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Vecchio 08-09-2024, 17:10   #1
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Storia del concetto del sé attraverso lo studio di Charles Taylor.
Taylor propone tre figure chiave che hanno avuto un ruolo fondamentale nella costruzione del pensiero riguardo al sé in Occidente in tre differenti epoche: Platone, sant'Agostino e Cartesio.
Vengono inoltre analizzate due tendenze fondamentali: l'auto-controllo e l'auto-conoscenza.
Purtroppo il libro di Taylor, Radici dell'io, da cui è stata tratta questa breve panoramica è quasi introvabile in commercio.
Ora lascio parlare Taylor, e quando trovate ndr tra parentesi, quelle sono parole e considerazioni mie.

Introduzione.

Solo di recente, diciamo negli ultimi due secoli, abbiamo cominciato a considerarci come un "sé".
In precedenza non avremmo mai usato il pronome riflessivo "sé" facendolo precedere da un articolo determinativo o indeterminativo, come "il" o "un".
Gli antichi Greci, i Romani e le genti del Medio Evo non l'avrebbero mai considerato una possibilie descrizione. Anche se oggi affermare che in questa stanza ci sono trenta sé può avere senso, i nostri antenati non si sarebbero mai espressi in questo modo. Penso che ciò rifletta qualcosa di fondamentale nella nostra compresione dell'agire umano, qualcosa di profondamente radicato nella cultura occidentale.
Oggi descriviamo ciò che un essere umano è e rappresenta con il termine "sé".
Un tempo avrei potuto dire: "Chi sono io? Sono un essere umano; sono canadese", ma nel XX secolo posso affermare: "Ecco il mio sé". Penso che sia determinante, visto che scegliamo descrizioni che riflettono ciò che per noi esseri umani è spiritualmente o moralmente importante. Ecco perché i nostri antenati parlavano dell'uomo in termini di "anima": era ciò che contava per loro, sia del punto di vista spirituale sia dal punto di vista morale.
Perché gli esseri umani si sono trovati sempre più a disagio con questo termine e hanno via via preso a parlare di un "sé"?
In parte per il fatto che nel descriversi in termini di "sé" hanno trovato qualcosa di spirtualmente significativo. Determinate capacità di analisi e di riflessione su ciò che siamo sono diventate spiritualmente e moralmente fondamentali, direi quasi cruciali, almeno rispetto allo stile di vita occidentale.
Ora ci definiamo come "sé" perché ci sono due forme di concentrazione e di riflessione sul sé che nella cultura occidentale sono diventate un riferimento irrinunciabile, e che peraltro, nel contesto della vita modena, sono in attrito l'una con l'altra.
Si tratta dell'auto-controllo e dell'auto-conoscenza.

Ora entriamo nel vivo del testo.

Consideriamo innanzi tutto l'auto-controllo.
Platone parlava di "padronanza del sé": intendeva che la ragione dovesse assumere il controllo dei propri desideri. Con i desideri sotto controllo, si sarebbe raggiunta la padronanza del sé. Ma attenzione, per Platone l'auto-controllo aveva un significato ben diverso da quello che gli attribuiamo in epoca moderna. Secondo Platone la ragione era la capacità umana di comprendere l'ordine dell'universo, l'ordine delle "idee" che generava l'universo, come si credeva in quell'epoca. Quindi porre la ragione al di sopra dei propri desideri equivaleva a porre l'ordine dell'universo a governo della propria anima. Se osservo l'ordine delle cose, la mia anima giunge all'equilibrio per amore di quell'ordine. In realtà il controllo del sé non rappresentava un fattore individuale, ma il controllo operato dall'ordine universale. Gli esseri umani non erano incoraggiati all'introspezione, alla riflessione sui contenuti della loro anima, quanto piuttosto a rivolgersi all'esterno, all'ordine delle cose.

Col cristianesimo, in particolare con sant'Agostino nel IV secolo d.C., tutto ciò cambiò profondamente. Pur essendo influenzato da Platone aveva idee assai diverse.* Secondo il suo pensiero possiamo avvicinarci a Dio rivolgendoci alla nostra interiorità, in tal modo comprendiamo che per ciò che riguarda l'essenza di ogni fenomeno dipendiamo dal potere di Dio, e quindi è esaminando noi stessi che ci rendiamo conto del potere di Dio.

Ecco due indirizzi spirituali: quello di Platone rivolto verso l'esterno e quello di sant'Agostino rivolto verso l'interno. Tuttavia l'intenzione è identica: raggiungere qualcosa che è al di là di ciò che siamo: l'ordine universale per Platone, Dio per sant'Agostino. (ndr e dato che per il cristianesimo Dio è il creatore dell'universo le due posizioni finiscono per coincidere a livello logico)
Nell'Occidente moderno subentra un terzo cambiamento.
Per esempio, consideriamo Cartesio, filosofo del XVII secolo, il quale credeva in Dio e pensava a se stesso sulla base della logica di sant'Agostino, ma aveva scoperto qualcosa di completamente nuovo rispetto al concetto di auto-controllo: il controllo strumentale che un individuo può esercitare sul proprio pensiero e sulle proprie sensazioni. Mi pongo in relazione a me stesso come uno strumento da usare per raggiungere qualsiasi scopo prefissato. Secondo Cartesio la vita umana va interpretata come il modo in cui ci concentriamo su noi stessi in quanto strumenti. Giungiamo così a percepire la nostra esistenza fisica come un meccanismo di cui possiamo fare uso. Ciò accade proprio in quell'epoca in cui sorge la visione meccanicistica dell'universo.
Di conseguenza la moderna concezione dell'auto-controllo è assai diversa da quella di Platone, perché oggi l'ordine dell'universo non ha più alcune importanza o rilevanza. Non dipende dalla nostra volontà. Ormai il fine dell'interiorizzazione non è più quello di trascendere ciò che siamo sino a raggiungere un ordine universale, al contrario, possediamo una capacità innata di organizzare il nostro pensiero e la nostra vita, e di usare la ragione come uno strumento per controllare e regolare la nostra stessa esistenza.
Ciò che conta è fare funzionare la mente in modo adeguato, seguendo la giusta procedura: il pensiero diventa uno strumento che può essere controllato in qualche modo. Nello stile di vita occidentale questo concetto è diventato fondamentale. È così che abbiamo iniziato a pensare a noi stessi come "sé", perché ciò che è veramente importante non è il contenuto particolare dei nostri pensieri e delle nostre sensazioni, ma il potere di controllarlo riflessivamente.

Ora consideriamo l'auto-conoscenza o l'auto-esplorazione che dir si voglia.
Nello stesso periodo in cui Cartesio sviluppava tali idee, in Occidente faceva la sua comparsa un'altra importante capacità umana: l'auto-esplorazione.
Tale facoltà scaturiva dal fiorire della spiritualità cristiana che traeva ispirazione da Agostino, e nel corso del tempo, più precisamente nell'arco di due secoli, si è sviluppata superando la forma cristiana originale divenendo un concetto straordinariamente potente, secondo il quale ogni essere umano ha una propria originale modalità di esistenza. E anche questo concetto è diventato fondamentale per la civiltà occidentale.
Negli ultimi 200 anni, l'assunto è che la natura umana è già nota, almeno in linea di massima, ma poiché ogni individuo ha il proprio modo originale di essere, questa natura dev'essere espressa con il processo dell'auto-esplorazione e ciò ha avuto delle conseguenze: come possiamo osservare noi stessi? Scoprendo ciò che non è ancora stato detto, ciò che ancora non è stato espresso, e quindi trovando un modo per portarlo in superficie. Esprimersi è diventato assai rilevante. (ndr ecco perché l'Arte, ed ogni forma espressiva, ha assunto una importanza molto alta e gli artisti sono diventati oggetto di culto)
In Occidente, negli ultimi 200 anni, si è insegnato che i migliori veicoli di espressione sono quelli dell'arte, e cioè la poesia, le arti visive e la musica. Alcuni dei più grandi artisti occidentali hanno un'aura di fama, amore e ammirazione che non ha precedenti nella storia umana.



*(ndr, tutta la conoscenza dell'essere umano così come la sua storia, collettiva o personale, è una catena ininterrotta dove l'anello successivo della catena viene generato e influenzato da quello precedente, ad esempio senza la filosofia e la matematica oggi non esisterebbero né le macchine né le logiche che le governano, dato che quelle logiche sono state costruite a partire dalla logica umana che è mooooooolto più complessa duttile e multiforme, e di conseguenza le macchine, che noi abbiamo creato, non possono essere considerate in alcun modo superiori al creatore, ma l'assurda tendenza di oggi va in questa direzione perché le macchine sono più veloci e precise e forti, e durano, come molti altri oggetti, più a lungo di noi dato che ogni pezzo di esse può essere rimpiazzato e se non è possibile ripararle se ne possono produrre di nuove grazie all'industria. L'applicazione della robotica unita alle neuroscienze può offrire grandi risultati: ad esempio rimpiazzare un arto, e quindi sarà qualcosa che nessuno si lascerà sfuggire, e questo è indiscutibilmente un progresso utile ma è tutto da vedere fino a che punto la sostituzione della vita organica con le macchine sarà un fattore positivo e dove esso condurrà la nostra specie, perché le macchine non sanno cosa sia la vita, o cosette come l'empatia, la spiritualità che non ha nulla a che vedere con le religioni istituzionalizzate simili a schemi piramidali, e la sofferenza mentale e il dolore fisico e tutta un'altra serie di esperienze umane che ci rendono, tra le altre cose, quelli che siamo stati, siamo e saremo)
Vecchio 08-09-2024, 17:10   #2
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Conclusione.

Ecco quindi due modi per entrare in relazione con se stessi: l'auto-controllo e l'auto-esplorazione.

Poiché sono entrambi di cruciale importanza, abbiamo finito per pensare a noi stessi in termini di "sé" e a riferirci a noi stessi in tali termini senza troppo rifletterci. Tali pratiche appartengono alla stessa cultura ma sono anche profondamente in contrasto tra loro, e la nostra civiltà è in continua tensione per via di tale disarmonia. Possiamo rendercene conto ovunque volgiamo lo sguardo.
Possiamo vederlo, ad esempio, nel moderno conflitto, tipicamente occidentale, tra le persone con un orientamento tecnologico rigoroso e limitante, sia verso il mondo sia verso se stessi, e coloro che vi si oppongono in nome dell'ecologia e dell'apertura interiore, giacché l'atteggiamento tecnologico dell'auto-controllo sbarra la strada all'auto-esplorazione.
Ciò che riunisce l'auto-controllo e l'auto-esplorazione è la loro comune origine: una concezione dell'essere umano che si concentra sull'essere umano in sé e per sé, mentre Platone non avrebbe potuto prescindere dal cosmo proprio come Agostino non avrebbe potuto prescindere dalla sua relazione con Dio.
La moderna concezione dell'essere umano ci consente di credere in Dio, ci permette di desiderare di entrare in relazione con il cosmo, ma in ogni caso ci offre una possibilità di accostarci all'uomo autonomamente grazie alle due facoltà dell'auto-controllo e dell'auto-esplorazione.
È anche per questo motivo che forse la libertà è il valore principe della vita politica e morale dell'Occidente. Si tratta della libertà derivante dall'aver assunto il controllo, oppure della libertà di capire la propria natura ed essere davvero ciò che si è.
Tornando a Cartesio, considerare il sé come il dominio della strumentalità lo trasforma in una specie di meccanismo e di conseguenza l'idea che in fin dei conti noi non siamo altro che un meccanismo si sposa bene con la concezione cartesiana, anche perché Cartesio dava un'enorme importanza al puro pensiero matematico.
Secondo Cartesio il pensiero sarebbe stato più limpido se si fossero seguite determinate regole formali, in base alle quasi si poteva essere assolutamente certi che ogni stadio dell'analisi era più che valido, prima di raggiungere il livello successivo, altrettanto valido.
La cosa più incredibile dei computer è che uniscono questo pensiero assolutamente geometrico a una consistenza meccanicistica.
Le persone che sono particolarmente sensibili a tale aspetto della cultura occidentale subiscono in modo incredibile il fascino dei computer (ndr esiste chi sogna la fusione uomo-macchina, vero Hor?) e quindi sono disposi a prenderli come base del loro modello della mente umana.
In posizione diametralmente opposta troviamo le scienze umanistiche che traggono ispirazione dalla tradizione dell'auto-esplorazione. Uno dei cambiamenti che possiamo osservare nelle lingue in uso in Occidente, parallelamente all'impiego del termine "sé" e dei suoi derivati, è lo sviluppo di un gergo particolarmente ricco connesso all'esplorazione dell'interiorità.
Espressioni come "profondità interiore" fanno ormai parte integrante della nostra cultura.
Il concetto di "identità" è un'altra derivazione dell'auto-conoscenza, inerente al percorso dell'auto-esplorazione. Si sente spesso parlare di "scoperta della propria identità", o di "crisi di identità" vale a dire persone che ancora non conoscono la loro identità e vivono il dolore e il dramma di quella scoperta.
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