Essere e sentirsi dei perdenti
Salve a tutti.
Ultimamente, scavando tra i miei pensieri, ho riscoperto una delle serie d'esperienze che mi ha fatto soffrire davvero molto, nella vita. Probabilmente è anche uno dei miei più grandi rimpianti. Quello di non aver mai vinto nulla dal punto di vista sportivo e competitivo, in generale, con gravi conseguenze sull'autostima :( Ovviamente poi, questa situazione ha gravato anche nei rapporti sociali con le altre persone che invece, bene o male, sono riuscite ad ottenere qualche piccolo o grande successo personale, provocando degli effetti a catena sulla qualità della vita sociale. La realtà è che viviamo in una società fortemente competitiva, e chi rimane indietro e perde sempre, lascia dietro di sé, come fosse un ombra, un Gap incolmabile da recuperare. Su di me ha avuto un esito talmente deleterio da farmi soffrire di complessi d'inferiorità persino quando mi cimento online o con degli amici ai videogiochi o giochi da tavolo :piangere: Non ho mai vinto neanche una Coppetta in tutta la mia vita, e questo aspetto mi fa sentire in deficit rispetto agli altri; non so davvero come uscirne, e la cosa mi fa sentire davvero a disagio. Come si fa a superare questo muro invalicabile? |
Re: Essere e sentirsi dei perdenti
Anche io mi sento un perdente però non perché non ho mai vinto qualcosa ma perché non ho nessuna competenza particolare, sono un inetto. Ogni persona che ho conosciuto fino ad ora era brava in qualcosa, chi suonava uno strumento, chi praticava uno sport e chi faceva altro. Io non ho mai saputo fare niente, sia per mancanza di interesse ma anche perché nessuno in famiglia mi ha mai spinto a fare qualcosa quando ero piccolo. Questa cosa influisce moltissimo sulla mia autostima.
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Re: Essere e sentirsi dei perdenti
Io non è che mi senta un perdente, più che altro è che odio la competitività, mi stressa, per altri funge da motivazione mentre a me scazza e mette solo ansia.
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Sono sempre stato bulluzzato, sono sempre stato la pecora nera, in ogni sport ho sempre fatto pena, non sono mai stato scelto, non ho mai spiccato in nulla, non sono mai stato una persona con cui qualcuno sceglie di stare. Quindi si, mi sento un perdente |
Re: Essere e sentirsi dei perdenti
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Io credo che il problema di fondo non sia "la coppetta di calcetto" in sé, ma l'effetto che hanno le sconfitte, sul piano sociale. Quando si è ragazzi o bambini, lo sport viene incentivato dalla società stessa come strumento per consentire ai giovani di crearsi un loro spazio, e di usufruire di variegate dinamiche sociali. Una persona poco preparata, di scarso talento o poco considerata da parte degli altri, godrà di poca stima sociale da parte dei suoi gruppi di riferimento, con il rischio di far incappare la persona di riferimento, in una situazione degradante e di scarso feedback da parte della realtà che ti circonda. Maggiori successi ottieni, più viene considerato di alto valore sociale da parte di chi ti osserva; e purtroppo, o per fortuna, non solo in campo sportivo. Se così non avviene, si rischia di essere messi da parte. Il grande dramma di queste realtà avviene nella misura in cui, l'individuo che fallisce un traguardo, un obiettivo, un riconoscimento, percepisce il proprio valore come scarno e di poca importanza, per via di una mancata visione d'insieme di ciò che la vita in quelle circostanze è in grado di offrire. Se un ragazzo è scarso a calcetto, significa che magari non essendo portato per quello sport, avrebbe bisogno di un supporto emotivo e sincero da parte di un adulto responsabile, per far comprendere al giovane che vi sono percorsi alternativi per tentare di affermarsi, di avere piccoli successi personali, di quelli che fanno bene all'anima e all'autostima. Così facendo, quello stesso giovane, potrebbe sviluppare un senso di sé, di valore, in grado di consentirgli un confronto con i suoi simili, senza che quest'ultimo si debba necessariamente vergognare di ciò che è. Nella vita si può vincere o perdere: il problema arriva quando non si hanno alternative a quella sconfitta. Comunque ho un Diploma di Liceo Classico. La Laurea se tutto va bene arriverà il prossimo anno. Ma nonostante ciò, la verità è che mi sento un perdente, perché le condizioni sociali creatisi nella mia infanzia, adolescenza e prima giovinezza, mi hanno sempre restituito una sensazione d'impotenza ed inferiorità rispetto agli altri. Le Istituzioni Scolastiche, e la Scuola in generale, fanno parte di quelle strutture sociali che dovrebbero insegnare la bellezza, il fascino e l'importanza della cultura nella vita di tutti i giorni; non tornare a casa per far vedere a mamma e papà che si è preso un voto più alto degli altri alunni. La competizione a scuola basata sui numeri, è una delle realtà più tristi ed insulse della nostra società. |
Re: Essere e sentirsi dei perdenti
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Per l'op: è vero, la scuola non deve insegnare la competitività, la cultura è più importante. Ma più importante ancora è quel messaggio che dovrebbe passare e non sta passando, a quanto pare: "Fa quello che può.Quello che non può, non fa." Mi pare lo dicesse il maestro Manzi, sono passati tanti anni ma la gente non la vuole ancora smettere di misurarsi con lo stesso metro degli "altri. Non si può guardare solo dove si è arrivati senza considerare da dove si è partiti, cosa si aveva nelle tasche, com'era la strada. |
Io non mi sento perdente perché non sono bravo a fare nulla di particolare, chiaramente riuscire bene in qualcosa però aiuta l’autostima su questo non c’è dubbio
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Re: Essere e sentirsi dei perdenti
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Re: Essere e sentirsi dei perdenti
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Re: Essere e sentirsi dei perdenti
Obiettivamente per la società lo sono..non ho mai lavorato,ho il CV vuoto,problemi di varia natura di ogni genere..con gli studi sono indietro anni luce.Fortunatamente ho due persone e una in particolare che mi accettano e mi apprezzano anche così..
Insonna se tutti te lo fanno pesare o ti trattano da subumano/fantasma anche tu ne sarai convinto. E la competitività da branco forsennata penso sia la prima causa per cui mi sono sempre bloccato in ogni cosa nella vita..mi stressa e mi danna l'anima |
Re: Essere e sentirsi dei perdenti
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Ho sempre preferito il Cono :applauso: Mi hai fatto venire in mente certi ricordi, mannaggia :mannaggia: A parte gli scherzi; il mio riferimento era ad un muro mentale, cioè a come superare quello status psicologico dove ci si sente inferiori alle persone che ti sono intorno, per via dei continui fallimenti sociali. |
Re: Essere e sentirsi dei perdenti
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Re: Essere e sentirsi dei perdenti
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Ti dico solo che credo di essere l'unico essere umano al mondo a essere rimasto cintura bianca di boxe cinese dopo tre anni, poi ho lasciato perdere per motivi che credo tu possa comprendere bene. Non riesco nemmeno a giocare al mio videogioco preferito. Se incrocio un altro utente e mi sfida a duello chiudo tutto prima che parta quello stato d'animo di disperazione che per me è così legato a questo problema. Lo so che l'aggettivo "disperato" è un'offesa ai ragazzini nei villaggi bombardati ma io posso confrontarmi solo con la mia realtà e il mio contesto. Tra i miei ricordi più lontani ci sono io alle tombolate che non ho mai fatto nemmeno un ambo. Lo so che sono dietro a un monitor, che il tizio non mi vedrà mai, che se muoio (nel game) basta che io vada dall'angioletto nel cimitero. Per me è quasi reale. E' reale. Inizio a tremare, mi prende male e ci sto male per giorni. Non so se c'è una soluzione, comunque è sicuro che non ci sia per me. |
Re: Essere e sentirsi dei perdenti
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Per quanto mi riguarda, ciò che mi muove verso i miei propositi, è semplicemente la sensazione e l'emozione di sentirmi "realizzato" di fronte agli altri, all'interno della mia sfera sociale. Uno spaccato di quella realtà, formata da persone per vari motivi a me vicine, potrebbe arrivare a definire la mia reazione positiva come l'effetto di un successo personale, da parte di una persona vincente. Io la vedrei solo come un movimento atto a soddisfare la mia sete di desiderio nel compiere quelli stessi atti, magari anche a favore delle persone che mi sono intorno, e non come un modo per fuggire da uno stigma sociale. Il problema non è semplicemente la sconfitta, ma spesso la maniera in cui gli individui che si muovono intorno a quella realtà sgradevole, arrivino a fartelo pesare dal punto di vista sociale. Non ci si muove in una determinata direzione perché si vuole evitare un marchio, ma per la voglia di esperire ed affermare sé stessi, la propria identità, di fronte agli altri. In fondo, siamo animali sociali. |
Re: Essere e sentirsi dei perdenti
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Re: Essere e sentirsi dei perdenti
E' tutto relativo a quelle che sono le aspettative. Se hai sempre aspettative elevate e ti poni continuamente obiettivi sempre più complicati per primeggiare sarai sempre un perdente perchè non troverai mai la tua sensazione di "vittoria".
Se invece aspiri una vita monotona e tranquilla senza grandi aspettative se non avere l'essenziale per vivere decentemente non percepirai mai la sensazione di sconfitta. Ora non dico che una delle due cose è giusta e l'altra sbagliata. Però questa società ci spinge a dover fare sempre di più per eguagliare certi modelli standarizzati come vincenti, non riuscire nemmeno ad avvicinarsi a questi standard inevitabilmente crea frustrazione e ci fa sentire perdenti. |
Re: Essere e sentirsi dei perdenti
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Però sono dell'idea che, proprioperche siamo sempre spinti verso l eccellenza, anche il fatto di "accontantarsi" di una vita senza troppe aspettative... ti spi ge a vederti inferiore a chi invece é in continua evoluzione. Ma se siamo iscritti a questo forum vuol dire che qual cosa di base c'è ahahah. C"é molta gente che effettivamente ha una vita senza troppe pretese, ma non credo che abbiano qualche sorta di fs o simili. Chi invece ne è affetto difficilmente riuscirà a far proprio un concetto così. Io sono la prima...vorrei tanto avere una vita tranquilla senza troppe aspettative... ma an he chi mi é vicino, involontariamente, mi fa capire che non va bene. Mi auguro si sbagliarmi e che molti simili a me, invece, ci riescank |
Re: Essere e sentirsi dei perdenti
Io è una vita che mi sento un perdente. Non ho mai raggiunto alcun obiettivo nella mia vita.
E non è soltanto nell'ambito sportivo dove ho sempre mollato ad un passo da un minimo traguardo, che forse avrebbe potuto fare del bene alla mia autostima, per via dei mie disturbi che cominciavano a prendere il sopravvento (l'ansia, il senso di inferiorità, l'inadeguatezza, la depressione, l'evitamento, il timore di deludere e la paura della competitività). In ambito sociale/sentimentale sono sempre stato un perdente per la mia incapacità di relazionarmi con chiunque. In ambito scolastico perché ho solo la terza media, non sono nemmeno riuscito a prendere uno straccio di diploma e ora al ricovero, dove sono costretto a trascorrere le mie inutili giornate, vedo passarmi davanti coetanei con la laurea e il posto fisso. In ambito lavorativo perché non sono un inetto senza esperienza in alcun ambito e senza capacità o particolari propensioni. E col tempo sono arrivato a minimizzare le mie aspettative a cose ridicole, come il solo fatto di riuscire ad alzarsi dal letto la mattina ed arrivare alla struttura di ricovero e l'unica coppetta alla quale poter ambire, come ha già scritto qualcuno, è quella di gelato, nel congelatore di casa (perché andare in gelateria sarebbe chiedere troppo). Gli stessi psicologi dicono che devo vivere alla giornata, day by day, obiettivi minimi. Ma questo non aiuta per un cazzo. Tutto ciò diventa un circolo vizioso: più si va avanti e più ci si sente dei falliti, dei perdenti; più ci si sente dei perdenti, più aumentano le sensazioni e gli stati descritti in precedenza (l'ansia, il senso di inferiorità, l'inadeguatezza, la depressione, l'evitamento, il timore di deludere e la paura della competitività), e alla fine arrivi all'unica conclusione possibile: che sarebbe meglio non esistere. E allora ti rannicchi in posizione fetale sotto le coperte dopo una giornata vuota ed inutile e speri che non ci sia un giorno dopo. |
Re: Essere e sentirsi dei perdenti
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Insomma, quello che il tuo discorso trascura è il complesso della vita della persona. Io personalmente sì, avrò pure titoli guadagnati ma dopo averli guadagnati non li ho potuti-saputi sfruttare, e guarda caso al 90% proprio per la mancanza di autostima indotta a sua volta dal perdere sempre da che sono ragazzino. La persona, o almeno molte persone, si "formano" e diventano persone normali con una vita normale anche perché su 100 occasioni di competizione almeno 30 gli hanno detto bene con un carattere testardo oppure 70 gli hanno detto bene con un carattere rinunciatario. Ma se si vince 10 volte su 100 con un carattere predisposto al timore della competizione sono dolori. Conosco diversi grossi papaveri nel loro campo, gente che ha soldi che nemmeno immaginiamo. Da fuori sembrano fantozzi timorosi di tutto, poi vacci a trattare un affare e viene fuori un leone che associa la furbizia alla spregiudicatezza, e vincono quasi sempre. La somma dei punti di tutte le componenti che fanno la soddisfazione di una persona, in casi come questi ha pochissime voci positive ma con un punteggio altissimo. E così ho inaugurato un filone afferente, che non vorrei sviluppare. Per restare al tema sintetizzo: hai ragione ma è 1) il complesso del "successo" della persona a determinarne la qualità della vita 2) La scala assoluta conta ma conta di più quella relativa alla ragionevole collocazione dell'individuo. E di sfuggita osservo che penso di avere tutto il diritto di fare l'identico tuo discorso: ci sono parecchi utenti che si lamentano per cose, lo so, percepite importanti ma magari hanno la fidanzata. Io ho un bilancio prossimo allo zero in questo "settore" però se pure ogni tanto mi lamento che non dovrebbero parlare dato che hanno dal mio punto di vista tutti i motivi per non lamentarsi, dall'altro lato capisco che tutto è in relazione al loro mondo e alla loro collocazione (in questo caso sulla possibilità-capacità di legami trombamicali-affettivi). Detta ancora diversa: uno può pure essere professore ordinario con 170 pubblicazioni ma se poi al di fuori TUTTO è uno schifo, la vita resta comunque non degna di essere vissuta. |
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