Premetto che questo potrebbe sembrare un discorso senza capo né coda.
L'ultima volta che ero stato su questo forum era circa 2-3 anni fa, poi ho cercato di "tenermi" dentro ogni problema e per l'ennesima volta provare a metterci un entusiasmo che NON avevo sperando prima o poi di ottenere qualche risultato. Ennesimo tentativo, ennesimo incombente fallimento all'orizzonte.
Per chi non mi conosce (cioè chiunque) sono un 22enne che ha iniziato ad avere problemi di bullismo dalle medie in poi, problemi che si sono protratti fino alla fine degli anni di liceo. Prima di questo momento ero una persona abbastanza estroversa, con un buon senso dell'umorismo e comunque inserito nella mia classe di elementari (per quanto poco possa voler dire a quell'età).
Ebbene. Dopo tre anni da incubo, i primi due di liceo dove continuavo a uscire con un gruppo di "amici" che non mi hanno mai calcolato e spesso mentivano su cosa fare il pomeriggio, e altri tre anni di liceo dove due-tre persone hanno iniziato a prendermi di mira sono arrivato all'università.
Diciamo che col tempo provando a "buttarmi" come si dice ho finito per partecipare a un po' di eventi, provare a farmi qualche amico e avere persone con cui parlare. Ma il problema è che evidentemente devo aver avuto un "buco" di relazioni troppo grande, almeno 8 anni, per riuscire ad ottenere qualcosa. Sono il tipo del "Ciao come va" ma che appena la discussione potrebbe evolversi verso qualcosa di più interessante subito non è più spontaneo. Sono il tipo che inizia a far battute per rompere il ghiaccio e al tempo stesso chiede scusa per ogni minima cazzata pur rendendosi conto che questo atteggiamento (forse ormai parte del carattere) finisce per avere le persone che ti cercano solo quando ti serve qualcosa, e addio per tutto il resto. Sono il genere di persona che paradossalmente ha più problemi a parlare in una chat di WhatsApp (e come tale alla lunga finisce escluso, perché mentre tutti si sentono nel tempo libero io sono l'unico che non riesce a fare una conversazione come dio comanda).
è vero che uno dovrebbe ritagliarsi i suoi spazi e fare quello che gli piace. Ma è anche vero che a furia di stare sempre da solo e a disperarmi per avere l'accettazione dell'unico gruppo di persone che poteva frequentare tra medie e liceo ha finito per fissare la sua mente sempre su questi pensieri.
Non nego di essere spesso stato additato come uno strano, ma fino agli ultimi due anni non mi sono mai posto tanto il problema perché questi giudizi venivano da quel genere di persone che ho imparato a disprezzare perché della stessa linea di pensiero di quelli che mi hanno portato ad essere cosi. Però ora mi rendo conto che l'università sta finendo, che malgrado lo sforzo titanico forse otterrò qualcosa dal punto di vista lavorativo, e che malgrado questo mi sento veramente solo, e in parte lo sono sul serio. Ci sono gruppi grossi che si frammentano in gruppetti quando qualcuno non si prodiga a celare le sue simpatie verso altri e inizia a far preferenze. è vero che nella vita non puoi andare d'accordo con tutti. Eppure è anche vero che guardacaso quando queste cose succedono io sono sempre quello che non ha qualcuno che si affeziona a lui. Alla peggio seguo l'unica persona che mi ha dato un minimo di confidenza, come un cane obbediente. E non perché non abbia indipendenza di pensiero, anzi, ma per questa strana sorta di inquietudine e questa necessità di essere accettato che ha finito solo per distruggermi. Mi sento abbastanza vuoto, sto iniziando a provare di nuovo anche qua in Erasmus le prime avvisaglie di quel preludio alla solitudine che mi porterà ad essa prima di quanto penso. Evidentemente mi comporto sempre attraverso uno schema predefinito. E non imparo mai dai miei errori. Ho ingoiato molta merda e cattiverie come tutti per arrivare qua, ma adesso che mi trovo in un altro ambiente dove ci sono meno fattori di disturbo e potrei potenzialmente iniziare a lavorare su me stesso.....dal punto di vista sociale sono sempre a zero. E per la prima volta mi sto ponendo il problema anche sulla persona che sono (o che rimane), tolte le disgrazie capitatemi a cui ho dedicato fin troppe energie mentali. Ma come faccio a reinventarmi come persona? Non posso. Come faccio allora a godere almeno della considerazione di taluno? Non ho più se non in limitate occasioni i problemi di ansia che certa gente mi aveva provocato. Non ho più certi problemi di timidezza anche se di certo non sono la persona che vuol star al centro dell'attenzione, solo non cosi ai margini come nel giro di qualche settimana finisco sempre per essere. E non voglio nemmeno essere quello che sono stato, che finisce con quelle singole persone che un minimo gli rimangono, a trattarle come suoi psicologi mentre spende la sua giornata in improbabili viaggi mentali.
Ma non riesco evidentemente a migliorare sotto questo profilo. Rimango un disadattato sociale, uno che potrebbe anche andare nel miglior luogo sulla terra e comunque non riuscirebbe a distaccarsi da questi problemi.
Ho gia provato ad andare da due psicologi. E parlo con la mia famiglia. Malgrado il malumore che in essa serpeggia per situazioni che non sto qui a descrivere ma comunque esterne, ci tengo estremamente a loro. E sanno di questa mia situazione. E però sanno anche che non possono aiutarmi. Però non posso continuare cosi all'infinito. Perché un giorno moriranno e oltre al dopo che verrà, non posso viverci in simbiosi solo perché il mondo è cosi. Ma sono veramente stanco di provarci. Siamo gia andati oltre la disperazione. Ormai siamo a uno stadio di falsa apatia che non è però vera visto che in fondo ci soffri. Altrimenti probabilmente non sarei nemmeno tornato qui a scrivere questo papiro delirante.
Ma non ho soluzioni e non riesco proprio a trovarle. Ironico, con tutti i progressi fatti.
PS. Spesso anche in famiglia mi viene fatto notare quanto ho un espressione seria. E spesso lo noto anche nelle relazioni. A volte guardo le persone con la testa girata di 45 gradi, perché a fissarle normalmente evidentemente desto inquietudine. Vorrei facesse ridere come cosa, ma succede anche con persone appena incontrate o commessi di negozi. Tanto per aggiungere qualcosa al piatto della bilancia.