Argomento che mi è venuto in mente in seguito a una discussione in un altro thread del forum.
Un terapeuta, che sia uno psichiatra o uno psicologo, può seguire un approccio più formale e uno più informale.
Nell'approccio formale si presenta come un professionista, è completamente calato nel proprio ruolo, segue in maniera ligia le regole del rapporto terapeuta-paziente, mantiene il rapporto gerarchico, parla unicamente degli aspetti relativi al percorso di terapia.
Nell'approccio informale si presenta anche come un essere umano, che ha una vita fuori dallo studio, intrattiene col paziente un rapporto più amichevole che nell'approccio rigidamente formale, cerca anche di mettersi allo stesso livello del paziente, può parlare anche di questioni che non riguardano direttamente il percorso di terapia.
Si può dire che il secondo approccio, quello informale, metta a rischio le regole deontologiche del terapeuta (si può diventare amici del proprio terapeuta? ha senso? sarebbe eticamente corretto?), ma secondo me va comunque valutato quale dei due approcci sia quello più efficace nell'aiutare il paziente.
Io finora sono stato seguito da cinque psichiatri e una psicologa.
Gli psichiatri avevano grosso modo un approccio più informale, mentre la psicologa con cui ho fatto psicoterapia era rigidamente formale.
Devo dire che io preferisco l'approccio informale. Con la psicologa di cui sopra mi sono sentito incapace di aprirmi anche per questo ed è uno dei motivi per cui credo che con lei la terapia sia servita a ben poco.
La psichiatra che mi segue adesso ha un approccio molto umano, molto informale, parliamo di varie cose, anche non relative alla terapia, e devo dire di trovarmi bene da questo punto di vista.