Sto cercando di organizzare degli spunti per raccogliere basi teoriche per una terapia intelligente (ovviamente, da applicare a me stesso).
Metterò i miei primi spunti a disposizione dei lettori.
I lettori razionali potrebbero trovare interessante e appassionante il metodo.
Inizio l'esposizione (è scritto in seconda persona perchè l'ho mandato a un amico).
Per capire questo articolo dovresti seguire questi passaggi:
1)Dividere l’articolo in proposizioni.
2)L’articolo è stato scritto in modo tale che ogni proposizione segua dalla precedente, quindi c’è la facilitazione che puoi seguire l’ordine originale delle proposizioni (a parte nei punti in cui dico chiaramente di riguardare una proposizione anteriore alla precedente).
3)Ogni parola di ogni proposizione deve avere un’interpretazione definita: non passare alla lettura della proposizione successiva se non trovi l’interpretazione anche solo di una parola della proposizione precedente: le proposizioni vanno viste come tasselli di lego. Se non è chiaro il significato di tutte le parole di una proposizione, non si può collegare il tassello successivo (pena, allontanarsi dalla comprensione del messaggio).
4)Dato che l’argomentazione è densa di passaggi logici, una sola lettura può facilmente non coglierli tutti, quindi una volta finita la lettura è opportuno ricominciare la lettura seguendo le istruzioni 1, 2, 3, 4. Reiterare le letture poi, oltre a questo, è necessario per apprendere sempre meglio il messaggio globale dell’articolo (dato che le istruzioni che ho dato aiutano a cogliere il messaggio locale, ma possono far sfuggire il significato globale: per cogliere questo ci vogliono letture reiterate. Questo non richiede un impegno intellettuale profondo, perché una nuova lettura risulta sempre più facile della precedente).
Per spiegarti la strada che sto seguendo è necessario che tu mi segua nell’analisi di alcune proprietà dell’”intelligenza”.
Parto dalla domanda "cos'è l'intelligenza?".
Per rispondere a questa domanda provo a fare un'astrazione sui meccanismi che segue un sistema intelligente.
Riflettendo su questo sistema, è ovvio constatare che l'intelligenza ha a che fare con una cosa che si definisce "consapevolezza".
Un sistema intelligente è un sistema che cerca di essere consapevole di qualcosa... diciamo che, in generale, un sistema intelligente è un sistema che cerca di essere consapevole e basta.
Intanto, definiamo cos’è la “rappresentazione della realtà del sistema”: essa è un insieme di fenomeni la cui distribuzione presenta una quota di ordine e una quota di casualità.
Ora definiamo la consapevolezza (intesa come programma, o funzione, del cervello) in questo modo:
La funzione “consapevolezza” è un programma che associa a un qualunque fenomeno X il fenomeno X’, e lo aggiunge all’insieme dei fenomeni della rappresentazione della realtà.
In pratica, se X è un fenomeno, il fenomeno X’ è il fenomeno che dice “io sono consapevole di X”.
E’ opportuno chiarire che X e X’ non sono le rispettive traduzioni verbali di X e X’, cioè… X’ non è equivalente alla frase “io sono consapevole di X”: X’ è una “consapevolezza di X”, cioè una “sensazione”, che noi, per comunicarcela, la traduciamo con l’espressione verbale “io sono consapevole di X”.
D’ora in poi confonderò i fenomeni con la loro traduzione verbale, ma sarà solo un modo improprio per definire quei particolari fenomeni di cui andrò a parlare!
Sicuramente, esiste un circuito, sul piano neurologico, che attua un programma isomorfo al programma “consapevolezza”, ma a noi non interessa trovarlo: siccome è isomorfo (cioè, ha la stessa struttura), possiamo analizzare il programma “consapevolezza” su un piano meno complicato del piano neurologico.
Tornando all’analisi del programma “consapevolezza”, per avere un’idea pratica su come funzioni, si può dire che il sistema, attraverso l'osservazione e la riflessione, associa un valore di consapevolezza ad ogni fenomeno osservato nella sua realtà.
Per esempio, se io rilevo il fenomeno X
X= “è caduta una mela”
Con la funzione “consapevolezza” posso produrre il fenomeno X’
X’= “io sono consapevole che è caduta una mela”
E dopo aver prodotto X’ il programma “consapevolezza” aggiungerà X’ all’insieme dei fenomeni della sua rappresentazione della realtà.
Chiamiamo “teoremi di C” tutti i fenomeni che sono stati prodotti dalla funzione “consapevolezza”.
Per esempio, X’ è un “teorema di C”, perché è stato prodotto dal programma “consapevolezza” (attraverso il fenomeno X).
In questo modo, la funzione consapevolezza determina una procedura di decisione, per stabilire se un fenomeno è un teorema o no del programma “consapevolezza”.
Naturalmente, il sistema intelligente tenderà ad essere consapevole di qualunque fenomeno della sua rappresentazione, cioè, tenderà alla Consapevolezza Assoluta dell'intera sua rappresentazione (che comprende sia la rappresentazione esteriore della realtà percepita, sia quella interiore del soggetto che percepisce).
Andando avanti in questo scrupoloso lavoro di consapevolizzazione (analogamente al lavoro dei matematici di tentare di dimostrare più teoremi possibili di un sistema formale), il sistema arriverà ad applicare la funzione "consapevolezza" anche ai fenomeni riguardanti il nucleo della sua rappresentazione: il soggetto percepiente. E' a questo punto che avviene la consapevolezza più profonda, cioè la consapevolezza dell'io, profonda perché determina una nuova fase evolutiva dell’individuo.
Come avviene la consapevolezza dell’io? Avviene in modo del tutto casuale.
Supponiamo che il sistema intelligente abbia prodotto, con il programma “consapevolezza”, questi teoremi:
“IO sono consapevole che è caduta una mela”
“IO sono consapevole che domani devo andare a lavorare”
“IO sono consapevole che questa frase è formata da 11 parole”.
Il significato della parola “IO” quindi, viene definito nel sistema di rappresentazione del soggetto.
Ora, ricordati che ogni teorema della funzione “consapevolezza”, una volta prodotto, entra a far parte della rappresentazione della realtà del soggetto, integrandola con ogni nuovo teorema, cioè, ogni nuovo “teorema di C” (consapevolezza), una volta prodotto, diventa un nuovo fenomeno della rappresentazione della realtà del soggetto, in questo modo:
1)Il sistema rileva il fenomeno X
2)Il sistema applica “consapevolezza” a X e produce il teorema X’.
3)X’ diventa un nuovo fenomeno della rappresentazione della realtà del sistema
4) Il sistema può applicare la funzione consapevolezza al nuovo fenomeno X’, producendo un nuovo teorema: X’’.
Se per esempio X’ dice “sono consapevole che è caduta una mela”, X’’ dirà “sono consapevole che sono consapevole che è caduta una mela”, X’’’ dirà “sono consapevole che sono consapevole che sono consapevole che è caduta una mela”.
Ecco perché la funzione “consapevolezza” non può avere mai un limite, ma è un programma che non cessa mai (e quindi non può raggiungere la “consapevolezza assoluta”): infatti, anche ammesso che la funzione consapevolezza riesca a convertire tutti i fenomeni della rappresentazione della realtà in consapevolezze, resterebbe il fatto che ogni volta che “consapevolezza” produce un nuovo teorema, questo nuovo teorema amplia la rappresentazione della realtà con un nuovo fenomeno ancora non convertito in consapevolezza, quindi la rappresentazione della realtà verrebbe ampliata in continuazione con nuovi fenomeni, e quindi il programma “consapevolezza”, per esaurirsi, dovrebbe “convertire” un insieme infinito di fenomeni: assurdo.
Ma tornando alla consapevolezza dell’io… come avviene?
Dicevo: supponiamo che il programma “consapevolezza” rilevi il fenomeno I:
I= “io sono un soggetto percepiente”.
E’ a questo punto che il programma “consapevolezza” può produrre un nuovo teorema I’:
I’= “io sono consapevole di essere un soggetto percepiente”
Ecco fatto: senza volerlo, senza prevederlo, il sistema intelligente ha prodotto casualmente la consapevolezza dell’io, che, come vedrai, ha effetti “devastanti” nella struttura cognitiva, e quindi psichica, dell’uomo, e soprattutto, nella sua rappresentazione della realtà.
Infatti, quando I’ viene introdotto nella nuova rappresentazione della realtà, il soggetto percepiente non avrà più una rappresentazione della realtà “indipendente” dal suo io, ma anzi, il suo io diventerà un elemento ineliminabile della sua realtà (non riuscirà più a concepire un modello della realtà privo di una coscienza che lo percepisce).
Per verificare se la tua mente ha prodotto il teorema I’ (potrebbe darsi che ancora non l’ha prodotto) basta che verifichi gli “effetti” che questa consapevolezza provoca sulla psiche:
la produzione di I’ dovrebbe provocare, per esempio, domande strane come "perchè io sono io e non sono qualcun altro?", o comunque la percezione di qualcosa che non quadra, un'asimmetria troppo grossa tra io e non-io, come se ci fosse qualcosa che non torna e che necessita, quindi, di nuove riflessioni.
Probabilmente, la tua mente non ha ancora prodotto I’, perché se l’avesse prodotto non percepiresti la filosofia come qualcosa di astratto o inutile, in quanto l’esistenza della filosofia sarebbe giustificata da quelle domande come “perché sono io e non sono qualcun altro?” indotte dalla produzione del teorema I’.
Se tu non riesci a spiegarti il motivo dell’esistenza della filosofia, o non riesci a spiegarti perché certe persone si fanno certe domande, e non vedi concretezza in quelle domande, è perché non hai ancora prodotto quella particolare “consapevolezza”: I’.
Questo non vuol dire che non produrrai mai quella consapevolezza, infatti, per produrla, basta solo che rivolgi il tuo programma “consapevolezza” al tuo io, lo puoi fare perché il tuo io già appartiene ai fenomeni della tua rappresentazione della realtà (un bambino non può produrre quella consapevolezza, perché la sua rappresentazione della realtà non ha ancora prodotto il fenomeno “io”).
Continuando nella mia descrizione di questo meccanismo comune ai sistemi intelligenti, vediamo dove arriviamo.
Hai capito che il programma “consapevolezza” è un programma che non ha limiti di applicazione: si può applicare all’infinito senza raggiungere mai il fondo, essendo sicuri che ci saranno sempre nuovi fenomeni da poter convertire in “consapevolezze”.
Ora, prova a immaginare cosa succederebbe se un sistema intelligente attui questa procedura maniacale:
1) Io rilevo un qualunque fenomeno A
2) Subito produco il teorema A’
Applicando questa procedura, l’effetto sarà che il sistema intelligente diventerà sempre più iper-critico, incrementando così la sua coscienza sempre di più.
Per esempio, sarà sempre più difficile sentire sentimenti, impressioni mentali, o altri fenomeni , in modo “inconsapevole”, e anche quando capita, subito verrebbero convertiti in consapevolezze.
Ma questo non è meccanico. Un sistema intelligente può scegliere di non trasformare alcuni fenomeni che rileva in consapevolezze.
Dal punto di vista soggettivo, "trasformare un fenomeno rilevato in consapevolezza, significherebbe sentire quel fenomeno in un modo particolare, sentirlo e viverlo in modo consapevole, non in modo ‘inconsapevole’ come potrebbe fare la media delle persone che ancora non hanno prodotto I’ ”.
Teorema di Godel:
per spiegarti il teorema di Godel in modo sintetico, parto da un’analogia.
Saprai già che per ogni curva rappresentata su un piano esiste un’equazione matematica, con due variabili x y, che descrivono quella curva su un piano cartesiano (Cartesio ha fatto questa scoperta).
Per esempio, ogni lettera di questo mio articolo può essere rappresentata da un’equazione sul piano cartesiano, cosicché, se invece di scriverti questa lettera in questa forma, ti mandassi tutte le equazioni associate ad ogni lettera, tu potresti ugualmente capire il messaggio che ti sto mandando, anche se questo codice richiederebbe molto più tempo e fatica per essere decodificato!
Perché ti ho parlato della scoperta di Cartesio? Perché, con un ragionamento analogo, Godel ha dimostrato che ogni sistema formale può essere codificato con regole aritmetiche definiti sui numeri naturali.
Per esempio, i teoremi della fisica, possono essere convertiti in funzioni aritmetiche da applicare a un insieme di numeri naturali (gli assiomi tradotti in numeri).
In questo modo, un teorema dedotto dagli assiomi, equivale a operazioni aritmetiche fatte sui numeri associati agli assiomi.
Per rendere più chiaro il meccanismo uso uno schemetto:
un sistema formale si costruisce così:
1)si pone un insieme (finito o infinito) di assiomi (teoremi primitivi).
2)si prendono le regole del calcolo proposizionale.
3)si traduce ogni assioma nel linguaggio del calcolo proposizionale.
4)si producono nuovi teoremi attraverso le regole del calcolo proposizionale applicate agli assiomi tradotti nel punto 3.
Godel ha dimostrato che, per ogni sistema formale, si può seguire anche questa via:
1)si pone un insieme (finito o infinito) di assiomi (teoremi primitivi)
2)si prendono le regole del calcolo proposizionale
3)si traduce ogni assioma nel linguaggio del calcolo proposizionale
4)si associa ad ogni simbolo del calcolo proposizionale un numero naturale, in modo da creare un “codice aritmetico” del calcolo proposizionale
5)si traduce ogni assioma espresso nel linguaggio del calcolo proposizionale (nel punto 3) in un numero naturale (le cifre che compongono ogni assioma tradotto in numero sono quelle associate ai simboli del calcolo proposizionale che descrivono l’assioma).
6)per ogni regola del sistema formale, esiste una funzione aritmetica nel codice aritmetico in cui è stato codificato il sistema.
7)Se si trovano le funzioni aritmetiche associate alle regole degli assiomi, è possibile dimostrare nuovi teoremi attraverso elementari calcoli aritmetici, il risultato dei quali, ritradotto nel linguaggio del calcolo proposizionale, diventa un nuovo teorema.
Quindi, ogni sistema formale è codificabile nell’aritmetica, cioè, l’aritmetica, unita al calcolo proposizionale, è un sistema talmente potente che può descrivere qualunque sistema formale, qualunque ragionamento logico e analogico fatto su qualunque argomento.
Anche la percezione di un individuo quindi, e l’insieme di tutte le sue emozioni e meccanismi fisiologici, sono “aritmetizzabili”, cioè, ad ogni fenomeno fisiologico si può associare un numero naturale e, in alcuni casi, trovare la funzione aritmetica che genera quel numero naturale a partire da operazioni fatte sugli assiomi (codificati in numeri).
Comunque, a causa del punto (5), è facile vedere che, nel formulare un’analisi psicologica, bisogna stare attenti al linguaggio con cui si analizzano i processi psichici, cioè rispettare le regole del calcolo proposizionale in modo da rendere i postulati “traducibili” in operazioni aritmetiche tra numeri naturali che non generino contraddizioni, cioè che non generino numeri che, tradotti nel linguaggio del calcolo proposizionale, abbiano questa forma:
X e nonX (=contraddizione).
Per fare una verifica del genere, bisognerebbe quindi tradurre i postulati della teoria in numeri (o stringhe del calcolo proposizionale), e trovare le regole aritmetiche (o proposizionali, se si usa il codice del calcolo proposizionale) con cui ricavare le deduzioni a partire dagli assiomi.
Non è possibile fare con precisione questa “codificazione” aritmetica delle teorie psicologiche, perché le teorie psicologiche sono espresse in un linguaggio dalla semantica non definita: per poter tradurre una teoria in numeri, o in stringhe del calcolo proposizionale, bisognerebbe definire il significato di ogni singola parola, in modo inequivocabile.
Sicuramente, il linguaggio umano non ha una semantica ben definita, quindi per fare un’analisi psicologica attendibile e il più possibile coerente, bisogna costruire un linguaggio in cui sia definito il significato di ogni singola parola usata per descrivere un processo psichico.
Il linguaggio formalizzato, con semantica definita, è quindi lo strumento per attuare l’analisi, ma i “dati” da manipolare sono i processi psichici in se’.
Quindi, l’analizzatore della psiche, deve individuare più processi psichici possibili di se' stesso, per poi associare ad ognuno di essi una “parola” da mettere nel suo linguaggio formalizzato.
Una volta raccolti questi dati, avrà raccolto anche le parole associate ad esse, e con quelle parole potrà svolgere l’analisi psicologica, attraverso la quale può studiare eventuali soluzioni a disturbi psichici.
Lo strumento più efficace per poter raccogliere questi “dati” è la funzione “consapevolezza”, di cui ti ho parlato all’inizio: questa funzione del cervello deve essere applicata nel modo maniacale che descrivevo prima, cioè questo:
1)rilevo in me un qualunque fenomeno A
2)subito converto A in A’ (ne prendo consapevolezza)
3)invento una parola, o un insieme di parole, P(A’) per definire A’
4)aggiungo P(A’) all’elenco di parole del mio linguaggio formale usato per svolgere l’analisi psicologica.
Quindi, ogni volta che rilevo in me una pulsione particolare psichica, ne divento consapevole, e prendendone consapevolezza posso definirla con una parola, a cui associare esattamente quella pulsione psichica di cui ho preso consapevolezza.
Quando avrò raccolto abbastanza meccanismi inferenziali della mia psiche disporrò di una mappa sempre più completa e coerente della mia psiche, e potrò formulare congetture che mi dicano come poter superare il disturbo ansiogeno (magari le varie tappe).
Questa è la prima bozza del mio lavoro, successivamente potrei chiarirla meglio.
Adesso segui le istruzioni 1, 2, 3 e 4 all'inizio dell'esposizione :wink: