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Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
Da tante cose viste per TV o lette su internet, spesso ci sono persone che vogliono farla finita ma poi in realtà, nonostante possano soffrire tantissimo, non lo fanno. Questo secondo me è perché nessuno lo vuole veramente o comunque non se la sente. Magari per qualche motivo o l'altro c'è sempre qualcosa che lo mantiene a freno. Anche quando purtroppo uno arriva a farlo, se vai a vedere ci ha impiegato molto tempo, come chi inizia a bere, poi chissà come passa le altre ore, e solo dopo molto tempo, perché anche poche ore in certi casi possono sembrare un'eternità, alla fine si tolgono la vita.
Io non do consigli perché ognuno ha i suoi problemi e nessuno a volte viene mai a capo di niente. Credo soltanto che alla fine ognuno vorrebbe aggravare una situazione che per carità, può essere già gravissima, ma alla fine sembra che poi il momento esatto per dire basta nessuno lo trova. Ovviamente non mi interessa andare contro le regole del forum ma è soltanto uno spunto per ragionare su queste dinamiche. |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
Dipende dai casi, secondo me è molto significativo il modo in cui uno prova a farsi secco, se lascia qualche possibilità o meno di essere soccorso. Chi vuole morire sul serio il modo lo trova, purtroppo lo so bene.
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Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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Ciao,
io sono una di quelle che ci ha pensato per anni, da quando ero bambina. Sono bipolare figlia di bipolari, mia madre ogni tanto tenta il suicidio, è una realtà tangibile per me. È vero, suicidarsi significa essere persuasi che è una buona soluzione e che nessuno ti può aiutare. Io sono circondata da persone che mi vogliono bene e quindi ci penso mi vengono in mente, mi vengo in mente anche io, come mi sentivo quando mia madre diceva che voleva morire, che era già morta ecc Ci si sente tanto tristi e tanto in colpa, i bambini potrebbero addirittura pensare che è colpa loro o che la vita è brutta e volerti seguire. Io non ho provato tutte le terapie e mi sono imposta che le avrei provate tutte prima di fare questa carognata. Ho conosciuto una persona che ha trovato il genitore morto suicida, quello che non c'è voluto per domare quel dolore. Suicidarsi è facile se sei ubriaco o alterato, altrimenti è difficile. |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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Una persona può volere tanto morire oppure ad esempio fare un viaggio in Normandia, ma solo a certe condizioni. Del tipo: una morte semplice quanto spegnere una tv e un viaggio in Normandia in treno con la ragazza amata. Questi desideri possono essere fortissimi, ma finché non si verificano le condizioni appropriate allora non vengono messi in atto. |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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Tuttavia penso sia scorretto dire - come scritto nel post di apertura di Aaren - che se si mettono delle condizioni allora non lo si vuole veramente o non ce la sentiamo di attuarlo. La circostanza in cui l'intera volontà sia protesa verso la morte è uno dei casi possibili, ma non l'unico. Ci possono essere altri casi in cui si vorrebbe cessare la vita ma si è comunque abbastanza selettivi riguardo ai metodi. |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
La mia condizione è che vorrei avere la certezza al 100% di morire. Il pensiero di sopravvivere e di riportare problemi fisici, magari tanto pesanti da impedire anche di riprovare il suicidio, che si aggiungeranno alle difficoltà della vita già presenti da prima, sinceramente mi spaventa. A qualcuno potrà sembrare una "scusa", amen.
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Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
Chi si suicida lo fa perché prova un dolore insopportabile e non vede vie d’uscita.
Non vuole morire per morire in sè, ma non vivere più in tutta quella sofferenza. |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
Secondo me il suicidio non è realmente una ''scelta'', la persona sta troppo male per andare avanti e non vede altre opzioni, un pò come quelli che quando c'è stato l'attentato alle torri gemelle si sono buttati dal 7piano perchè bruciava troppo li dentro.
se la persona fosse convinta che c'è davvero un'altra opzione che possa levare la sofferenza senza la morte sono convinta che la prenderebbero. |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
Chi non si suicida o fa tentativi di avvertimento è perché soffre moltissimo ma ha ancora un po' di gioia per la vita, una speranza.
Chi si sente senza speranze e soprattutto incatenato in certe circostanze secondo me la fa finita. Questo in linea generale, poi ci sono i gesti d'impulso, i suicidi per disonore e tante altre situazioni. |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
si statisticamente fra coloro che stanno molto male la percentuale di chi arriva al suicidio è cmq parecchio bassa, ma questo innanzitutto perchè noi siamo dotati di un meccanismo di protezione naturale che si chiama "istinto di conservazione" che riuscire ad oltrepassare è cmq difficilissimo!
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Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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Se metto una mano sul fuoco non è l'istinto di conservazione a farmela ritirare, ma il dolore che provo. L'organismo è organizzato in maniera tale che se fa certe cose prova dolore, e generalmente questa cosa spinge a non farle perché si vuol evitare questo dolore. Non so come si possano equiparare dolore fisico e dolore mentale però probabilmente capita che quando il dolore mentale supera di gran lunga quello fisico necessario per suicidarsi con certi sistemi, l'organismo poi ne fa uso. Deve essere una cosa legata a certe soglie, se la soglia di sofferenza necessaria per suicidarsi con certi mezzi è più bassa le probabilità che una persona si suicidi dovrebbero aumentare. Più i mezzi diventano incerti e producono sofferenza, meno è probabile che la persona poi si ammazzi, non c'entra nulla secondo me l'istinto di conservazione. Perché c'è questa enorme opposizione nei confronti dell'eutanasia per tutti? Perché sanno bene che se tolgono certi ostacoli naturali di questo tipo e non esiste alcun istinto di conservazione che fa da blocco, diverse persone che non si sono uccise prima non disponendo di certi mezzi si ucciderebbero poi nel momento in cui questi mezzi diventassero disponibili. Se è vero che era l'istinto di conservazione a bloccarli dovrebbe bloccarli anche quando ci sono questi mezzi, mentre quasi tutti suppongono non sia così, quindi non è vero. Alla fine tanto il medicinale da ingerire sempre la persona decide di prenderlo, il punto è che questo sistema riduce al minimo la sofferenza e le probabilità che la cosa fallisca producendo strascichi di dolore. Ci sono storie di persone rimaste parlalizzate e via dicendo. Immaginate che un tizio si butti da un palazzo come Pessotto e sopravviva tutto fratturato, o peggio, è ovvio che avrà più riserve di un tizio che può ingerire un medicinale e un sedativo sotto stretto controllo medico casomai le cose andassero storte. Comunque probabilmente chi usa sistemi più cruenti soffre diverse tacche in più o viceversa ha una capacità di sopportare il dolore e assumere dei rischi maggiore. Tolti tutti questi ostacoli chi decide di vivere direi che effettivamente vuole vivere ancora, non c'è più nessun ostacolo, per questo a me piacerebbe che fosse liberalizzato tutto, vai dal medico di famiglia e decidi di fare questa cosa, poi magari te la dovrai pagare tu, non dico che debba essere lo stato, però dovrebbe essere libera, se uno può fare queste cose e continua a vivere secondo me è perché adesso non vuole davvero morire, ed è meglio così, uno magari capisce meglio anche che vuol vivere ancora. D'altra parte però liberalizzato tutto, anche se non morissero tutti, morirebbero più persone, questo secondo me è certo. Sono d'accordo con te però sul fatto che magari diverse persone vogliono vivere ancora, ma non tutte quelle che ancora non lo hanno fatto con altri mezzi. Lo sai cosa penso? Penso che in fondo fa comodo alla società tenere in vita persone che si toglierebbero di mezzo una volta eliminati certi ostacoli. Bada bene, non interessa a nessuno il loro benessere, quel che interessa è che rimangano incastrati nel solito gioco di forze, e producano, e campino la famiglia, e facciano questo e quell'altro. |
Uno che vuole veramente farlo lo fa e basta, il modo in cui lo fa è marginale, non lo dice nemmeno ovviamente, si compie il gesto e basta, senza ripensamenti.
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Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
Chi vuole parlare del suicidio solitamente non vuole suicidarsi per davvero ma sente più che altro il bisogno di sfogarsi, di tirare fuori quello che ha dentro e facendolo riesce in qualche modo a stare meglio.
Chi invece si suicida effettivamente o non ha proprio nessuno con cui parlare o non riesce a farlo. Non sono regole assolute ma spesse volte credo sia così |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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Sicuramente è meno doloroso spararsi che ingerire varichina, abbiamo molti veleni in casa, ma già il fatto che uno disponga di una pistola o roba simile aumenta le probabilità che si faccia secco se ha queste tendenze. Secondo me è falsa questa cosa, ma lo sappiamo tutti che è falsa, più ostacoli metti in mezzo tra una persona e il raggiungimento di una meta meno è probabile che la raggiungerà. Togliamoli tutti gli ostacoli e vediamo che succede. Avevo letto che anche piazzare delle reti sotto un ponte che veniva usato spesso per questi scopi aveva ridotto il numero di suicidi. Se fosse vero che uno lo vuol fare e basta e un modo lo trova (e rendere disponibili o meno metodi non influenza il numero di suicidi dato che questi sarebbero indipendenti dalla disponibilità di certi mezzi) come si spiegano queste cose? :nonso: |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
io mi sento a disagio anche solo a pensarle certe cose.
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Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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Adesso diciamo che non si uccide una certa percentuale, ma non è che non si uccide perché vuole vivere, è ben diversa la cosa, non si uccide per evitare la sofferenza che comporta il suicidio (con i metodi disponibili), istinto di conservazione significa che uno ha un qualche istinto a conservarsi, qua non c'entrra una cippa mi sembra abbastanza evidente, non è che vuoi conservarti, vuoi evitare di vivere e provare certe cose. Secondo me anche può esserci una tendenza a conservarsi ma è molto complessa e non credo sia attiva in persone tanto depresse o che vivono in certi modi. Stai evitando qualcosa non stai cercando di conservare qualcosa. Dei processi di autoconservazione ci sono nell'organismo, quelli che lo autoriparano, ma non c'è un meccanismo di conservazione psicologico, non c'è sempre, non nego che però penso che in certi casi ci sia, delle persone vogliono davvero continuare a vivere e non per paura della sofferenza che comporta il trapasso. Le persone che hanno tendenze suicide questo meccanismo secondo me non ce l'hanno. Sono due cose diverse. Chi vuol conservarsi con la morte dovrebbe percepire una perdita, chi non vuol conservarsi non percepisce una perdita, se si conserva non è per paura di perdere la vita, ma di vivere un tratto di esistenza con una sofferenza elevata. Secondo te perché per estorcere una confessione è diecimila volte più efficace la tortura che minacciare qualcuno di morte? Se fosse molto più alto l'istinto di conservazione rispetto alla paura di soffrire, dovrebbe essere più efficace una minaccia di morte o basterebbe questa, invece ecco che la tortura fa cadere tutte queste teorie bislacche. Trovarsi nello stato mentale in cui perdere la vita rappresenta una perdita è diverso dallo stato mentale in cui questa cosa non c'è più. Si può continuare a vivere in entrambi i casi, ma nel secondo si continua a vivere non per istinto di conservare la vita perché non si percepisce più il suo venir meno come una perdita. Se uno mangia per paura di non esserci più si trova in una posizione diversa dal tizio che mangia per paura di provare fame. Il primo vuol conservarsi il secondo no, se non provasse più fame il secondo morirebbe mentre il primo magari siccome ha sviluppato questa tendenza mangerà anche senza arrivare a provare la fame che lo puntella. Chi vuol vivere non mangia solo per evitare l'effetto negativo ma per conservarsi integro e sapendo che non mangiare non lo conserverà integro e vivo mangia. Vuol continuare a vivere, non sta evitando qualcosa. Per me c'è qualcosa di diverso a monte, questa cosa relativa all'autoconservazione deve essere una cosa che si sviluppa poi, quando si sviluppa, perché non si sviluppa sempre, per istinto c'è solo altro. In certi casi si sviluppa questo attaccamento alla vita in altri casi no. Il fatto che continuino a vivere due tizi non dimostra che l'hanno sviluppata entrambi questa cosa, bisogna vedere che succede in certi casi particolari per scoprirlo. E' molto più forte l'istinto a non soffrire di quello di conservazione, che secondo me non è un istinto, è una cosa più complicata che si sviluppa poi solo in certi casi. Se una persona vuole esserci non dovrebbe uccidersi comunque qualsiasi metodo di suicidio si renda disponibile. E' in questo caso che la cosa resta sempre vera, se invece delle persone non vogliono esserci, dipende poi dai metodi. Questi due tipi di persone non sono sullo stesso piano per me, non è che poi quando quelli con tendenze suicide non si ammazzano si suppone si trovino nella stessa posizione mentale dei primi, per niente, solo questi vogliono vivere davvero e autoconservarsi, questi altri stanno continuando a vivere non per paura della perdita della vita ma per paura di un suo prolungarsi in un'agonia peggiore. Se vuoi spingere qualcuno a far qualcosa lo puoi fare con due sistemi diversi, uno è dandogli un premio se lo fa, l'altro è una punizione se non lo fa. Continuare a vivere per i primi è un premio per i secondi una cosa che non vogliono ma fanno perché hanno paura di una punizione casomai cercassero di opporsi. La condizione esistenziale di chi ha tendenze suicide e non si ammazza è quella di dover continuare a fare qualcosa che detesta per evitare qualcosa che detesta ancora di più, la condizione esistenziale di chi non ne ha tendenze suicide è ben diversa anche se entrambi non si ammazzano, non direi che entrambi vogliono vivere. Dire che in fondo chi non si è ucciso vuole vivere facendo intendere che si trova nella stessa posizione dei primi è falso. Secondo me liberalizzare e rendere disponibili e accessibili facilmente un po' tutti i metodi chiarirebbe chi vuol vivere nel primo senso e chi non vuole. Se tieni in piedi delle punizioni come fai a capire se un tizio vuole fare qualcosa spontaneamente? Se per uscire da una stanza minacci delle persone di torturarle, una parte rimarrà dentro, ma perché ci vuole rimanere davvero? E' il voler rimanere nella stanza che spinge? O la paura della tortura? Tolti questi ostacoli dovrebbe rimanere nella stanza solo chi ci vuol rimanere. Chi vuole resta, chi non vuole esce, senza ritorsioni, la via di uscita deve essere però bella libera e sgombera, così si capisce chi ha questa tendenza relativa a questa conservazione e chi non ce l'ha, parlare di spinta a conservarsi negli altri casi per me è errato. C'è una spinta a non soffrire non una spinta nel percepire l'assenza della vita come una perdita. Questo sistema permette di distinguere chi occupa la prima posizione e chi la seconda. Chi non esce dalla stanza non è che non esce per paura di quel che si potrebbe trovare ai margini della stanza, abbiamo tolto trappole e ostacoli, a questo punto chi ha paura di uscire ha proprio soltanto paura di non esserci e quindi è attaccato alla propria vita, non essere per questo è peggio che essere, ma non è detto sia così per tutti. Il fatto che delle persone possano preferire il non essere all'essere è una cosa che spaventa soprattutto chi è attaccato alla vita e credo che chi è attaccato alla vita non afferri nemmeno bene quest'altra posizione, fa confusione facilmente. Queste due condizioni mentali non sono equivalenti, se non riuscite a capirlo non so in che altri modi spiegarlo. Percepire l'assenza di vita come una perdita o il non percepirla come tale rappresentano due stati mentali diversi, e chi si trova nel primo poi semplicisticamente deduce che se un tizio è ancora vivo si trova in questo stato qua, ma è falso, ho cercato di spiegarlo in tutte le salse. Certo poi uno può filosofeggiare sul fatto che si tratti di un errore di valutazione, chi in certi frangenti della sua esistenza non percepisce il non essere come una perdita ha fatto male i conti, la vita può avere ancora una valenza positiva, però può essere anche che non li ha fatti male i conti, chi diavolo può saperlo? :nonso: La vita è sua e lui farà le scelte che ritiene più opportune, se è davvero indeciso qualsiasi metodo abbia a disposizione resterà indeciso, se invece non è poi così indeciso magari andrà in una certa direzione, può essere che se non lo fa poi cambierà idea, può essere, ma anche no, quindi di che parliamo? Che poi ad altri dia fastidio questa cosa son problemi loro. |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
Non mi sono mai piaciuti i discorsi del tipo "le persone che fanno quest'azione, sì, la fanno, ma in realtà la non vogliono veramente."
È un tipico modo per squalificare le scelte altrui, di solito scelte che sono lontane dal proprio modo di pensare (non le si capisce e quindi si fatica a immaginare che qualcuno possa sceglierle, è un rifiuto o un'incapacità di mettersi nei panno dell'altro, di accettare il suo punto di vista), e magari per giustificare interventi coercitivi per impedire all'altra persona di passare dall'idea all'azione. Tutto quello che ho scritto sopra vale per molte cose e per me vale anche per il suicidio. |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
Alla fine io credo solo che in certi casi, nonostante tutto, uno sente ancora di voler vivere per chissà quale motivo ma lo vuole reprimere appunto forzando la mano, non dando più valore a niente e casomai inizia a dire: ormai la salute è andata ( casomai se si riprende ha ancora qualche anno davanti) nessuno mi vuole ( qualcuno invece si) poi si sminuisce volendo quasi autoimporsi il suicidio e casomai lo fa anche con modi dolorosi.
Io non sminuisco né il dolore altrui e nemmeno giudico quello che non conosco. Volevo dire solo questo. Per il resto mando un saluto a chi non sta bene, vi raccomando non siete soli, se volete fare un brutto gesto potremmo sempre parlarne tutti insieme. |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
Ci si uccide per angoscia non per depressione, la depressione è caratterizzata da tristezza mentre l'angoscia da preoccupazione, agitazione, ansia, paura è qualcosa meno tollerabile della tristezza, qualcosa con cui è difficile convivere. Ci si uccide perché vivere è troppo difficile, chi vuole morire non è perché non vuole vivere, vivrebbe anche una vita migliore, vuole morire perché non sa come mettere fine alla sofferenza e vede la morte come unica soluzione.
Se si dice ad un suicida ma no dai non ucciderti perché è brutto non ha senso, per queste persone vivere è brutto, morire è il sollievo. Per aiutare il suicida bisogna interrompere i meccanismi che lo portano a soffrire. |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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Perché dovrebbe forzare questa mano, se desidera vivere ancora in queste condizioni? :nonso: Non si capisce. Al più si potrebbe sostenere che è frutto di un errore di valutazione la sua scelta, nel senso che lui immagina di avere meno possibilità di quelle che ha, ma a questo punto chi è che può giudicare? E se non si è sbagliato? E se dovrà vivere ancora male per altri anni inutilmente una vita che lo disturba davvero tanto? Io penso che se uno pensa che morire nel sonno stanotte sia una liberazione si trova già in una condizione mentale diversa da chi pensa che morire nel sonno stanotte rappresenterebbe una perdita. Perché uno dovrebbe forzarsi a pensare la prima cosa? Vuole vivere ancora e dice di preferire questa cosa e ci pensa anche da solo a questa cosa? Lo dice perché magari immagina che così gli altri lo aiuteranno di più? :interrogativo: E' l'unica motivazione che potrebbe reggere, ma a questo punto non forzerebbe comunque la mano se avesse disponibile il metodo, e gli altri non lo aiutassero. Forzerebbe solo l'intenzione di farlo a parole, non forzerebbe la mano. Fallirebbe la strategia e l'affermazione del proposito verrebbe meno visto che la persona non vuole morire davvero, lo dice per attirare l'attenzione. Certo che se ci crede anche lei davvero non rappresenta più un attirare l'attenzione. Se è una strategia per attirare attenzione la persona non si ammazzerà comunque anche rendendo accessibile un qualsiasi metodo a tutti. Non è che se poi vai in clinica e prendi il medicinale poi arriva qualcuno a salvarti, si è già d'accordo che se lo prendi in quella situazione là nessuno ti salverà e lo sai e lo saprà anche il tuo inconscio, 'sti giochetti non si potranno fare proprio più e a maggior ragione andrebbero resi disponibili questi sistemi dove si è già d'accordo che non si verrà salvati, così non si potrà più cercare di ammazzarsi, o prendi il medicinale o decidi tu di non prenderlo, non esiste più provare, tentare, esiste solo il fare o non fare e dipende solo dalla tua decisione, nient'altro. Ma poi vi pare bello vedere persone impiccate, sfracellate, affettate da un treno e così via? Anche per i parenti. Non sarebbe meglio rendere disponibili queste cose? Non sarebbe più civile e dignitoso per tutti? |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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Quando certi affermano che tutto passa è un assioma scorretto in generale, non è affatto vero che tutto passa in una certa esistenza. Certe condizioni potrebbero essere anche croniche. Poi non è vero che tutto ha un decorso simile al tempo, uno pensa "ci sono le nuvole poi torna il sereno poi di nuovo le nuvole", c'è ad esempio l'invecchiamento e il decorso di certe malattie che rappresentano una sorta di annuvolamento continuo verso la tempesta e non tornerà affatto il sole della giovinezza o della salute, le nuvole non solo non vanno più via, se ne aggiungono altre. Adesso stai bene rispetto ad allora e pensi "menomale che non l'ho fatto", ma se stessi male ancora oggi non diresti lo stesso. |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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Alla fine la responsabilità finale è della persona, nessuno la obbliga a farlo, nessuno la obbiga a non farlo. Il medico a rigore non la sta uccidendo, non è che ha preso una pistola e l'ha sparata, ha reso disponibile un sistema, punto. Ad uccidersi è sempre la persona. Continuo a non capire, non c'è un metodo razionale per giudicare un mucchio di cose, come si fa in questi casi se sono aperte due possibilità, si ostacola una delle due perché non si sa se questa sia migliore? E questo è razionale? A me pare che si voglia sostenere che una delle due è sicuramente migliore assumendo questa posizione qua. Anche l'aborto a rigore non è una pratica medica, com'è che là poi la si pensa diversamente? La medicina che c'entra? Auando fa comodo ed è in linea con certi valori si può usare così, quando non fa comodo no? E' meglio avere più possibilità di scegliere non avendo elementi razionali definitivi per decidere quale delle due alternative sia migliore o non averla proprio questa possibilità? :nonso: In altri casi come si risolve? Non si sa se delle opzioni faranno stare meglio in generale, ma è meglio averle o non averle proprio disponibili? Ognuno farà le sue valutazioni e prenderà una decisione. Si può fare lo stesso discorso anche con l'aborto, si può portare l'esempio di una persona che è stata obbligata dalle circostanze (una assistente sociale che nega la pillola del giorno dopo... E così via) ad avere un bambino e che magari poi è stata felice di averlo avuto (ed è felice magari anche il bambino), ma può capitare anche il contrario, non è detto che le cose vadano così, chi dovrebbe decidere? :nonso: Anche in questo caso la decisione è definitiva, non si può tornare indietro. Siccome non si può decidere a monte quale alternativa sia migliore (abortire o meno), allora vietiamo le pillole del giorno dopo e quant'altro perché la medicina non può decidere razionalmente quale alternativa sia migliore per le persone coinvolte? Queste non sono comunque pratiche mediche? La medicina non può occuparsene? Non sono proprio d'accordo a monte con la tua impostazione. Anche qua il medico come fa a dire se è meglio averlo o non averlo il bambino? Seguendo la logica che suggerisci di seguire non si potrebbe dare la pillola né praticare l'aborto per questo. Se il medico non può decidere, allora decide comunque poi indirettamente cosa è meglio non rendendo proprio disponibile una certa pratica anche se è in linea di principio disponibile questa tecnica? Si pone un problema analogo anche quando una persona si trova a dover scegliere tra il provare a curare qualcosa o far ricorso a delle cure palliative. Non è il medico che deve scegliere cosa è meglio in queste circostanze, non può farlo lui. Questo però non significa che possa mettere a disposizione più alternative... Provare a curare la malattia / cure palliative verso l'eutanasia Tornando all'esempio dell'aborto, rendere disponibile la pillola non è che obbliga una donna a prenderla, è solo una possibilità, la scelta rimane sua, la medicina in questo caso fornisce solo uno strumento meno invasivo per ottenere un certo risultato, non obbliga ad ottenere questo risultato nessuno, mica le aprono la bocca alla donna e gliela ficcano a forza in gola questa pillola?! E' sempre la persona a scegliere. Rimane vero comunque che non è il medico che valuta quale delle due alternative sia migliore più razionale e più "salutare" per la persona, è la persona a scegliere. Anche abortire o meno è una scelta personale... Come la mettiamo? |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
C'è un film di fantascienza dove le persone possono recarsi in un grande edificio e richiedere l'eutanasia. Agli aspiranti suicidi viene chiesto che tonalità di colore vogliono avere nella stanza dedicata, quale tipo di musica vogliono ascoltare, cosa poter vedere su di un grande schermo mentre, sdraiati su di un lettino rilassante, si attende che il veleno (indolore) faccia il suo effetto.
Questa è civiltà. |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
è tutto spiegato nel famoso monologo di Amleto....
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Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
Il suicidio logico l'ho pensato varie volte, ma sono ancora abbastanza giovane, magari ho un margine di miglioramento, se arrivo ai 30 in questa condizione sarò sempre più propenso a farla finita, alla fine vivere per vivere in una società del genere con questi problemi, non ne vedo il senso e mi spaventa, però per ora non voglio ammazzarmi.
Aggiungo che la farei finita in maniera alterata sicuramente, e deve essere rapido e indolore, se vivessi negli usa avrei avuto accesso alle armi e avrei già pronto il piano, ma qua per fortuna non ci sono armi, e io sopratutto non ho nessun piano. |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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La gente prova solo indifferenza e disprezzo per il prossimo senza nessun rispetto per la vita. |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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È meglio andare a raccogliere i cadaveri sotto i treni o i ponti? Uno deve avere la libertà di scelta, tanto il mondo è pure sovrappopolato farebbe anche un favore alla comunità. |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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Davvero ritenete più civile e meno da bestie il fatto che Mario Monicelli si sia buttato di sotto? A me tutto il discorso comprensivo di prima come sempre mi è sembrata la solita pantomima, non c'è e non ci vuole essere nessuna umana comprensione. |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
secondo me il suicido assistito andrebbe offerto come ultima spiaggia dopo che tutte le terapie e trattamenti possibili sono state offerte al paziente senza giovamenti.
ma dovrebbero anche far qualcosa per migliorare i servizi, che quelli pubblici, almeno quelli con cui ho avuto a che fare io, son davvero scarsi. sennò offrire il sucidi* assistito a gente che non è stata davvero aiutata realmente mi sembra solo un modo comodo per la società di lavarsene le mani di chi soffre di un disagio psicologico/psichiatrico/sociale. a una certa tenere in vita una persona che le ha provate tutte senza nessun giovamento mi sembra accanimento terapeutico, praticamente la condanni arbitrariamente a scegliere tra un metodo violento e traumatico, un metodo non violento che ha molte probabilità di fallire e di lasciarti o disabile o ricoverato in modo coatto in strutture deprimenti e tristi, oppure vivere un'esistenza che nessuno si augurerebbe. andrebbero tentate tutte e ci dovrebbero essere molti più aiuti per le persone in difficoltà. |
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E se anche ci fosse qualcuno, ma il tuo dolore prescinde dalla solitudine? |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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L'istinto suicida va curato con una forte potenza di fuoco sia in acuto che in cronico. forse in acuto ci si riesce pure, ma a lungo andare ci vorrebbe una struttura che ti segue bene passo passo e ti aiuta a rifarti una vita.. è praticamente impossibile, o ci vorrebbero risorse finanziarie enormi che lo stato non ha. |
Re: Il suicida è uno che vuole forzare la mano?
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(Si, in alcuni ospedali psichiatrici per minorenni ci sta una '''scuola'') onestamente il day hospital ha aiutato. mi sentivo seguita meglio e le persone che ho conosciuto andando li mi aiutavano a sentirmi meno isolata in quell'esperienza terribile. alcune le frequento ancora a distanza di 10 anni. penso che il day hospital o comunque un aiuto più attento possano servire anche agli adulti, solo che nella mia esperienza personale, l'aiuto ''gratis'' che ho trovato da adulta è molto disattento e scadente. |
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