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Lettera di Michele
In questa discussione riporto la lettera, ripresa dai giornali, del ragazzo friulano suicidatosi l'anno scorso.
Vorrei sapere cosa ne pensate voi, di quello che ha scritto. Privilegiando magari gli aspetti psicologici, piuttosto che quelli socio-economici. --------------------------------------------------------------------------- di MICHELE Ho vissuto (male) per trent’anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi. Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte. Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità. Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia. Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile. A quest’ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po’ non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo. Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive. Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c’entro nulla con tutto questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione. Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare. Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l’alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l’ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c’è davvero bisogno. Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po’. Basta con le ipocrisie. Non mi faccio ricattare dal fatto che è l’unico possibile, io modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all’individuo, non ai comodi degli altri. Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino. Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene. Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un’accusa di alto tradimento. P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi. Ho resistito finché ho potuto. |
Non mi ha toccato per nulla, credo pochi rimpiangeranno mr. Tutto mi è dovuto
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Re: Lettera di Michele
Mi dispiace è una società assurda, egoista, che plasma mostri.
È vergognoso che sia andata a finire così |
Re: Lettera di Michele
Anche io sono anticonformista, vivo nella depressione, non ho una vita etc etc. La società non mi piace? Bene, la evito, o in alternativa prenderei in considerazione di andare a vivere in una di quelle tribu isolate dal mondo e incontaminat3
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Re: Lettera di Michele
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il concetto della lettera non mi pare "tutto mi e' dovuto" ma almeno "io non devo rimanere qui a soffrire per soddisfare voi o non si sa chi" non vedo perche' una persona cosi' non dovesse avere cari che gli volessero bene ma il suo e' un gesto egoista...e be' avra' toccato il limite... piu' egoista son per esempio genitori che magari gia' vedono che la vita non e' granche' e fanno un figlio per rallegrarsi , che li rallegri e gli dia un senso e voglia di vivere, capita anche non raramente |
Re: Lettera di Michele
Questo avviene quando si odia la società ma si fa di tutto per farne parte. In altre parole è l'invidia che diventa odio verso se stessi in primis e verso il mondo di riflesso. Questo non è anticonformismo, è proprio sentirsi non umani, costretti a sguazzare nell'umanità sentendo di non appartenervi. Questa sensazione alla lunga ti toglie la vita giorno dopo giorno. Il suicidio non è qualcosa di improvviso, violento, inaspettato ma il punto di arrivo finale del proprio personale processo di disumanizzazione.
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Re: Lettera di Michele
comunque era sicuramente depresso, insomma sentiva non riconosciuto il suo valore e le sue qualita', cioe' non riconosciute non specificatamente a lui ma proprio una societa' impostata su altri criteri...ci sara' facilmente stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso... ma e' anche una riflessione ponderata, tanta fatica e riusltati scarsi, il piu' della vita soffrendo, combattendo per elemosinare attimi di semplice pace (pace come forse si puo' immaginare l'aldila' ) e che gli si puo' dire? "no guarda sei depresso una pillolina e ti accorgi che la vita e' una figata un dono in cui ogni istante val la pena di esser vissuto" ?
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Re: Lettera di Michele
Tante cose che ha scritto quel ragazzo sono le stesse che penso anche io ..ho detto più volte che il fatto che mi abbiano dato la vita non significa che me la debba far piacere per forza ,la vita è mia e ne faccio ciò che voglio compreso toglieremela se arriverò al punto di non ritorno . Evidentemente era così disperato che non vedeva altra soluzione ,non giudico chi commette un atto estremo .
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Re: Lettera di Michele
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non credo nemmeno volesse adeguarsi ai criteri della societa' ammesso di riuscirvi, credo che in qualche modo andasse fiero del suo essere diverso (anche es. nel suo gesto estremo ,tanti odiano vivere ma si trascinano), non si sentiva sbagliato lui ma la societa' |
Re: Lettera di Michele
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Un proverbio tibetano dice che se la terra fosse coperta di spine, non si riuscirà mai a tagliarle tutte, meglio mettersi un paio di scarpe. Capisco chi non riesce né a comprarle né a fabbricarle e soffrendone si suicidi. Ma capisco leggermente meno chi lo fa perché il mondo non corrispondeva alle proprie aspettative. Possiamo prendere solo atto di quello che abbiamo intorno, e al massimo ci si può dispiacere per non essere adatti a viverci; si può anche scegliere di togliersi la vita per la sofferenza, ma per l'odio lo capisco meno. Detto questo massimo rispetto e capo chino verso chiunque abbia sofferto fino al punto di togliersi la vita. |
Re: Lettera di Michele
conosco tanta gente messa peggio che però se ne frega perchè ha la validazione sessuale da parte delle donne. E sinceramente se l'avessi anche io non me ne fregherebbe nulla del resto. Lui probabilmente aveva anche il problema di essere schifato dalle donne.
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Re: Lettera di Michele
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Re: Lettera di Michele
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Dicono niente le piccole spie di linguaggio come "il mondo che mi doveva essere consegnato"? E per quanto si possa voler decontestualizzare la frase (cosa che non voglio) questa non è una pretesa? Infine non mi pare che la metafora che ho usato sia stata usata bene; chi nel corso del topic ha metaforicamente usato il cadavere del ragazzo per camminarci sopra? Quale vantaggio ne sarebbe derivato a chi? Stiamo solo scambiandoci le impressioni che la lettera ha suscitato in ciascuno di noi. E poi di casi di suicidio dovuti all'odio è pieno il mondo, anche senza scomodare le cinture esplosive. Non so analizzare psicologicamente le cose così a fondo, ma non ho letto solo sofferenza; ho letto anche parecchia rabbia. |
Re: Lettera di Michele
Non crocifiggo nessuno, anzi. Però la dura verità è che il mondo non ti deve niente, dal momento che capisci questa cosa sei costretto ad abbassare l'asticella delle tua aspettative ed infine ad eliminarle del tutto. Oppure fai quel che si dice "imparare a stare al mondo", ovvero lottare e farsi il mazzo senza stare tanto a pensare al perché o il percome. Si può vivere bene o male in entrambe le condizione, non vi è una giusta e una sbagliata, anche se ci hanno inculcato nella nostra educazione che la via della lotta è l'unica possibile, niente di più sbagliato. Se però stai nel mezzo desiderando una cosa ma stando in un altra senza sapere come uscirne allora si che la vita diventa impossibile.
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Non giudico il suo gesto estremo, ma quando devi alzarti la mattina con le spalle pesanti, sapendo che passerai un’ altra giornata di merda, uguale a quella di ieri, senza motivazioni, soddisfazioni, né qualcuno che ti stia vicino, è lacerante e una persona molto sensibile arriva a ciò.
Molti scrivono che odiava la vita e quindi vivere, al contrario ragazzi, uno che si suicida ama la vita così tanto che ne vorrebbe una diversa, non quella che stava facendo, ma voleva vivere eccome, ma avendo le cose che voleva. |
Re: Lettera di Michele
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La cosa brutta da accettare è che almeno io non ho le qualità di carattere e professionali per presentarmi da qualche parte e in mancanza di condizioni eque farmi tirare per la giacchetta se mi sto alzando per andarmene. Il mondo del lavoro è così, e pur inaccettabile per la nostra sensibilità e pur sancito dalla costituzione, di fatto non è per nulla un diritto. Voler negare questo, che è l'evidenza dei fatti, è semplicemente sbagliato. Non abbiamo fatto noi il mondo, purtroppo. |
Re: Lettera di Michele
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immagina non sia solo che bisogna peregrinare da un interinale all'altra supplicando e scodinzolando e fingendosi cio' che non si e' e idem con l'altro sesso, ma sia proprio l'inferno con tanto di fiamme ardenti non diresti penso " e vabbe' e' cosi' ,non bisogna aver pretese, bisogna adattarsi " ma probabilmente piuttosto " fancu.o chi gestisce sto ca.zo di posto e chi ha mai pensato fosse una bella idea farmici nascere" E comunque il mondo va cosi' ma come ha fatto l'autore della lettera ci si puo' tirar fuori, inoltre puo' anche essere che se una parte di giovani fan come lui (cosa che non invito a fare, ma per dire che non e' detto che il suo gesto non faccia riflettere come quello di suicidi di imprenditori che non ce la fanno ecc.) magari la societa' ripensa un po' le sue regole, pensa ci vorrebbero piu' tutele, forme di integrazione, per non escludere, per distruibuire di piu' le opportunita', per essere meno diretti e spietati ecc. |
Re: Lettera di Michele
Mi spiace molto per lui e per la sua famiglia, posso solo immaginare la disperazione dei genitori. La morte di un figlio è sempre un dramma, figuriamoci poi un suicidio.
La delusione raccontata da questo ragazzo è simile a quella di altre persone, purtroppo tante volte sogni e speranze non trovano riscontro nella vita quotidiana. Spesso bisogna ridimensionare le ambizioni e accontentarsi, funziona così da sempre. Non esiste un diritto alla felicità e tra l'altro noi cosa ne sappiamo davvero della felicità? Il lavoro sperato - una volta ottenuto - potrebbe risultare un incubo, una fonte costante di stress e ansie. Una relazione? Vedo tante persone impegnate e insoddisfatte, l'amore (o il suo facsimile) non è per forza di cose una garanzia. E tutto il resto? A volte il tempo ti può persino portare a capire che la felicità vera è una buona notizia relativa a una persona cara.. :nonso: È difficile e spesso sconfortante, lo so. Però sinceramente per come la vedo io conviene restare e andare avanti, passo dopo passo... E lo dico con tutto il rispetto possibile per il ragazzo. |
Re: Lettera di Michele
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