No, non parlo di chi ce l'ha fatta a trovare un lavoro o un(a) partner, chiodi fissi del forum, specie il secondo.
Parlo invece di chi ce l'ha fatta a terminare in maniera serena il proprio percorso di vita, parlo di chi, in questo oceano in tempesta che è l'esistenza, è riuscito bene o male a navigare per la propria rotta senza subire troppi danni e, soprattutto, riuscendo da ultimo ad approdare in un porto sicuro.
Vedo i miei genitori, ormai in pensione da tempo: hanno avuto una vita difficile, tribolata, come tutti, forse in alcuni casi un po' più della norma, eppure, un passo dopo l'altro, anno dopo anno, hanno costruito qualcosa, hanno affrontato le difficoltà, sono riusciti a stare sempre insieme, e adesso hanno raggiunto l'età in cui è ora di tirare i remi in barca, ma lo fanno con serenità, perché (ed è questo il punto) sono giunti al termine naturale del percorso.
Mi dico che forse conseguire questo percorso e giungere alla sua fine in maniera ordinata può permettere anche di accettare con maggior facilità quel brutto buco nero in cui si precipita alla fine che è la Morte.
Poi vedo la mia esistenza, sempre precaria, fragile, tra un lavoro difficile e problemi di salute, in cui quel (poco) che ho costruito sta su a fatica, basterebbe una minima folata di vento per buttarlo giù, e io sento di rado di avere le forze per puntellarlo, per non essere travolto dal crollo... E mi dico che io quel percorso che i miei genitori hanno terminato con successo non riuscirò a seguirlo sino alla fine: ci penserà la natura o io stesso a concluderlo in anticipo, in maniera violenta, tragica. E l'idea di morire in un modo del genere mi è quasi insopportabile: "La morte è insopportabile per chi non riesce a vivere", c'era chi cantava.
E allora provo solo una forte invidia quando vedo i miei genitori, o quando sento di qualcosa che è riuscito a completare in maniera soddisfacente il proprio percorso di vita, proprio perché sento che a me questo, con ogni probabilità, sarà precluso.