Secondo me nella maggior parte dei casi c'è un accordo tacito tra chi cura o offre cure e chi viene curato rispetto alle condizioni di salute da dover raggiungere, il tipo di funzionalità da ripristinare ed anche in buona misura sul come raggiungere l'obiettivo (anche se nello specifico della tecnica usata nei particolari se ne occuperà il medico, dato che un paziente non avrebbe la preparazione per occuparsene). E' grazie a questo tipo di accordo che si è riusciti a definire ed identificare le cosiddette malattie.
Là dove questo accordo non c'è vengono a crearsi una serie di problemi, anche perché in generale io non saprei dire chi dovrebbe aver ragione, anche chiamando in causa altri "esperti" si potrebbe lo stesso non essere d'accordo a monte.
In generale c'è un disagio umano, che può comportare anche dolore fisico o altro. Quale dovrebbe essere l'intervento medico che lo elimina? Spesso non è ben chiaro.
Si potrebbe prendere in considerazione il parto naturale... Questa cosa comporta svariati disagi per una donna ed anche sofferenza fisica... Ma partorire è una malattia?
Anche se si riconoscesse che non è una malattia lo stesso è qualcosa che lasciato così com'è provoca una sofferenza rispetto alla quale una persona potrebbe desiderare intervenire in svariati modi e dovrà essere la persona stessa a decidere poi grosso modo di che tipo di intervento avrebbe bisogno e ai curanti offrirlo o meno in base alle loro competenze ed intenzioni.
Penso che in fin dei conti lo stato di salute lo si potrebbe identificare grazie ad un accordo praticamente unanime e transculturale, chiaro che non corrisponderà ad uno stato di benessere umano, perché esisteranno molti altri disagi non condivisi rispetto ai quali si può riconoscere la necessità soggettiva di certi tipi di interventi mirati.
Ecco, in questi casi non si può parlare propriamente di malattie secondo me.
Si cura comunque qualcosa, ma sono problemi soggettivi e personali sui quali si desidera intervenire in qualche modo, non sono malattie, è il soggetto stesso che dovrà cercare di definire lo stato di benessere che desidererebbe ottenere (stato di benessere che potrebbe coinvolgere anche altri oggetti. situazioni e persone) o magari al limite accettare o rifiutare lo stato di benessere che gli vogliono vendere perché non si potrà usare il tacito accordo (come quello che si potrebbe usare quando si va dal dentista). Poi che lo si possa ottenere o meno è un altro problema.
Alcune volte è necessario ingaggiare un dialogo preliminare con i curanti proprio per individuare di che tipo di cura si avrebbe bisogno e se i curanti o qualsiasi tipo di persona offra servizi di cura (e si va dal medico vero e proprio, che so chirurgo estetico, psichiatra ecc. allo psicoterapeuta, prete, cartomante ecc.) non basta affatto una diagnosi secondo me... Quando anche ti è stato detto che sei super timido non è ben chiaro per te il disagio in cosa consista... Nella timidezza in sé, nelle reazioni sociali... O altro?
Tu cosa vorresti ottenere?
Le malattie sfumano nei disagi soggettivi ed individuali che possono tirare in causa un mucchio di variabili diverse e rispetto ai quali non è possibile fornire una diagnosi precisa di morbo perché potrebbe non intercettare quel che l'individuo ritiene disturbante. Anche gli agenti di cura non potranno essere identificati semplicemente soltanto in agenti operanti in ambito medico. Per questo poi secondo me è anche corretto provare a curare i disturbi mentali o con farmaci o con psicoterapeuti o magari anche altro. Parlo di disagio perché non è ben identificato lo stato di salute che dovrebbe curarlo, è qualcosa di vago, ma che può provocare anche sofferenze notevoli.
Per questo io trovo più corretta l'impostazione di un Jung rispetto a queste cose (che non ha mai separato nettamente quel che faceva da molte altre pratiche di tipo anche religioso) che Freud.
Una persona che si sente a disagio perché ha commesso peccato, la si potrà mai curare con l'analisi o la psicoterapia? Secondo me no, sarà molto più semplice mandarla da un confessore che la assolverà.