'avatar di Clark_Kent
 

Quote:
Originariamente inviata da oloaP Visualizza il messaggio
Perché non credo che le social skill possano bastare per sentirsi appagati?
O abbiamo due concetti diversi dell'appagamento...

Le abilità sociali non mi bastano più, non possono soddisfare nel lungo periodo, io voglio migliorare per uscirne!
Tu stai lavorando per guarire completamente, o ti accontenti di questi successi intermedi?
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