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18-06-2008, 20:33
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#61
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Avanzato
Qui dal: Oct 2007
Messaggi: 360
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La terapia ideale sarebbe vendere il compiuter.
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18-06-2008, 20:37
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#62
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Banned
Qui dal: Jan 2008
Messaggi: 233
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Quote:
Originariamente inviata da zero
La terapia ideale sarebbe vendere il compiuter.
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Pure Beppe Grillo lo diceva, ma poi...
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19-06-2008, 13:12
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#63
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Avanzato
Qui dal: Oct 2007
Messaggi: 360
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Quote:
Originariamente inviata da HurryUp2
Quote:
Originariamente inviata da zero
La terapia ideale sarebbe vendere il compiuter.
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Pure Beppe Grillo lo diceva, ma poi...
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Che cosa c'èntra?
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19-06-2008, 13:15
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#64
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Esperto
Qui dal: Oct 2007
Messaggi: 2,896
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Quote:
Originariamente inviata da zero
Quote:
Originariamente inviata da HurryUp2
Quote:
Originariamente inviata da zero
La terapia ideale sarebbe vendere il compiuter.
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Pure Beppe Grillo lo diceva, ma poi...
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Che cosa c'èntra?
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Vedi come servono le associazioni mentali? Altrimenti non intuisci
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19-06-2008, 19:13
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#65
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Intermedio
Qui dal: Apr 2007
Messaggi: 210
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Quote:
Originariamente inviata da HurryUp
bisogna accumulare più idee possibili sul problema che si vuole risolvere, e poi fare, tra queste idee, tutte le associazioni possibili, in tutte le possibili disposizioni: in questo modo, come accade per il processo analogo della vista, si intuiranno nuove idee più illuminanti di quelle raccolte, che prima ancora non erano state intuite.
Una volta raccolte queste idee (ma la raccolta di idee è un processo che non ha limiti, che non cessa), queste si mettono in comune nel gruppo.
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HurryUp sostiene che si deve compiere una profonda autoanalisi e poi sottoporre le proprie idee al gruppo. Da qui seguono l’associazione delle proprie intuizioni e la loro elaborazione inconscia al fine di svilupparne di nuove. Ad ogni seduta, nuova autoanalisi e nuovo accumulo di idee, finchè non si giunge ad intuire le personali vie d’uscita.
Ma il passo iniziale è cominciare a raccontarsi, senza pudori, senza timore di essere giudicati.
Deve instaurarsi un clima di fiducia e di reciproca comprensione. Ogni parola detta in confidenza non deve trapelare al di fuori del team.
Riassumendo, gli elementi di base per questo “laboratorio di studio” sono: RISPETTO reciproco, PASSIONE per questa impresa, DISCREZIONE e SINCERITA'.
E saper conciliare questi aspetti può dare luogo ad un’inattesa e gradevole alchimia, come ha spiegato qui Uahlim:
http://www.fobiasociale.com/postx6053-0-40.html
Quote:
Originariamente inviata da HurryUp ha scritto
Non è un tipo di gruppo in cui tu vai con l'idea di portare, nel gruppo, una specie di maschera, o comunque un'immagine artefatta di come sei, mentre fuori, da uno psichiatra, parleresti delle tue cose intime: nel gruppo (ovviamente non da subito, perchè niente si raggiunge senza applicazione), ci si va con la sensazione di poter comunicare tutto, e l'unica regola che ci si impone è quella di usare un linguaggio comune, basato sulla logica e sulla coerenza nel comunicare le tue idee.
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Il presupposto è che all’interno di questo gruppo si debba attivare – gradualmente, ma cmq in modo artificioso – la condizione di confessare il proprio vissuto, le faccende più intime, le storture nell’atteggiamento, le limitazioni caratteriali. A mio avviso, tale presupposto è ciò che rende viziato in partenza questo ambizioso progetto di terapia ideale.
In sostanza, si dà per scontato che chiunque (sociofobico o timido che sia) con i suoi tempi ( con la dovuta “applicazione”) riesca a sentirsi a proprio agio al punto da raccontarsi e da riferire le sue opinioni, in mezzo a persone ad egli/ella sconosciute (o conosciute superficialmente).
E se questo non accade?
Personalmente, so che potrei impiegare anche anni prima di decidere a fidarmi di una persona, di considerarla amica e quindi di confidarmi senza riserve.
E dubito che sia un problema soltanto mio! :roll:
Il motivo? Quali garanzie ho, se decidessi di “parlare con il cuore in mano”, di rendere noti ai colleghi i miei punti deboli, le paure che mi attanagliano, le vulnerabilità in cui temo di incorrere nell’approfondire la conoscenza??
Queste perplessità passano in secondo piano se invece ci si affida ad una persona competente: un terapeuta che ascolta, non giudica, fornisce aiuto, sentendo sì empatia per la sofferenza del suo paziente (o almeno facendogliela credere), ma anche avendo il distacco necessario a non inficiare il metodo da lui applicato. Il terapeuta viene pagato per tutto ciò ed è il compenso la garanzia.
Tra l’altro, Hurry, ti era già stata mossa questa obiezione, se rammento bene, da AnimaSola.
Quando ci si vede per la prima volta, bisogna pure mettere in conto il fattore extraverbale:
non sottovaluterei ciò che scrisse dottorzivago.
“Poi ci sono i "possibili amici" quelli che "a pelle" ti sembrano adatti.... Secondo me non ci sono passaggi, è una cosa "a pelle".”
Penso intenda dire che una persona mai vista prima magari ti ispira fiducia (ma anche no) senza osservarla in modo consapevole, cioè in base a tue sensazioni (passando al vaglio della nostra emozionalità intuitiva tutta una serie di gestualità, di mimiche facciali, modulazioni di voce, la postura del corpo, eccetera)
Ritengo che per superare l’intoppo dovuto al presupposto di cui sopra, si debba grossomodo seguire le dritte suggerite in questo topic:
http://www.fobiasociale.com/postx6053-0-0.html
Diventare amici:il grande enigma
Mi riconosco in parte nelle parole di Assorto (la ritrosia a parlare di me), in quelle di Harvest (scarsa tolleranza per le domande invadenti e per i contatti frequenti) ed infine nel pensiero di Bardamu che cito:
“mi vergogno a mostrare il vero me stesso. Preferisco quindi tagliare i ponti ed evitare. Ho perso anche alcune persone bellissime in questo modo.”
Il succo degli altri post su questa discussione è più o meno questo: perché nascano e si cementino le unioni, si devono perseguire obiettivi comuni, condividere gusti ed interessi partecipando agli stessi passatempi (le cosiddette occasioni sociali) e scoprendo convergenze tra le opinioni espresse su argomenti che esulino da faccende personali.
Anche argomenti frivoli, se per questo, implicando con ciò l’atto di fare battute, scherzare, ridere insieme. Per dirla alla Hurry, l'uscita da stati mentali perennemente seri. 8)
Ammesso che presto o tardi si riesca, non ci si deve sentire sotto pressione, come dice anche AnimaSola: “Ognuno di noi ha una personalità diversa...e sarebbe bello riuscire a mettere ogni persona a proprio agio...Ma non è sempre possibile purtroppo... (…) Quando si esce o si interagisce con qualcuno...non si è sotto esame..lo si fà per il gusto di passare un pò di tempo assieme...”
Quote:
Originariamente inviata da Clizia
Per quanto mi riguarda io sono molto "selettiva", non riesco a legare con tutti (ma anche per scelta personale e non tanto per incapacità) e soprattutto, quando lego, cerco un confronto totale, quasi spossante e per certi versi impegnativo con l'altro, e questo perchè ho voglia di un forte scambio, di confronto, di messa a nudo di anime, di dialogo.....e questo sin da subito.
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Ecco perché proporrei il nome di Clizia, nell’ipotetico team.
Quote:
Originariamente inviata da Clizia
Comunque è ovvio che non ci si metta a parlare subito dei propri problemi con gli estranei, però mi è successo, con persone a me molto affini di entrare subito nel vivo di "questioni esistenziali" anche subito dopo esserci conosciuti, per una sorte di attrazione magnetica, perchè scorgi nell'altro qualcosa di te stesso e che profondamente ti somiglia....
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Quote:
Originariamente inviata da bardamu
Ridere non significa basare un rapporto sul più e sul meno, anzi talvolta è un'arma potentissima che permette di sdrammatizzare i dolori della vita. E' anche un ottimo metodo per gettare le basi di un'amicizia... la maggior parte delle persone fuggirebbero a gambe levate se cominciassi subito a parlare seriamente dei miei problemi o dei loro, non per questo sarebbero da considerare tutte persone superficiali.
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Nella prima pagina, Bardamu assume che, dopo aver scherzato, fatto delle cose assieme divertendosi, “arriva il momento di portare l'amicizia ad un livello superiore, di aprirsi e confidarsi con l'altro”.
Sono questi 2 passaggi ed in quest’ordine che fanno funzionare un rapporto di amicizia, volendo generalizzare.
Quote:
Originariamente inviata da Clizia
Paradossalmente, io riesco ad essere spiritosa e a lasciarmi andare SOLO dopo aver preso confidenza con una persona e "quello spirito lieve" non mi veniva troppo fuori con gli estranei... chi mi conosce bene bene, scopre un mio lato molto "buffo", auto-ironico, anche se riesco a tirarlo fuori quando ho feeling con l'altro e basta
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Anch'io ho questa tendenza! :lol:
Purtroppo senza la mediazione del web è quanto accade a me. :roll:
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19-06-2008, 19:14
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#66
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Intermedio
Qui dal: Apr 2007
Messaggi: 210
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Torniamo ora alla parte che ho quotato.
Quote:
Originariamente inviata da HurryUp ha scritto
Non è un tipo di gruppo in cui tu vai con l'idea di portare, nel gruppo, una specie di maschera, o comunque un'immagine artefatta di come sei, mentre fuori, da uno psichiatra, parleresti delle tue cose intime: nel gruppo (ovviamente non da subito, perchè niente si raggiunge senza applicazione), ci si va con la sensazione di poter comunicare tutto, e l'unica regola che ci si impone è quella di usare un linguaggio comune, basato sulla logica e sulla coerenza nel comunicare le tue idee.
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Mi domando quanto tempo impiegherei ad acclimatarmi in un gruppo siffatto: ossia far in modo che la maschera (o facciata o strato superficiale che espongo quando sto a contatto con estranei) venga meno.
E quanto tempo occorrerà a tutti i membri di un ipotetico gruppo per raggiungere (cito le tue parole) “ un clima di ironia, solidarietà, fratellanza, abnegazione, disponibilità ad ascoltare sempre ognuno ( ad ascoltarlo veramente, non per educazione o ipocritamente), e quindi a mettersi sempre nei panni dell'altro, e quindi a soffrire quando soffre l'altro, gioire quando gioisce l'altro, insomma... dare tutto se' stesso per l'altro.”
Tuttavia riconosco che c’è qualcosa di valido nella tua proposta e ho immaginato come si potrebbe impostare sul piano concreto questa terapia ideale.
LE LINEE GUIDA DELLA TERAPIA IDEALE
ASPETTI LOGISTICI:
Un gruppo deve essere composto da 2 a 4 membri. Istintivamente scarterei dinamiche a 3 o cmq a numeri dispari.
Poniamo per ipotesi che a costituire il gruppo siano ( nomi a caso, tra i romani):
HurryUp
Inadatto
Clizia
Innergal
- Quando incontrarsi?
Sarebbe auspicabile almeno una volta a settimana. E’ possibile decidere di volta in volta il giorno per la seduta successiva, compatibilmente con gli impegni di ciascuno.
- Durata della seduta?
80 minuti. O, al peggio, non meno di 60.
- Dove stabilire un luogo d’incontro per intraprendere la terapia autogestita?
Preferibilmente nell’abitazione di uno dei membri che si collochi a metà strada dalle abitazioni degli altri tre.
Se una volta, per qualsiasi motivo, accade che questi non garantisca la disponibilità ad ospitare, dovrà avvertire anticipatamente gli altri perché si decida in team quale casa si presti come luogo d’incontro.
Preferibilmente in una camera sgombra di mobili – eccetto sedie /divano/poltrone e piattaforme per appoggiare gli oggetti personali. Né troppo grande - per quanto improbabile in una metropoli - né angusta - per evitare sensazioni di soffocamento o di forzata vicinanza fisica tra i componenti del gruppo.
Silenziosa: bisogna ripararsi da eventuali rumori dell’ambiente esterno e da improvvisi squilli di telefoni. Non senza attivare rigorosamente la suoneria silenziosa sui cellulari.
Magari sotto la luce soffusa di un abat-jour (se di sera).
- Dopo che ci si è presentati l’un l’altro e si supera l’imbarazzo iniziale dovuto al vedere persone estranee, cosa si fa?
Ci si siede comodamente a pari distanza l’uno dall’altro, senza tavoli od altri mobili in mezzo. Non in circolo.
Si estrae a sorte il nome di chi deve parlare per primo, a turno. Stessa cosa per il secondo-a, per il terzo-a, finchè non rimane l’ultimo.
Ciascuno ha una durata precisa di tempo per parlare di sè: poniamo 15 minuti. Quattro persone che parlino 15 minuti a turno trascorrono un’ora ad ascoltare le vicende personali di ognuno.
( I 20 minuti che restano della seduta si devono sfruttare per:
salutarsi, mettersi a sedere, porre domande, fare delucidazioni e proporre il tema della prossima seduta.)
Chi non se la sente e rinuncia al diritto di parlare, cede i minuti restanti alle altre tre persone.
Nel caso il silenzio permanga per 5 minuti, si passa al turno successivo.
E’ probabile sentirsi inibiti ad esprimersi se ci si trova davanti persone con cui non si ha familiarità. Chi avesse questa limitazione deve farlo sapere, cosi che ci si disponga di schiena rispetto a lui/lei.
L’idea non è nuova:
Quote:
Originariamente inviata da muttley
Io direi che si può risolvere in questo modo: ci sediamo in cerchio dandoci le spalle 8)
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Cionondimeno chi ha questa limitazione, deve impegnarsi a sconfiggerla, magari osservando e poi emulando con la pratica gli approcci vis à vis dei cooperanti.
- Di cosa si parla?
Nel corso della prima seduta:
( 15 minuti per ciascuno )
Si riferisce un resoconto generale della propria vita ( esemplificativo è il thread La vOsTRa siTuAZiOnE)
Enunciando:
vere/presunte cause degli attuali comportamenti.
Cosa si fa e cosa si sa fare. (Anche volto al negativo).
Cosa manca, a cosa si aspira e cosa affrontare.
Sarebbe meglio – almeno in quest’occasione – ascoltare in silenzio, senza interrompere con domande colui/colei che sta parlando. A limite ci si appunta i quesiti e i dubbi su un foglio da tenere con sé, per poi rivolgerli all’interessato nei rimanenti 20 minuti della seduta.
Nel corso della successive sedute:
- un resoconto di (una o +) esperienze specifiche lontane o recenti ma di un certo rilievo soggettivo, in ambito di relazioni interpersonali. Di effettiva o di mancata riuscita.
- un elenco di progetti a breve termine o di ampio respiro. Spiegando minuziosamente cosa si vuole ottenere e cosa si vuole evitare, in questo ambito.
Man mano ci si sentirà più propensi alle confidenze.
O almeno, me lo auguro.
Per prevenire improvvisazioni, inibizioni, ansia e conseguente spreco di tempo, per ovviare alle difficoltà nel prendere la parola, sarà opportuno preparare un discorso prima della seduta. Lo si scrive, lo si studia e si porta un foglio con i punti salienti del proprio discorso come promemoria.
COSA NON DEVE MANCARE:
COERENZA LOGICA
USO DI ANALOGIE IN CASO DI DIFFICOLTA’ DI COMPRENSIONE
IRONIA
AUTOIRONIA
RIUSCIRE A SORRIDERE SPONTANEAMENTE
COSA E’ VIETATO FARE:
DARE CONSIGLI / SUGGERIMENTI A POSTERIORI IN CUI SI ANNIDINO GIUDIZI IMPLICITI -del genere: avresti dovuto- avresti potuto - non era meglio…?
MINIMIZZARE
FARE BATTUTE SARCASTICHE
NON PORRE DOMANDE ACRITICHE. FARNE DI MALIZIOSE O TALI DA INDURRE UNO STATO DI IMBARAZZO.
Nei minuti che avanzano dalla seduta….
Traendo spunto da un’esperienza con la mia psicoterapeuta, ho creato questo giochino da attuare appena ci si conosce un po’ meglio:
Ogni membro scrive a stampatello, senza farsi guardare, 5 o 6 caratteristiche peculiari della propria personalità (non necessariamente positive). Le proprie inclinazioni, abilità e competenze particolari, evitando l’uso di aggettivi: es. spiritoso- spiritosa; bravo a /brava a, ed invece scrivendo in termini di: so / sono capace (in grado di …., ), Dopodichè, si gira la pagina (assolutamente anonima!) e la si porge al primo che ha terminato di scrivere.
Questi mescola i fogli che gli vengono dati, poi ne estrae uno a caso e, leggendo a voce alta le qualità, deve intuire a quale persona corrispondono.
Se è certo di averla identificata, la deve chiamare.
Se si trova in mano il foglietto scritto da sé medesimo, deve rimetterlo nel mazzo.
Se chiama la persona sbagliata, quest’ultima lo deve dire.
Se sbaglia persona anche al 2° tentativo, colui che ha scritto quelle righe si alza e prende il posto del “lettore”.
Chi indovina al 1° colpo, deve estrarre un altro foglio e provare a riconoscere una nuova persona.
Vince una bibita o cmq un riconoscimento speciale 8) quello che identifica tutti e 3 i colleghi al 1° giro.
Venghino siore e siori a proporre giochini migliori! :lol:
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19-06-2008, 21:32
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#67
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Banned
Qui dal: Jan 2008
Messaggi: 78
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Quote:
Originariamente inviata da Innergal
Il presupposto è che all’interno di questo gruppo si debba attivare – gradualmente, ma cmq in modo artificioso – la condizione di confessare il proprio vissuto, le faccende più intime, le storture nell’atteggiamento, le limitazioni caratteriali. A mio avviso, tale presupposto è ciò che rende viziato in partenza questo ambizioso progetto di terapia ideale.
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Rianalizzando la mia idea alla luce di questa tua osservazione, credo di poter sostenere che non sia questo il presupposto che avevo in mente.
In pratica è quel “in modo artificioso” che negherei. Sarebbe così se il progetto implicasse, da parte del partecipante, lo sforzo di persuadersi che questa sia la strada migliore.
Sarà interessato al progetto chi, per intuito e induzione logica, lo sente efficace.
Quote:
Originariamente inviata da Innergal
In sostanza, si dà per scontato che chiunque (sociofobico o timido che sia) con i suoi tempi ( con la dovuta “applicazione”) riesca a sentirsi a proprio agio al punto da raccontarsi e da riferire le sue opinioni, in mezzo a persone ad egli/ella sconosciute (o conosciute superficialmente).
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Non davo per scontato questo, indubbiamente deve esserci un’intuizione comune in partenza.
L’adattamento poi segue le sue tappe graduali, non è richiesto confidare tutto. L’adattamento deve essere naturale, non bisogna fare in modo che l’intuizione brillante di partenza rovini tutto andando a manipolare la fase delicata dell’adattamento, nessuno deve fare i test, verificare se l’altro è disposto a confidare tutto di se’, e nessuno deve sentirsi in dovere di confidare tutto di se’ per mettersi alla prova.
Quote:
Originariamente inviata da Innergal
E se questo non accade?
Personalmente, so che potrei impiegare anche anni prima di decidere a fidarmi di una persona, di considerarla amica e quindi di confidarmi senza riserve.
E dubito che sia un problema soltanto mio!
Il motivo? Quali garanzie ho, se decidessi di “parlare con il cuore in mano”, di rendere noti ai colleghi i miei punti deboli, le paure che mi attanagliano, le vulnerabilità in cui temo di incorrere nell’approfondire la conoscenza??
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Il rapporto umano segue i suoi tempi, non deve essere forzato, ma a parte questo l’impostazione prevede la capacità di dissociare la propria personalità, in modo da saper descrivere i propri meccanismi interiore (quando necessario) con un certo distacco (non dico che bisogna sempre usare questo genere di comunicazione fredda, ma almeno una parte della comunicazione deve prevedere questa “dissociazione”), quindi questa descrizione non va fatta “col cuore in mano”, ma se mai… con il cuore da un’altra parte e la ragione dall’altra (almeno nel momento in cui si deve essere seri).
Però alla base di tutto questo c’è comunque la condizione che ci sia fiducia tra i partecipanti.
La fiducia deve essere alimentata da due fattori (entrambi necessari): un sentimento innato di fiducia incondizionata nei confronti degli altri, che si contrapponga all’impulso della diffidenza. Cioè la capacità di essere gratificati dal fatto di dare senza necessariamente avere (e questa è la condizione più difficile da trovare, ma facile da stimolare).
La seconda condizione è la risposta positiva degli altri, in pratica ciò che “dimostra” la loro correttezza, e che gli fa “guadagnare” la nostra fiducia (e questa e più legata all’impulso di sentirsi protetti, quindi alla debolezza individuale che si vuole superare).
Quote:
Originariamente inviata da Innergal
Queste perplessità passano in secondo piano se invece ci si affida ad una persona competente: un terapeuta che ascolta, non giudica, fornisce aiuto, sentendo sì empatia per la sofferenza del suo paziente (o almeno facendogliela credere), ma anche avendo il distacco necessario a non inficiare il metodo da lui applicato. Il terapeuta viene pagato per tutto ciò ed è il compenso la garanzia.
Tra l’altro, Hurry, ti era già stata mossa questa obiezione, se rammento bene, da AnimaSola.
Quando ci si vede per la prima volta, bisogna pure mettere in conto il fattore extraverbale:
non sottovaluterei ciò che scrisse dottorzivago.
“Poi ci sono i "possibili amici" quelli che "a pelle" ti sembrano adatti.... Secondo me non ci sono passaggi, è una cosa "a pelle".”
Penso intenda dire che una persona mai vista prima magari ti ispira fiducia (ma anche no) senza osservarla in modo consapevole, cioè in base a tue sensazioni (passando al vaglio della nostra emozionalità intuitiva tutta una serie di gestualità, di mimiche facciali, modulazioni di voce, la postura del corpo, eccetera)
Ritengo che per superare l’intoppo dovuto al presupposto di cui sopra, si debba grossomodo seguire le dritte suggerite in questo topic:
http://www.fobiasociale.com/postx6053-0-0.html
Diventare amici:il grande enigma
Mi riconosco in parte nelle parole di Assorto (la ritrosia a parlare di me), in quelle di Harvest (scarsa tolleranza per le domande invadenti e per i contatti frequenti) ed infine nel pensiero di Bardamu che cito:
“mi vergogno a mostrare il vero me stesso. Preferisco quindi tagliare i ponti ed evitare. Ho perso anche alcune persone bellissime in questo modo.”
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L’adattamento non viene forzato, penso che se ci stanno i presupposti di cui ho parlato, non possano avvenire imprudenze di questo tipo.
Quote:
Originariamente inviata da Innergal
Il succo degli altri post su questa discussione è più o meno questo: perché nascano e si cementino le unioni, si devono perseguire obiettivi comuni, condividere gusti ed interessi partecipando agli stessi passatempi (le cosiddette occasioni sociali) e scoprendo convergenze tra le opinioni espresse su argomenti che esulino da faccende personali.
Anche argomenti frivoli, se per questo, implicando con ciò l’atto di fare battute, scherzare, ridere insieme. Per dirla alla Hurry, l'uscita da stati mentali perennemente seri.
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Mi sembra ovvio, tranne il fatto di partecipare agli stessi passatempi. Sul fatto di avere opinioni comuni, questo forse è vero solo per le credenze più profonde a cui ci si sente attaccati.
E’ possibile che gli stessi presupposti dell’idea della terapia individuale ledano certe credenze individuali a cui non si è disposti a rinunciare, in questo caso ovviamente non si sarà interessati a partecipare.
Ho commentato la prima parte della tua risposta, ovviamente secondo una iniziale riflessione.
Il resto l'ho letto, lo commenterò più tardi
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19-06-2008, 22:50
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#68
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Banned
Qui dal: Jan 2008
Messaggi: 78
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Quote:
Originariamente inviata da Innergal
bardamu ha scritto:
Ridere non significa basare un rapporto sul più e sul meno, anzi talvolta è un'arma potentissima che permette di sdrammatizzare i dolori della vita. E' anche un ottimo metodo per gettare le basi di un'amicizia... la maggior parte delle persone fuggirebbero a gambe levate se cominciassi subito a parlare seriamente dei miei problemi o dei loro, non per questo sarebbero da considerare tutte persone superficiali.
Nella prima pagina, Bardamu assume che, dopo aver scherzato, fatto delle cose assieme divertendosi, “arriva il momento di portare l'amicizia ad un livello superiore, di aprirsi e confidarsi con l'altro”.
Sono questi 2 passaggi ed in quest’ordine che fanno funzionare un rapporto di amicizia, volendo generalizzare.
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Un momento, non sono d’accordo con questa generalizzazione.
Sicuramente questi 2 elementi (ridere e approfondire) sono indispensabili, ma non ritengo indispensabile il fatto che debbano seguire questo ordine.
Io non devo necessariamente ridere e scherzare con una persona per avere interesse a farci amicizia.
Potrebbe accadere che si intuisca una certa affinità per cui si cominci subito a fare amicizia, prima ancora di aver rotto il ghiaccio, e poi, una volta sciolti, si ride e si scherza.
Se molte persone fossero disposte a violare l’ordine che prevede la fase delle risate come fase iniziale necessaria, probabilmente avrei più amici.
Quote:
Originariamente inviata da Innergal
HurryUp ha scritto ha scritto:
Non è un tipo di gruppo in cui tu vai con l'idea di portare, nel gruppo, una specie di maschera, o comunque un'immagine artefatta di come sei, mentre fuori, da uno psichiatra, parleresti delle tue cose intime: nel gruppo (ovviamente non da subito, perchè niente si raggiunge senza applicazione), ci si va con la sensazione di poter comunicare tutto, e l'unica regola che ci si impone è quella di usare un linguaggio comune, basato sulla logica e sulla coerenza nel comunicare le tue idee.
Mi domando quanto tempo impiegherei ad acclimatarmi in un gruppo siffatto: ossia far in modo che la maschera (o facciata o strato superficiale che espongo quando sto a contatto con estranei) venga meno.
E quanto tempo occorrerà a tutti i membri di un ipotetico gruppo per raggiungere (cito le tue parole) “un clima di ironia, solidarietà, fratellanza, abnegazione, disponibilità ad ascoltare sempre ognuno (ad ascoltarlo veramente, non per educazione o ipocritamente), e quindi a mettersi sempre nei panni dell'altro, e quindi a soffrire quando soffre l'altro, gioire quando gioisce l'altro, insomma... dare tutto se' stesso per l'altro.”
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Più è debole e condizionato l’impulso di aprirsi agli altri, più è faticoso levarsi la maschera, se invece è difficile abbandonarla può venire in aiuto la dissociazione della personalità, che ci permette di descrivere noi stessi con distacco emotivo, cosa che, se applicata bene, dovrebbe evitare la reazione di vergogna (perché la vergogna fa parte di quella parte emotiva da cui ci si dissocia).
Il sentimento di cui parlo è, per sua qualità, incondizionato, quindi non può essere raggiunto attraverso delle aspettative, piuò essere solo spontaneo.
Io non ho raggiunto questo stato mentale, ma a intuito posso dire che è così: viene spontaneamente.
E’ necessario quindi che nel gruppo ci sia almeno una persona (possibilmente la maggioranza di persone) che abbia raggiunto questo stato mentale, cioè, per dirla in modo un po’ evocativo, che all’interno del gruppo ci sia almeno un “saggio”, che possa fare da esempio a chi non ha raggiunto quello stato mentale (ovviamente non in modo formale come l’ho descritto, si capisce, anche il “saggio” deve imparare).
Quote:
Originariamente inviata da Innergal
COSA NON DEVE MANCARE:
COERENZA LOGICA
USO DI ANALOGIE IN CASO DI DIFFICOLTA’ DI COMPRENSIONE
IRONIA
AUTOIRONIA
RIUSCIRE A SORRIDERE SPONTANEAMENTE
COSA E’ VIETATO FARE:
DARE CONSIGLI / SUGGERIMENTI A POSTERIORI IN CUI SI ANNIDINO GIUDIZI IMPLICITI -del genere: avresti dovuto- avresti potuto - non era meglio…?
MINIMIZZARE
FARE BATTUTE SARCASTICHE
NON PORRE DOMANDE ACRITICHE. FARNE DI MALIZIOSE O TALI DA INDURRE UNO STATO DI IMBARAZZO.
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Perché tra le cose necessarie tu metti “riuscire a sorridere spontaneamente”? Questo deve essere un fine, non la condizione.
Uno dei problemi da risolvere potrebbe essere proprio riuscire a sorridere spontaneamente.
Sulle altre regole, sono d’accordo, ma con una certa elasticità.
Non dimentichiamo che il gruppo prevede una fase in cui si abbandona l’ironia e si attua una comunicazione iper-seria e razionale.
In questa fase è possibile comunicarsi tutti i meccanismi che, durante la fase ricreativa, possono essere considerati scomodi, quindi vengono comunicati anche quei meccanismi che, in un determinato contesto del gruppo, avrebbero potuto stimolare la necessità di giudicare un altro membro: nella fase di comunicazione iper-seria ci si dissocia completamente dalla propria parte emotiva, e in questa fase quindi, tutte le regole che servono a tutelare la comunicazione, svaniscono, e si segue solo la regola della coerenza e completezza logica.
Il giochino che hai descritto non mi sembra male :-D
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19-06-2008, 23:05
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#69
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Esperto
Qui dal: May 2008
Ubicazione: Ortaggiolandia
Messaggi: 960
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Be', Hurry, mi pare che l'obiettivo si possa dire raggiunto: almeno una persona disposta a seguirti c'è, e pure qualche probabile candidato.
Che c'aspetti? Spero di non essermi stancato troppo del forum per esserci ancora quando tornerai ad esporci i risultati.
p.s.: l'allusione garbata, quasi casuale, alla presenza di un "saggio", oltre a completare il quadro, è un tocco di classe, devo riconoscertelo. Ma mica sei il mio mito per niente!
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19-06-2008, 23:14
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#70
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Esperto
Qui dal: Sep 2006
Messaggi: 5,489
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Quote:
Originariamente inviata da Tristan
p.s.: l'allusione garbata, quasi casuale, alla presenza di un "saggio", oltre a completare il quadro, è un tocco di classe, devo riconoscertelo. Ma mica sei il mio mito per niente!
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Ti chiedi:
Come mai,
Come dove nel mondo,
Dove chi,
Perché quando?
Ma la risposta, non la devi cercare fuori,
la risposta é dentro di te,
e peró é sbagliata! 8)
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19-06-2008, 23:23
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#71
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Esperto
Qui dal: May 2008
Ubicazione: Ortaggiolandia
Messaggi: 960
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Originariamente inviata da Redman
Ti chiedi:
Come mai,
Come dove nel mondo,
Dove chi,
Perché quando?
Ma la risposta, non la devi cercare fuori,
la risposta é dentro di te,
e peró é sbagliata! 8)
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Se c'è anche QUELO allora ritratto tutto (e partecipo, ovvio!)
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20-06-2008, 01:04
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#72
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Intermedio
Qui dal: Apr 2007
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Originariamente inviata da HurryUp3
Sarà interessato al progetto chi, per intuito e induzione logica, lo sente efficace.
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Il fatto è che, pur trovando spunti validi nella tua proposta, non riesco ad esserne persuasa fino in fondo. E’ possibile che il mio istintivo (appunto) tirarmi indietro sia imputabile alla mia mente inconscia, con tutto il suo corollario di timori ed automatismi radicati. Avevo già espresso nel topic le mie titubanze.
Che posso farci se irrazionalmente continuo a crederlo artificioso? D’altra parte non posso escludere che mi stia illudendo che personalmente sarebbe deleterio, grazie ai contorti meccanismi dell’ego.
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Originariamente inviata da HurryUp3
non è richiesto confidare tutto.
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Per me, anche il semplice confidare il mio stato attuale richiede un atto di grande coraggio. Perfino su internet sono più pronta ad ascoltare ( leggere) le riflessioni/ esperienze altrui, per es. mediante messenger, che a rendere partecipi gli altri di ciò che riguarda me, in senso lato. Salvo estemporanee dichiarazioni di cosa apprezzo, ma per queste, attendo che siano altre persone a riferirmi i loro gusti.
Mi sono condizionata a non fare mai il primo passo e a tenere celata la mia natura; ed invece, in un ipotetico gruppo, secondo la linea da te ideata, occorre farsi conoscere dagli altri a lungo termine. Esattamente quello che tenderei a sfuggire per via delle mie paure, ossia il confronto.
Quote:
Originariamente inviata da HurryUp3
L’adattamento deve essere naturale, non bisogna fare in modo che l’intuizione brillante di partenza rovini tutto andando a manipolare la fase delicata dell’adattamento, nessuno deve fare i test, verificare se l’altro è disposto a confidare tutto di se’, e nessuno deve sentirsi in dovere di confidare tutto di se’ per mettersi alla prova.
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Bisogna lavorare sull’impostazione allora. Il punto è che per risolvere i miei problemi (e penso sia valido per chiunque) mi devo per forza esporre. E raccontare del mio passato – in cui sono racchiuse le cause dei problemi – mi indispone alquanto…
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Originariamente inviata da HurryUp3
questa descrizione non va fatta “col cuore in mano”, ma se mai… con il cuore da un’altra parte e la ragione dall’altra (almeno nel momento in cui si deve essere seri).
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… Ce la farei se mi obbligassi a trascriverne un resoconto anonimo, magari in forma di messaggi privati. Ma a tu per tu con uno che non sia un terapeuta, non riesco ad immaginarmelo. Non dubito di poter cambiare idea però.
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Originariamente inviata da HurryUp3
La fiducia deve essere alimentata da due fattori (entrambi necessari): un sentimento innato di fiducia incondizionata nei confronti degli altri, che si contrapponga all’impulso della diffidenza. Cioè la capacità di essere gratificati dal fatto di dare senza necessariamente avere (e questa è la condizione più difficile da trovare, ma facile da stimolare).
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Questo 1° fattore fa a pugni con la mia pressochè incrollabile diffidenza, cioè la vera ragione dell’esistenza solitaria e quasi priva di stimoli che mi ostino a condurre. Non concedere fiducia a priori , nel mio caso, è correlato alla reticenza ad espormi, in sintesi, a sviscerare le relazioni cause-effetti che mi hanno portata ad essere quello che sono.
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Originariamente inviata da HurryUp3
La seconda condizione è la risposta positiva degli altri, in pratica ciò che “dimostra” la loro correttezza, e che gli fa “guadagnare” la nostra fiducia (e questa e più legata all’impulso di sentirsi protetti, quindi alla debolezza individuale che si vuole superare).
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Ok, se si dovesse intraprendere la terapia, spero di non lasciarmi scoraggiare da eventuali riscontri negativi – precisiamo: negativi solo per me, come il dubbio di aver interpretato sgradevolmente gli apporti altrui nei miei riguardi. Il timore di disapprovazione è sempre incombente, altro che " dissociare parte della comunicazione", come affermi tu.
E se si verifica ciò, non soltanto l’entusiasmo ne verrebbe smorzato, ma si insinuerebbe in me la tentazione di sospendere la terapia.
Io la vedrei tutt’al più come un esperimento, qualcosa da condurre senza eccessiva serietà almeno le prime 2 volte. :wink:
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Originariamente inviata da HurryUp3
Perché tra le cose necessarie tu metti “riuscire a sorridere spontaneamente”? Questo deve essere un fine, non la condizione.Uno dei problemi da risolvere potrebbe essere proprio riuscire a sorridere spontaneamente.
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Hai ragione, errore mio.
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Originariamente inviata da HurryUp3
Più è debole e condizionato l’impulso di aprirsi agli altri, più è faticoso levarsi la maschera, se invece è difficile abbandonarla può venire in aiuto la dissociazione della personalità, che ci permette di descrivere noi stessi con distacco emotivo, cosa che, se applicata bene, dovrebbe evitare la reazione di vergogna (perché la vergogna fa parte di quella parte emotiva da cui ci si dissocia).
Il sentimento di cui parlo è, per sua qualità, incondizionato, quindi non può essere raggiunto attraverso delle aspettative, piuò essere solo spontaneo.
Io non ho raggiunto questo stato mentale, ma a intuito posso dire che è così: viene spontaneamente.
E’ necessario quindi che nel gruppo ci sia almeno una persona (possibilmente la maggioranza di persone) che abbia raggiunto questo stato mentale, cioè, per dirla in modo un po’ evocativo, che all’interno del gruppo ci sia almeno un “saggio”, che possa fare da esempio a chi non ha raggiunto quello stato mentale (ovviamente non in modo formale come l’ho descritto, si capisce, anche il “saggio” deve imparare).
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Se ben afferrato il concetto, il “saggio” del gruppo è in grado di dissociarsi, attuando un autocondizionamento per dominarsi emotivamente.
E dove lo si trova questo saggio? Nemmeno io ho mai raggiunto questo stato mentale. :?
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20-06-2008, 02:27
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#73
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Banned
Qui dal: Jan 2008
Messaggi: 78
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Originariamente inviata da Innergal
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Originariamente inviata da HurryUp3
Sarà interessato al progetto chi, per intuito e induzione logica, lo sente efficace.
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Il fatto è che, pur trovando spunti validi nella tua proposta, non riesco ad esserne persuasa fino in fondo. E’ possibile che il mio istintivo (appunto) tirarmi indietro sia imputabile alla mia mente inconscia, con tutto il suo corollario di timori ed automatismi radicati. Avevo già espresso nel topic le mie titubanze.
Che posso farci se irrazionalmente continuo a crederlo artificioso? D’altra parte non posso escludere che mi stia illudendo che personalmente sarebbe deleterio, grazie ai contorti meccanismi dell’ego.
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Non deve essere artificioso non tanto perché è male ciò che è artificioso, ma perché questo può implicare una forma di violenza verso se’ stessi.
Una parte tua irrazionale lo trova artificioso, quindi non dovresti fare nessuno sforzo di aprirti finchè ti identificherai in quella parte irrazionale.
Secondo me la costante consapevolezza dei propri meccanismi inconsci, attraverso tutte le potenzialità intellettive di cui siamo capaci, provoca a lungo andare una disidentificazione della nostra coscienza dalle nostre pulsioni irrazionali, per un processo spontaneo, a meno che non si scopra, nell’introspezione profonda e intelligente, un profondo impulso a fare una resistenza a questo processo, causato a sua volta, per esempio, dal bisogno di conservare una credenza, di soddisfare una necessità psicologica: ma una volta che si scopre questo eventuale impulso, non abbiamo più la possibilità di illuderci, non potremmo far altro che riconoscere che siamo noi a nutrire quella credenza, irrazionale, che ci fa convivere con il problema (senza per questo perdere l’autostima).
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Originariamente inviata da Innergal
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Originariamente inviata da HurryUp3
non è richiesto confidare tutto.
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Per me, anche il semplice confidare il mio stato attuale richiede un atto di grande coraggio. Perfino su internet sono più pronta ad ascoltare ( leggere) le riflessioni/ esperienze altrui, per es. mediante messenger, che a rendere partecipi gli altri di ciò che riguarda me, in senso lato. Salvo estemporanee dichiarazioni di cosa apprezzo, ma per queste, attendo che siano altre persone a riferirmi i loro gusti.
Mi sono condizionata a non fare mai il primo passo e a tenere celata la mia natura; ed invece, in un ipotetico gruppo, secondo la linea da te ideata, occorre farsi conoscere dagli altri a lungo termine. Esattamente quello che tenderei a sfuggire per via delle mie paure, ossia il confronto.
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No, occorre solo che ci sia una meta-comunicazione sempre più perfetta. Per esempio, nel tuo caso, non sarebbe necessario che tu parli delle tue cose private, ma che chiarissi i motivi per cui non vuoi farlo (sempre che gli stessi motivi per cui non vuoi farlo non facciano anch’essi parte di quella sfera privata che non vuoi rivelare, è logico).
Ma comunque non è necessario fare pubblicamente introspezione, quella va fatta individualmente, l’incontro serve solo a scambiarsi idee e intuizioni da elaborare, insieme, per gli argomenti condivisibili, e poi individualmente per eventuali argomenti privati non condivisibili.
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Originariamente inviata da Innergal
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Originariamente inviata da HurryUp3
questa descrizione non va fatta “col cuore in mano”, ma se mai… con il cuore da un’altra parte e la ragione dall’altra (almeno nel momento in cui si deve essere seri).
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… Ce la farei se mi obbligassi a trascriverne un resoconto anonimo, magari in forma di messaggi privati. Ma a tu per tu con uno che non sia un terapeuta, non riesco ad immaginarmelo. Non dubito di poter cambiare idea però.
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Finchè i membri del gruppo non hanno raggiunto la padronanza della logica e non hanno potenziato la loro intelligenza e intuito in ogni campo, non penso che sia prudente fare transfert su di loro come se fossero terapeuti, ma nella mia idea c’era anche questo: lo studio della logica e la sua applicazione sempre più consapevole, cosicchè, in una seconda fase, potrebbe essere valutata anche la possibilità di fare transfert su di loro.
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Originariamente inviata da Innergal
Ok, se si dovesse intraprendere la terapia, spero di non lasciarmi scoraggiare da eventuali riscontri negativi – precisiamo: negativi solo per me, come il dubbio di aver interpretato sgradevolmente gli apporti altrui nei miei riguardi. Il timore di disapprovazione è sempre incombente, altro che "dissociare parte della comunicazione", come affermi tu.
E se si verifica ciò, non soltanto l’entusiasmo ne verrebbe smorzato, ma si insinuerebbe in me la tentazione di sospendere la terapia.
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Capisco, però la meta-comunicazione dovrebbe evitare gli equivoci delle interpretazioni soggettive, c’è comunque un patto sociale fatto a priori: quello di usare la meta-comunicazione, se non c’è questo patto sociale, l’esperimento si identifica con le classiche terapie di gruppo, e non avrebbe niente di originale :-)
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Originariamente inviata da Innergal
Io la vedrei tutt’al più come un esperimento, qualcosa da condurre senza eccessiva serietà almeno le prime 2 volte. :wink:
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Come vuoi, questo non smorzerà la mia ambizione 8)
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Originariamente inviata da Innergal
Se ben afferrato il concetto, il “saggio” del gruppo è in grado di dissociarsi, attuando un autocondizionamento per dominarsi emotivamente.
E dove lo si trova questo saggio? Nemmeno io ho mai raggiunto questo stato mentale. :?
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No, la dissociazione la so fare pure io (e pure tu), non è a quello che mi riferivo, mi riferivo al carisma di dare fiducia agli altri incondizionatamente :-)
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20-06-2008, 11:32
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#74
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Esperto
Qui dal: May 2008
Ubicazione: Ortaggiolandia
Messaggi: 960
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Originariamente inviata da HurryUp3
No, occorre solo che ci sia una meta-comunicazione sempre più perfetta. Per esempio, nel tuo caso, non sarebbe necessario che tu parli delle tue cose private, ma che chiarissi i motivi per cui non vuoi farlo (sempre che gli stessi motivi per cui non vuoi farlo non facciano anch’essi parte di quella sfera privata che non vuoi rivelare, è logico).
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Buffo. Per cose fin qui dette, riepilogando, la meta-comunicazione è parte di una comunicazione più "matura" (cit.) che è allo stesso tempo pre-requisito per entrare nel gruppo ma anche, contemporaneamnente, obiettivo della "terapia".
Devo ancora capire l'aspetto rivoluzionario (e originale - vedi più sotto) di questa benedetta meta-comunicazione, in ambito terapeutico*: fammi capire, chiarire i motivi per cui non si vuole parlare delle proprie cose private, come in questa situazione, è qualcosa che non rientrerebbe nella normale routine? Ne sei proprio sicuro?
E comunque, nell'ambito della tua "'terapia", nella quale diremo che è bello ciò che è spontaneo ed è brutto ciò che è artificioso, non sarebbe artificioso, appunto, se non addirittura un atto di violenza far chiarire i motivi nella situazione sopra esposta? Tanto più che non vedo come non potrebbero non appartenere alla sfera privata.
Quote:
Originariamente inviata da HurryUp3
Finchè i membri del gruppo non hanno raggiunto la padronanza della logica e non hanno potenziato la loro intelligenza e intuito in ogni campo, non penso che sia prudente fare transfert su di loro come se fossero terapeuti, ma nella mia idea c’era anche questo: lo studio della logica e la sua applicazione sempre più consapevole, cosicchè, in una seconda fase, potrebbe essere valutata anche la possibilità di fare transfert su di loro.
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Anche questa faccenda del transfert a comando è piuttosto buffa. Come se non fosse un processo largamente inconscio.
Metti che "si faccia" transfert prima di acquisire tutti gli strumenti logici e la padronanza degli stessi - prima della seconda fase, insomma - che la frequentazione del gruppo dovrebbe far sviluppare? Anche la sola intuizione dovrebbe suggerirti questa possibilità.
Ecco, questo genere di ipotesi fin troppo semplificatrici che prevedono uno sviluppo perfettamente lineare danno la misura dell'improvvisazione, lasciatelo dire.
Quote:
Originariamente inviata da HurryUp3
Capisco, però la meta-comunicazione dovrebbe evitare gli equivoci delle interpretazioni soggettive, c’è comunque un patto sociale fatto a priori: quello di usare la meta-comunicazione, se non c’è questo patto sociale, l’esperimento si identifica con le classiche terapie di gruppo, e non avrebbe niente di originale :-)
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*a proposito, sto ancora aspettando l'esempio di là, in ambito di corteggiamento.
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20-06-2008, 12:31
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#75
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Banned
Qui dal: Jan 2008
Messaggi: 78
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Originariamente inviata da Tristan
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Originariamente inviata da HurryUp3
No, occorre solo che ci sia una meta-comunicazione sempre più perfetta. Per esempio, nel tuo caso, non sarebbe necessario che tu parli delle tue cose private, ma che chiarissi i motivi per cui non vuoi farlo (sempre che gli stessi motivi per cui non vuoi farlo non facciano anch’essi parte di quella sfera privata che non vuoi rivelare, è logico).
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Buffo. Per cose fin qui dette, riepilogando, la meta-comunicazione è parte di una comunicazione più "matura" (cit.) che è allo stesso tempo pre-requisito per entrare nel gruppo ma anche, contemporaneamnente, obiettivo della "terapia".
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Che c’è di buffo? All’inizio della terapia ci sarà un livello di meta-comunicazione, mettiamo, del 60%. Con il graduale sviluppo dell’intelligenza il livello di meta-comunicazione crescerà al 90%.
Non c’è proprio nessuna incoerenza nell’obiettivo di perfezionare sempre di più la meta-comunicazione, te la stai inventando per soddisfare la tua necessità psicologica di conservare il tuo scetticismo per la mia idea, ma puoi convincere solo te stesso, non me 8)
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Originariamente inviata da Tristan
Devo ancora capire l'aspetto rivoluzionario (e originale - vedi più sotto) di questa benedetta meta-comunicazione, in ambito terapeutico*: fammi capire, chiarire i motivi per cui non si vuole parlare delle proprie cose private, come in questa situazione, è qualcosa che non rientrerebbe nella normale routine? Ne sei proprio sicuro?
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La meta-comunicazione non è una cosa naturale, nella comunicazione normale di routine non si usa la meta-comunicazione.
Quote:
Originariamente inviata da Tristan
E comunque, nell'ambito della tua "'terapia", nella quale diremo che è bello ciò che è spontaneo ed è brutto ciò che è artificioso, non sarebbe artificioso, appunto, se non addirittura un atto di violenza far chiarire i motivi nella situazione sopra esposta? Tanto più che non vedo come non potrebbero non appartenere alla sfera privata.
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Nessuno chiederebbe i motivi per cui uno vuole essere riservato. Può capitare l’occasione che chi è riservato, spontaneamente, voglia chiarirne i motivi per non essere considerato chiuso, per esempio innergal mi ha spiegato i motivi per cui non riuscirebbe ad aprirsi senza che io glie li abbia chiesti.
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Originariamente inviata da Tristan
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Originariamente inviata da HurryUp3
Finchè i membri del gruppo non hanno raggiunto la padronanza della logica e non hanno potenziato la loro intelligenza e intuito in ogni campo, non penso che sia prudente fare transfert su di loro come se fossero terapeuti, ma nella mia idea c’era anche questo: lo studio della logica e la sua applicazione sempre più consapevole, cosicchè, in una seconda fase, potrebbe essere valutata anche la possibilità di fare transfert su di loro.
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Anche questa faccenda del transfert a comando è piuttosto buffa. Come se non fosse un processo largamente inconscio.
Metti che "si faccia" transfert prima di acquisire tutti gli strumenti logici e la padronanza degli stessi - prima della seconda fase, insomma - che la frequentazione del gruppo dovrebbe far sviluppare? Anche la sola intuizione dovrebbe suggerirti questa possibilità.
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Il transfert di cui parlava innergal non era inconscio, era il transfert consapevole che lei farebbe con un terapeuta. Quel transfert si fa con un atto di volontà consapevole, e il transfert che tu ritieni artificioso nel gruppo non sarebbe più artificioso del transfert che fai con un terapeuta.
Inoltre, non possono accadere dinamiche inconsce che possano sfuggire al soggetto, perché il gruppo prevede lo studio della logica e la sua applicazione all’autoanalisi, in modo da essere consapevoli dei propri meccanismi inconsci, almeno quelli più riconoscibili, e un eventuale transfert inconscio sarebbe tra i meccanismi inconsci facilmente riconoscibili.
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Originariamente inviata da Tristan
Ecco, questo genere di ipotesi fin troppo semplificatrici che prevedono uno sviluppo perfettamente lineare danno la misura dell'improvvisazione, lasciatelo dire.
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Fammi capire: secondo te l’unica soluzione seria e migliore possibile è necessariamente lo psichiatra? Non esiste per te nell’intelletto dell’uomo la possibilità di risolvere autonomamente il problema?
Se è così, nessuna mia argomentazione sarà per te convincente, troverai sempre un buco dove insinuare un dubbio (spesso anche ingenuamente, come l’argomentazione fallace che sviluppare la meta-comunicazione sia in contraddizione col fatto che c’è già inizialmente una forma larvata di meta-comunicazione).
Quote:
Originariamente inviata da Tristan
*a proposito, sto ancora aspettando l'esempio di là, in ambito di corteggiamento.
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Non mi sono dimenticato
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20-06-2008, 14:38
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#76
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Esperto
Qui dal: May 2008
Ubicazione: Ortaggiolandia
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Originariamente inviata da HurryUp3
Che c’è di buffo? All’inizio della terapia ci sarà un livello di meta-comunicazione, mettiamo, del 60%. Con il graduale sviluppo dell’intelligenza il livello di meta-comunicazione crescerà al 90%.
Non c’è proprio nessuna incoerenza nell’obiettivo di perfezionare sempre di più la meta-comunicazione, te la stai inventando per soddisfare la tua necessità psicologica di conservare il tuo scetticismo per la mia idea, ma puoi convincere solo te stesso, non me 8)
La meta-comunicazione non è una cosa naturale, nella comunicazione normale di routine non si usa la meta-comunicazione.
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Lo scetticismo è d'uopo in certe circostanze . Almeno fino a che le cose non risultino chiare, e cristalline (se lo fossero lo scetticismo non avrebbe ragione d'esistere, e di sicuro non basta dire che c'è una mia qualche necessità "psicologica" per farlo scomparire).
Resta da chiarire come questa non meglio chiarita meta-comunicazione, che non è cosa naturale, uno se la ritrovi già al 60% per dire.
Ma faccio spallucce, e attendo ulteriori lumi (se arriveranno) e aspetto di vederla finalmente all'opera questa più volte invocata meta-comunicazione.
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Originariamente inviata da HurryUp3
Il transfert di cui parlava innergal non era inconscio, era il transfert consapevole che lei farebbe con un terapeuta. Quel transfert si fa con un atto di volontà consapevole, e non è meno artificioso del transfert che fai con un terapeuta.
Inoltre, non possono accadere dinamiche inconsce che possano sfuggire al soggetto, perché il gruppo prevede lo studio della logica e la sua applicazione all’autoanalisi, in modo da essere consapevoli dei propri meccanismi inconsci, almeno quelli più riconoscibili, e un eventuale transfert inconscio sarebbe tra i meccanismi inconsci facilmente riconoscibili.
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Quindi tu, da paziente, decidi di tua sponte, meno che mai incosciamente, quand'è ora che avvenga il transfert. Anzi, quando e se, addirittura. Buono a sapersi.
Ma come quelli "almeno più riconoscibili", Hurry? O le dinamiche inconsce non possono sfuggire al soggetto oppure gli sfuggono. Delle due l'una.
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Originariamente inviata da HurryUp3
Fammi capire: secondo te l’unica soluzione seria e migliore possibile è necessariamente lo psichiatra? Non esiste per te nell’intelletto dell’uomo la possibilità di risolvere autonomamente il problema?
Se è così, nessuna mia argomentazione sarà per te convincente, troverai sempre un buco dove insinuare un dubbio (spesso anche ingenuamente, come l’argomentazione fallace che sviluppare la meta-comunicazione sia in contraddizione col fatto che c’è già inizialmente una forma larvata di meta-comunicazione).
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E' significativo, secondo me, che tu subito abbia pensato allo psichiatra quando non l'ho mai nominato come "unica soluzione seria e migliore possibilie", nonché necessaria.
Di fatto escludi ogni forma di psicoterapia che non sia la tua (dovrei abbondare con le virgolette, ma se non taglio corto facciamo notte), l'unica che può condurre autonomamente* a risolvere i propri problemi.
Però l'autonomia è un concetto flessibile quel tanto che basta per accogliere la tua terapia di gruppo.
Se volessi spingermi un po' oltre - con l'ausilio del mio solo intuito, certo -, potrei dire che colgo tra le righe nell'accenno allo psichiatra, e non per dire ad uno psicoterapeuta (non medico, uno quindi che non ti prescrive farmaci, per farla breve), una qualche considerazione, un riconoscimento implicito all'utilizzo di farmaci. Se così fosse però sono sicuro che l'eventuale uso rientrerebbe in un quadro coerente, che l'abbia già previsto (e fatta anche salva l'autonomia di cui sopra).
Però significherebbe dare troppo peso ad una semplice intuizione priva di fondamento, me ne rendo conto...
Quote:
Originariamente inviata da HurryUp3
Non mi sono dimenticato
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E io aspetto.
*insisto sul concetto di autonomia, l'avevo già affrontato, e ancora una volta mi viene spontaneo chiederti (mi verrebbe) delle tue esperienze di psicoterapia, da paziente. Devi avere sperimentato come minimo una forte dipendenza.
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20-06-2008, 15:05
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#77
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Banned
Qui dal: Jan 2008
Messaggi: 78
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Quote:
Originariamente inviata da Tristan
Lo scetticismo è d'uopo in certe circostanze . Almeno fino a che le cose non risultino chiare, e cristalline (se lo fossero lo scetticismo non avrebbe ragione d'esistere, e di sicuro non basta dire che c'è una mia qualche necessità "psicologica" per farlo scomparire).
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Bisogna distinguere tra due forme di scetticismo.
Una è quella che, in assenza di spiegazioni complete, sospende il giudizio (nell’ipotesi che nuove informazioni possano rendere convincente qualcosa che, nel presente, non ci convince).
L’altra è uno scetticismo che pone un presupposto a priori, questo è un vizio logico, perché non nasce tanto dalla mancanza di informazioni, ma dalla necessità psicologica di escludere una conclusione.
Io ho pensato che il tuo scetticismo fosse del secondo tipo, per alcune forme verbali ricorrenti nelle tue critiche, come ad esempio
“buffo che…”
Ora, questo genere di dialettica che usi, potrebbe essere semplicemente un tuo gusto estetico-dialettico personale, che non presuppone una chiusura o un tono di sfida, in questo caso farò lo sforzo di interpretarlo in questo modo.
A questo punto, con la meta-comunicazione, si può chiarire, cioè tu mi puoi dire che tipo di scetticismo è il tuo.
Quote:
Originariamente inviata da Tristan
Resta da chiarire come questa non meglio chiarita meta-comunicazione, che non è cosa naturale, uno se la ritrovi già al 60% per dire.
Ma faccio spallucce, e attendo ulteriori lumi (se arriveranno) e aspetto di vederla finalmente all'opera questa più volte invocata meta-comunicazione.
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Ho fatto un’ipotesi a caso, potrebbe essere 60 o 20, quello che volevo dire è che ci sarà comunque una capacità di meta-comunicazione, ma non completamente matura.
Quote:
Originariamente inviata da Tristan
Quindi tu, da paziente, decidi di tua sponte, meno che mai incosciamente, quand'è ora che avvenga il transfert. Anzi, quando e se, addirittura. Buono a sapersi.
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La consapevolezza del transfert può avvenire anche a posteriori.
Ma comunque, anche quando il transfert avviene, come tu dici, inconsciamente, c’è sempre la predisposizione volontaria del soggetto, quindi non è mai completamente inconscia.
Quote:
Originariamente inviata da Tristan
Ma come quelli "almeno più riconoscibili", Hurry? O le dinamiche inconsce non possono sfuggire al soggetto oppure gli sfuggono. Delle due l'una.
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No, non c’è un confine netto tra conscio e inconscio. Il confine è sfumato. E con l’introspezione intelligente si prende consapevolezza di dinamiche inconsce di cui prima non si era consapevoli.
Quote:
Originariamente inviata da Tristan
E' significativo, secondo me, che tu subito abbia pensato allo psichiatra quando non l'ho mai nominato come "unica soluzione seria e migliore possibilie", nonché necessaria.
Di fatto escludi ogni forma di psicoterapia che non sia la tua (dovrei abbondare con le virgolette, ma se non taglio corto facciamo notte), l'unica che può condurre autonomamente* a risolvere i propri problemi.
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Eccolo il presupposto induttivo (sbagliato) che mi fa capire di che natura sia il tuo scetticismo.
Non escludo qualunque forma di psicoterapia che non sia la “mia”. Parto solo dal presupposto che l’individuo, con il suo intelletto, ha le risorse per risolvere autonomamente i suoi problemi.
Quote:
Originariamente inviata da Tristan
Se volessi spingermi un po' oltre - con l'ausilio del mio solo intuito, certo -, potrei dire che colgo tra le righe nell'accenno allo psichiatra, e non per dire ad uno psicoterapeuta (non medico, uno quindi che non ti prescrive farmaci, per farla breve), una qualche considerazione, un riconoscimento implicito all'utilizzo di farmaci. Se così fosse però sono sicuro che l'eventuale uso rientrerebbe in un quadro coerente, che l'abbia già previsto (e fatta anche salva l'autonomia di cui sopra).
Però significherebbe dare troppo peso ad una semplice intuizione priva di fondamento, me ne rendo conto...
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Io cerco di non lasciare niente tra le righe perché tendo a una meta-comunicazione completa.
Se avessi avuto questa idea l’avrei detta, ma non è questo che pensavo.
Invece di cercare di interpretare il mio cercare un’alternativa alla psicoterapia come un mio problema, perché non la interpreti come la volontà di servirmi solo delle mie risorse intellettuali come guida all’auto-miglioramento?
Questo impulso, se proprio vuoi sviscerarlo tutto, è legato molto alla mia morale che aspira a un modello di società in cui tutti gli individui sappiano usare autonomamente le risorse del loro intelletto e aspirino il più possibile ad essere autonomi, e dipendano dagli altri solo in senso di collaborazione, non di affidamento.
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Originariamente inviata da HurryUp3
*insisto sul concetto di autonomia, l'avevo già affrontato, e ancora una volta mi viene spontaneo chiederti (mi verrebbe) delle tue esperienze di psicoterapia, da paziente. Devi avere sperimentato come minimo una forte dipendenza.
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Nessuna dipendenza, solo… volevo andare più lontano, come ti ho già spiegato.
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20-06-2008, 20:37
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#78
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Esperto
Qui dal: May 2008
Ubicazione: Ortaggiolandia
Messaggi: 960
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Quote:
Originariamente inviata da HurryUp3
A questo punto, con la meta-comunicazione, si può chiarire, cioè tu mi puoi dire che tipo di scetticismo è il tuo.
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Finalmente un esempio di meta-comunicazione, cioè di quella che " non è una cosa naturale" e che nella " comunicazione normale di routine non si usa"*: prendo nota che in questo caso specifico si tratta di una richiesta di chiarimento da parte tua; cioè, vuoi sapere da me di che tipo di scetticismo si tratta.
Sto leggendo bene, giusto?
Potrei azzardare e dire che l'unica cosa di innaturale, che rende la richiesta macchinosa, è specificare che si tratta di meta-comunicazione.
Tuttavia ci rifletto, sospendo il mio giudizio. E poi non sono sicuro che potrei essere in grado di fare una cosa così innaturale. Dico sul serio.
Per di più, sempre nella fattispecie, poco più sotto ti dai da solo una risposta. Caspita, si è rivelata addirittura inutile la meta-comunicazione, stavolta.
(Spero mi perdonerai l'ironia, ma se non la butto sullo scherzo... cioè, davvero, non se ne esce più )
Forse ci sarebbe da fare qualche precisazione sul resto, ma è poca roba, dettagli accessori, una volta individuata la sostanza.
Quindi per il momento sospendo il giudizio, e casomai aspetto l'altro esempio.
*e - dimenticavo - senza la quale, la tua terapia di gruppo " non avrebbe niente di originale".
EDIT:
Ho deciso che riporterò qui qualche altro gioiellino preso dal solito campionario di assurdità alla meta-H ( alcune dette in questa occasione) a suggello di quanto già detto, così magari messe tutte assieme risultano lampanti anche nella testa, eventualmente, di qualche altro:
"Non potrebbe invece essere che la tua mente non coglie certe strutture e connessioni logiche altamente astratte per cui non vedi la corrispondenza tra le mie idee e la realtà dei fatti?"
Ché per caso voialtri ce la vedete questa corrispondenza? Se sì fatemi un fischio. E spiegatemi pure la perfetta coerenza così tanto sbandierata delle sue argomentazioni (alla luce per esempio di quanto riporto all'inizio, nel messaggio originario).
"Ma adesso siamo nella società delle specializzazioni, dei professionisti, del sapere condizionato ai titoli, ma certo, chi diffonde un altro genere di cultura è un essere disprezzabile vero?"
Siamo anche nella società dei santoni, degli imbonitori, di chi facendo un copia-incolla selvaggio con google si può spacciare per chiunque. Un esempio del tuo genere di cultura è quella accozzaglia incongrua di cialtronerie che ho riportato in alto, tanto per capirci.
La professionalità è quella cosa che ti auguravo di acquisire, in un altro messaggio sempre in questo topic. Irresponsabilmente, pensa un po'. Per plagio, certo, e non perché la professionalità in questo campo (ma non solo) è la soglia minima di garanzia da pretendere (a difesa di chi non può essere onnisciente come il nostro meta-H).
Ipotesi che neanche a dirlo rigetti.
Perché i professionisti favoriscono la dipendenza in senso "di affidamento" e non certo "di collaborazione" (mentre di certo lo sarebbe la sua meta-terapia, con presenza di "saggio", l'unica via per l'autonomia: da soli sì, ma con la sua terapia (!))
Così mi viene da chiedere, perché cacchio da come scrive si capisce che sa quello che dice e che questo qui "nell'antica Grecia" sarebbe stato un pezzo da novanta, piuttosto e anzichenò, così gli chiedo - dicevo - nell'ingenuità di chi non coglie certe strutture logiche altamente astratte (ma cacchio 'sta terapia dovrà pur scendere prima o poi quaggiù in mezzo a noi, mi dico sempre io ingenuamente) se magari ha provato quella forte dipendenza (vedi messaggi precendenti in questo topic). Come minimo, no? Altrimenti di che parla? E lui candidamente mi risponde: "Nessuna dipendenza" (idem). Come nessuna dipendenza? Nemmeno in senso di affidamento mi dici?
Corbezzoli, qua finisce che crolla l'altro pilastro della sua terapia (per la meta-fuffa si legga all'inizio, ma a lui, all'intellettualmente onesto, figurati se apparirà lampante quanto è traballante la sua fuffa): 'sta autonomia che nemmeno lui, con la sua lunga esperienza di psicoterapia e conoscenza approfondita, s'è visto mettere a repentaglio. Ma pensa un po'.
Ma devo essere io che non capisco, a dispetto dei "continui chiarimenti che mi" ha "concesso". Data la forte astrazione delle strutture logiche e connessioni, certo, come potrebbe essere altrimenti. Meno male che meta-H si cala al nostro livello e quando richiesti ci concede benevolmente esempi concreti, sebbene tutt'altro che difficili da immaginare, a noialtri quando abbiamo, per dire, un'idea del corteggiamento, come dire, così ingenuamente terrena.
E ora riflettiamo tutti assieme e sospendiamo nuovamente il giudizio, se no rischiamo il passaggio allo scetticismo di secondo tipo e meta-H mi si innervosisce.
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27-06-2008, 15:57
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#79
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Esperto
Qui dal: May 2008
Ubicazione: Ortaggiolandia
Messaggi: 960
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Quote:
Originariamente inviata da animaSola3
Tristan essendo che sei arrivato da poco...certamente ti sarai perso il meglio del nostro hurryno..perciò,con l aiuto di barda,..ho pensato che dovessi anche tu deliziarti del suo miglior intervento...
Quote:
Originariamente inviata da HurryUp
Fanculoa chi dice che è inutile informare gli altri di cos'è la fobia sociale.
Certo, non bisogna solo informarli su cosa sia, ma anche dimostrare che non è sintomo di asocialità.
Che cosa dite? Ah, le persone non hanno tempo di informarsi di problemi che non sono i loro.
Cosa dite? Ah, le persone non sono tenute a venire incontro agli altri... come? Le persone non sono abbastanza intelligenti per poterlo capire.
Sarebbe un investimento inutile.
Ma ce l'avete nel DNA il non voler risolvere i problemi in modo razionale, teniamoci l'emarginazione sociale.PS: non mi sono rivolto a nessuno in particolare ma a un simbolico rappresentante del pensiero comune, quindi non rompetemi le palledicendomi che ho fatto polemica e che sono stato maleducato con qualcuno ok?
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Piu lo leggo e più rido...è uno spasso..ma come si può non volergli bene.. ops:
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Mah, sarà questa la meta-comunicazione? Magari è l'uso del rosso.
Animasola, è ufficiale: sei anche un'anima gentile, sempre pronta a calmare gli animi. [oddio, Hurry mi ha messo il tarlo: sto dicendo sul serio, non sto facendo dell'ironia né sarcasmo in questo momento, eh!]
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27-06-2008, 16:33
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#80
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Esperto
Qui dal: May 2008
Ubicazione: Ortaggiolandia
Messaggi: 960
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Quote:
Originariamente inviata da animaSola3
Nu il rosso fu usato da "y" per evidenziare i passaggi migliori di questo pensiero..(in fin dei conti un hurryno così è una rarità)...è sempre ben composto e pulito nel suo modo di interagire..xcio x me è spassoso quando lo leggo scrivere "fanculo".."cazzo" ecc...
Vedrai che imparerai ad amarlo anche tu
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'nnaggia, così Hurryino ha perso un'occasione... la buttasse sui colori non potrei fare altro che arrendermi, sono daltonico!
Quote:
Originariamente inviata da animaSola3
ps:grazie x l anima gentile :wink:
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Non c'è di che, lo penso.
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