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Originariamente inviata da Angus
Tu dai per scontato che la narrativa classica di fondo (del nostro tempo) su queste tematiche - l'esistenza di malattie mentali da cui le persone sono affette e la possibilità teorica di curarle - sia corretta, oggettiva e non distorta. Io invece sospetto molto fortemente che non lo sia, anche se non ho molta voglia di provare a fare un discorso su questo.
Per darti giusto un abbozzo, credo che a) la natura reale dei fenomeni chiamati "disturbi mentali" (concetto brutalmente metafisico) sia attualmente mistificata, e b) la facoltà individuale di osservare e conoscere la realtà sia, nel nostro mondo, normalmente compromessa/repressa.
Il punto b ha come effetto collaterale che la maggior parte degli scambi umani (non solo quelli tra terapeuta e paziente) siano insignificanti, un gioco di ruolo privo di gusto. Quanto più ci assuefacciamo a una vita priva di gusto, tanto più siamo propensi a credere smettendo di prestare fede ai nostri sensi, e disattiviamo la nostra intelligenza, la quale ha bisogno dell'eccitazione del piacere di vivere, in senso non edonistico. A questo punto va bene tutto, tutto può essere vero se lo si urla abbastanza forte (ex falso sequitur quodlibet): la padania, la grappa, l'oroscopo, l'impero romano, le scie chimiche e anche le malattie mentali con annesse terapie.
Insomma, non è detto che una psicoterapia, come viene chiamata, non serva a nulla, ma è raro che accada il contrario (se non con effetti molto leggeri), e di certo non è una cosa tecnicizzabile. L'elemento principale dietro il suo funzionamento è, secondo me, la riattivazione libidica (in senso non sessuale: il ritorno del gusto di vivere, il ritrovare un senso profondo), e questa è una cosa molto difficile da realizzare.
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Secondo me comunque c'è un problema di fondo, se questo gusto di vivere non c'è mai stato, cosa dovrebbe tornare?
Ma poi è una cosa comune a tutti?
Cioé se un tizio che fa la vita di poveraccio ce l'ha questo gusto di vivere, anche un altro che ha fatto tutt'altre esperienze potrebbe provare lo stesso gusto dell'altro vivendo da poveraccio?
A me pare sia una cosa relativa ed individuale questa del gusto di vivere, il gusto di vivere mio è diverso dal gusto di vivere di un altro tizio, una donna e così via, e quindi di cosa stiamo parlando in generale?
Per questo l'altro non è che possa avere conoscenza del gusto di vivere profondo, qua ognuno c'ha il suo e potrebbe essere diverso da quello di qualsiasi altro.
Forse l'unica cosa utile che potrebbe fare uno psicoterapeuta è quella di decentrarsi a tal punto da entrare ad afferrare i significati dell'altro, ma non è detto che poi possa trovare una soluzione, potrebbe anche fallire tutto, non vedo perché mai debba essere sicuro che questo gusto di vivere possa essere riattivato o creato tramite azioni volontarie di chi viene "curato".
Torno all'esempio di Alex, un tizio così il gusto di vivere ce l'ha, ma produce danni sociali e quant'altro, infatti finisce in galera proprio per questo, cercano di "farlo star meglio" ma una volta corrette le tendenze predatorie la persona perde questo gusto, questo piacere.
Che si può fare in situazioni simili?
Io non sono convinto che questo gusto di vivere sia una cosa identica per tutti, per qualcuno potrebbe consistere in roba assolutamente immorale, antisociale, che crea disturbo, potendo fare queste cose mica poi la persona sta malaccio rispetto ad altri, mica risulta depressa?
Però poi vengono a crearsi altri problemi e malanni quando viene riattivato tutto.
O tu pensi che chiunque possa provare lo stesso gusto di vivere in qualsiasi situazione si trovi? E' una cosa a monte che si attiva in mondo indipendente dal resto? Anche se uno si trova a cinque minuti dalla morte prova dolori lancinanti, è possibile riattivare questa cosa qua e questo non chiede più al medico l'eutanasia perché deve godersi la vita fino in fondo e finché campa?
Io non penso sia una cosa slegata dal resto, ognuno ha il suo, ed è diverso da quello di altri.