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16-12-2016, 21:29
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#21
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Esperto
Qui dal: Aug 2012
Ubicazione: Banned
Messaggi: 18,249
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serve a fare qualcosa in attesa di consumarsi , tra l'altro accelera pure il processo.
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Ultima modifica di varykino; 16-12-2016 a 21:33.
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16-12-2016, 21:38
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#22
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Esperto
Qui dal: Nov 2014
Ubicazione: sotto il letto
Messaggi: 4,384
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Lavorare ha il senso di farti guadagnare i soldi necessari per vivere senza senso
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16-12-2016, 22:09
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#23
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Esperto
Qui dal: Oct 2010
Ubicazione: out
Messaggi: 4,345
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ieri,per la gloria,per sentirmi realizzato,non mi interessavano i soldi ma che mi piacesse e mi stimolasse e mi realizzasse ciò che stavo facendo...ma abitavo anche in casa di mia madre,e non ero cosi sensibile ai soldi come lo sono divenuto abitando per conto mio.
oggi il senso,è mantenermi indipendente e togliermi qualche soddisfazione.poche perchè quasi tutto se ne va per riuscire a mantenermi...
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16-12-2016, 22:15
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#24
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Intermedio
Qui dal: Aug 2016
Messaggi: 207
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Senza contare che pur avendo le capacità e le possibilità senza carattere difficilmente si farà strada . Faccio le stesse cose da sempre perché non so prendere in mano la situazione ..nel lavoro come in tutto il resto .
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16-12-2016, 22:21
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#25
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Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 5,106
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Quote:
Originariamente inviata da Driver
Andrò controcorrente, sarò insensibile, sembrerò cattivo,ma per me i soldi sono l'unico motivo.
I soldi si che portano felicità
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Quoto.
Non ho grosse ambizioni e da sempre odio lavorare, ma ho la necessità assoluta di vivere sola e gestirmi il mio spazio e tempo come voglio, altrimenti impazzisco. Unico motivo per cui, mio malgrado, lavoro (quando lavoro).
Ora ad esempio, ho finito di lavorare a fine novembre e mi riposo un po', anno nuovo inizierò a pensarci.
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16-12-2016, 23:06
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#26
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Intermedio
Qui dal: Nov 2016
Ubicazione: Ferrara
Messaggi: 97
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lavori per sopravvirere... per pagare tasse e con le braccia fai pochi soldi, giusto per mangiare e toglierti qualche sfizio, forse anche inutile, almeno questo è quello che penso.
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16-12-2016, 23:18
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#27
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Esperto
Qui dal: Dec 2014
Ubicazione: Milano
Messaggi: 5,746
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Un tempo questi problemi la gente non se li poneva.
La mucca andava munta, altrimenti muggiva e soffriva. Il terreno andava dissodato, arato, seminato e raccolto.
Se volevi il pollo dovevi andare a prendertelo, tirargli il collo, spennarlo, pulirlo e prepararlo.
Se volevi il pane, dovevi preparare il grano, macinarlo a farina, impastarlo e cuocerlo.
Ecc.
Si lavorava per vivere, non certo per cercare autorealizzazione.
Come mai un tempo questi problemi non si ponevano?
Forse uno dei motivi è che abbiamo perso una concezione nobilitante del lavoro, fatto di impegno comunitario, coordinazione, responsabilità end-to-end (dall'inizio alla fine per i non anglofoni), e infine -cosa fondamentale!- godimento dei risultati, buoni o pessimi che siano.
Un altro motivo è il contatto con la natura, ma personalmente credo che sia una motivazione meno forte, che dipende dall'inclinazione individuale.
Guardate qual è la concezione del lavoro che abbiamo oggigiorno.
Innanzitutto solo trovarlo è diventata quasi più questione di fortuna che di abilità, specie per chi latita in specializzazioni spendibili. Bisogna sparare curriculum come se non ci fosse un domani e sperare. Come giocare più volte al gratta e vinci.
Una volta assunti, cosa ci immaginiamo quando parliamo di lavoro?
Noiosissime scaffalature da sistemare. Casse dove far passare prodotti come fossimo robot. Clienti con cui interagire attraverso frasi preconfezionate che indicano prodotti standardizzati.
Cubicoli dove operare attraverso un terminale.
E il tutto, per cosa? Uno stipendio che, specie agli inizi, a malapena coprirà le nostre spese. Ci costringerà a dipendere comunque dai genitori.
Col tempo e mooolta fortuna, potrebbe crescere a livelli abbastanza normali. Normali, certo, rispetto alla società in cui ci troviamo.
Cioé appena sufficienti per pagare affitto, bollette, mezzi e sostentamento. Con qualche margine cacato che ci consente moderati vezzi ogni tanto.
Se siamo più fortunati, magari ci scappa anche di mettere soldi da parte per una vacanza estiva.
Ad agosto, unico momento in cui l'azienda è chiusa. Con i luoghi di villeggiatura sovrassaturi di materiale umano. E una serie di attività volte a darci l'illusione di vivere, per pochi giorni, in un mondo di plastica.
Ah, e non dimentichiamoci che persino l'unico valore aggiunto di questo modello produttivo, la sicurezza dello stipendio, è venuta a mancare proprio negli ultimi anni.
Ok, forse poi ho esagerato e non a tutti è dato di finire così male. Però, quando si pensa al lavoro, a cosa si pensa, se non a questo?
Quindi la tua domanda ha perfettamente senso, Strange Man. Credo sia imperativo, di questi tempi, ricostruire un'etica del lavoro che metta al centro l'individuo, anziché alienarlo e ridurlo a robot.
Anche perché, tutti quei lavori andranno inesorabilmente ad estinguersi entro pochi decenni (e per fortuna).
Una volta fatto ciò, secondo me l'idea del lavoro come strumento aggregativo e socializzante può risultare non dico gradevole ma ben più sopportabile. Chiaro, tutto questo non può prescindere dalla presa di consapevolezza che in quanto umani, necessitiamo chi più chi meno di socialità e di comunicazione, e se latitiamo in capacità sociali, difficilmente riusciremo mai a star bene, in qualsiasi fantastico impiego potremmo immaginarci.
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16-12-2016, 23:25
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#28
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Banned
Qui dal: Feb 2015
Messaggi: 1,673
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Quote:
Originariamente inviata da Marco.Russo
Un tempo questi problemi la gente non se li poneva.
La mucca andava munta, altrimenti muggiva e soffriva. Il terreno andava dissodato, arato, seminato e raccolto.
Se volevi il pollo dovevi andare a prendertelo, tirargli il collo, spennarlo, pulirlo e prepararlo.
Se volevi il pane, dovevi preparare il grano, macinarlo a farina, impastarlo e cuocerlo.
Ecc.
Si lavorava per vivere, non certo per cercare autorealizzazione.
Come mai un tempo questi problemi non si ponevano?
Forse uno dei motivi è che abbiamo perso una concezione nobilitante del lavoro, fatto di impegno comunitario, coordinazione, responsabilità end-to-end (dall'inizio alla fine per i non anglofoni), e infine -cosa fondamentale!- godimento dei risultati, buoni o pessimi che siano.
Un altro motivo è il contatto con la natura, ma personalmente credo che sia una motivazione meno forte, che dipende dall'inclinazione individuale.
Guardate qual è la concezione del lavoro che abbiamo oggigiorno.
Innanzitutto solo trovarlo è diventata quasi più questione di fortuna che di abilità, specie per chi latita in specializzazioni spendibili. Bisogna sparare curriculum come se non ci fosse un domani e sperare. Come giocare più volte al gratta e vinci.
Una volta assunti, cosa ci immaginiamo quando parliamo di lavoro?
Noiosissime scaffalature da sistemare. Casse dove far passare prodotti come fossimo robot. Clienti con cui interagire attraverso frasi preconfezionate che indicano prodotti standardizzati.
Cubicoli dove operare attraverso un terminale.
E il tutto, per cosa? Uno stipendio che, specie agli inizi, a malapena coprirà le nostre spese. Ci costringerà a dipendere comunque dai genitori.
Col tempo e mooolta fortuna, potrebbe crescere a livelli abbastanza normali. Normali, certo, rispetto alla società in cui ci troviamo.
Cioé appena sufficienti per pagare affitto, bollette, mezzi e sostentamento. Con qualche margine cacato che ci consente moderati vezzi ogni tanto.
Se siamo più fortunati, magari ci scappa anche di mettere soldi da parte per una vacanza estiva.
Ad agosto, unico momento in cui l'azienda è chiusa. Con i luoghi di villeggiatura sovrassaturi di materiale umano. E una serie di attività volte a darci l'illusione di vivere, per pochi giorni, in un mondo di plastica.
Ah, e non dimentichiamoci che persino l'unico valore aggiunto di questo modello produttivo, la sicurezza dello stipendio, è venuta a mancare proprio negli ultimi anni.
Ok, forse poi ho esagerato e non a tutti è dato di finire così male. Però, quando si pensa al lavoro, a cosa si pensa, se non a questo?
Quindi la tua domanda ha perfettamente senso, Strange Man. Credo sia imperativo, di questi tempi, ricostruire un'etica del lavoro che metta al centro l'individuo, anziché alienarlo e ridurlo a robot.
Anche perché, tutti quei lavori andranno inesorabilmente ad estinguersi entro pochi decenni (e per fortuna).
Una volta fatto ciò, secondo me l'idea del lavoro come strumento aggregativo e socializzante può risultare non dico gradevole ma ben più sopportabile. Chiaro, tutto questo non può prescindere dalla presa di consapevolezza che in quanto umani, necessitiamo chi più chi meno di socialità e di comunicazione, e se latitiamo in capacità sociali, difficilmente riusciremo mai a star bene, in qualsiasi fantastico impiego potremmo immaginarci.
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Il contatto con la natura secondo me ha un impatto maggiore rispetto a quello che le attribuisci
Per la parte in grassetto...ma 'sto reddito di cittadinanza? A parte gli scherzi, quando molti lavori verranno soppiantati dall'automazione come si procederà? Migliaia (milioni?) di lavoratori cosa faranno, come vivranno dopo esser stati soppiantati?
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16-12-2016, 23:44
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#29
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Esperto
Qui dal: Oct 2012
Ubicazione: Nel tempo
Messaggi: 1,191
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Quote:
Originariamente inviata da Strange Man
...se si è insoddisfatti?
La vita è un'occasione unica ed irripetibile per fare ciò che si vuole di essa. [...]
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Non direi. Fare ciò che si vuole della propria vita è uno di quei modelli falsi propinati da tutte le parti che hanno fatto (e fanno) danni seri.
Questo poi è un discorso che per essere preso veramente di petto deve tenere conto di mille variabili soggettive (famiglia d'origine, povertà, situazione economica generale del luogo dove si vive, ricerca di indipendenza economica dai genitori, mantenere una famiglia, "sopportazione" della routine e della fatica quotidiana, accettare di vendere il proprio il tempo....ecc,ecc.) che non possono essere messe in secondo piano perché ognuno gli da un diverso grado di importanza oltre che ad avere un ventaglio di possibilità dispiegate a disposizione molto diverso (sempre che non vadano in fumo).
E poi spesso ad una perdita di senso a causa del lavoro coincide un'alienazione personale, uno svuotamento di senso delle cose e dell'esistenza che va ben oltre, molto oltre le sole 8 ore di schiavitù.
E poi chi l'ha detto che se si lavora non ci si può realizzare?
Kafka se non sbaglio ha lavorato tutta la vita in una compagnia di assicurazioni e Pessoa (per tutta la vita) come corrispondente di un'azienda di import\export.
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Ultima modifica di Emil; 16-12-2016 a 23:55.
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16-12-2016, 23:52
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#30
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Esperto
Qui dal: Dec 2014
Ubicazione: Milano
Messaggi: 5,746
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Quote:
Originariamente inviata da Ippocrates
Il contatto con la natura secondo me ha un impatto maggiore rispetto a quello che le attribuisci
Per la parte in grassetto...ma 'sto reddito di cittadinanza? A parte gli scherzi, quando molti lavori verranno soppiantati dall'automazione come si procederà? Migliaia (milioni?) di lavoratori cosa faranno, come vivranno dopo esser stati soppiantati?
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A giudicare dall'andazzo, prima o poi scoppierà qualche guerra, la popolazione verrà decimata, dopo pochi anni il conflitto verrà risolto e dalle sue ceneri nascerà una nuova alleanza mondiale.
A quel punto non ci saranno problemi.
Sul discorso del contatto con la natura, personalmente ne sento meno il richiamo, ma potrei anche essere un'eccezione io. Tuttavia, a giudicare dal tasso di popolamento delle grandi città, credo che sia preponderante l'elemento della connessione sociale che quello -pur presente- della connessione con la terra.
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16-12-2016, 23:56
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#31
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Esperto
Qui dal: Oct 2014
Messaggi: 3,395
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Quote:
Originariamente inviata da Marco.Russo
Un tempo questi problemi la gente non se li poneva.
La mucca andava munta, altrimenti muggiva e soffriva. Il terreno andava dissodato, arato, seminato e raccolto.
Se volevi il pollo dovevi andare a prendertelo, tirargli il collo, spennarlo, pulirlo e prepararlo.
Se volevi il pane, dovevi preparare il grano, macinarlo a farina, impastarlo e cuocerlo.
Ecc.
Si lavorava per vivere, non certo per cercare autorealizzazione.
Come mai un tempo questi problemi non si ponevano?
Forse uno dei motivi è che abbiamo perso una concezione nobilitante del lavoro, fatto di impegno comunitario, coordinazione, responsabilità end-to-end (dall'inizio alla fine per i non anglofoni), e infine -cosa fondamentale!- godimento dei risultati, buoni o pessimi che siano.
Un altro motivo è il contatto con la natura, ma personalmente credo che sia una motivazione meno forte, che dipende dall'inclinazione individuale.
Guardate qual è la concezione del lavoro che abbiamo oggigiorno.
Innanzitutto solo trovarlo è diventata quasi più questione di fortuna che di abilità, specie per chi latita in specializzazioni spendibili. Bisogna sparare curriculum come se non ci fosse un domani e sperare. Come giocare più volte al gratta e vinci.
Una volta assunti, cosa ci immaginiamo quando parliamo di lavoro?
Noiosissime scaffalature da sistemare. Casse dove far passare prodotti come fossimo robot. Clienti con cui interagire attraverso frasi preconfezionate che indicano prodotti standardizzati.
Cubicoli dove operare attraverso un terminale.
E il tutto, per cosa? Uno stipendio che, specie agli inizi, a malapena coprirà le nostre spese. Ci costringerà a dipendere comunque dai genitori.
Col tempo e mooolta fortuna, potrebbe crescere a livelli abbastanza normali. Normali, certo, rispetto alla società in cui ci troviamo.
Cioé appena sufficienti per pagare affitto, bollette, mezzi e sostentamento. Con qualche margine cacato che ci consente moderati vezzi ogni tanto.
Se siamo più fortunati, magari ci scappa anche di mettere soldi da parte per una vacanza estiva.
Ad agosto, unico momento in cui l'azienda è chiusa. Con i luoghi di villeggiatura sovrassaturi di materiale umano. E una serie di attività volte a darci l'illusione di vivere, per pochi giorni, in un mondo di plastica.
Ah, e non dimentichiamoci che persino l'unico valore aggiunto di questo modello produttivo, la sicurezza dello stipendio, è venuta a mancare proprio negli ultimi anni.
Ok, forse poi ho esagerato e non a tutti è dato di finire così male. Però, quando si pensa al lavoro, a cosa si pensa, se non a questo?
Quindi la tua domanda ha perfettamente senso, Strange Man. Credo sia imperativo, di questi tempi, ricostruire un'etica del lavoro che metta al centro l'individuo, anziché alienarlo e ridurlo a robot.
Anche perché, tutti quei lavori andranno inesorabilmente ad estinguersi entro pochi decenni (e per fortuna).
Una volta fatto ciò, secondo me l'idea del lavoro come strumento aggregativo e socializzante può risultare non dico gradevole ma ben più sopportabile. Chiaro, tutto questo non può prescindere dalla presa di consapevolezza che in quanto umani, necessitiamo chi più chi meno di socialità e di comunicazione, e se latitiamo in capacità sociali, difficilmente riusciremo mai a star bene, in qualsiasi fantastico impiego potremmo immaginarci.
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Vabè ma non è che devi fare il normie per forza, non te lo dice mica il medico di andare in vacanza ad Ibiza, vattene in Alaska e vedrai che sovraffollata non è.
E poi una volta vivevi in un impero, verosimilmente nel non plus ultra della civiltà, non potevi ambire a cosa migliore, era nel tuo interesse lavorare per quel posto e contribuire affinchè potesse diventare ancora più grande, adesso invece per cosa dovresti affannarti? Per l'Italia? Che è ridotta ad una macchietta da avanspettacolo? O peggio ancora per l'Europa? Ovunque ti giri ci sono degenerati e bastardi di ogni sorta e genere, gente che si finge uomo, gente che si finge donna e viene idolatrata dai mass media, gente che si identifica sessualmente in un gatto.
Abbiamo perso qualsiasi stile, non sappiamo più vivere e di conseguenza non sappiamo neanche più dare un valore alla morte, è diventato tutto una casualità.
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17-12-2016, 00:07
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#32
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Banned
Qui dal: Nov 2013
Messaggi: 2,712
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Quote:
Originariamente inviata da Emil
E poi chi l'ha detto che se si lavora non ci si può realizzare?
Kafka se non sbaglio ha lavorato tutta la vita in una compagnia di assicurazioni e Pessoa (per tutta la vita) come corrispondente di un'azienda di import\export.
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Semplicemente, mai detto.
Ho fatto riferimento, nel primo rigo, ai lavoratori insoddisfatti.
È innegabile che ci siano persone che, non avendo più la possibilità di realizzare ciò che realmente desiderano, per sopravvivere dedicano la loro intera vita a lavori che non rispecchiano affatto la vita desiderata.
Mi chiedo, perché? Se non si può realizzare la vita che si desidera, la sopravvivenza fisica quale senso dovrebbe avere?
Anche se credo di aver capito che sia soltanto a causa dell'istinto di sopravvivenza che ciò accade.
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17-12-2016, 00:16
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#33
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Esperto
Qui dal: Oct 2012
Ubicazione: Nel tempo
Messaggi: 1,191
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Mah, ci si può realizzare in altri ambiti anche essendo lavoratori insoddisfatti.
E poi ripeto: chi si butta sul lavoro a testa bassa è perché non trova senso già in nient'altro e da un bel pezzo. Lavorare così ti permette di sopravviver(ti)e.
Poi 'sta cosa della realizzazione personale secondo me oggigiorno è un po' scappata di mano: fare una vita normale ormai pare brutto.
E l'insofferenza verso la routine e la fatica della noia del lavoro (tra l'altro diventata un lusso) è solo la punta dell'iceberg.
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17-12-2016, 00:17
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#34
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Banned
Qui dal: Nov 2013
Messaggi: 2,712
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Quote:
Originariamente inviata da M.me Adelaide
Dio mio, a me pare di una gran tristezza trovare soddisfazione nel lavoro. Al massimo lo capisco per chi lavora per medici senza frontiere e robe così. Ma altrimenti mi fa solo pena e tristezza.
Il lavoro ha un'unica funzione: soldi. Non è nient'altro. Non troverei soddisfazione dal mio lavoro mai e poi mai. Forse solo se mi pagassero per accudire micetti. Ma quello lo fare pure gratis, quindi non è un lavoro.
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Beh, io parlo di realizzazione personale, mica ho detto che l'unico mezzo per raggiungerla è il lavoro.
La funzione del lavoro è ovviamente quella di portare soldi, ma soldi non significa automaticamente soddisfazione personale, anche perché nella maggior parte dei lavori i soldi bastano per sopravvivere e togliersi qualche piccolo sfizio, ma non per raggiungere le proprie ambizioni, medie o grandi che siano.
Lavorare per avere i soldi per sopravvivere, sacrificando, per avere questi soldi, la possibilità di realizzare ciò che si vuole dalla vita e quindi di sfruttare l'unica occasione a disposizione, beh, mi sembra insensato, si tratta appunto della mera sopravvivenza fisica, ma la vita, la possibilità di realizzarla, di fatto è già finita.
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17-12-2016, 00:25
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#35
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Banned
Qui dal: Nov 2013
Messaggi: 2,712
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Quote:
Originariamente inviata da Emil
Mah, ci si può realizzare in altri ambiti anche essendo lavoratori insoddisfatti.
E poi ripeto: chi si butta sul lavoro a testa bassa è perché non trova senso già in nient'altro e da un bel pezzo. Lavorare così ti permette di sopravviver(ti)e.
Poi 'sta cosa della realizzazione personale secondo me oggigiorno è un po' scappata di mano: fare una vita normale ormai pare brutto.
E l'insofferenza verso la routine e la fatica della noia del lavoro (tra l'altro diventata un lusso) è solo la punta dell'iceberg.
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Ovviamente ognuno ha diverse ambizioni, diversi modi di intendere la propria realizzazione.
Certo, ci si può realizzare anche in altri ambiti essendo lavoratori insoddisfatti, ma io, ripeto, mi riferisco a chi questa possibilità non ce l'ha più, come un muratore che per necessità di sopravvivere non potrà mai dedicarsi ad altro (in maniera rilevante) per tutta la vita.
C'è chi si sentirebbe realizzato anche così, chi invece no, o chi sopprime il tutto continuando a vivere senza pensarci, ed io a queste ultime due "categorie" mi riferisco.
L'aver dedicato la propria vita alla mera sopravvivenza fisica, beh, quale senso avrà avuto? Nessuno, perché non si avrà più un'altra possibilità di fare ciò che realmente si desiderava fare.
P.S. Ovviamente è la mia opinione, mi rendo conto che nel modo di esprimermi sembro voler aver ragione io, ma non è così, però non trovo altro modo di spiegare il concetto che altrimenti sarebbe poco chiaro.
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Ultima modifica di Strange Man; 17-12-2016 a 00:32.
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17-12-2016, 00:49
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#36
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Banned
Qui dal: Nov 2013
Messaggi: 2,712
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Quote:
Originariamente inviata da illumi
Necessità di soldi per vivere o sopravvivere.
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E lo vedi il controsenso?
Si lavora per i soldi per sopravvivere fisicamente, ma nel contempo, per lavorare per avere i soldi, si butta via il tempo a disposizione sacrificando la possibilità di vivere per come si desidera realmente.
Buttare via questa possibilità, equivale a buttare via la vita, e la sopravvivenza fisica a quel punto non ha più senso, o meglio, ha l'unico senso della riproduzione.
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17-12-2016, 00:56
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#37
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Banned
Qui dal: Nov 2013
Messaggi: 2,712
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Quote:
Originariamente inviata da Tragicomico
La sopravvivenza e la riproduzione sono i principi che regolano ogni organismo vivente (a partire dalla cellula animale), e quindi anche gli essere umani, la felicità, la soddisfazione ecc sono fattori secondari; sta nelle possibilità e capacità di ognuno di noi nel raggiungere le proprie volontà e rendere questa vita meno aspra possibile, ma la vita non si basa su questo, ma bensì alla mera evoluzione.
P.S. Ho una visone molto realista della vita, per cui potrei sembrare cinico
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Ecco, mi sa che è questo l'unico senso possibile della cosa, l'istinto alla sopravvivenza e alla riproduzione, e come al solito sono sempre gli istinti a regolare questi fattori apparentemente privi di senso.
Personalmente mi ritengo fortunato, dato che sono molto distaccato dai miei istinti, però la maggior parte non è così, e ciò spiega il perché si sceglie la sopravvivenza in ogni caso.
Certo, da un punto di vista oggettivo, in ogni caso una tale vita non avrà avuto alcun senso.
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Ultima modifica di Strange Man; 17-12-2016 a 01:43.
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17-12-2016, 01:03
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#38
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Esperto
Qui dal: Aug 2016
Messaggi: 2,263
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Qual è il senso del lavorare? Quello di mettere il pane in tavola. A meno che uno non sia ricco da sempre la gente ha dovuto alzare il sedere dalla sedia per poter mangiare: una volta andava a cacciare mammuth, oggi lavora in una catena di montaggio o al computer. Comunque penso saranno gli ultimi scampoli di lavoro umano, ci aspetta nei prossimi decenni una rivoluzione che probabilmente cancellerà del tutto o quasi il lavoro umano. Sarà forse l'occasione per poter avere più tempo per se e per coltivare le proprie passioni. Staremo a vedere.
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17-12-2016, 01:06
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#39
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Esperto
Qui dal: Oct 2012
Ubicazione: Nel tempo
Messaggi: 1,191
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Hai una concezione un po' vaga della realizzazione personale. O tutto o niente. Se la fai coincidere con un ambizione frustrata, con una vocazione lavorativa non realizzata e che non ha possibilità in futuro allora si.
Altrimenti non vedo perché un muratore nel suo tempo libero non possa dedicarsi alla poesia, alla famiglia, a suonare la chitarra o a fare grigliate con gli amici. E realizzarsi.
La mia idea di realizzazione personale significa il massimo grado di sviluppo individuale sempre strettamente collegato alle possibilità ambientali che si hanno. Maggiori sono gli ambiti in cui ci si realizza (lavoro, affetti, creatività, realizzazioni artistiche, introspezione, cultura...ecc.ecc.) maggiore è il grado di realizzazione personale.
Ciò che mi realizza è quello che di più autentico riuscirò a fare.
E' evidente che in questo senso sarà molto difficile raggiungere uno stato di benessere assoluto. E che la possibilità di "mancare" la propria esistenza c'è.
Bisogna però accettare che qualcosa possa andare storto, che si faranno scelte sbagliate che ci penalizzeranno, che le nostre possibilità iniziali non sono tutte uguali, che si dovrà ripartire da cocenti fallimenti...
E' anche prendendo in esame tutto questo che a mio parere si cresce e si inizia e ridimensionare la propria esistenza. E il suo senso.
P.s: Vabbeh, se poi si finisce, tanto per cambiare, a dire che sono solo gli istinti che ci dominano a contare perché continuare a discutere? Saluti.
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17-12-2016, 01:36
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#40
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Banned
Qui dal: Oct 2016
Messaggi: 333
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Per me l'unico senso che ha lavorare è per guadagnare soldi
Secondo me i soldi fanno la felicità!
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