Allora, si tratta di libri un po’ “pallosi” (come me
).
Primo con distacco incommensurabile:
La Divina Commedia – Dante Alighieri
Sottotitolo: a ciascuno il suo
; pluralità di significati, stile e finalità in un‘opera che sforza la fantasia e la mente umana fino al massimo grado di complessità mai raggiunto ("il poema sacro, a cui hanno posto mano e cielo e terra") per realizzare la più grande utopia mai sognata: la giustizia.
Poi, in puro ordine cronologico:
2) Il fu Mattia Pascal – Luigi Pirandello (l’impossibilità di togliersi la “maschera” protettiva dalle convenzioni sociale, sia nella “vecchia” vita che nella “nuova”)
3) La coscienza di Zeno – Italo Svevo (il prigioniero di se stesso e dell’inerzia creata dalle proprie abitudini: che sobbalzo nel leggere la storia di Zeno tanto meno calcolato da Ada quanto più pensa di averla conquistata e “costretto” a sposare la sorella Augusta!)
4) 1984 – George Orwell (ma va’?
) (costruzione grandiosa, inferno reso in tutti i particolari, immersione senza limiti nei meccanismi che regolano,
tempo presente, l’esercizio del consenso, attivo e passivo nello stesso momento, al potere, la distinzione tra il soggettivo e l’oggettivo, la strumentalizzazione delle più recondite paure e dei più bassi istinti per ipnotizzare le masse in uno stato di lucida follia).
5) Il nome della rosa – Umberto Eco (praticamente la stessa critica alla Chiesa e a tutti gli assolutismi e dogmatismi, in una cornice da romanzo storico, fatta da Dan Brown nel Codice da Vinci, ma a mio modesto avviso, con uno stile, una ricchezza di ambientazione e una perfezione nel meccanismo del “giallo” e nel realismo dei personaggi, che l’americano si sogna
).