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19-04-2012, 16:21
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#1
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Intermedio
Qui dal: Feb 2012
Ubicazione: Trento
Messaggi: 171
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sia interessato a revisionare e/o partecipare alla creazione del lavoro che sto facendo? Si tratta di un racconto che tratti di FS e simili (direi che al momento verte più sulla depressione) ...sarei interessata al vostro parere disinteressato o a una mano da chiunque ne avesse voglia. Anche solo avere qualcuno che abbia letto il lavoro e mi dia un'opinione sincera sarebbe un grande aiuto....che ne pensate?
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19-04-2012, 16:48
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#2
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Esperto
Qui dal: May 2010
Ubicazione: USS Enterprise • NCC1701E
Messaggi: 16,780
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Quote:
Originariamente inviata da Llorona
Anche solo avere qualcuno che abbia letto il lavoro e mi dia un'opinione sincera sarebbe un grande aiuto....che ne pensate?
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Si può fare.
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19-04-2012, 17:12
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#3
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Intermedio
Qui dal: Sep 2011
Ubicazione: Nell'ombra
Messaggi: 150
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Ok, si può fare.
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19-04-2012, 17:16
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#4
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Esperto
Qui dal: Dec 2011
Messaggi: 1,339
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Contami come volontario
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19-04-2012, 17:27
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#5
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Esperto
Qui dal: Oct 2010
Messaggi: 668
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ci sto anche perchè mi piacciono queste cose dei racconti
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19-04-2012, 19:05
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#6
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Intermedio
Qui dal: Feb 2012
Ubicazione: Trento
Messaggi: 171
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Dunque, in seguito a una breve conversazione ho deciso che posterò quanto fatto fin ora (comunque poco in questa discussione...un pò mi vergogno quindi abbiate pietà di me vi prego ...suggerimenti consigli e correzzioni sono sempre ben accetti )
Atto I
[Dove il sottoscritto dà prova di grande viltà, fa un giro al Parchetto Comunale e inizia il suo lungo declino.]
Dissolvenza dal nero.
Interno, giorno: lo schermo lucido del computer sembra fissarmi, ma in realtà sono io a fissare lui, immobile, in silenzio, da almeno un quarto d'ora. Il rumore della ventola non si sente più...ma perché ho spento tutto? Ora non ho più nulla da fare.
Mi lascio andare sulla sedia, testa all'indietro, e resto in quella posizione per un tempo che sarebbe difficile da definire. Quanto è passato: un minuto? Cinque? Un giorno, una settimana? Anni, secoli?
Forse sono addirittura morto senza accorgermene, di fame, di stenti e di solitudine...dannazione ma perché ho spento il computer?
Qualcosa mi tocca una gamba. Mi alzo di scatto e vedo Rusty che mugola e mi saltella attorno con fare ansioso; magari ha fame, o magari vuole solo uscire a fare pipì, poco importa, in entrambi i casi mi toccherà alzarmi per farlo contento ...Maledetto sacco di pulci, ma perché non si decide a crepare? Eppure sono io che l'ho voluto. Forse pensavo che un cane mi avrebbe tenuto compagnia...sì, doveva essere stato quel pensiero a spingermi ad adottarlo.
Ricordo che la prima volta che lo vidi: aveva già quattro anni ed era brutto sporco e malaticcio, il genere di animale che sarebbe rimasto al canile a vita se solo non fossi arrivato io.
Era patetico e guardandolo non potei fare a meno di pensare che mi somigliasse: mi ricordò me stesso, e così finì con il portarmelo a casa, convinto che ci saremmo salvati a vicenda. Invece il bastardello guarì più in fretta di me, e guardandolo ora non lo si riconoscerebbe nemmeno:paffuto, allegro, sano, sembra un altro;io invece sono rimasto il miserabile che ero allora e di questa bestia non ho più voglia di occuparmi.
Non mi prendo cura nemmeno di me stesso e a stento mi alzo per pisciare...e io, io dovrei vestirmi per portarlo fuori? Ridicolo.
...ma Rusty tutto questo non lo capisce e continua a girarmi attorno e ad abbaiare, mi salta sulle ginocchia e afferra piano la mia mano con i dentini aguzzi. Decido di dargliela vinta, del resto non posso mica lasciarlo cacare qua e là per la casa. Mi toccherebbe pulire tutto...allora mi alzo e inizio a cercare il giaccone pesante, quello con il cappuccio largo.
La mia fortuna è di avere il parco a pochi metri da casa: prima di uscire controllo che la strada sia libera e che non ci sia nessuno in vista. Bene, si può procedere.
Avanzo velocemente, deciso a fare in fretta e a tornare indietro il prima possibile: il rischio di incontrare qualcuno che conosco è altissimo.
Dannazione Rusty, ti vuoi sbrigare? Non vedi che...ci fissano tutti....
Mi fissano; certo a vederli così non si direbbe, ma io so che è così.
Le donne sedute sulle panchine a chiacchierare, gli anziani che si riposano all'ombra dei castagni e persino i bambini....tutti mi stanno guardando, fingono di fare altro e cercano di fare il modo che non me ne accorga, ma io li vedo, e soprattuto li sento.
Ogni risata estranea mi fa palpitare il cuore e pensieri di ogni genere iniziano ad affollarmisi in testa “è di te che ridono” , “Chissà cosa penseranno” “In realtà ti odiano tutti”
“...scappa...corri...nasconditi...corri”
la fuga diventa una priorità: devo andarmene, non posso più aspettare, non ce la faccio, e allora chiamo Rusty, ma lui, che sembra non farci caso, corricchia qua e là annusando l'erba.
“Rusty!” questa volta alza il muso verso di me con aria interrogativa e scodinzola.
I suoi grandi occhi color nocciola sono pieni di una fiducia e un amore incondizionati. Mi vuole bene, è l'unico essere al mondo che mi ami esattamente per quello che sono, e io non lo posso più sopportare.
Il fatto è che non riesco proprio ad avere qualcuno che dipenda da me, in nessun modo, i cani poi sono animali stupidi, proprio come gli esseri umani; è vero che ci somigliano.
Noi, come loro, siamo perennemente alla ricerca di qualcuno a cui donarci, siamo disposti a dare tutti noi stessi, per un po’ di comprensione e qualche carezza, ciò nonostante la fedeltà dei cani è una cosa di cui nessun essere umano è o sarà mai capace, e io non la merito. ...Rusty...dannata bestiaccia, si può sapere cos'avrai mai da essere tanto felice?
Forse non sai che sto pensando di abbandonarti?
Possibile che tu non l'abbia nemmeno intuito?
Mi incammino verso casa con lui che mi segue al piccolo trotto, la lingua a penzoloni e le orecchie flosce che gli dondolano di qua e di là...ogni tanto mi chino ad accarezzarlo...
È l'unico amico che mi sia rimasto , e io lo condannerò ad una vita di prigioniasoltanto perché non ho voglia di alzarmi la domenica mattina per portarlo a fuori.
In momenti come questo penso sia un bene che io non abbia nessuno accanto.
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19-04-2012, 19:06
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#7
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Intermedio
Qui dal: Feb 2012
Ubicazione: Trento
Messaggi: 171
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Eppure ricordo di aver avuto, tempo fa, persone che consideravo....amici?
No...conoscenti...mi piaceva uscirci, farci quattro chiacchiere, berci una birra...ma che fine avranno fatto?
...Quand'è che ho smesso di vederli?....Per quale motivo?
Per quanto mi sforzi di ricordare non mi viene in mente niente.
L'ipotesi più probabile è che abbia avuto uno dei miei soliti periodi “no” e che mi sia isolato gradualmente, lasciando che i legami si esaurissero e si spezzassero da sé, una cosa indolore.
I primi mesi qualcuno mi cercava ancora...forse...
La verità è che di tutti loro non mi importava un fico secco, e anche se ci ridevo e ci scherzavo sapevo che il rapporto fra noi era superficiale.
Ora quando giro per strada, devo stare attento a non incontrarli onde evitare che mi piovano addosso domande del tipo “Dove te ne sei sparito?” “Quand'è che vieni a trovarmi?” “Come va?”.
In effetti lo scopo è evitare domande di qualsiasi genere o contatti umani di sorta.
Cammino svelto, testa bassa,mani in tasca: sono quasi al sicuro. Quasi a casa.
Ancora pochi passi...ecco sono dentro.
Chiudo la porta e dò due giri di chiave, tolgo la felpa e poi mi butto sul letto di camera mia. In soggiorno si sente lo zampettare di Rusty.
Questa sera dovrò uscire di nuovo con lui, ma sarà l'ultima volta.
Mentre il tempo passa cerco di trovare qualche scusa per giustificarmi, ma non c'è niente. La verità è che lo abbandono semplicemente perché sono stufo.
Tutti pensano che quando ci si lascia o si smette di frequentare qualcuno ci debba essere un motivo; una causa scatenante, e a volte è proprio così che vanno le cose, ma più spesso i rapporti finiscono e basta, passano. Si esauriscono da sé come la fiamma di una candela e non c'è niente che possiamo fare per evitarlo.Nemmeno con tutto il bene che ci si è voluti. Non è vero Rusty, vecchio mio?
...O forse è solo colpa mia. I motivi per cui ti ho voluto con me erano tutti sbagliati.
Rido, certo che devo essere proprio messo male se mi metto a fare certe riflessioni a proposito di un cane!
In fondo è solo un'animale...
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19-04-2012, 19:07
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#8
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Intermedio
Qui dal: Feb 2012
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Messaggi: 171
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Ma che avrà da abbaiare tanto? Possibile che voglia ancora uscire? In fondo sono passate solo poche ore dall'ultima volta: sono a malapena le...No, ci dev'essere un'errore,
La sveglia dev'essermi caduta a terra e si dev'essere azzerata, non c'è altra spiegazione, mi rifuto di credere di aver davvero dormito sedici ore.
Eppure anche l'orologio a muro sembra confermare questa teoria, che mi stia davvero ammalando?
Ad ogni modo Rusty sembra piuttosto agitato. Forse ha davvero capito qualcosa.
È un peccato non avere più tempo da passare con lui, ma il canile chiude fra poco meno di due ore e devo darmi una mossa s voglio fare in tempo a portarglielo. Mi vesto, mi lavo pigramente i denti, mi dò una rinfrescata ed esco di casa, subito dopo carico Rusty in macchina e metto in moto. Ho una lentezza spaventosa, visto dall'esterno devo sembrare davvero un idiota.
Un idiota che per di più non si è nemmeno fatto la barba e non indossa vestiti sufficientemente puliti, stirati o inamidati...un povero pezzente insomma.
Se avessi una donna ci penserebbe lei..però...però poi non potrei riportarla indietro una volta stufo...
Forse allora è proprio meglio che resti solo, del resto un essere come me non è fatto per amare.
Per amare ci vuole costanza, e se ne avessi ora io e Rusty non saremmo in qui ora.
Se fossi una persona migliore lascerei perdere tutto, ma invece imbocco subito la strada principale.
Se fossi una persona migliore strapperei Rusty dalle many dell'addeta bionda ossigenata che ora me lo sta portando via...se fossi migliore...
Invece salgo di nuovo sulla mia Volswagen rossa ,e guardoil canile farsi sempre più piccolo all'interno dello specchietto retrovisore,
Andare a casa senza Rusty mi fa uno strano effetto: non sono abituato a stare da questo lato della barricata; di solito sono gli altri ad abbandonare me, non l'opposto...
...sì lo so, sono sempre io il primo a sparire, ma lo faccio solo quando mi rendo conto che la mia presenza è superflua, quando ormai non sono che un corpo accessorio.
Ripenso ai miei cosiddetti “amici”, quelli che non vedo più e mi accorgo che, tutto sommato, non ne sento affatto la mancanza.
Ci sono giorni particolarmente lunghi, durante i quali non ho desideri se non quello di vedermi circondato da visi di persone sorridenti, ma non si tratta per forza di quelle che ho perduto quanto piuttosto di individui ipotetici frutto della mia immaginazione.
Di calore umano, perché alla fine è sempre quello ciò di cui andiamo in cerca, non è forse così?
La società, se vista con occhio critico, è molto più cruenta di quello che sembra.
Viviamo in un tempo violento e io non sono sicuro di volerci avere a che fare.
Spesso penso che potrei rinchiudermi in casa e non uscirne mai più: il mio appartamentino al 15 di Newbourgh Street potrebbe diventare la mia roccaforte. L'ultimo rifugio sicuro, dal quale io, Sean Cooper, ultimo rappresentante della Resistenza, mi opporrò strenuamente alla società e al malvagio sistema che la regola.
...è un complotto...è il Grande Complotto...o almeno, questo è quello che si mormora nel web, che ultimamente è diventato la mia unica finestra sul mondo.
Lì è dove le cose accadono, e dove si scrivono e si dicono cose che altrimenti non si avrebbe nemmeno il coraggio di pensare. Le notizie non sono sempre vere e bisogna stare attenti a ciò a cui si decide di credere. Internet, tuttavia, è e rimane il “diario dell'umanità”, essa esprime i pareri, i timori, le speranze delle masse, ne racchiude il sapere....milioni e milioni di informazioni che viaggiano da una parte all'altra del mondo in pochissimi secondi...
Milioni e milioni di voci che per un istante si intersecano “è tutto un complotto” gridano: sono i Massoni, gli Illuminati, la Coca Cola, la Microsoft....è la NHK1!
...Ma non mi avranno..non me, non Sean Cooper.
Lo vedranno...io mi salverò....rinchiuso in queste quattro mura...io...
Decido che riuscirò a fare a meno del mondo. Ascolto il suono del chiavistello che faccio girare con precisione quasi chirurgica.
Il suo “Clack” mi sembra quanto mai decisivo.
Mi lascio andare con la schiena contro la porta.
Mi manca Rusty, vorrei che fosse qui.
In cucina ci sono ancora le sue due ciotole con i croccantini e l'acqua, vicino al mio letto il suo cesto di vimini.
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19-04-2012, 19:08
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#9
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Intermedio
Qui dal: Feb 2012
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[Interno casa Cooper, tre settimane dopo la fatidica decisione del sottoscritto di isolarsi sia fisicamente che mentalmente dal mondo esterno e finire i propri giorni come primo e ultimo degli“Hikkikomori” occidentali, ovverosia da paria della socialità. Un intoccabile. Quello che nella nostra cultura definiremmo uno sfigato.]
È finita la carta igienica.
L'immondizia ricopre gran parte del pavimento della mia stanza, il resto dell'appartamento è in condizioni pietose. Il posacenere contiene un numero spropositato di cicche.
A proposito.
Sono finite anche quelle.
Prima o poi dovrò uscire di qui per fare la spesa o quantomeno per gettare i rifiuti se non voglio morire di una qualche malattia infettiva, come ad esempio il vaiolo o la peste.
Credevo di riuscire a resistere più a lungo, ma le cose si stanno facendo difficili, anche per una persona come me che si accontenta del minimo indispensabile per mantenersi in vita.
Possibile che non mi riesca bene nemmeno questo? Forse dovrei solo arrendermi e morire, cosa che continuando di questo passo avvererà presto.
Prima o poi mi addormenterò, e poi mi sveglierò, avrò fame, sete, ma sarò stanco e finirò con l'addormentarmi di nuovo, una e un'altra volta ancora, finché un giorno non sarò più in grado di riaprire gli occhi.
Chissà quanto ci metteranno i vicini ad accorgersi della mia dipartita...
l'unica cosa che mi dispiace è che una volta morto il sottoscritto nessuno sarà più al corrente del Grande Complotto e Loro avranno vinto.
Un altro, al posto mio, ora si alzerebbe dal letto e andrebbe a cercarsi un lavoro oppure la farebbe finita dignitosamente, ma il sottoscritto, ovvero Sean Cooper, non farà nulla di tutto ciò, nè farò volontariato o riprenderò gli studi...non sarò mai medico.
Eppure lo vorrei tanto: mia madre sarebbe finalmente fiera di me e dimostrerei a tutti che valgo qualcosa.
Mi comprerei una piccola casa, se possibile con giardino e mi farei una famiglia, avrei dei figli.
Sarei uno dei piccoli mediocri borghesi che una volta disprezzavo tanto...oh sì, essere mediocre sarebbe meraviglioso! Del resto cosa sono ora?
Una larva, ecco cosa!
Da quando non c'è Rusty non ho più un motivo per uscire anche solo una o due volte al giorno.
Il Parchetto dietro l'angolo è solo il ricordo lontano di un luogo distante anni luce.
Impensabile poterci arrivare.
“Alzati” dico a me stesso “Cazzo Sean, sei giovane e hai una marea di possibilità di fronte a te...ci sono così tante porte che devi ancora aprire e cieli sotto i quali camminare. Pensa alle bocche che devi ancora baciare e alle persone che devi ancora trovare...Sean...”
“Sta zitto” mi rispondo “Perché dovrei darti retta? Non fai che darmi consigli sbagliati. Fin'ora ti ho ascoltato e guarda come siamo finiti! Quali porte vuoi mai aprire tu, che da ben tre settimane non hai nemmeno il coraggio di alzarti dal letto? Quali cieli vuoi mai vedere? Il tuo destino è startene tutta la vita ad osservare le macchie di umido sul soffitto, questo è...e morirai solo esattamente come sei nato. È così per tutti, solo che alcuni non se ne accorgono.”
“La cosa migliore allora, sarebbe accettare il fatto che siamo persone inutili?! È questo che dovrei fare secondo te!?”
“Sarebbe già un passo avanti”
“Io non sono una persona inutile”
“Non lo sei né più né meno di quanto non lo sia chiunque altro”
“Taci! Io non dovrei nemmeno parlarti, solo i pazzi parlano con sé stessi”
“..bada che questo lo dici tu, non io, e poi chi ti garantisce che le cose non stiano proprio così? Del resto una persona sana e normale non arriverebbe mai a ridursi nelle condizioni in cui tu ...pardon, noi, ci ritroviamo. Mi pare dunque evidente che ci sia qualcosa che non va. ”
...Già... una persona normale si sarebbe fermata molto prima di giungere a questo punto.
Una persona normale sarebbe a scuola a quest'ora, a rendersi utile, io invece ...parlo a me stesso..
Il mio cervello ultimamente non è messo troppo bene. Forse dipende dal fatto che non mangio quasi nulla o forse dal fatto che ormai passo più tempo da sdraiato che in piedi.
Basta, tutto questo deve finire. Ora...ora...Ora!
Mi sono alzato...sì sono in piedi, fuori dal letto...mi gira leggermente la testa...devo fare pipì. Ho fame. Dall'altro lato della stanza c'è una finestra che raggiungo barcollando leggermente. Scosto le tende, e non posso credere a ciò che vedo... il cielo...io non mi ero reso conto che fosse...Notte.
La mia percezione del tempo è dunque alterata fino a questo punto?
Tale da non rendermi nemmeno più conto di quali siano giorno e notte?
Vorrei elaborare un qualche pensiero adatto alla situazione, ma vengo distratto dal mio corpo e da quell'insieme di bisogni fisiologici di base che fino a quel momento avevo ignorato.
Apro la porta del bagno ed è lì scorgo l'ombra di un uomo ritto in piedi di fronte a me. Mi devo avvicinare un po’ al lui prima di accorgermi che si tratta solo del mio riflesso nello specchio. Da quanto tempo non lo vedevo? Eppure in bagno devo esserci pur andato anche in queste ultime tre settimane! Come diamine è possibile allora che non gli abbia prestato la minima attenzione?
Mi avvicino e studio attentamente l'immagine che ho di fronte: quest'uomo ha qualcosa che mi ricorda me stesso; i tratti del mio volto, la mia postura, le mie espressioni, ma non sono io...è impossibile che si tratti realmente di me. È trascurato, sporco, circondato dal lordume. Ha la faccia da pezzente e a vederlo così sembrerebbe quasi un barbone o un maniaco.
Quando mi è venuto quel sorriso sbieco? ..è agghiacciante.
È il classico ghigno che ti aspetteresti di vedere su un pervertito. Sembro il signor Collins, l’insegnante di ginnastica del Liceo. Un caso umano, quell’uomo, per cui non sapevi se provare più compassione o disgusto. Mi sono sempre chiesto come un individuo normale potesse arrivare a simili livelli, come i barboni che vedi rannicchiati agli angoli delle strade siano diventati tali, chi fossero prima…ed ora, guardandomi, mi sembra di aver finalmente trovato la risposta a tutti quanti questi interrogativi.
È così Sean, che si diventa il Signor Collins…è così che si finisce senza un tetto sopra la testa o il cibo nel piatto.
“Morirai da miserabile”
“No” la voce flebile, ho paura….
“Sì, morirai così e lo sai benissimo”
“NO! Non lo farò…io uscirò di qui, ripulirò tutto, mi troverò un lavoro…io…me ne vado”
…
...
…
“Coraggio, sto aspettando”
“Sì, ho detto che vado, andrò, dammi solo un minuto per”
“Per?...”
“Sistemarmi…ma poi è notte fonda! Mi spieghi dove vuoi che vada a quest’ora?
In strada a prender freddo? Aspettiamo che venga domani…domani,vedrai, farò tutto con calma e per bene…Sistemerò la mia vita, anzi diventerò addirittura un uomo di successo!
Nessuno proverà mai pietà per me…io non sarò come Collins”
“Se lo dici tu, intanto che facciamo? Andiamo a dormire? In ogni caso, se vuoi un consiglio, dovresti smetterla di parlare a te stesso, non ci fai certo una gran figura sai? Anzi, ti dirò che inizio a pensare che tu stia davvero ammattendo… è quasi un mese che non esci di casa…quattro settimane senza sentire altra voce se non la tua.”
“Non ho bisogno di sentire nessuno, l’unica cosa che mi serve è il denaro”
“..già…è vero, il denaro, ci converrà trovare il modo di guadagnarne almeno un po’, perché se nostra madre dovesse scoprire che non andiamo più all’Università potremmo averne molto bisogno; e sai meglio di me che non potremmo tenerglielo nascosto ancora allungo”
“Ci penserò a tempo debito”
“Come vuoi, come vuoi, solo, non te la prendi vero se ti confido che ho i miei dubbi?”
“Su di me?”
“Sulla tua capacità di capire quando è il momento giusto per agire…del resto non sei forse tu l’insulsa creatura che ora se ne sta in mutande davanti allo specchio a rimuginare sulla propria miseria invece di fare qualcosa per cambiare?”
“E che dovrei fare?”
“Tanto per cominciare una doccia”
“Sta zitto, non ti sopporto più…ti odio!”
“Ah! Questa poi! …che ti piaccia o no è assieme che dovremmo passare il resto dei nostri giorni, faresti meglio a fartene una ragione. Fidati. Lo dico per te; dovresti accettare questo e il fatto che sei inutile.
Dopo sarà tutto più semplice.
L’ho già detto che morirai da miserabile?”
“Svariate volte credo, e vorrei che la smettessi.”
“Si chiama terapia d’urto. Io non faccio altro che mostrarti la realtà in modo tale che a te risulti un poco alla volta meno dolorosa.”
“…è una terapia del cazzo, non funziona…continui a ripetere la stessa cosa e ogni volta è sgradevole e dolorosa quanto la prima. Non voglio morire da miserabile”
“…davvero? La cosa detta da te mi stupisce. Dopotutto è così che hai vissuto tutta la vita, e non mi pare ti abbia dato molto fastidio”
“Non ti pare!? È stato insopportabile, frustrante, terribile! E continua ad esserlo. Ogni singolo giorno sono oppresso da un peso inesprimibile.
Il mio unico desiderio era poterlo raccontare a qualcuno, sì io volevo buttare fuori tutto e vomitare il mio dolore sul mondo. Volevo una mano calda che mi tenesse la fronte e mi sussurrasse cose del tipo “andrà tutto bene” “ci sono qui io”…Invece cosa mi ritrovo? Te!”
“Me? Tecnicamente allora sarebbe più corretto dire che sei solo, ma Sean caro, se vivere ti pesa tanto quanto dici allora non pensi che faresti meglio a farla finita?
Dopotutto nessuno ti obbliga.”
“Ma io dovevo cambiare vita…da domani, ricordi? L’ho detto poco fa”
“Sappiamo entrambi che non lo farai”
“Che ne diresti se ci impiccassimo?”
“Magari potrei fare il fattorino per iniziare”
“E poi impiccarti”
“…o magari il commesso, e poi, ovviamente riprenderei gli studi”
“…già, e se non funziona puoi sempre impiccarti”
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21-04-2012, 16:04
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#10
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Intermedio
Qui dal: Feb 2012
Ubicazione: Trento
Messaggi: 171
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E questo è quanto fatto oggi (eh eh ne ho di tempo da perdere )
Atto II
[Outside the door]
“Mi ero convinto che la mia fosse una Fuga, ma se fossi stato più attento mi sarei accorto che non c'era nessun posto dove andare. Al massimo si poteva guadagnare tempo”
“Caporale che facciamo? Le provviste scarseggiano e gli uomini sono allo stremo.”
“Vorresti forse battere in ritirata soldato? Questa è una guerra, e in una guerra ci sono sempre dei feriti. Qualcuno di noi morirà, lo sapevate turtti che era inevitabile.”
“Sìssignore, lo sapevamo e ci eravamo preparati a morire uccisi dal nemico, sul campo di battagli, per la patria e per l'onore. Ci eravamo preparati amorire da eroi, ma qui...qui viviamo come bestie e come tali siamo costretti a morire. Anche i più forti di noi ormai sono ridotti a mucchi di pelle e d'ossa, gli altri sono tutti morti”
“Così è la guerra”
“Sono qui da mesi e non ho visto l'ombra di un solo nemico. Vedo solo la morte che un poco alla volta si porta via i miei compagni. Che se la prendano pure questa terra, se la vogliono...questa guerra mi ha già tolto tutto il resto. Non mi resta nulla se non il mio onore”
“Non c'è onore per i disertori.”
“Allora non mi rimane proprio niente per cui combattere”
Dalla pistola del Caporale parte un colpo. Mi sembra quasi di sentire il suono del mio corpo che cade e sbatte contro la terra sabbiosa. Quella che non ho voluto difendere. No...l'ho solo immaginato. Perchè non mi uccide?
Non vale la pena sporcarsi le mani col tuo sangue, dice lui, e i suoi occhi sono carichi di una pietà e un disprezzo tali da farmi rimpiangere la pallottola di prima: mi piego su me stesso e dalla gola sento nascermi un grido terribile, quasi animale...è allora che mi sveglio.
Ormai è evidente quanto la situazione sia degenerata: non ho altra scelta, devo assolutamente uscire di casa. Non occorre neanche che vada tropppo lontano, è sufficiente che dimostri a me stesso di poterlo fare, perchè se così non fosse significherebbe che ho perso la mia libertà e sono diventato mio malgrado prigioniero di questo appartamento. Appoggio la mano sul pomello di ottone dell'entrata, lo stringo, tremo e sudo ma non mi decido a girarlo, stacco la mano da lì con un fremito: sono in gabbia.
Guardo l'uscio con odio edi inizio a tempestarlo di calci, il legno geme ad ogni nuovo colpo, ma il suo scricchiolio pietoso non fa che accrescere la mia ira: lo odio, odio questo posto e odio ciò in cui mi sta trasformando.
Resistenza.
Dall'altro lato qualcosa mi si oppone.
Sento una voce non mia, la prima dopo un tempo che pareva interminabile. È una voce di donna, arrabbiata“La vogliamo finire?” grida rivolta a me che dall'altra parte ormai mi sono calmato “Qui c'è gente che gradirebbe un minimo di tranquillità!”
“Mi ha sentita?!”
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21-04-2012, 16:05
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#11
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Intermedio
Qui dal: Feb 2012
Ubicazione: Trento
Messaggi: 171
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....
Il mio silenzio pare riempire tutto lo spazio circostante, come una melma densa dalla quale devo sbrigarmi ad uscire Passo velocemente in rassegna una serie di frasi di circostanza. So che la donna oltre la porta attende che io le dica qualcosa. So che le frasi più adatte sarebbero quelle come “Mi scusi, non si ripeterà più” oppure “Sono molto dispiaciuto di averle causato problemi”. So tutte queste cose, ma ho le labbra serrate e non trovo nè il fiato nè il coraggio per parlare.
L'attesa intanto si dilata in maniera quasi inverosimile e potrebbe durare all'infinito se qualcosa non mi scuotesse dal mio stato di torpore.
La porta si muove, vibra, il pomello d'ottone che prima non ero riuscito a girare ora si muove di propria volontà. È lei , sta entrando.
“Clack” la serratura scatta ed il mio cuore inizia a battere selvaggiamente.
D'istinto mi butto in avanti e appoggio tutto il mio peso sul legno dell'entrata, unica protezione rimastami.
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21-04-2012, 16:06
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#12
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Intermedio
Qui dal: Feb 2012
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Messaggi: 171
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“Va tutto bene” dico con una voce forte che sorprende anche me “...è solo...stavo riordinando e...sono caduti degli oggetti dal mobile e....non volevo disturbarla”
“Oh, ma lei non si è fatto male vero? Vuole che le dia una mano?” il tono di voce della sconosciuta si è fatto leggermente più dolce. Io, dal canto mio, mi meraviglio che mi abbia creduto.
“No” dico, e so che qualunque cosa accada non avrei la forza di aggiungere altro; spingo leggermente la porta quanto basta per richiuderla.
Tiro un respiro di sollievo senza sapere bene se sono salvo o se sono in trappola; l'unica cosa certa è che sono di nuovo solo e tanto mi basta.
Torno a letto con la sensazione di essere appena scampato ad un grave pericolo e mi sdraio schiena contro il muro.
D'un tratto sono consapevole del fatto che non riuscirò ad andarmene di qui, che non troverò lavoro, nè come fattorino, nè come commesso. Tutto quello che farò sarà aspettare, che in fondo è già qualcosa ed è quello che mi riesce meglio.
È un pò come quando si ha la febbre da bambini: si fatica a muoversi e a parlare, non si vuole nè mangiare, nè bere, nè alzarsi, ma è solo percè si sta bruciando dentro. Mi appoggio una mano sulla fronte: è fredda. Se dico di essere malato non mi crederà nessuno...eppure io ho l'anima in fiamme, lo so, ne sono certo di quella stessa certezza quasi fisica che mi dice che quel fuoco sta bruciansdo ogni singola fibra del mio corpo e non si fermerà fino a quando non sarò che cenere.
L'acqua ghiacciata della doccia mi scorre addosso facendomi rabbrividire ed io mi sento sollevato, come se il gelo esterno potesse spegnere la fiamma che mi fa ardere ed interrompere il flusso dei miei pensieri. Si sta bene con dei vestiti puliti addosso.
Peccato che quella sensazione di freschezza non duri allungo.
Guardo fuori dalla finestra e vedo il placido sole si metà marzo, che anche ogggi è sorto, per poi tramontare. Come sempre...brilla per un pò e un'istante dopo si fa notte.
Qui il tempo sembra non passare mai ed ogni istante è la copia esatta di quello che lo ha preceduto.
Io vedo il mondo sempre con gli stessi occhi, nel petto sempre lo stesso cuore.
Sono quello che ero prima, solo un minuto più vecchio. Ora cinque. Ora sei. Sette, otto, nove.
A volte mi domando se ne valga davvero la pena e nei momenti di particolare sconforto porto instintivamente le mani alla cintola. Lo sguardo fisso sul lucernario in stile vittoriano che mi pende sopra il capo.
Si tratta di un mobile robusto, con sei grandi braccia dorate e piccoli cristalli a forma di goccia che pendono da ogni lato: è ingombrante e nel complesso ha un'aria alquanto regale.
Mi piacerebbe molto sapere com'è arrivato fin qui e ancora di più,perchè ci è rimasto.
Ha l'aria di valere molto e mi stupisce che nessuno dei precedenti inquilini abbia mai pensato di venderlo.
Eppure è evidente che non è un oggetto adatto ad una topaia come questa! ...non si spiega, proprio non si spiega.
Mi alzo per osservarlo meglio e tendo la mano nella sua direzione, come per toccarlo: l'attrazione che esso esercita su di me è tanto strana che non saprei nemmeno come definirla; è qualcosa di simile al rispetto, quasi soggezione.
Fin dalla prima volta che lo vidi ebbi la certezza che esso fosse stato messo lì per me, che mi fosse in qualche modo destinato.
Delle volte mi immagino appeso ai suoi rami possenti, penzolante e rosso come un frutto maturo e penso che sarebbe bello finire i miei giorni fra l'allegro tintinnio dei suoi cristalli. La scena che si dipinge nella mia mente, mi appare tutt'altro che macabra e anzi mi piace poichè mi pare carica di quel fascino proprio solo del dolore e della disperazione.
A me basterebbe anche solo andarmene con un pò di dignità, ma quello che quel lucernario in particolare mi offre va ben oltre, si tratta di teatralità; di una morte che soddisfa il mio senso della bellezza, il che non è certo cosa da poco....In ogni caso sempre meglio che rompersi un'anca uscendo dalla vasca da bagno.
Con l'aiuto di una vecchia scala ho assicurato la cintura al suo posto e ora me ne sto in piedi: in contemplazione.
Le mie intenzioni , in questo momeento, sarebbero chiare a chiunque doivesse entrare in questa stanza.
Aspetto.
...
...
No, non verrà nessuno a fermarmi.
... in questo caso tanto vale andare.
Si tratta solo di fare un passo.
Uno solo.
Di colpo vedo come un lampo di luce e tutto attorno cala l'oscurità.
No,non si tratta di una squallida descrizione del trapasso di quarta categoria. È un blackout: mi hanno staccato la corrente.
Barcollo leggermente e dopo un pò di fatica reisco finalmente a scendere illeso dalla mia postazione.
Sono troppo stanco per il suicidio.
Rimango ai piedi della scala, rannicchiato al buio con la testa fra le braccia, socchiudendo appena le labbra per far uscire un lamento così flebile da essere quasi in percettibile.
Sto per iniziare a piangere quand'ecco che una lamina di luce sottilissima taglia l'oscurità che mi circonda e s'appoggia proprio su di me, illuminando parte del mio volto.
Il cigolìo della porta che si apre pare risuonare per tutta la casa e la luce innonda lo spazio circostnate.
Tutto è accaduto in fretta, troppo perchè avessi il tempo di rendermene veramente conto: so solo che ad un certo punto mi sono trovato di fronte questo ragazzo, i capelli rossi e gli occhi azzurri pieni sconcerto e terrore. So che ha iniziato a correre e io non ho potuto fare a meno di andargli dietro.
Dovevo fermarlo. Lui mi aveva visto in quello stato e ora...ora lo stavo braccando, al pari di un animale. Non sapevo cosa avrei fatto una volta che lo avessi preso, ma di sicuro non potevo permettergli di andarsene via così.
Mi lanciai all'inseguimento e in men che non si dica mi sono ritrovai fuori, correvo lungo il corridoi, rapidissimo, inarrestabile.
L'altro non aveva modo di sfuggirmi e in breve gli fui addosso, lo placcai e lo spinsi a terra.
Lui si divincolò e tentando di liberarsi gettò in aria quello che teneva fra le mani.
Iniziammo a lottare mentre decine di fogli bianchi e leggeri cadevano su di noi. Molti venivano calpestati o spiegazzati e alcuni si macchiavano di sangue mentre noi rotolavamo sul pavimento, prendendoci a pugni e cercando l'uno di avere la meglio sull'altro.
Lui mi colpì allo stomaco e fece per andarsene, ma io non avevo intenzioone di dargliela vinta. Lo presi per una gamba e lo feci cadere al suolo. Anche se a fatica riuscì a mettermi sopra di lui e ad immobilizzarlo.
Era Jared della classe di Economia.
“Ti ho portato alcuni appunti” disse “pensavano tutti che fossi malato”.
Diedi un'occhiata ai fogli che ci cirondavano e mi sentì di colpo in imbarazzo.
“Che cazzo pensavi di fare?” mi disse in tono di rimprovero.
E io avrei voluto rispondergli, ma non lo sapevo, davvero.
Ero rientrato di colpo in possesso della mia lucidità e mi ero reso conto solo ora della gravità di quanto appena accaduto. Avevo appena aggredito un uomo...”Non mi denuncerai vero?” ecco, questo fu il massimo che riuscì a dire.
“Ma che....certo che no...io voglio solo sapere cosa...e levai di dosso!”
Mi alzai di fretta e stetti zitto in attesa che lui terminasse la frase, ma non lo fece e si limitò a guardarmi. In quel momento mi ricordai delle condizioni in cui dovevo essere e provai ad immaginarmi dall'esterno. Mi vidi con i suoi occhie fu terribile. Volevo solo che se ne andasse e non tornasse mai più. Con che coraggio avrei mai potuto rivolgerli ancora la parola? Dei suoi appunti non sapevo che farmene: anche solo l'idea di dover tornare in classe e trovarlo lì ogni giorno mi era insopportabile. Non avrei mai potuto farlo, non dopo oggi.
“Ma guardati...fai schfo...si può sapere che diamine t'è successo?”
“...è una storia lunga”
Lui mi guardò ed era evidente che non mi credeva: “è una storia lunga” è un modo come un altro per dire “fatti i cazzi tuoi” .
“Cos'hai visto?” gli chiesi, nella speranza che l'oscurità avesse nascosto la cintura e il lampadario.
“Tu cosa credi che abbia visto?”
“Non lo so”
“Sentimi” sbottò lui “Non ho tempo per questi giochetti e comunque quello che fai non mi riguarda. Ognuno è liberissimo di fare quel che gli pare...ma avresti potuto almeno chiudere la porta a chiave no? Non ti sei chiesto cosa sarebbe successo se qualcuno fosse entrato? Prima non me ne sarebbe fregato niente, ma ora che ho visto tutto non posso certo andarmene via come se nulla fosse! Non sono quel genere di persona io! Se ora me ne andassi e domani tu dovessi essere morto continuerei a pensare che potevo evitarlo, che forse se ti avessi parlato...”
“E a me dovrebbe importare qualcosadi te e della tua coscienza!? No hai nemmeno bussato prima di entrare in casa mia!”
“Non mi aspettavo certo di trovare una cosa del genere!”
“Ah no? E allora si può sapere che diamine ti aspettavi di trovare?”
Classe-di-economia Jared stava per rispondermi quando un vecchio dall'aria torva arrivò e ci intimò di andare a far chiasso da un'altra parte. In effetti dovemmo riconoscere che stavamo gridando nel bel mezzo deol corridoio e così raccogliemmo alla svelta tutti i fogli che potemmo e ci dirigemmo verso il mio appartamento. Io entrai, Pel-di-carota Jared no.
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21-04-2012, 16:07
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#13
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Intermedio
Qui dal: Feb 2012
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“Potresti anche invitarmi debtro” disse lui sardonico
“Tu lo hai visto dentro e ti garantisco che non ci vuoi entrare”
“E tu che ne sai di quel che voglio o meno?”
“Sono io a non volere che tu entri”
Mi posi davanti a lui per impedirgli il passaggio, ma lui mi spinse via con una decisione e una delicatezza he non ammettevano repliche. Alla fine gli permisi di entrare, un pò perchè sentivo di doverglielo e un pò perchè ormai sentivo di non poter cadere più in basso di così in nessun caso.
“Questo posto è una fogna” disse “Non è che hai una birra?”
Aveva un'aria tranquilla e rilassata che mi sorprese molto: sedeva in mezzo a immondizia di ogni tipo eppure sembrava che per lui non vi fosse nulla di più normale al mondo. Si ricavò anche un suo spazio e si sedette aspettando la sua birra.
“Perchè sei corso via prima?”
“E tu perchè mi hai seguito?”
...già... perchè...
restammo in silenzio, ognuno bevendosi la sua birra tiepida. “Sono rimaste al sole” dissi come per giustificarmi... anche se a ben pensare la birra in quel momento avrebbe dovuto essere il problema minore.
A rigor di logica avrebbe dovuto essere tutto diverso. Io, Jared, i fatti di quel giorno...
Invece la situazione prese una piega tutta sua.
Alla terza birra gran parte del mio malumore se n'era già andato e alla sesta avevo l'impressione di aver trovato un amico, che non era molto, ma era comunque più di quanto mi aspettassi da quella giornata.
Soltanto qualche ora pria pensavo di uccidermi, ora invece me ne stavo a llegramente a ridere con un tizio che a malapena conoscevo. Soltanto qualche ora prima e c'era ancora la mia cintola che penziolava oscura sopra le nostre teste, ma ora non incuteva più terrore : era solo un pezzo di cuoio inerte...e noi, noi eravamo vivi e avevamo il mondo in mano. Eravamo ubriachi fradici.
Ero felice, per la prima volta mi sentivo parte di qualcosa: quel ragazzo lentigginoso aveva visto la mia miseria, il mio squallore, quello che mai a nessun altro avevo osato mostrare e ora, invece di disprezzarmi o compatirmi se ne stava lì a ridere con me.
Non so quanti al suo posto avrebbero reagito così, ma gli ero grato,forse troppo per accorgermi che in tutto questo c'era qualcosa che non andava.
L'intera situazione aveva un che di tremendamente sbagliato: io l'avevo, Jared l'aveva... eppure in quel momento mi sembrava che tutto stesse andando proprio come doveva, tanto che per un attimo pensai fosse quello che la gente intendeva quando parlava di destino...poi vennero i postumi di sbornia.
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21-04-2012, 16:48
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#14
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Esperto
Qui dal: May 2010
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Messaggi: 16,780
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Giuro che la scena dell'abbandono del cane m'ha fatto piangere
Più che di una storia sulla depressione io direi che è sul D. di P. Schizoide
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Ultima modifica di barclay; 21-04-2012 a 16:51.
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22-04-2012, 15:20
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#15
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Esperto
Qui dal: Dec 2011
Messaggi: 1,339
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Secondo me, Jared non si comporta in modo "naturale"... non so, forse era meglio se fosse riuscito a scappare e poi, dopo qualche minuto, torna per "salvare" Sean
O altrimenti non lo farei scappare proprio, a meno che Sean lo aggredisca e quindi lui cerchi di scappare come conseguenza.
...ma questa porta di casa che chiunque può aprire dall'esterno, non è un po' troppo strana ?
(scusa, ma sono io che ho il pallino della verosimiglianza dei racconti)
Magari potresti fare in modo che si rompa, quando prima Sean la prende a calci e pugni...
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22-04-2012, 15:28
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#16
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Intermedio
Qui dal: Feb 2012
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Quote:
Originariamente inviata da Quintuplo
Secondo me, Jared non si comporta in modo "naturale"... non so, forse era meglio se fosse riuscito a scappare e poi, dopo qualche minuto, torna per "salvare" Sean
O altrimenti non lo farei scappare proprio, a meno che Sean lo aggredisca e quindi lui cerchi di scappare come conseguenza.
...ma questa porta di casa che chiunque può aprire dall'esterno, non è un po' troppo strana ?
(scusa, ma sono io che ho il pallino della verosimiglianza dei racconti)
Magari potresti fare in modo che si rompa, quando prima Sean la prende a calci e pugni...
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La verosimiglianza è proprio quello che mi manca, comunque si hai ragione...la porta è anomala e la tua idea di romperla è buona indi per cui sarà fatto e anche per Jared vedrò di fare qualcosa ... poi aggiornerò le parti modificate e vedremo se saranno più "credibili"
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22-04-2012, 16:59
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#17
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Intermedio
Qui dal: Feb 2012
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(...è un pò dislocata...ma vabbhe, comunque...la fine dell'atto II...spero che Quintuplo mi scusi se non ho ancora modificato i vecchi post ..provvederò, comunque la mia versione di "Word" è stata cambiata seguendo gli utilissimi consigli che mi ha dato e spero continueà a darmi )
Non so bene cosa successe dopo, ma ad un certo punto devo essermi addormentato e al mio risveglio lui era sparito.
Per un attimo dubitai perfino che ci fosse mai stato e pensai si fosse trattato solo di uno strano sogno, ma sia il mio mal di testa, sia gli appunti che aveva lasciato sul tavolo prima di andarsene sembravano smentire questa ipotesi.
Mi vennero in mente la cintura e il lampadario; il blackout e il vecchio che era uscito sul corridoio urlando. Ricordai la botta allo stomaco e Jared che fuggiva, la porta che si apriva su di me, la corsa che avevo fatto . Sì, ero uscito...io ero stato fuori anche se per poco e poi...
Voltai la testa e cercai di muovermi, ma finì con l'urtare alcune lattine di Heineken vuote che fugavano ogni mio dubbio su quanto fosse accaduto dopo.
Mi alzai di scatto: Rusty! Dovevo ancora portarlo fuori! Corsi a prendere il guinzaglio, ma appena o ebbi in mano fui colto da una sensazione amara. La sua cuccia non c'era più, lui non c'era...
Io lo avevo riportato al canile, e poi me ne ero dimenticato. Anche ora quel ricordo era legato più che altro alla bionda che aveva portato cia Rusty, più che al fatto in sè. Aveva una scollatura mozzafiato e il viso non era neanche troppo male. Forse un po' troppo spigoloso ma...dannazione quella troia si era presa il mio cane!
“E che altro doveva fare? Era i suo lavoro”
“Di nuovo tu? Lasciami in pace, ho mal di testa, sto male”
“Povero ingenuo: pensi che basti un pò di alcool per mettermi a tacere? Pensi che sia così facile fuggire da se stessi?Di un pò, non starai mica pensando di farne un vizio vero?”
“In verità stavo pensando al cane, forse dovrei andare a riprendermelo.”
“Sì beh, dovresti anche andare a lezione e a pagare le bollette. Ah, dimenticavo, come procede la tua ricerca di un lavoro? Vedi di non stancartici troppo”
“Stronzo”
...
...
“Di un pò, che dicevi a proposito del vizio?”
“Eh eh, nulla di particolare. Pensavo solo che forse ti sarebbe piaciuto diventare un alcolizzato. Non ci siamo forse divertiti ieri sera? ..è stato bello rinnegarsi per un pò, abbandonare tutto, lasciarsi andare. Non c'è stato un singolo pensiero conscio, non uno. Finalmente ho avuto un pò di tregua. Non sai quanto sia faticoso doversi sorbire le tue cazzate e le tue paranoie.”
“Perchè tu pensi che a me faccia piacere doverti ascoltare ogni qualvolta decidi di aprir bocca?
Fosse per me ne fare a meno, ma non ho scelta...l'unico modo per metterti a tacere sarebbe...”
“Mettere a tacere te stesso...e questo è esattamente ciò a cui mi riferivo poco fa, quando parlavo del vizio. L'uncio modo che hai per eliminarmi è distruggerti ,pezzo per pezzo. Saresti disposto a tanto pur di liberarti di me? Non ti nascondo che sarebbe un esperimento interessante.”
...Non rispondo, voglio solo smettere di pensare: abbandonare questo corpo al proprio destino, annullarmi.
“...E io ti sto proponendo il modo giusto per farlo. Dopotutto devi ammetterlo, Sean, noi non siamo fatti per stare insieme e questo corpo non basta a enttrambi. Allora che ne diresti se ce lo giocassimo? Berremo un pò, sarà divertente. Berremo fino a stordirci e a perdere la ragione e alla fine ne rimarrà solo uno.”
“Oppure nessuno”
“...Può darsi, ma anche in quel caso non avremo più nulla di cui preoccuparci...allora ci stai?”
Accetto. Non ho la forza di resistere.
Voglio bere fino a stare male, vomitare l'anima e non sapere nemmeno perchè ciò sta accadendo.
“Sei consapevole del fatto che così rinnegherai te stesso, vero?”
“Sì, ma dopotutto è come hai detto tu: non siamo fatti per stare insieme”
“Vero, l'ho detto e ne sono seriamente convinto, ti confesso solo che un pò mi mancherai...sono così tanti anni che ci conosciamo, che è quasi un peccato finirla in questo modo”
“Ma non era quello che volevi!? Mi stai prendendo in giro?”
“Un pò sì, che ci vuoi fare, è il mio modo di divertirmi...comunque se mi ascoltassi con più attenzione ti accorgeresti che ho detto quasi un peccato...il “quasi” è vitale, cambia tutto”
“Allora è deciso.”
“È deciso”
...
“Che aspettiamo ancora? Diamoci dentro! Alziamo il gomito! Fammi vedere come mandi giù tutto vecchia spugna che non sei altro!”
“Lo farei, ma non abbiamo più alcool, o carta igenica, o sigarette”
“E non andrai a comprarle, perchè il discount è lontano”
“...è fuori”
“In Warwick Avenue”
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Ultima modifica di Llorona; 22-04-2012 a 17:03.
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28-04-2012, 22:20
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#18
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Intermedio
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Parte prima dell'atto III (perchè potrei sfruttare le ferie per studiare algebra, ma non lo farò cosa di cui comunque il mio povero racconto non ha colpa)
Atto III
[Facing the reality]
“Se questo fosse un film adesso verrebbe qualcuno a salvarmi: una ragazza bellissima, con i capelli lunghi e biondi e due tette così. Mi tirerebbe fuori dalla mia miseria e poi correremo insieme verso il tramonto mentre sotto partono i titoli di coda e la musica.
...se questo fosse un film io e l'ennesima attricetta da quattro soldi ci incontreremo ogni tanto nel Backstage, quattro chiacchiere, un saluto, magari anche una scopata ogni tanto per passare il tempo, poi via, ognuno per la sua strada.
Perchè a telecamere spente è tutta un'altra cosa.
A telecamere spente è tutta una merda.”
-da “L'alter ego” un filn inesistene-
Quando uno è deciso a non uscire non ha nessuna importanza il fatto che la porta sia aperta o meno.
Per quel che riguardava me, poi, poteva benissimo non esserci nessuna porta: sarebbe stato lo stesso.
Negli ultimi giorni stavo addirittura pensando di rimuoverla del tutto così almeno avrebbe smesso di sbattere a ogni colpo di vento.
Al suo posto pensavo che avrei potuto metterci una tenda, magari quella della doccia con i pesciolini gialli e rossi: non era certo la più dignitosa delle soluzioni, ma per lo meno mi avrebbe permesso di risolvere il problema alla svelta e di mantenere intatta la mia privacy.
Optai per quella soluzione epoco dopo la tenda era già al suo posto e decine di piccoli pesci colorati dipinti su del vecchio nylon color crema sorvegliavano l'entrata del mio rifugio, da fuori vedevo le shilouette dei condomini passarmi davanti, sempre gli stessi, avanti e indietro, immersi fino al collo nella vita di tutti i giorni: bambini da portare a scuola, scadenze da rispettare, treni da prendere.
Inspirare ossigeno, espirare anidride carbonica.
Co2, O2. Una volta, due volte, cento e cento altre ancora. Continuamente.
Dopo un certo tempo passato ad osservare le ombre che mi passavano davanti credevo persino di aver imparato a riconoscerle, è straordinario cosa la noia possa fare alla mente umana: ho capito la logica secondo cui sono disposte le piastrelle del bagno e ho contato le crepe sul soffitto, sono andto in cucina e là me ne sono sato in piedi davani al frigo per dieci minuti buoni cercando non si sa bene che cosa. Me ne sono andato, sno tornato, ho riaperto il frigo e ho messo in bocca un pezzo di fondente amaro, che dicono faccia bene al cuore.
Lo specchio del bagno giaceva malinconico in un cantuccio fra il frigo e l'angolo cottura assieme alla porta che avevo scardinato.
Avevo deciso di liberarmene qualche giorno fa per ovvie ragioni: la mia decadenza era già abbstanza triste anche senza averla sotto gli occchi continuamente e quell'oggetto era diventato un tormento, se non volevo più vedermi in certe condizioni, avevo solo due scelte: una era cambiare, ed avrebbe richiesto sforzi e costanza di cui al momento non ero capace, l'altra era togliere di mezzo lo specchio, il che era molto più semplice e fu proprio ciò che feci. Dopo mi sentii subito meglio, in fin dei conti nemmeno essere un fallito era poi così grave finchè non te ne rendevi conto.
Tenere fuori la realtà. Non era forse questo il motivo per qui mi ero rinchiuso?
Sfuggire al sistema. Eludere il Grande Complotto.
Ma per riuscire a resistere era necessario negare tutto, anche l'evidenza: bisognava fingere che andasse tutto bene, convincersene. Che importava se vivevo in condizioni quasi di degrado? Che importava se mentivo regolarmente a mia madre sulla mia vita scolastica peraltro inesistente?
Mi meravigliavo di mia madre: a quell'ora avrebbe già dovuto capire il mio gioco, o per lo meno intuirlo...il fatto che credesse ad ogni mia parola ed improbabile scusa era così fastidioso che quasi feriva. Non era possibile che fosse così stupida, no, non lei, e allora l'unica spiegazione possibile era che avesse capito tutto, ma che non volesse comunque intervenire.
Non sarebbe stato nemmeno così difficile, era sufficiente che la smettesse di inviarmi il bonifico mensile che al momento costituiva la mia unica fonte di sostentamento e sarei crollato nel giro di qualche settimana, se non addirittura in pochi giorni.
Senza cibo, nè acqua, nè corrente elettrica; senza nessuno dei comfort a cui ero abituato avrei avuto solo due possibilità: lasciarmi finalmente morire oppure alzarmi e rimboccarmi le maniche.
Non ci sarebbe stato altro modo.
Invece lei niente, faceva la voce dolce al telefono e mi chiedeva sempre se avevo mangiato.
Nella sua mente la salute e l'amore si misuravano con il cibo: finchè avevi lo stomaco pieno di buone lasagne al ragù non c'era nulla di cui preoccuparsi.
Non ci vedevamo da quasi un anno, ma con il suo generoso contributo si era assicurata che potessi permettermi tutte le lasagne che volevo, e volendo anche gli agnolini o le tagliatelle; la sua coscienza era apposto. Dopotutto di che altro può necessitare un essere umano, che abbia già un piatto di pasta al giorno e un tetto sopra la testa?
Da piccolo ricordo che piangevo spesso perchè avrei voluto un abbraccio, una carezza, un complimento ... non avevo nulla di tutto ciò, in compenso avevo tutta la torta di mele che volevo: ero un bambino grasso.
Una buona madre dovrebbe far attenzione a queste cose.
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28-04-2012, 22:22
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#19
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Intermedio
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Un buon figlio non dovrebbe mentire, abbandonare l'Università e sfruttare il denaro dei suoi per vivere nell'inerzia e nella nullafacenza.
Probabilmente l'errore è in qualche gene dei Cooper, abbiamo tutti qualcosa di sbagliato noi, basta stare a sentire un attimo le storie di famiglia per rendersene conto: discendiamo da una lunga stirpe di teste di cazzo, ce l'abbiamo nel sangue.
La “p” in Cooper sta per perdente e io, beh, io ero fregato fin dalla nascita.
Poco male, per lo meno la torta era deliziosa.
Accendo il pc: la luce del monitor proietta la mia lunga ombra sul telo con i pesci, che cosa buffa, crediamo tutti di aver bisogno di porte per allontanare gli estranei e invece basta un vecchio straccio di plastica!
L'appartamento di per sè costituiva già un buon deterrente per qualsiasi ladro o malfattore di sorta: so capiva subito che non c'era ninte da portar via, nemmeno la mia vita. Al massimo si poteva fare un pensierino sul lampadario vittoriano con annessa cintura in cuoio, ma anche volendolo, portar via un oggetto simile era un impresa non da poco, se ne poteva concludere che ero al sicuro. L'unica cosa ce mi spaventava era il fatto che le mie scorte di viveri stavano pe finire e presto sarei dovuto andare a fare rifornimento, il che significava soltanto una cosa: discount.
L'idea di ritrovarmi circondato da persone estranee mi metteva i brividi e più ci pensavo più la cosa si ingigantiva e appariva ai miei occhi come un impresa al di là delle mie capacità.
Ero diventato paranoico, decisamente.
Senza accorgermene ero lentamente scivolato nella morbostà, e se dapprima il mio era un isolamento voluto, almeno in parte, ora esso aveva perso le dimensioni della scelta, per assumere quelle della malattia...
Il mio primo fallimento era stato il giorno del pomello di ottone, quando Jared era venuto a portarmi gli appunti di Economia :dovevo dimostrare a me stesso di avere ancora il controllo della situazione, invece avevo inseguito ed aggredito un tizio quasi senza motivo e poi mi ero ubriacato.
La bilancia pendeva decisamente a mio sfavore, nonostante ciò il ripensare a quei fatti mi fu utile: ricordai la strana reazione di Jared e in mente mi balenò un'idea strana, per non dire pessima della quale però non riuscii più a liberarmi.
Misi in pausa la canzone che stavo ascoltando e mi alzai deciso, per la prima volta dopo forse mesi, ad agire.
Non sapevo se la mia idea avrebbe funzionato, ma dovevo tentare altrimenti mi aspettavano le porte automatizzate del “Tesco” di Wedgewood Avenue.
“Pronto?” dall'alttro capo del telefono mi risponde Jared, la voce calma, pacata, proprio come quando è in classe.
“Sono Sean” dico io, quasi tremante.
Solo ora mi accorgo che era da un sacco di tempo che non parlavo più con nessuno.
“Ciao Sean, come mai chiami? Ti serve qualcosa? Se è per i compiti sappi che avevo intenzione di venirteli a portare prima o poi solo...dopo l'ultima volta io”
“Ti capisco, insomma il mio comportamento non è stato dei migliori e mi dispiace se ti ho spaventato, ma ora va tutto bene e sì comunque era...per i compiti di Economia.”
“Tranquillo non mi hai spaventato, cioè un pò sì, all'inizio; e comunque non era per quello che non mi sono più fatto vivo...solo non sapevo come affrontare la situazione”
“La situazione? Di che diamine di situazione stai parlando si può sapere?”
“Della tua! Non so se te lo ricordi ma te ne stavi accucciato al pavimento con un cappio sopra la testa! Mi credi davvero così stupido? Insomma era ovvio quello che pensavi di fare! E se fossi venuto da te e ti avessi trovato morto? E ancora peggio, se venendo avessi peggiorato la situazione?
Te l'ho detto, non so come gestire la cosa e sinceramente ho paura”
“Tu? Idiota, si può sapere di che dovresti avere paura? Non sei responsabile per me e di sicuro non ti ho chiesto aiuto in alcun modo!”
“Ah no? E se non per chiedermi aiuto per cosa mi hai chiamato? Per i compiti? Perchè visto e considerato che non vieni a scuola da più di un mese dubito che ti servano poi così tanto!”
Mi aveva colto in fallo, tanto valeva vuotare il sacco: “Ho bisogno di qualcuno che mi faccia la spesa...per questo ti ho chiamato, il fatto è che io non posso andarci.”
“...ho capito...ma devi per forza andarci oggi? Voglio dire, non puoi aspettare ed andarci domani?”
“No, domani non posso e nemmeno il giorno dopo o quello dopo ancora. Ho troppa paura di uscire,, ti prego, ne ho bisogno, non sai quanto mi è costato farti questa chiamata...puoi anche solo immaginare quanto sia umiliante per me? Se ci riesi allora ti prego di darmi una mano, perchè non riuscirei a fare di nuovo una cosa del genere con qualcun altro. È un mese che aspetto e ...ti prego” Lottavo contro me stesso per trattenere le lacrime, ero allo stremo: non scherzavo, chiamare Jared era stata una delle cose più difficili che avessi fatto negli ultimi tempi e mi era costata non poca fatica.
Lui era diventato involontariamente l'ultimo filo che mi legava al mondo fuori ed ora avvertiva su di sè tutta la responsabilità di quel ruolo.
Poteva scegliere di aiutarmi, lasciarmi a me stesso oppure riattaccare: io ero convinto che avrebbe scelto una delle ultime due ipotesi, perchè è questoche fanno le persone, perchè non eravamo in un film e lui non era un'attricetta sexy. Non c'era nessun tramonto verso il quale correre, solo strade grige e sporche, la città.
Cifu un lungo silenzio, teso, Jared esitò, ma alla fine disse che sarebbe passato da me verso le cinque di domani.
Io tagliai corto con un grazie perchè volevo che quella chiamata odiosa finisse al più presto,, ma dentro di me gli ero grato ed era come se per la seconda volta mi avesse salvato dal paralume dorato.
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Ultima modifica di Llorona; 28-04-2012 a 22:40.
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29-04-2012, 08:59
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#20
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Esperto
Qui dal: Dec 2011
Messaggi: 1,339
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letti gli ultimi due post... ci sono due cose che non mi convincono:
1 la tenda da doccia. Non so, mi riesce difficile capire come uno che ha paura del mondo esterno si possa accontenate della tenda... capisco perchè l'hai voluta mettere, quando scrivi che basta poco a tenere fuori gli estranei, ma quando uno legge, è una cosa che stona troppo... blocca il flusso di pensieri durante la lettura...
2 la conversazione telefonica. Anche qui, c'è qualcosa di innaturale nella conversazione, specie nel comportamento di Jared, che impedisce al lettore di immergersi nella situazione. Magari aggiungendo qualche sua obiezione in più, delle pause di silenzio, cambiare qulacosa nei ragionamenti...
...e come alsolito, queste sono solo da considerare mie personali idee, magari per gli altri, tutto fila liscio così com'è...
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