..Della serie, ricicliamo le questioni annose, del tipo, è nato prima l'uovo o la gallina?
Qualche settimana fa, mi sono imbattuto in un videogame di recente produzione, ispirato al genere punta&clicca 2D, che ha vissuto il suo momento di gloria negli anni '90. Gli appassionati del genere non mancano ed inoltre - immagino - risulta molto più facile lavorare ad un progetto che sia graficamente meno impegnativo, per cui di tanto in tanto ne spunta qualcuno. Anche nel ventunesimo secolo, ebbene si.
Sono un retrogamer affezionato e quindi, se possibile, non me ne faccio sfuggire nessuno.
Ebbene, stringo il brodo. L'esperienza videoludica di cui sopra è intitolata
Gemini Rue ed è ambientata nel "classico" immaginario di futuro distopico orwelliano, colorato (per modo di dire) da pennellate di grigio proprie delle avventure grafiche indie/sci-fi. Chi conosce Beneath a Steel Sky, probabilmente farà un piccolo tuffo nel passato.
Di seguito, vi riporto la scena finale - presumo che nessuno ci stia giocando, in caso contrario, smettete di leggere immediatamente (
). Consiglio agli altri di spostarsi verso il quarto-quinto minuto.
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Molto in breve, il tema centrale del videogioco si snoda attorno ad una sorta di centro di riabilitazione, gestito dal Big Brother di turno, che si procura malcapitati "pazienti" da sottoporre a continui lavaggi del cervello e rieducare a suo piacimento, rendendoli militari efficaci e costruendo un passato ed un'identità artefatti per ciascuno di essi.
Per non ridurre allo stato vegetativo le sue vittime, il Big Brother risparmia dal resetting l'area cerebrale propria delle facoltà cognitive e della coscienza.
Per forza di cose, in alcuni pazienti questa coscienza sopita riemerge, in completa assenza di un bagaglio di ricordi e di una vita passata, lasciando intendere che, forse, l'identità non è correlata alle esperienze vissute.
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Torniamo nella realtà.
Ed abbandoniamo i fantastici mondi romanzati.
Fermo restando che si tratta di un discorso inestricabile e che le variabili in gioco psico-socio-genetiche sono innumerevoli, secondo voi è veramente così?
Secondo voi l'indole, il carattere che ci ritroviamo sono "dentro di noi", sono parte di una sorta di componente istintuale.. oppure sono necessariamente correlati alle esperienze che viviamo?
Penso spesso a quando alcuni di voi scrivono,
"io non ero timido ma mi ci hanno fatto diventare, come vorrei tornare indietro agli anni delle superiori, se non avessi subito tot. bullismo, se non avessi vissuto quella delusione d'amore sarei diverso!".
L'ipotesi più plausibile vorrebbe che il nostro "io" sia frutto di un delicato equilibrio tra la natura personale e la compagine empirica.
E voi cosa ne dite?