Visualizza i risultati del sondaggio: Referendum per l'eutanasia legale
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Andrò a firmare
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75.61% |
Non andrò a firmare
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24.39% |
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30-07-2021, 00:43
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#21
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Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 1,610
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Spero anche ti poterne usufruire un giorno non troppo lontano
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30-07-2021, 09:35
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#22
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Esperto
Qui dal: Apr 2013
Messaggi: 15,355
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Quote:
Originariamente inviata da IljaIlic
Alla base dei diversi punti di vista ci sono le medesime argomentazioni: la vita del disabile o del malato è indegna di essere vissuta e costituisce un peso per la sua famiglia e per la società.
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Ma... Dubito comunque che corriamo il rischio di avere in Italia fra qualche mese il suicidio assistito. Nel caso si tratterebbe di casi particolari, con sofferenze fisiche croniche intollerabili.
Dj Fabo non era solo bloccato a letto (e cieco, se non ricordo male?), aveva anche dolori terribili, e non poteva farci niente.
Anni fa vidi un servizio riguardo a questo tema e venivano mostrate persone in sofferenza fisica cronica, con un'aspettativa di pochi mesi, o pochi anni, che dovevano sostanzialmente aspettare la morte in preda a questi dolori.
Ora, al di là del discorso morale che fai tu, su cui sarei anche d'accordo se la deriva fosse una società che dà la priorità ad eutanizzare i depressi i malati i disabili per levarseli dal cazzo anziché investire danaro nelle cure e nella ricerca delle cure [Lo stato, prima di fare di tutto per aiutarti a morire, deve fare di tutto per aiutarti a vivere (e non perché lo stato è buono, ma perché altrimenti si va a dare fuoco al palazzo brutti figli di puttana). E non concordo nemmeno con il liberismo (o libertarismo o quel cazzo che è) e l'individualismo e l'autodeterminazione portati all'estremo secondo cui lo Stato o dei privati si devono occupare di ammazzarti perché lo desideri tu, anziché prenderti in carico e cercare di migliorare la qualità della tua vita.]
Ma a me sembra che non sarebbe questo il quadro che ci si prospetterebbe, e che si stia parlando di casi ben specifici, non di generici disabili o malati “di cui liberarsi”, e di chiedere un referendum per occuparsi di quel vuoto che c'è.
Allora chi fa una vita di atroci sofferenze fisiche a cui non c'è rimedio non merita una nostra riflessione morale? Non merita la nostra compassione?
Perché al di là di inquadrare la cosa da una prospettiva più ampia come fai giustamente tu, guardando alla cosa nel concreto forse, se mai l'abrogazione passasse, non avremmo il suicidio assistito ai depressi e ai disabili fardello dopodomani, ma magari avremmo una fine più umana per persone che vivono sofferenze fisiche terribili aspettando solo la morte.
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30-07-2021, 12:59
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#23
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Esperto
Qui dal: Apr 2010
Messaggi: 11,578
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Quote:
Originariamente inviata da pokorny
Se si legge la de Mari, ma non è la sola, si ha l'impressione che parli in nome di un ente concreto che tramite (suppongo) lei e altri fa conoscere la propria volontà a cui è secondo lei e altri è scontato doversi sottomettere.
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Ma quella lì e i suoi amichetti non fanno parte della Chiesa e possono farneticare solo a loro nome.
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30-07-2021, 13:10
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#24
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Esperto
Qui dal: Jul 2010
Ubicazione: qui vicino
Messaggi: 31,205
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secondo me nel pensiero comune molto spesso si confonde l'eutanasia con il rifiuto dell'accanimento terapeutico
l'eutanasia è moralmente inaccettabile, non è questione di religione o ateismo
poi però è comprensibile che spesso entrino in gioco logiche che fanno deragliare la mente e il cuore umano, specie se si viene toccati in prima persona degli eventi
fa un pò il paio con la pratica della pena di morte che è in vigore anche nelle società che si ritengono maggiormente "civilizzate" (che siano teocrazie tipo iran o praticanti ateismo di stato tipo cina o mezze e mezze tipo usa)
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30-07-2021, 13:52
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#25
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Esperto
Qui dal: Jun 2009
Ubicazione: Oceania, Pista Uno
Messaggi: 63,742
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Quote:
Originariamente inviata da Inosservato
secondo me nel pensiero comune molto spesso si confonde l'eutanasia con il rifiuto dell'accanimento terapeutico
l'eutanasia è moralmente inaccettabile, non è questione di religione o ateismo
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E la differenza per te sarebbe?
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30-07-2021, 16:45
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#26
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Esperto
Qui dal: Jan 2020
Ubicazione: Atlanta
Messaggi: 14,112
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Oggi sono passato davanti alla stazione di Torino e c’era il banchetto, avessi avuto tempo avrei firmato ma dovevo prendere il pullman
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30-07-2021, 17:30
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#27
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Esperto
Qui dal: Jun 2009
Ubicazione: Oceania, Pista Uno
Messaggi: 63,742
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Quote:
Originariamente inviata da IljaIlic
Nell'eutanasia si ha un intervento attivo (per esempio la somministrazione di un veleno), nell'altro caso si sospende la terapia in corso.
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Sì, ma l'eutanasia a chi viene praticata? A persone che hanno comunque una malattia terminale (anche se non sono in terapia intensiva, per dire)? O a chiunque la richieda? In quest'ultimo caso la chiamerei suicidio assistito.
Comunque grazie, anche se mi interessava avere la risposta di Inosservato.
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Ultima modifica di Winston_Smith; 30-07-2021 a 17:38.
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30-07-2021, 17:37
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#28
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Esperto
Qui dal: Jun 2009
Ubicazione: Oceania, Pista Uno
Messaggi: 63,742
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Quote:
Originariamente inviata da IljaIlic
D'altro canto, io non vedo molte differenze fra le posizioni dei libertari pro-eutanasia e quelle dei nazisti. I nazisti realizzavano filmati di propaganda su quanto soffrissero gli handicappati e i malati e su quanto sarebbe stato più umano porre fine alle loro sofferenze piuttosto che condannarli a vivere "esistenze senza vita".
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Peccato che in quel caso si trattasse non di "omicidio del consenziente" o di suicidio assistito, ma di omicidio e basta.
https://it.wikipedia.org/wiki/Aktion_T4#Premessa
Il programma T4 era anche chiamato «programma eutanasia» da chi collaborava a quest'operazione ed era attuato nell'ambito dell'eugenetica e dell'«igiene razziale», argomenti assai diffusi nella Germania nazista. Il programma mirava inoltre a diminuire le spese statali derivanti dalle cure e dal mantenimento nelle strutture ospedaliere dei pazienti affetti da disabilità, in un momento in cui le priorità economiche erano rivolte al riarmo dell'esercito tedesco. Il professor Robert Jay Lifton, autore de "I medici nazisti" e accreditato studioso dell'Aktion T4, nota chiaramente le differenze tra questo programma e la reale eutanasia: egli spiega che la concezione nazionalsocialista di «eutanasia» era basata sul lavoro di Adolf Jost che nel 1895 aveva pubblicato Das Recht auf den Tod («Il diritto alla morte») e conclude:
«Jost sostenne che il controllo sulla morte dell'individuo deve spettare in definitiva all'organismo sociale, allo Stato. Questo concetto è in diretta opposizione alla tradizione angloamericana dell'eutanasia, la quale sottolinea il diritto dell'individuo «a morire» o «alla morte» o «alla propria morte» come rivendicazione umana suprema. Di contro, Jost si riferisce al diritto dello Stato di uccidere: pur parlando di compassione e di alleviare le sofferenze dei malati incurabili, egli è interessato principalmente alla sanità del Volk e dello Stato.[7]»
Il dottor Stuart Stein della University of the West of England scrive:
«L'uso coerente del termine «eutanasia» in questo contesto è piuttosto fuorviante. Il Chambers Dictionary comprende tra le sue definizioni «l'atto o la pratica di condurre senza dolore alla morte, in special modo nel caso di sofferenze incurabili». Lo Shorter Oxford Dictionary si riferisce a «una tranquilla e facile morte» e all'«azione che induce» alla stessa. Tuttavia la «sofferenza incurabile» alla quale si riferiva l'ideologia basilare [ndt: nazionalsocialista] che razionalizzava le uccisioni non era quella dei pazienti/vittime ma quella dei legislatori, dei loro solerti assistenti burocratici e di coloro che trattavano direttamente le vittime [...]. La loro scomparsa non era né indolore, né tranquilla, né facile. [...] I rituali di morte e le procedure applicate sotto gli auspici di questo «programma» furono invariabilmente identici a quelli che si verificarono nei campi di sterminio. L'obiettivo fondamentale era lo stesso - lo sradicamento di segmenti indesiderati della popolazione. In entrambi i casi nessun altro termine diverso da omicidio è congruo con le circostanze.[8]»
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30-07-2021, 18:43
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#29
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Esperto
Qui dal: Apr 2013
Messaggi: 15,355
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Quote:
Originariamente inviata da IljaIlic
Vale comunque il discorso che facevo all'inizio: se si tratta di sospendere una cura ok, ma se bisogna compiere una qualsivoglia azione per terminare una vita che da sola non terminerebbe (almeno, non subito) diventa impossibile stabilire un confine preciso fra quando è giusto e quando no. In fondo, pure la vecchiaia può essere considerata una malattia terminale.
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Mi sembra un po' un arzigogolo di pensiero 🤔 L'ultima frase specialmente.
Come se dicessimo che “stiamo tutti morendo”.
In questo modo di fatto ci si sottrae al prendere in considerazione la sofferenza concreta di altri esseri umani
Mi sembra un po' un lavarsene le mani in nome di una certa rigidità retorica.
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31-07-2021, 10:56
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#30
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Esperto
Qui dal: Jul 2013
Ubicazione: Provincia di Milano
Messaggi: 4,734
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Ho appena firmato, sono proprio qui davanti al chiosco.
Io sono ultra favorevole ma la estenderei a tutti indistintamente.
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31-07-2021, 14:43
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#31
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Banned
Qui dal: Apr 2015
Ubicazione: Ovunque ma non qui
Messaggi: 14,306
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Almeno è un referendum serio..non come quella mascalzonata sulla giustizia...
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01-08-2021, 18:10
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#32
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Esperto
Qui dal: Apr 2013
Messaggi: 15,355
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Ho firmato 🤔
Comunque oggi ho trovato un articolo interessante riguardo anche quello di cui parlava Ijallic, dopo da desktop lo posto ma vorrei anche aggiungere dei miei commenti su certi punti
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01-08-2021, 18:35
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#33
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Banned
Qui dal: Jun 2016
Messaggi: 537
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Sono favorevole ad aprire questa porta, a patto che non si apra anche un portone (ad esempio c'è chi vorrebbe l'eutanasia legale anche per i depressi senza alcun tipo di sofferenza fisica, questo ipotesi la trovo inaccettabile). Leggere qui qualcuno che "spera di usufruirne un giorno lontano" già mi fa storcere il naso
In ogni caso anche quando si tratta di sofferenza fisica la questione è molto complessa.
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Ultima modifica di man20; 01-08-2021 a 18:40.
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03-08-2021, 12:41
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#34
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Esperto
Qui dal: Apr 2013
Messaggi: 15,355
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Consiglio di leggere questo interessante articolo sul tema, che tratta anche la fattispecie dei pazienti depressi che richiedono l'aiuto a morire:
Il suicidio assistito degli italiani in Svizzera e il silenzio della psichiatria
(rivistadipsichiatria.it)
Quote:
[...]
una serie di interrogativi di natura clinica, oltre che etica, richiederebbero un’esplicita riflessione, tuttora assente, da parte delle voci ufficiali della psichiatria. In primo luogo, quello sull’accompagnamento al suicidio dei pazienti depressi.
Il suicidio è ancora di per sé in assoluto considerato un atto espressivo di gravissima sofferenza psichica, spesso di grave malattia mentale, e in quanto tale oggetto di trattamenti, di prevenzione individuale e sociale, ecc. L’associazione tra grave depressione e rischio di suicidio rappresenta un dato inoppugnabile, tale da giustificare, nella realtà clinica ordinaria, interventi terapeutici anche intensi e, se necessario, anche contrari alla volontà stessa del paziente. Tale ottica, unanimemente condivisa in tutta la cultura medica e nell’opinione pubblica internazionale, è anche clinicamente fondata in modo assoluto sul fatto che l’ideazione suicidaria che accompagna la depressione regredisce spesso in modo completo insieme alla depressione stessa, malattia grave ma nella grandissima maggioranza dei casi soggetta a regressione o a vera “guarigione”, anche in rapporto all’elevata efficacia dei trattamenti terapeutici e preventivi disponibili.
Perché quindi un atto di cui è inequivocabilmente riconosciuta la natura patologica deve essere considerato accettabile quando richiesto nell’ambito di una procedura di suicidio assistito? La depressione è notoriamente una condizione curabile, anche nei casi che raggiungono l’apice della gravità e della sofferenza. Il concetto di “depressione resistente” è indefinito, spesso legato a situazioni contingenti di insufficiente efficacia dei trattamenti effettuati rispetto al singolo caso interessato. D’altro lato, il sentimento dell’incurabilità e della mancanza di prospettive future costituisce parte integrante del quadro psicopatologico del soggetto depresso e viene nella realtà clinica unanimemente considerato un elemento a favore dell’effettuazione delle terapie, non della rinunzia a esse. La speranza, spesso assente o estremamente affievolita nelle persone depresse, possiede di per sé una valenza terapeutica intrinseca e la condivisione della rinunzia a essa, implicita nell’accettazione della richiesta di morte, contribuisce a togliere al malato un’importante potenzialità di recupero del perduto slancio vitale. Sono noti casi di persone depresse che hanno ottenuto il suicidio assistito in Svizzera, ma si è prevalentemente trattato, almeno in quelli arrivati a livello di conoscenza pubblica, di soggetti non curati o comunque rifiutanti gli interventi terapeutici adeguati al loro caso. Si tratta di una contraddizione clinica ed etica gravissima che, se non attentamente focalizzata, potrebbe nel tempo condurre a una progressiva riduzione della considerazione del rischio di suicidio come manifestazione patologica estrema della depressione, così da ridurre il livello di attenzione e di strategie preventive, con tutte le possibili conseguenze drammatiche di tale cambiamento.
Ma addirittura al di là della diagnosi di depressione, più o meno correttamente formulata o non formulata, la cronaca riporta non infrequentemente casi di persone che hanno attivato le procedure del suicidio assistito motivate da spinte psichiche conseguenti a diagnosi di patologie terminali, che tuttavia venivano smentite alle successive indagini autoptiche. Utile in proposito citare i risultati di una “review” secondo la quale su 69 casi di autopsie effettuate dopo la messa in atto di un suicidio assistito, solo il 25% di essi presentava una condizione di malattia realmente terminale. Ma è ancora più allarmante il dato descritto nel lavoro quando si fa riferimento a 5 casi nei quali nessuna diagnosi di patologia significativa era risultata alla successiva indagine anatomo-patologica.
Il riscontro di tali evidenze, peraltro, non è così remoto come potrebbe apparire. In Italia ha avuto un’ampia risonanza in internet il caso di un magistrato, dell’età di 62 anni, il quale, dopo aver ricevuto una diagnosi di una patologia incurabile (con tutti i suoi effetti sullo psichismo del soggetto), si era rivolto, in assoluta autonomia, a una clinica della “dolce morte” in Svizzera e qui aveva posto fine ai suoi giorni. Il tutto senza sapere che alla base della scelta irreversibile vi era una errata diagnosi ricevuta dai sanitari italiani, acriticamente accolta dai sanitari svizzeri. Solo il dato autoptico, che tra l’altro non è previsto in queste fattispecie (e che nel caso specifico era stato richiesto dai familiari), di fatto, aveva potuto chiarire la realtà clinica del caso.
Un analogo ragionamento può naturalmente essere esteso ad altre forme di sofferenza mentale conclamata, quali disturbi di natura psicotica, quadri iniziali o avanzati di demenza o altri, forse anche maggiormente caratterizzati sul piano clinico dalla condizione della cronicità, oltre che dalle logiche riserve sull’adeguata capacità di esprimere un consenso valido. A tale considerazione, che appare semplicemente ovvia sul piano clinico, deontologico, etico e medico-legale, dovrebbe essere attribuito un peso adeguato tra i criteri di valutazione in fase di accettazione della richiesta di suicidio assistito.
In tutti i casi in cui esista una sofferenza mentale grave e riconosciuta esiste in modo logico e inequivocabile il rischio gravissimo di una riduzione della capacità di esprimere un consenso valido all’“atto medico” del suicidio assistito. Per gli stessi criteri clinici per cui a un paziente psichiatrico viene in molte situazioni riconosciuta una capacità grandemente o del tutto scemata di esprimere o rifiutare un consenso a un atto medico, tanto da potere essere legalmente sottoposto a trattamenti anche contro la sua volontà, dovrebbe essere attentamente considerata la possibilità che la condizione psicopatologica, sia di natura depressiva che di altra natura, a causa della quale un soggetto richiede il suicidio assistito, sia di per sé di gravità tale, confermata dalla richiesta stessa del suicidio, da influire negativamente sulla capacità di esprimere in modo valido il consenso a esso.
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E fin qui nulla da obiettare; poi però:
Quote:
Questa riflessione, in secondo luogo, introduce un ulteriore aspetto critico relativo all’accettazione della richiesta di aiuto a morire da parte di persone affette da malattie somatiche croniche e invalidanti, causa di per sé di grave sofferenza sia fisica che mentale, anche se non formalmente diagnosticate come “depresse”.
Ogni malattia fisica comporta inevitabilmente una quota di sofferenza emotiva e affettiva. Tale sofferenza si incrementa nella sua intensità in progressione parallela alla sofferenza indotta dalla patologia somatica e soprattutto all’esperienza di perdita della salute e della validità fisica, di riduzione o perdita completa dell’autonomia, dell’accorciamento delle prospettive di vita, della consapevolezza del peso rappresentato per i propri familiari, ecc. Anche se esiste naturalmente la possibilità di un’accettazione dello stato di sofferenza, prevalentemente sulla base dell’adesione a principi ideali o religiosi o semplicemente sulla base di forti capacità individuali di resilienza, si tratta in generale di situazioni psicologiche che inevitabilmente, in misura maggiore o minore, caratterizzano il quadro affettivo del soggetto fisicamente malato e che lo connotano in senso specificamente depressivo.
È purtroppo facile valutare l’ipotesi che molti dei pazienti che richiedono il suicidio assistito in seguito a malattie somatiche croniche, fonte di gravi o gravissime invalidità e sofferenze, particolarmente malattie di natura neurologica degenerativa, possano essere motivati nella loro richiesta di fine vita da una condizione affettiva di natura depressiva, non riconosciuta nella sua valenza clinica in quanto “comprensibile” in rapporto alla malattia somatica, ma potenzialmente di severità tale da rendere applicabili le stesse riflessioni sulla riduzione o esclusione della validità del consenso espresso all’“atto medico” del suicidio assistito, già discusse nel caso di richiesta da parte di pazienti affetti da forme primitive di depressione.
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Sì però grazie al cazzo, qui mi verrebbe da dire. Il malato cronico terminale in preda a sofferenze fisiche e mentali senza possibilità di intervento o cura non è nella stessa situazione "deontologica" del paziente gravemente depresso, condizione di per sé curabile. Quindi non capisco fino in fondo il paragone.
E grazie al cazzo che "la validità del consenso espresso", se uno stava bene e non era straziato dal la sofferenza e depresso per il suo dolore per cui sono impossibili delle cure e dei rimedi non è che stava lì a porsi il problema se richiedere un aiuto a morire o meno. Babòh.
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03-08-2021, 15:00
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#35
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Esperto
Qui dal: Oct 2012
Ubicazione: Lombardia
Messaggi: 3,155
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Quote:
Originariamente inviata da IljaIlic
un maggiorenne e sano di mente vorrà liberamente suicidarsi perché non trova la ragazza, chiunque potrà fargli l'iniezione letale.
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Non vedo il problema, vivere non è un obbligo.
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03-08-2021, 15:53
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#36
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Esperto
Qui dal: Jan 2020
Ubicazione: Atlanta
Messaggi: 14,112
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Spero di trovare ancora il banchetto al mio ritorno, se ci passo davanti firmo
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03-08-2021, 17:26
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#37
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Esperto
Qui dal: Jan 2019
Ubicazione: Provincia di Bologna
Messaggi: 5,130
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ma si può firmare online la petizione, o bisogna per forza trovare i banchetti ?
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03-08-2021, 17:47
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#38
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Esperto
Qui dal: Sep 2015
Ubicazione: Tír na nÓg
Messaggi: 13,426
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Quote:
Originariamente inviata da Teach83
ma si può firmare online la petizione, o bisogna per forza trovare i banchetti ?
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Per ora niente firme on-line.
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03-08-2021, 17:48
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#39
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Esperto
Qui dal: Sep 2015
Ubicazione: Tír na nÓg
Messaggi: 13,426
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Secondo il comitato promotore, le firme hanno superato le 300.000 unità, e c'è ancora tempo sino a fine settembre.
Direi che l'obiettivo di raggiungerne 500.000 è più che abbordabile.
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03-08-2021, 18:11
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#40
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Esperto
Qui dal: Sep 2016
Messaggi: 2,688
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Quote:
Originariamente inviata da IljaIlic
Il problema dell'eutanasia è che condurrà inevitabilmente al suicidio libero, perché i casi in cui sarà permessa diventeranno inevitabilmente sempre più estesi. Già oggi in Olanda e Svizzera si permette ai depressi di suicidarsi, ora si dibatte se estenderla a chi pensa di "aver concluso il proprio ciclo biologico" (cioè, in pratica, perché sei diventato vecchio), penso che non passerà molto tempo prima che venga permessa ai vergini e ai disoccupati di lungo periodo per sollevarli dall'angoscia a cui la loro condizione li condanna.
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Concordo infatti è per questo che sono contrario : fa sentire inutile la gente.
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