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Vecchio 03-08-2012, 01:26   #1
Principiante
L'avatar di ClaudeFrollo
 

Dopo lunga assenza, eccomi di ritorno da queste parti.
Qualche giorno fa, ascoltando una conversazione (solo ascoltando eh!), riflettevo sul Principio d’Inerzia, o meglio su una parte di esso:

Quote:
Se la forza totale applicata a un punto materiale in stato di quiete è uguale a zero, allora esso resterà inerte.
Ovvero: affinché avvenga una certa cosa, è necessaria una forza diversa da zero.

Io sono dell'opinione che anche il comportamento umano ed animale sia soggetto a questa legge: nessun essere fa qualcosa per niente: ogni cambiamento è sempre provocato da una forza. Di vari tipi. Ad esempio:

Il fatto che io abbia sete è una forza che mi induce a bere.
Il desiderio di popolarità è una forza che mi induce a mettermi in opera affinché la ottenga.

Ragionando in questi termini, si può affermare che il desiderio di socialità-affetto-amore è una forza che mi induce a modificare il mio stato di quiete, ad adoperarmi affinché tale bisogno trovi risposta.

E' evidente che per molti degli iscritti su questo forum, me compreso, quest'ultimo passaggio avviene raramente e con moltia difficoltà.

Allora vi chiedo: la causa della nostra inerzia non sarà mica dovuta alla mancanza di una effettiva forza? È plausibile che il nostro desiderio di interagire con gli altri non sia così forte, tanto da "convincerci" a modificare il nostro stato di quiete? Che livello dovrebbe raggiungere il nostro desiderio di stare con gli altri, affinché riesca a smuoverci dal nostro cantuccio e ad avanzare verso il prossimo?

Fine del delirio notturno ...
Vecchio 03-08-2012, 01:36   #2
Esperto
L'avatar di g.v.f
 

Da una parte la penso anche io così.
Credo che ci sia un meccanismo nel dolore che ci piace e di conseguenza la volontà e forza di reagire non è massima.
Dall'altra sostengo che ci mancano i mezzi che la fobia ci ruba. Come un paralizzato che vuole andare a correre ma non può.

Vecchio 03-08-2012, 02:03   #3
Abc
Banned
 

Quote:
Originariamente inviata da ClaudeFrollo Visualizza il messaggio
Dopo lunga assenza, eccomi di ritorno da queste parti.
Qualche giorno fa, ascoltando una conversazione (solo ascoltando eh!), riflettevo sul Principio d’Inerzia, o meglio su una parte di esso:



Ovvero: affinché avvenga una certa cosa, è necessaria una forza diversa da zero.

Io sono dell'opinione che anche il comportamento umano ed animale sia soggetto a questa legge: nessun essere fa qualcosa per niente: ogni cambiamento è sempre provocato da una forza. Di vari tipi. Ad esempio:

Il fatto che io abbia sete è una forza che mi induce a bere.
Il desiderio di popolarità è una forza che mi induce a mettermi in opera affinché la ottenga.

Ragionando in questi termini, si può affermare che il desiderio di socialità-affetto-amore è una forza che mi induce a modificare il mio stato di quiete, ad adoperarmi affinché tale bisogno trovi risposta.

E' evidente che per molti degli iscritti su questo forum, me compreso, quest'ultimo passaggio avviene raramente e con moltia difficoltà.

Allora vi chiedo: la causa della nostra inerzia non sarà mica dovuta alla mancanza di una effettiva forza? È plausibile che il nostro desiderio di interagire con gli altri non sia così forte, tanto da "convincerci" a modificare il nostro stato di quiete? Che livello dovrebbe raggiungere il nostro desiderio di stare con gli altri, affinché riesca a smuoverci dal nostro cantuccio e ad avanzare verso il prossimo?

Fine del delirio notturno ...
Io vivo di moto rettilineo uniforme, quindi anche su di me non agisce alcuna forza, sono incapace di reagire. Vivere costantemente con certi pensieri, a lungo andare, diventa deleterio. Mmh..desiderio di stare con gli altri ..o con sè stessi?
Vecchio 03-08-2012, 02:18   #4
Banned
 

Condivido il pensiero, l'osservazione non è banale.
Gli esempi, però, poco ci azzeccano.
La sete d'acqua o di popolarità che sia cercano soluzioni (il bere, nel primo esempio) che comportano la messa in gioco di forze interne (recarsi in un punto utile prossimo, procurarsi l'acqua e berla).
Il principio d'inerzia prevede invece che il corpo sia sottoposto unicamente a forze esterne.
Migliore esempio può essere una biglia immobile sopra ad un piano: le diamo un colpetto con un dito, e questa per inerzia rotolerà all'infinito. Nel mondo reale, in assenza di ostacoli rallenterà man mano la sua corsa a causa degli attriti.
Ovvero: una persona viene trascinata in un contesto sociale e si ritrova quindi forzatamente messa a contatto con altre persone. Per inerzia sociale con il passare del tempo aumenterà anche il numero dei contatti a cui la persona è sottoposta. Si considerino quindi gli attriti (energia dissipata irreversibilmente) come la forza necessaria a combattere le difficoltà/fobie legate alla situazione.
Due soggetti concorrono insieme nel determinare la grandezza degli attriti: non solo la forza d'inerzia è più duratura quando la superficie (contesto sociale) è liscia invece che ruvida, ma anche la forma, materiale e tipo di superficie della biglia devono avvicinarsi a parametri ideali.
Attenzione al fatto che anche la più perfetta biglia, se lanciata in salita su un perfettissimo piano marmoreo inclinato, rallenterà la corsa fino ad incontrare la discesa, anch'essa inevitabile e conseguenza del principio d'inerzia.
Sorte che potrebbe non capitare alla biglia che crea grandi attriti con la stessa superficie: poca inerzia ma poche probabilità di rotolare in discesa.
E condivido quindi anche il pensiero iniziale del thread secondo il quale zero forze esterne = zero inerzia = stato di perenne quiete.

Ultima modifica di La Moustache; 03-08-2012 a 02:21.
Vecchio 03-08-2012, 02:33   #5
Esperto
L'avatar di filosofo
 

Quote:
Originariamente inviata da ClaudeFrollo Visualizza il messaggio
Che livello dovrebbe raggiungere il nostro desiderio di stare con gli altri, affinché riesca a smuoverci dal nostro cantuccio e ad avanzare verso il prossimo?

Fine del delirio notturno ...
Questo è soggettivo.

Come principio generale, la ricerca del piacere deve diventare più forte del desiderio di protezione da possibili dolori.

Il fatto di trovarci nella posizione di osservatori ci permette di cogliere fin troppo bene anche gli aspetti disfunzionali presenti nelle relazioni, ed è fin troppo facile focalizzarsi su questi, anche per "tirare acqua al nostro mulino", giustificare una determinata condotta di vita tendenzialmente pavida.

In realtà, in una qualsivoglia relazione, tendenzialmente vi sono entrambi i lati della medaglia.

L'amore, per esempio, può proiettarti in alto, così come può consumarti o farti sfracellare al suolo.

Molto dipende dal lato della medaglia su cui siamo focalizzati.
Vecchio 03-08-2012, 03:26   #6
Banned
 

Forse non siamo incentivati a crearci una forza capace di modificare il nostro stato di quiete. E queste sollecitazioni mancanti non possono sempre provenire da noi, ma soprattutto in campo affettivo/relazionale/sociale devono provenire dall'esterno.
E se nessuno ci lancia dei segnali per cui valga veramente muoverci, allora saremo sempre indotti a rimanere inermi.
Effettivamente il tutto può essere ricondotto ad una grossolana reazione a catena: ho fame> mangio; ho sete> bevo.
L'anello mancante è, a mio avviso, il seguente: ....>sono felice.
Non me ne venga Leopardi, ma io sono convinto che si possa essere felici non solo nei sogni che alimentano le nostre speranze. Ma anche nella realtà. E sto parlando di una felicità duratura e non fugace, praticamente illimitata ed estesa ad affascinanti variabili tra cui: autostima, senso di appagamento, equilibrio mentale, niente ansia ecc...
Insomma, cos'è che dovrebbe condurci alla felicità? Forse un po' di approvazione da parte degli altri?
Una macchina, per quanto il suo motore sia potente, non partirà mai se prima non metto un po' di benzina nel serbatoio. Stessa cosa, secondo me, avviene per noi: se nessuno provasse a scuoterci, indicandoci la via, come potremmo smetterla di perderci? Come potremmo finalmente trovare la chiave di volta della nostra vita?
Vecchio 03-08-2012, 04:03   #7
Esperto
L'avatar di filosofo
 

Quote:
Originariamente inviata da rainy Visualizza il messaggio
Forse non siamo incentivati a crearci una forza capace di modificare il nostro stato di quiete. E queste sollecitazioni mancanti non possono sempre provenire da noi, ma soprattutto in campo affettivo/relazionale/sociale devono provenire dall'esterno.
E se nessuno ci lancia dei segnali per cui valga veramente muoverci, allora saremo sempre indotti a rimanere inermi.
Effettivamente il tutto può essere ricondotto ad una grossolana reazione a catena: ho fame> mangio; ho sete> bevo.
L'anello mancante è, a mio avviso, il seguente: ....>sono felice.
Non me ne venga Leopardi, ma io sono convinto che si possa essere felici non solo nei sogni che alimentano le nostre speranze. Ma anche nella realtà. E sto parlando di una felicità duratura e non fugace, praticamente illimitata ed estesa ad affascinanti variabili tra cui: autostima, senso di appagamento, equilibrio mentale, niente ansia ecc...
Insomma, cos'è che dovrebbe condurci alla felicità? Forse un po' di approvazione da parte degli altri?
Una macchina, per quanto il suo motore sia potente, non partirà mai se prima non metto un po' di benzina nel serbatoio. Stessa cosa, secondo me, avviene per noi: se nessuno provasse a scuoterci, indicandoci la via, come potremmo smetterla di perderci? Come potremmo finalmente trovare la chiave di volta della nostra vita?

Se non ci rendiamo visibili, attivi, e un minimo intraprendenti, dall'esterno non arriverà un bel nulla.

Credo inoltre che, che legando la nostra felicità all'approvazione degli altri, questi altri avranno "le nostre palle nel taschino".
Quando quest'approvazione ce la leveranno, perché prima o poi ce la leveranno, crolleremo.
Peraltro, l'approvazione, più la cerchi deliberatamente, meno la trovi. Il c.d. "paradosso dell'approvazione".

La felicità deve nascere da dentro. E questo richiede una grande forza di carattere.

Nella vita potrà capitarci che tutto e tutti ci voltino le spalle, e mica per un giorno... magari anche mesi... Cosa faremmo quindi? Rimarremo fermi perché nessuno ci riempie il serbatoio? Porteremmo la macchina in demolizione? Per carità, possono essere anche quelle delle scelte...

L'indipendenza affettiva è un requisito molto importante per incamminarsi verso la felicità.
E questo non significa essere "uomini di ghiaccio", egocentrici, bensì uomini capaci di amare veramente (mettendo un pò da parte certe manifestazioni infantili del do ut des) e di restare in piedi anche nei momenti difficili.


E' dura realizzare tutto questo? C...o se è dura.
Ci si può sempre accontentare di molto meno, però bisogna accettare gli ineluttabili effetti collaterali.
Vecchio 03-08-2012, 07:51   #8
Esperto
L'avatar di barclay
 

Osservare un sociofobico che cerca di socializzare è come assistere allo scontro tra una forza inarrestabile ed una massa inamovibile
Vecchio 03-08-2012, 15:30   #9
Banned
 

Quote:
Originariamente inviata da filosofo Visualizza il messaggio
Se non ci rendiamo visibili, attivi, e un minimo intraprendenti, dall'esterno non arriverà un bel nulla.

Credo inoltre che, che legando la nostra felicità all'approvazione degli altri, questi altri avranno "le nostre palle nel taschino".
Quando quest'approvazione ce la leveranno, perché prima o poi ce la leveranno, crolleremo.
Peraltro, l'approvazione, più la cerchi deliberatamente, meno la trovi. Il c.d. "paradosso dell'approvazione".
No, non intendevo questo.
Secondo me occorre avere una minima approvazione in quel che facciamo. Se gli altri non apprezzassero quel che noi facciamo come potremmo trovare felicità, anche in noi stessi? Ci sentiremmo sempre soli ed incompresi.
Ciò di cui parlo non è dipendenza, ma coinvolgimento

Quote:
Originariamente inviata da filosofo Visualizza il messaggio
La felicità deve nascere da dentro. E questo richiede una grande forza di carattere.
Credevo fosse possibile, ma ormai penso di no

Quote:
Originariamente inviata da filosofo Visualizza il messaggio
Ci si può sempre accontentare di molto meno, però bisogna accettare gli ineluttabili effetti collaterali.
Anche quelli fanno paura
Vecchio 03-08-2012, 15:39   #10
Esperto
L'avatar di Myway
 

Quote:
Originariamente inviata da ClaudeFrollo Visualizza il messaggio
Dopo lunga assenza, eccomi di ritorno da queste parti.
Qualche giorno fa, ascoltando una conversazione (solo ascoltando eh!), riflettevo sul Principio d’Inerzia, o meglio su una parte di esso:



Ovvero: affinché avvenga una certa cosa, è necessaria una forza diversa da zero.

Io sono dell'opinione che anche il comportamento umano ed animale sia soggetto a questa legge: nessun essere fa qualcosa per niente: ogni cambiamento è sempre provocato da una forza. Di vari tipi. Ad esempio:

Il fatto che io abbia sete è una forza che mi induce a bere.
Il desiderio di popolarità è una forza che mi induce a mettermi in opera affinché la ottenga.

Ragionando in questi termini, si può affermare che il desiderio di socialità-affetto-amore è una forza che mi induce a modificare il mio stato di quiete, ad adoperarmi affinché tale bisogno trovi risposta.

E' evidente che per molti degli iscritti su questo forum, me compreso, quest'ultimo passaggio avviene raramente e con moltia difficoltà.

Allora vi chiedo: la causa della nostra inerzia non sarà mica dovuta alla mancanza di una effettiva forza? È plausibile che il nostro desiderio di interagire con gli altri non sia così forte, tanto da "convincerci" a modificare il nostro stato di quiete? Che livello dovrebbe raggiungere il nostro desiderio di stare con gli altri, affinché riesca a smuoverci dal nostro cantuccio e ad avanzare verso il prossimo?

Fine del delirio notturno ...
A mio avviso il desiderio c'è solo che ci troviamo a dover affrontare un vento contrario, una resistenza molto più forte di tanti altri, data dalle nostre insicurezze e dall'atteggiamento ostile che quasi sempre incontrano gli introversi.
Possiamo lavorare per ridurre ficnhè possibile le nostre insicurezze, in modo da aver minor attrito quando ci muoviamo, poi sperare di poter aumentare il desiderio , magari conoscendo un gruppo di persone con le quali ci troviamo davvero bene o qualche ragazza speciale.
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