Penso anch'io la stessa cosa da tantissimi anni, tanto che avrei voluto aprirci un topic. Sono contento di leggere che qualcun altro pensi la stessa cosa
. Esiste un gap, come hai detto tu, che riguarda l'arte tutta e non solo le persone colte, ma anche gente qualsiasi che si trova ad apprezzare un film drammatico o il testo di una canzone esistenzialista, ma nella realtà quegli stessi eventi o stati d'animo non starebbe ad apprezzarli ma appunto a deriderli. La rigida verità (usando la dose di comprensione che non mi ritorna facilmente) è che l'arte trasfigura il fatto bruto rendendo fruibile ed apprezzabile ciò che nella vita reale è sconveniente, fonte di paura e pertanto puntualmente rifuggito, volentieri deriso nel tentativo di esorcizzare lo spauracchio. Da ragazzino mi ricordo che pensavo spesso a questo come superficialità e ipocrisia e falsità dell'egoismo dell'altro. Pensavo che molti, tanti, "tutti" non avrebbero avuto il coraggio di gettare la maschera, cosa che io tentavo di fare con un certo orgoglio quasi, come fosse un atteggiamento di ribellione, uno schiaffo in faccia (alla maschera
) della gente tutta presa dalla smania di recita. Quel che dici per cui non si salvano neanche i letterati rende il misfatto ancora più insopportabile e imperdonabile, ma finché io sono rimasto immerso nell'ambiente universitario della letteratura ho trovato dimensioni di respiro e realizzazione ed empatia (respiro... molto respiro). Fuori da lì... come l'albatro infermo di Baudelaire:
Sovente, per diletto, i marinai catturano
degli albatri, grandi uccelli marini
che seguono, indolenti compagni di viaggio,
il bastimento scivolante sopra gli abissi amari.
Appena li hanno deposti sulle tavole, questi
re dell'azzurro, goffi e vergognosi,
miseramente trascinano ai loro fianchi le grandi,
candide ali, quasi fossero remi.
Come è intrigato e incapace, questo viaggiatore alato!
Lui, poco addietro così bello, com'è brutto e ridicolo!
Qualcuno irrita il suo becco con una pipa mentre un altro,
zoppicando, mima l'infermo che prima volava!
E il poeta, che è avvezzo alle tempeste e ride dell'arciere,
assomiglia in tutto al principe delle nubi: esiliato
in terra, fra gli scherni, non puo' per le
sue ali di gigante avanzare di un passo.