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24-04-2011, 13:41
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#1
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A. Schopenhauer osserva che l’amore è legato alla sessualità, la quale a sua volta esprime la volontà della specie di proseguire la sua esistenza.
A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, II, 44
Ogni innamoramento, infatti, per quanto voglia mostrarsi etereo, ha la sua radice solo nell’istinto sessuale, anzi è in tutto e per tutto soltanto un impulso sessuale determinato, specializzato in modo prossimo e rigorosamente individualizzato.
[...] L’estasi incantevole, che coglie l’uomo alla vista di una donna di bellezza a lui conveniente e che gli fa immaginare l’unione con lei come il sommo bene, è proprio il senso della specie, che, riconoscendo chiaramente impresso in essa il suo stampo, vorrebbe con essa perpetuarlo. Da questa decisa inclinazione verso la bellezza dipende la conservazione del tipo della specie: perciò esso agisce con cosí gran forza. Noi considereremo piú oltre singolarmente gli accorgimenti, che esso adopera. L’uomo è dunque in ciò guidato realmente da un istinto, che tende al miglioramento della specie anche se si illude di cercare soltanto un accrescimento del proprio godimento. In effetti noi abbiamo qui un istruttivo chiarimento sull’intima essenza di ogni istinto, il quale quasi sempre, come qui, mette in moto l’individuo per il bene della specie.
[...] Conformemente all’esposto carattere della cosa, ogni innamorato, dopo il godimento finalmente raggiunto, prova una strana delusione e si meraviglia, che ciò che ha cosí ardentemente desiderato non dia nulla di piú di ogni altro appagamento sessuale; tanto che egli ormai non si vede piú spinto verso di esso. Quel desiderio dunque stava a tutti i rimanenti suoi desideri nello stesso rapporto con cui la specie sta all’individuo, ossia come una cosa infinita e una finita. L’appagamento al contrario avviene propriamente solo per il bene della specie e non cade perciò nella coscienza dell’individuo, il quale qui, animato dalla volontà della specie, serviva con ogni sacrificio ad un fine, che non era il suo proprio.
Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol. XIX, pagg. 653-656
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24-04-2011, 13:56
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#2
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Schopenhauer, L’amore è compassione
Per Schopenhauer l’amore consiste nel capire il dolore degli altri attraverso il proprio dolore e averne una disinteressata compassione.
A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, § 67
Abbiamo veduto come dall’oltrepassamento del principii individuationis venisse, nel grado minore, la giustizia, e nel maggiore la bontà vera e propria dell’animo, la quale ci si mostrò come puro, ossia disinteressato amore per gli altri. Dove quest’amore si fa perfetto, rende l’individuo estraneo e il suo destino affatto pari al nostro: piú in là non si può andare, non essendovi ragione di preferire l’altrui individuo al nostro. Può nondimeno la massa degli individui estranei, il cui benessere o la cui vita siano in pericolo, prevalere sui riguardi del bene individuale. In tal caso il carattere asceso all’altissima bontà e alla perfetta generosità sacrifica in tutto il suo bene al bene dei piú: cosí periva Codro, cosí Leonida, cosí Regolo, cosí Decio Mure, cosí Arnoldo di Winkeried, cosí ciascuno, che volontariamente e consapevolmente per i suoi, per la patria va a morte sicura. Alla medesima altezza sta chiunque di buon animo affronti dolore e morte per l’affermazione di ciò che all’umanità intera giova ed a buon diritto spetta, ossia per verità generali e importanti, e per l’estirpazione di grossi errori. Cosí periva Socrate, cosí Giordano Bruno. cosí trovarono tanti eroi della verità la morte sul rogo, tra le mani dei preti.
[...]
Quel che adunque bontà, amore e nobiltà posson fare per altri, è sempre nient’altro che lenimento dei loro mali; e quel che per conseguenza può muoverle alle buone azioni e opere dell’amore, è sempre soltanto la conoscenza dell’altrui dolore, fatto comprensibile attraverso il dolore proprio, e messo a pari di questo. Ma da ciò risulta che il puro amore (agape, caritas) è, per sua natura, compassione.
A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Laterza, Bari, 1968, vol. II, pagg. 491-492
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24-04-2011, 14:58
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#3
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Per Schopenhauer, se si vuole eliminare radicalmente il dolore, bisogna liberarsi dalla stessa Volontà di vivere: non serve a nulla eliminare una manifestazione (un individuo) di tale Volontà.
Come, allora, liberarsi dalla Volontà di vivere? Schopenhauer individua diverse vie. L'arte, in primo luogo: l’"arte”, infatti, è contemplazione disinteressata degli archetipi (non "questo amore", ad esempio, è l'oggetto dell'arte, ma "l'amore” il modello di amore). L'arte, quindi, libera l'individuo dalla catena quotidiana dei desideri e dei bisogni.
Una via superiore è la "pietà” che è amore disinteressato verso il prossimo, un amore che nasce dal sentire come nostro il dolore altrui, un amore che ci libera dall'egoismo, dalla volontà. Il top della liberazione dal dolore si può avere, infine, con l’"ascesi”, in altre parole con la soppressione di ogni desiderio di vita (dalla castità alla povertà al digiuno all'automacerazione).
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