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Eutimil 12-07-2005 19:39

MI RIVOLGO A CHI CHIEDE AIUTO
 
Notando che si moltiplicano le richieste d’aiuto di nuovi e vecchi utenti alle quali spesso, per mancanza di tempo o a causa di una visione troppo limitata del problema si finisce con il non rispondere (e non per strafottenza come potrebbe pensare l’utente che si ritrova il suo topic ignorato), ho pensato di rispondere un po’ a tutti senza presunzione, ma solo sulla base della mia esperienza di sociofobico.
Premetto che non mi addentrerò nel campo farmacologico in relazione al quale nè io, nè penso nessun altro utente di questo forum, è in grado di esprimere giudizi o dare consigli non avendo la necessaria competenza.

I miei consigli sono sostanzialmente questi:

1) Sfogarsi fa bene, cercare aiuto altrettanto, commiserarsi no, quindi il lamento deve avere un limite.

2) Coinvolgete nel vs. problema chi vi sta intorno e vi vuole bene, anche la stessa famiglia , sempre però tenendo presente il primo punto; la persona alla quale vi confiderete potrà non capire appieno il vostro problema, non vivendolo in prima persona, ma vi permetterà di non sentirvi soli.

3) Non ignorate il ricorso a specialisti, la natura psicologica della malattia richiede il più delle volte il supporto di farmaci specifici.

4) Datevi obiettivi non troppo pretenziosi e che siano raggiungibili nel breve periodo, il successo legato a questi piccoli obiettivi vi darà l’entusiasmo e la forza per raggiungere quelli più ambiziosi.

5) Tenete sempre presente che internet, soprattutto per i sociofobici, è un’arma a doppio taglio, salva dalla solitudine e nel contempo ingabbia in una realtà virtuale, che appunto non e’ vita; utilizzatelo in maniera intelligente.

6) La socializzazione e’ il vero antidoto contro la fobia sociale. Cercate pertanto forme di socializzazione, “compatibili” con il vs. problema, iniziando quindi dalle forme di vita sociale che comportino reazioni negative “sopportabili”; l’amicizia, quella reale e non virtuale, con un altro sociofobico (eventualmente di questo forum) è un ottimo punto di partenza per passare a forme di socializzazione piu' complete ad esempio con amici di amici, “normali”.

7) Il volontariato può risultare un impegno altruistico ed “egoistico” allo stesso tempo; permette difatti di socializzare con altri volontari non sociofobici (vedi punto 6) e ad imparare le reazioni talvolta “eroiche” di chi meglio di noi sa affrontare le difficoltà che la vita ci pone senza lagnarsi, ed eventualmente sfruttandole intelligentemente per irrobustire il proprio carattere o rendendole addirittura un’esperienza di vita che servirà in futuro una volta guariti.

Mi fermo qui, al punto 7, perché si fa forte la tentazione di riscrivere i dieci comandamenti. :D


Vivete , bene o male, ma vivete…. questo è il mio consiglio......buona fortuna! :wink:

15-07-2005 19:21

Ottimi consigli, di persona matura, ma dire che la socializzazione è un ottimo rimedio contro la fobia sociale mi sembra un controsenso, perché chi si considera un fobico sociale in realtà ha uno scarso interesse (per non dire nullo) di socializzare.
Quante volte ad esempio ho letto su questo forum di persone che dichiarano di apprezzare molto la solitudine o che stanno bene quando sono sole. Se è così allora diventa ben difficile che uno possa apprezzare la "moltitudine" e sia spinto a cercare gli altri.


Comunque ai tuoi consigli aggiungo che la premessa per poter cambiare è accettarsi e accettare anche quelle che possono essere le proprie debolezze, le proprie mancanze, ecc...senza di questo non è possibile alcun miglioramento. Ma per arrivare a capirlo occorre tempo, esperienza e maturità.

Anonymous-User 15-07-2005 20:57

odio leggere articoli impostati con il metodo dei "dieci comandamenti", soprattutto quando danno ordini di tipo psicologico su cosa sia giusto fare in generale, senza tenere conto - come diceva Insider - delle infinite sfumature che si possono presentare ad ogni persona

Eutimil 16-07-2005 01:36

Quote:

Originariamente inviata da insider

Comunque ai tuoi consigli aggiungo che la premessa per poter cambiare è accettarsi e accettare anche quelle che possono essere le proprie debolezze, le proprie mancanze, ecc...senza di questo non è possibile alcun miglioramento. Ma per arrivare a capirlo occorre tempo, esperienza e maturità.

si condivido, ma poichè "accettare le propri debolezze" potrebbe tradursi in rassegnarsi, preferirei direi conoscerle ed eventualmente combatterle; se quelle stesse debolezze ci rovinano la vita non e' giusto conviverci.

Quote:

Originariamente inviata da insider
dire che la socializzazione è un ottimo rimedio contro la fobia sociale mi sembra un controsenso, perché chi si considera un fobico sociale in realtà ha uno scarso interesse (per non dire nullo) di socializzare.
Quante volte ad esempio ho letto su questo forum di persone che dichiarano di apprezzare molto la solitudine o che stanno bene quando sono sole. Se è così allora diventa ben difficile che uno possa apprezzare la "moltitudine" e sia spinto a cercare gli altri.

qui non condivido; il fobico non ha uno scarso interesse di socializzare, anzi direi il contario si sente "fobico" proprio perche' desidera la socializzazione, ma la teme al tal punto tale da evitarla ed affermare ipocritamente di amare la solitudine; quando i fobici dicono di star bene da soli esprimono semplicemente il benessere derivante dal non affrontare la situazione temuta ...chi ama la solitudine stai certo che non scrive su questo forum.... si bea del suo isolamento e non si lamenta.

ciao insider.

Eutimil 16-07-2005 01:47

Quote:

Originariamente inviata da Anonymous
odio leggere articoli impostati con il metodo dei "dieci comandamenti"

ti spiego in dieci punti perche' ho impostato cosi' il mio post :lol:

scherzi a parte... ritengo che chi chiede aiuto desidera dei consigli, (sbagliati o giusti che siano poi sta a lui valutarli), chiari e sintetici per tenerli eventualmente bene a mente, se traducevo i sette punti in un discorso diveniva la solita risposta di tipo consolatorio che lascia il tempo che trova


Quote:

Originariamente inviata da Anonymous
soprattutto quando danno ordini di tipo psicologico su cosa sia giusto fare in generale, senza tenere conto - come diceva Insider - delle infinite sfumature che si possono presentare ad ogni persona

a parte che non erano ordini ma appunto consigli, come li daresti tu dei suggerimenti volendo considerare "le infinite sfumature che si possono presentare ad ogni persona"? facendo un discorso talmente generico da non servire a nulla o peggio non rispondendo ad una richiesta di aiuto?

Black81 17-07-2005 10:36

Eutimil non immagini quanto mi costi doverti smentire :wink:
Io ho notato che anche in situazioni non temute ne farei volentieri a meno della compagnia altrui spesso di gruppi numerosi e in questo contesto non riuscirei a resistere oltre alcune ore
Questo aldilà del fatto che possa provare ansia o meno ho bisogno dei miei momenti di assoluta solitudine dove potermi interamente concentrare su ciò che mi interessa realmente
E' vero come dici tu che molti socialfobici temono una determinata situazione ma vorrebbero tanto parteciparvi, evidentemente non è il mio caso
Ciò che mi preme maggiormente è quello di non provare terrore e che la situazione temuta si tramuti in semplice seccatura
Non ho alcuna intenzione di cambiare la mia natura (sempre che sia possibile)
Spero di essere stato abbastanza chiaro :wink:

18-07-2005 10:25

Guarda io la vedo così. La socializzazione presuppone il desiderio o il bisogno di socializzare. E tutti tendono e cercano di soddisfare i propri bisogni in un modo o nell'altro. Uno che non ama la solitudine non farà una vita isolata e cercherà di stare con gli altri perché per lui sarà di gran lunga preferibile allo stare da solo.
Una persona invece che preferisce la solitudine farà una vita solitaria.
Poi certo anche il solitario dei più solitari può sentire il "peso" della propria condizione e sentire il bisogno di compagnia (abbiamo tutti il bisogno di sentirci amati da qualcuno/a!); come del resto chi sta sempre in mezzo agli altri a volte può sentire l'esigenza di "staccare" ed avere momenti da dedicare solo a se stesso. Ma questo non cambia la natura delle scelte di fondo. Alla fine il tipo di vita che uno fa è il compromesso migliore in quel dato momento che soddisfa meglio le proprie esigenze e i propri bisogni.

Per me socializzare significa comunicare, aprirsi agli altri, condividere. Tutto questo può essere reso difficile non da chissà quali fobie, ma dal fatto di non riuscire a trovare persone che possano avere interessi comuni, che suscitino simpatia, con le quali sintonizzarsi e affiatarsi. Questo è per me il vero problema.

Se la socializzazione fosse impedita dalla fobia come dici tu, non vedo, ad esempio, come quelli con cui ho parlato in questo forum da un anno a questa parte possano essersi fidanzati o sposati; come potrebbero lavorare? come potrebbero studiare, dare esami, laurearsi?
Tutti chi più chi meno, affrontano situazioni sociali e hanno occasioni per conoscere e socializzare. Se poi uno le occasioni non le coglie, per come la vedo io, è perché non è interessato a coglierle, non perché sarebbe impedito non si sa bene da cosa.


Che poi accettarsi sarebbe rassegnarsi non esiste. Ma tu citami un utente in questo forum che parli bene di se stesso o per lo meno che mostri di apprezzare qualche lato del proprio carattere.
Ho letto più spesso persone denigrarsi, svalutarsi, sminuire le proprie capacità, considerarsi degli imbecilli o quasi.
E poi ci si stupisce che le persone sono insicure? Che le persone sono fragili? E come potrebbe non essere? Se non credi in te stesso,
chi ci potrà mai credere al posto tuo? Se uno non cerca di apprezzarsi e di trovare dei risvolti positivi nel proprio modo di essere,
non vedo che fiducia in se stesso possa mai acquisire.

Quando si ha meno di trentanni queste cose difficilmente si possono capire; ma col tempo ci si arriva, fidati che ci arrivano tutti prima
o poi ad amarsi un pochino; anche se mi stupisco leggere di gente che i trenta li ha passati da un pezzo ancora con problemi di autostima.

Saluti!
:wink:

Eutimil 18-07-2005 20:09

Quote:

Originariamente inviata da Black81
Eutimil non immagini quanto mi costi doverti smentire :wink:
Io ho notato che anche in situazioni non temute ne farei volentieri a meno della compagnia altrui spesso di gruppi numerosi e in questo contesto non riuscirei a resistere oltre alcune ore
Questo aldilà del fatto che possa provare ansia o meno ho bisogno dei miei momenti di assoluta solitudine dove potermi interamente concentrare su ciò che mi interessa realmente
E' vero come dici tu che molti socialfobici temono una determinata situazione ma vorrebbero tanto parteciparvi, evidentemente non è il mio caso
Ciò che mi preme maggiormente è quello di non provare terrore e che la situazione temuta si tramuti in semplice seccatura
Non ho alcuna intenzione di cambiare la mia natura (sempre che sia possibile)
Spero di essere stato abbastanza chiaro :wink:

Black non sai quanto mi costi smentire la tua smentita :D :wink:

Penso però che affermi qualcosa che possa valere per tutti e non solo per te…chi non ama avere dei “momenti” di solitudine in cui potersi concentrare sui propri interessi o semplicemente abbandonarsi ai propri pensieri; però arrivare a dire che ci sia un’ aspirazione generale degli utenti del forum, mi permetto di ricomprendere anche te, ad una vita all’insegna della solitudine e dell’isolamento mi sembra francamente una forzatura. La stessa lettura dei post di questo forum, basta leggere gli ultimi, sembrano avvalorare la mia tesi; non mi sembrano proprio quelli di aspiranti eremiti, quanto piuttosto di persone ingabbiate dalla fobia sociale e che devono decidere costantemente tra l’optare tra una faticosa battaglia contro le proprie fobie ed un ovattato isolamento tanto piacevole per noi fobici, sono il primo a riconoscerlo, quanto deleterio per il nostro futuro, cosa facilmente prevedibile se si guarda un po’ più in la del proprio naso.

In attesa di ricevere sue gradite smentite La saluto, porgendo i più cordiali saluti :wink:

alberto 18-07-2005 22:17

a me capita a volte di sentire il bisogno di starmene per conto mio,ma da qui ad arrivare a dire che mi piace la solitudine ce ne passa.

aperonzolo 18-07-2005 22:55

l'uomo inteso come razza umana è nato per vivere con quelli della sua stessa specie,non da solo.
E da qui traetene la conclusione.

Eutimil 18-07-2005 23:30

Ed ora tocca a te Insider! :twisted:


Quote:

Originariamente inviata da insider
Per me socializzare significa comunicare, aprirsi agli altri, condividere. Tutto questo può essere reso difficile non da chissà quali fobie, ma dal fatto di non riuscire a trovare persone che possano avere interessi comuni, che suscitino simpatia, con le quali sintonizzarsi e affiatarsi. Questo è per me il vero problema.

tutto vero insider...ma solo per i non fobici...i problemi di socializzazione dei fobici sono ben'altri e mi sembra riduttivo e, permettimi, superficiale, ridurli ad un semplice problema di "sintonia".

Quote:

Originariamente inviata da insider


Se la socializzazione fosse impedita dalla fobia come dici tu, non vedo, ad esempio, come quelli con cui ho parlato in questo forum da un anno a questa parte possano essersi fidanzati o sposati; come potrebbero lavorare? come potrebbero studiare, dare esami, laurearsi?
Tutti chi più chi meno, affrontano situazioni sociali e hanno occasioni per conoscere e socializzare. Se poi uno le occasioni non le coglie, per come la vedo io, è perché non è interessato a coglierle, non perché sarebbe impedito non si sa bene da cosa.

appunto insider...ti ricordi quando scrivevo che i fobici si trovano quotidianamente ad un bivio...l'isolamento o la "difficile e faticosa" socializzazione; i fidanzati, sposati , laureati ecc. sono quelli che a costo di sofferenze hanno affrontato le proprie paure ed in qualche maniera stanno piantando semi i cui frutti vedranno soltanto con il passar del tempo e a costo di altre sofferenze, ma li vedranno prima o poi...il fatto che tu stesso ti chieda perche' c'e' chi ha l'occasione di socializzare e non la coglie senza darti e darmi una spiegazione, mi convince ulteriormente che esista un altro mondo di fobici, quelli ai quali mi sono rivolto con questo topic, che, forse anche per l'età come dici tu, si adagiano in un mondo in cui la solitudine, tutt'altro che desiderata, si trasforma però in un guscio prottettivo che mostra le sue insidie, solo quando si è piu' in la con l'età, quando e' troppo tardi e si incomincia a rimpiangere di non aver percorso l'altra via....


Quote:

Originariamente inviata da insider
... Che poi accettarsi sarebbe rassegnarsi non esiste. Ma tu citami un utente in questo forum che parli bene di se stesso o per lo meno che mostri di apprezzare qualche lato del proprio carattere. :

qui non mi hai compreso....accettarsi è un'ottima cosa...accettare le proprie fobie direi proprio di no, se quelle stesse fobie impediscono, pur nella consapevolezza dei propri limiti, la crescita e la possibilita' di realizzazione della propria persona; gli utenti di cui parli sono proprio quelli che hanno "tristemente" accettato se stessi, ma come delle persone incapaci e inferiori...annullandosi per rassegnazione e non riconoscendosi tutte quelle potenzialita' che ognuno, in misura maggiore o minore, comunque ha.

ti saluto :wink:

Eutimil 18-07-2005 23:36

Quote:

Originariamente inviata da alberto
a me capita a volte di sentire il bisogno di starmene per conto mio,ma da qui ad arrivare a dire che mi piace la solitudine ce ne passa.

Quote:

Originariamente inviata da aperonzolo
l'uomo inteso come razza umana è nato per vivere con quelli della sua stessa specie,non da solo.
E da qui traetene la conclusione.


ARRIVANO I NOSTRI!!! :D

19-07-2005 14:28

Le cose che ho scritto sulla socializzazione si applicano a chiunque. Le difficoltà possono nascere tra le altre cose, come scriveva anche cody, dal non trovare le persone interessanti, dal non trovare ersone con cui condividere determinati interessi o il proprio modo di vedere le cose. A me non pare proprio che questo sia un modo superficiale di vedere il problema. Poi può esserci una sorta di eccesso di pudore, vergogna o paura nell'esprimere e manifestare i propri sentimenti un cosa che riguarda soprattutto le persone molto chiuse. Io vedo queste cose. Se uno non socializza è perché gli manca come prima cosa la volontà. Non vedo quali altre conclusioni dovrei trarne.
Quello che uno dice o racconta a se stesso conta fino ad un certo punto, perché le persone tendono spesso non solo ad esagerare i propri problemi, ma a giustificarli attribuendo cause che spesso non hanno niente a che vedere col problema. Sono i fatti che parlano e danno informazioni.

Guarda non si tratta di accettare il cancro e rassegnarsi a morire. Accettarsi nel senso di apprezzarsi un pochino, di vedere del buono in se stessi. Posso garantirti che in questo modo si prende fiducia e sicurezza in se stessi e si migliora il rapporto con gli altri. Se poi uno preferisce coltivare la propria disistima e spandersi merda addosso be' faccia pure.
:wink:

PolpoPaolo 19-07-2005 20:00

Quote:

Io vedo queste cose. Se uno non socializza è perché gli manca come prima cosa la volontà. Non vedo quali altre conclusioni dovrei trarne.


Posso provare a mettere un punto fermo? :wink:
La volontà umana NON è onnipotente. E'una funzione dell'io, cioè una parte della coscienza, cioè una frazione ancora più piccola della mente intera.
La volontà può essere annullata da vari meccanismi o disfunzioni, per esempio le fobie. Accade così che un timido desideri socializzare ma non ci riesca, spesso soffrendone e senza sapere il perchè .....e chi non è d'accordo alzi la mano!

20-07-2005 17:23

Adesso anche la timidezza è diventata una malattia da curare? Non è più un elemento caratteriale coi suoi pregi e difetti? E' la croce da portare sul monte calvario?

Eh già il timido non può socializzare, non può avere amici, scherziamo? Non riesce ad avere amici, figuriamoci la fidanzata! Eh no PRIMA bisogna guarire dalla timidezza, PRIMA bisogna guarire dalla fobia, POI finalmente tutto sarà facile: amici, ragazze, tutti ai tuoi piedi, che diamine!

La volontà umana non è onnipotente, ma se la metti sul piano dei desideri, possiamo sbizzarrirci e sognare tante cose, anche irrealizzabili o fuori dalla nostra portata.

:wink:

PolpoPaolo 20-07-2005 23:21

Ohhhh....allora....una cosa l'abbiamo assodata, che la volontà umana non è onnipotente.
Lì dove non è attiva la volontà che cosa c'è al suo posto? Non può mica esserci il nulla, il numero zero, deve esserci un'altra forza motivazionale che ti fa assumere un altro comportamento rispetto a quello che volevi tu. Chiamiamola volontà 2.
Ora, la volontà 1 è quella dell'uomo libero, la volontà 2 è quella dell'uomo incatenato.
Ciascuna di esse opera nel suo tempo per cui dire "PRIMA bisogna guarire dalla timidezza, PRIMA bisogna guarire dalla fobia, POI finalmente tutto sarà facile" come pure ho letto, vorrebbe dire sequenziare i tempi, quando abbiamo appena detto e dimostrato che ciascuna delle due volontà opera nel suo tempo e lì dove c'è l'una non c'è l'altra; mentre l'altra affermazione " eh, già il timido non può socializzare, non può avere amici, scherziamo" deve essere scartata perchè priva di "gradualità".

Vietare i trattamenti sanitari obbligatori è una conquista di civiltà, e qui non si parla di una lieve timidezza-elemento-caratteriale, ma proprio della fobia sociale e propagandare la condizione dell'uomo incatenato o la rassegnazione alla medesima, proprio qui mi pare hmm criticabile.

Sono o non sono stato chiaro, diamine?
:?:

Eutimil 20-07-2005 23:33

Ciao Insider,

Insisto. Penso sia riduttivo spiegare la fobia sociale come eccesso di timidezza, difficoltà di trovare persone interessanti, disistima e mancanza di volontà; queste possono essere le cause scatenanti o le componenti caratteriali di una persona fobica, ma una volta "ammalatisi" di fobia sociale a mio parere il problema diviene più complesso.
Hai voglia di dire ad una persona fobica che la sua è una malattia immaginaria, di abbandonare la timidezza, di cercare persone interessanti o di fare leva sulla volontà...puoi immaginarti benissimo il risultato di tali consigli....
Io penso piuttosto, che il fobico se vuole veramente uscirne debba piuttosto riconoscersi "malato", facendolo però in maniera intelligente e costruttiva e non piangendosi addosso o sminuendosi.
Mi spiego meglio, il riconoscersi "malato" permette in qualche maniera di azzerare la vita affannosa e incomprensibile condotta da "finto sano", permette di ripartire da zero, a questo punto però, nella piena consapevolezza delle proprie fobie; il fobico a quel punto deve combattere battaglie, piccole ma mirate (in relazione alla propria fobia), non puntando troppo in alto ma con l'intenzione di sgretolare lentamente, con pazienza e spinto dall'entusiasmo delle piccole vittorie che ne deriveranno, una "malattia" che è tutt'altro che immaginaria, ma che con intelligenza si puo' sconfiggere.

Questo era il senso dei miei consigli con i quali ho aperto questo topic.

Ti saluto.

Lilith 20-07-2005 23:40

Quote:

Originariamente inviata da insider
Eh no PRIMA bisogna guarire dalla timidezza, PRIMA bisogna guarire dalla fobia, POI finalmente tutto sarà facile: amici, ragazze, tutti ai tuoi piedi, che diamine! :wink:

Casomai il percorso contrario: ogni passo fatto NONOSTANTE la fobia è un passo fatto CONTRO la fobia.


Quanto al confine fra una fobia (da combattere) e un tratto caratteriale (da accettare) per me è puramente pragmatico:
se sto da sola e sto bene, è il mio carattere, se ci sto di cacca perché vorrei fare altro e non ci riesco, è fobia
Se mi sudano le mani ad entrare in un ufficio postale sono timida, se lascio andare i bollettini in protesto ho un problema da risolvere (anzi, ne ho due: la fobia e l'ufficiale giudiziario).

Eutimil 20-07-2005 23:49

Quote:

Originariamente inviata da Lilith
se sto da sola e sto bene, è il mio carattere, se ci sto di cacca perché vorrei fare altro e non ci riesco, è fobia).

perfetto Lilith!


Quote:

Originariamente inviata da Lilith
se lascio andare i bollettini in protesto ho un problema da risolvere (anzi, ne ho due: la fobia e l'ufficiale giudiziario).

:D

21-07-2005 07:58

A volte mi chiedo fino a che punto sia utile discutere, quando ognuno legge, estrapola, capisce quello che vuole. Quando si dice problemi di comunicazione...

Polpopaolo, tu parli sempre in modo astratto. Scrivi che il timido desidera ma non può socializzare. Allora dimmi tu come può farlo, se non comincia mai, se non inizia materialmente da qualcuno e senza un principio di volontà.

Lilith la mia era IRONIA! Visto che rifiutate in genere proprio la gradualità e continuate a scrivere in tutte le salse, che il fobico non può far questo e quello che gli impedisce di far questo e quest'altro, senza mai per altro parlare di quali atteggiamenti e pensieri che possono aiutare a cambiare.
Se uno non accetta qualcosa di se stesso o prova a cambiare ciò che non gli piace, dandosi un tempo non indefinito, oppure se ne fa una ragione e cambia strada.

Eutimil, non so dove avrei scritto che la fobia è un eccesso di timidezza. Io rispondevo a polpopaolo che l'aveva tirata in ballo. Ma comunque, tu sei del filone malattia. per me non è tale, anzi per me è deleterio porsi come malati. Poi come ripeto sempre ognuno la pensi ed agisca come gli pare.

PolpoPaolo 21-07-2005 20:13

Io parlo sempre in modo astratto....tzè…..devo imparare a essere più concreto. :twisted:

E' proprio così, il timido desidera ma non può socializzare. Proprio in quel momento non opera la sua volontà libera - ti ricordi, Insider, che abbiamo assodato che la volontà non è onnipotente?- ma opera la sua volontà non libera, la volontà 2. Facciamo questa affermazione senza dimenticare la necessaria "gradualità" dato che il tipo di cui parliamo non desidera sempre con la stessa forza e con gli stessi esiti, dipende dai momenti, dalle situazioni, da come gli girano e da tante altre cose.

:P Gradualità, capitoooooo? :P :P E chi non crede di poter ospitare una volontà 2 nel suo cervello al servizio di desideri precisi, articolati e contrari al proprio benessere si sbaglia di grosso, okay?

A proposito di atteggiamenti e pensieri che possono aiutare a cambiare….mah, eccone uno: accettare il rischio di sbagliare e di conseguenza di farsi male, nel pensare e nell'agire. Chi non fa un passo o un pensiero senza essere sicurissimo -matematicamente sicuro- di essere nel giusto sconfina nell'ossessivo e si controlla e si ripete di continuo come un disco rotto. Ciò può essere rassicurante e :idea: perfino un tantino euforizzante, ma è sbagliatissimo e, tra l’altro, deprime e ostacola in modo continuativo tutto quello che nell’individuo è emotività, sentimento, intuizione, vene artistiche ecc.ecc.

21-07-2005 20:51

Evidentemente parliamo linguaggi diversi perché i tuoi discorsi proprio non li capisco. Chiudo qui perché è un dialogo fra sordi che non porta a nulla.

blocco 21-07-2005 22:17

Polpopaolo, dopo aver letto i tuoi post, hegel mi sembra meno complicato di topolino...

Black81 21-07-2005 22:22

Personalmente io non avevo alcuna intenzione di generalizzare il discorso, penso che ognuno di noi abbia una storia differente per cui credo benissimo a chi desidererebbe tanto la compagnia e che a questo desiderio o volontà chiamatela come vi pare si contrapponga un forte disagio che funge da freno alla volontà stessa variabile a seconda dell'entità della fobia(per molti potrebbe essere paragonata ad una forte inchiodata). Ciò che avevo postato precedentemente era rivolto solamente a me stesso e ho capito forse troppo tardi che non riesco a godermi la compagnia altrui per un tempo molto prolungato, i motivi possono essere molti a partire dal mio carattere, al fatto che probabilmente non si coltivano interessi comuni o semplicemente ho voglia di starmene da solo a riflettere o dedicarmi a qualcosa che realmente mi gratifichi.
In più di un'occasione ho dovuto abbandonare la mia postazione prima del tempo; ammetto che qualche volta la situazione sociale stava diventando troppo attivante per me , ma si da il caso che molte altre volte mi sono allontanato dal gruppo per il semplice desiderio di tornarmene a casa senza che sia intervenuta l'ansia ad impormi un rientro anticipato.
saluti

Lilith 21-07-2005 23:00

Quote:

Originariamente inviata da insider
Lilith la mia era IRONIA!

ma sai che l'avevo sospettato? :P

però coglieva bene nel segno l'atteggiamento di chi si arena sulle sue nevrosi, pensando che se un colpo di bacchetta magica (o un farmaco) gliele togliesse, potrebbe avere il mondo ai suoi piedi... è una bella fantasia, ma è un po' troppo comoda, purtroppo non funziona così.

PolpoPaolo 22-07-2005 00:28

Salve BLOCCO....che blocco sei? Blocco POPUP o Blocco del traffico? Se sono io il responsabile dell'inserimento tra i tuoi interessi culturali di Hegel e di Topolino me ne compiaccio, sono entrambi esempi di buona letteratura.

Io, però, volevo capire, in questo topic ed anche in uno precedente per la verità, perchè INSIDER, che adesso ha dato forfait e che comunque mi è pure simpatico, partecipasse da tempo ad un forum sulla fobia sociale ritenendo che lui la fobia sociale non ce l'ha, anzi che nessuno ce l'ha dato che la fobia sociale non esiste.

Io la fobia sociale ce l'ho da quando avevo dodici anni, fu definita "granitica" da un dottore di Pisa che mi visitò per la prima volta e che di fobici ne avrà visti più di uno in vita sua e so fino a che punto può rovinare la vita delle persone.
So anche che su questi temi la verità assoluta non ce l'ha in tasca nessuno e che pochi sono i dati scoperti e conosciuti e molti quelle celati e gli interventi che mi interessano di più non sono quelli del tipo quanto-è-carina-la-ragazzina-che-è-entrata-adesso ma quelli veri e problematici che attengono al vissuto, alla sofferenza, al sentire, al condividere e all'interrogarsi, perchè non c'è solo la pillola da prendere per alzare la serotonina, c'è da trovare il bandolo di una matassa molto ma mooooolto intricata.

22-07-2005 11:30

Ho dato forfait semplicemente perché non so di che parli. Volontà 1, volontà 2...i tuoi discorsi mi sembrano piuttosto contorti.
Alla fine il concetto che volevo esprimere era molto semplice e volendolo riassumere è questo.
Se una persona desidera una cosa (cerca di soddisfare un suo bisogno), agisce per ottenerla affrontando gli eventuali problemi che gli si pongono davanti. Vuoi socializzare? Vuoi degli amici? Bene, se vuoi veramente socializzare allora dovrai creare la condizioni perché questo possa avvenire, inziando magari a frequentare qualcuno ben sapendo che la cosa potrà comportare disagi. Se invece uno non è disponibile ad agire in questo modo e non cerca le altre persone significa che non è interessato a socializzare.
Se mancano le motivazioni o queste sono fiacche anche i desideri e i bisogni che ci sono dietro non sono così "dirompenti".


Innanzitutto non mi piace l'etichetta "fobia sociale". Io preferisco parlare di ansia in certe situazioni sociali. Io mi considero una persona non un fobico. Seconda cosa, il disagio delle persone è reale, ma non credo sia una malattia come comunemente la s'intende.
Le difficoltà relazionali, i problemi di comunicazione sono, tra le altre, le cose che uno deve affrontare se vuole migliorare la sua vita. I rapporti coi propri genitori, l'autostima, tanto per fare qualche esempio sono, tra le altre, le cose su cui uno deve lavorare se vuole arrivare a qualche risultato.

Il non pormi come malato mi da dei vantaggi secondo me che se vuoi ti elenco:

1- mi pone in una condizione di parità con gli altri portando a non sentirmi così diverso da loro tanto meno peggiore;
2- non corro il rischio di deprimermi, compatirmi o di cercare compassione da qualcuno (cosa che invece fa spesso l'ammalato).
3- mi è di stimolo per affrontare le situazioni perché mi spinge a fare le stesse cose che fanno tutti. (l'ammalato invece spesso
adduce come scusa la malattia per non affrontare ciò che teme)

Ponendomi come malato invece:

1- ma che sfiga, proprio a me doveva capitare? Non devo essere normale. Autostima e fiducia in picchiata. Risultato: depressione o quasi
2- sono malato, devo subito cercarmi una cura e un dottore. Risultato: farmaci, psichiatri, psicoterapie, con quali risultati? Col risultato che non ho ancora sentito qualcuno in cura che sia un minimo soddisfatto di se stesso e della sua vita.

PolpoPaolo 22-07-2005 22:14

Mah, dici che non sai di che parlo ma in fondo anche io parlo italiano, e se tu alla fine di ogni tuo intervento inserisci motti kirkegaardiani che fanno l'elogio dell'inquietudine potresti secondo me maggiormente interrogarti su un tema come quello…. :roll: ... della volontà, da me ricapitolato in modo semplicissimo, invece di dare forfait e chiuderti a riccio nelle tue convinzioni.

Se hai un problema psicologico complesso e cerchi qualcuno che ti dia della garanzie per uscirne in tempi brevi e certi e senza farti troppo male ebbene tale garanzia te la può dare solo un ciarlatano; risolvere un problema psicologico complesso e annoso, in definitiva un miglioramento di se stessi, comporta un percorso che può essere difficile e faticoso e alla fine del quale quello che trovi ti prendi. Io ho avuto qualche beneficio....diciamo un 60-70 %

Hai appena scritto, che hai paura –insomma, non ti va proprio- di non essere normale, di essere malato, di sentirti diverso dagli altri e peggiore, di essere così etichettato, di dovere cercare la compassione altrui o addirittura un operatore-qualcuno che ti aiuti a cominciare ad affrontare una fobia o anche, aggiungo io, di effettuare una ricognizione sulle debolezze e sui segreti.
Non sara' proprio tutto questo una buona parte del tuo problema :?:

23-07-2005 10:09

Non penso tu possa sapere quali siano i miei problemi, come io del resto non ho la presunzione di sapere quali siano i tuoi.
Un paio di domande: sei contento della vita che fai? E se non lo sei cosa stai facendo per migliorarla?

PolpoPaolo 23-07-2005 16:29

:lol: :lol: Eheheh, non pretendo di conoscere i tuoi problemi, Insider, ho espresso opinioni a partire da ciò che scrivi, visto che ti fai leggere pubblicamente.

Contento della vita....chi lo è veramente? A volte la vita sembra una grossa burla che riserva attacchi da parte di nemiche invisibili come le depressioni e le zanzare; ma non voglio fare troppo il filosofo senno' mi chiameranno Hegel.

Da quando mi sono curato il mio tono dell'umore è migliorato e ho risolto vari problemi pratici. Per esempio non mi andava di uscire di casa tranne per fare qualche giretto, ora faccio 2-3 viaggi lunghi all'anno, anzi, da domani vado in vacanza, :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: ci si ri-becca qui.
Byeeee!

01-08-2005 10:22

In vacanza ci sono stato anche io e ho avuto bisogno solo della protezione solare ;-)

>non mi andava di uscire di casa tranne per fare qualche giretto

Non ti andava? Cioè NON VOLEVI. E se non volevi è perché evidentemente non avevi motivazioni per uscire. Se ci pensi le cose che una persona vuole fare le fa sempre magari facendosi un po' di coraggio nell'affrontarle. Il resto sono solo scuse e la "malattia" è una di queste, che si tira in ballo per mascherare in realtà mancanza di volontà, di bisogni, di motivazioni o qualche aspetto che non piace della propria personalità. L'ansia sociale non è il burattinaio che tira i fili della tua vita e sceglie cosa farti o non farti fare; fino a prova contraria esiste il libero arbitrio.

PolpoPaolo 05-08-2005 10:58

Non penso proprio di negare il libero arbitrio; quest'ultimo è un concetto che attiene alle intenzioni e alla sfera etica della coscienza mentre quello di volontà e' orientato più verso il concreto. Fare o non fare una determinata azione dipende di certo da una volontà, da che cosa, sennò?

Per esempio dal libero arbitrio può scaturire la decisione di sparare a un nemico. La volontà conseguente è quella di premere il grilletto ma può essere che il grilletto non lo premi. Perché ti manca il coraggio, per una fobia per la polvere da sparo, boh, tanti i motivi possibili. Oppure può succedere che si sbagli inspiegabilmente il tiro.
Ecco quindi che la volontà conseguente all’arbitrio –uccidere- è diventata inefficace, perché si è opposta ad essa e l’ha sostituita nel momento decisivo, un’altra volonta’ –non uccidere- che doveva pur essere presente nella testa evidentemente a livello inconscio.

Può anche succedere, di desiderare di uscire di casa il sabato sera o per .....andare ad ammirare i panorami ondulati di Cuba e che una certa depressione, collegata alla fobia sociale - è successo a me - permetta solo di fare qualche giretto sotto casa.
Nulla di strano in questo, anzi un libro non troppo recente e, credo, qui molto conosciuto, " liberaci dal male oscuro" di Cassano-Zoli, spiega in modo semplice con domande e risposte come questo e altro possa accadere, sebbene con un approccio farmacologico " a oltranza" che può anche non convincere appieno.


Quote:

Originariamente inviata da insider
Se mancano le motivazioni o queste sono fiacche anche i desideri e i bisogni che ci sono dietro non sono così "dirompenti".



Bah, anche qua si considera la forza di volontà come unica risorsa e mi viene da fare un'altro esempio.

Supponiamo che un tipo debba andare dal punto A al punto B e che in mezzo ci sia un muro, qual'è la cosa per costui più ragionevole da fare? Abbattere il muro, anche un pezzettino alla volta e magari facendosi aiutare da un altro muratore? (1) o prendere una tale rincorsa da sbriciolare il muro a testate ogni volta che si deve passare di lì? (2)

Se il muro è quello delle inibizioni e il tipo in questione è un fobico adottare la soluzione 2....lo trasformerebbe in un autentico proiettile umano con ogiva dirompente!
La soluzione 1 mi pare l'unica possibile anche se "il muro", per rimanere nella metafora, può sembrare così brutto e così ardua l'opera di demolizione, da indurre qualche volta a negarne addirittura l'esistenza.

Lilith 05-08-2005 11:48

Quote:

Originariamente inviata da PolpoPaolo
un libro non troppo recente e, credo, qui molto conosciuto, " liberaci dal male oscuro" di Cassano-Zoli,

non che quel libro sia un grande esempio di divulgazione scientifica...
a dire il vero speravo fosse giustamente finito nel dimenticatoio

PolpoPaolo 05-08-2005 21:10

Perchè Cassano-Zoli non sarebbe un buon esempio di divulgazione? E' chiaro che si tratta dell'esposizione di un punto di vista tra numerosi altri esistenti sul "male oscuro" cioè la depressione.......

Lilith 06-08-2005 01:19

mah... mi era sembrato beceramente organicistico... e privo di fondamenti teorici o argomentazioni scienifiche... a suo tempo, quando lo lessi, fu una grande delusione

PolpoPaolo 06-08-2005 11:41

Ah, se uno non è preparato o intenzionato a capire un ABC che gli proponi a fare una teoria? Non parlo di te, moderatrice, parlo in generale.
Il libro in questione (Cassano-Zoli) nasceva perchè negli Stati Uniti, negli anni 70-80 si sono accorti che una classe di farmaci, prozac in testa, in pochi mesi possono avere degli effetti anti-depressivi efficaci e allora hanno fatto una ricapitolazione di tutta la materia delle fobie, delle depressioni e delle ansie, partendo non da una teoria, dato che ne esistono varie fin dai tempi.....dei faraoni, ma proprio dall'effetto di questi farmaci.

Chi si è letto questo libro, che non è male e difatti ebbe successo sul mercato, ha saputo che certi disagi e certi comportamenti fastidiosi e non voluti non dipendono dal "carattere"o dalla "poca volontà" o dalla "sfiga" :twisted: 8O :roll: -su di lei non si è mai detto abbastanza- ma da meccanismi parassitari che possono essere eliminati o modulati prendendosi questi prodotti farmaceutici.

Poi, ognuno rimane pienamente padrone di informarsi e seguire una teoria o un altra, una cura o un altra o nessuna cura.....meglio per lui, però, se lo fa una comparazione di quali benefici puo' avere, quali danni, in quanto tempo e con quali costi, eh.

Cosa da fare oltre o senza perndere farmaci ce ne sono, per es seguire i consigli indicati all'apertura di questo topic. Si dice TOPIC.

Lilith 06-08-2005 23:46

Quote:

Originariamente inviata da PolpoPaolo
Ah, se uno non è preparato o intenzionato a capire un ABC che gli proponi a fare una teoria?

è che quello a me non è sembrato un ABC... solo un polpettone nemmeno troppo originale volto a far credere che con una pillolina si risolvano tutti i problemi esistenziali... e collateralmente, a raffigurare le psicoterapie in toto come non solo inutili, ma pure dannose (perché distolgono il malato dall'unica e vera cura: una risistematina ai neurotrasmettitori)
Ricordo una sezione dedicata alle "testimonianze" di gente che parlava dei farmaci con i toni felici con cui la massaia degli spot parlerebbe del detersivo che lava bianco più bianco.
Personalmente, non mi è stato utile, non mi sembra abbia particolarmente contribuito ad ampliare le mie conoscenze o mi abbia dato stimoli all'approfondimento... mi ero solo pentita di averlo comprato, con quello che costava...
Ma questa rimane una opinione strettamente individuale, ovviamente.

Quote:

Originariamente inviata da PolpoPaolo
Non parlo di te, moderatrice, parlo in generale.

ehm, che c'entra il ruolo di moderatore con il fatto che quel libro, personalmente, non mi è piaciuto?

PolpoPaolo 07-08-2005 11:22

Quote:

Originariamente inviata da Lilith
ehm, che c'entra il ruolo di moderatore con il fatto che quel libro, personalmente, non mi è piaciuto?

Non c'entra nulla; volevo dire che da un moderatore ci si può attendere che che conosca l' ABC e molto altro sull'argomento del forum ma le "masse popolari" non devono per forza saperla così lunga,no?
Ecco perchè ho consigliato il libro in questione: quando l'ho letto non mi è sembrato un polpettone, anzi è scritto in modo scorrevole e digeribile. Sui contenuti, poi, okay: è il punto di vista della farmacologia "made in USA"; quindi smaccatamente di parte.... talvolta con dei toni da spot, d'accordo, ma c'era anche da scalzare un pregiudizio opposto, quello di chi rifiuta a priori di andare da uno da psichiatra perchè è il "medico dei pazzi", di chi si vergogna... di quello che potrebbero dire i parenti, tanto tutti-i-farmaci-fanno-male, hanno gli effetti collaterali, come se la depressione o la fob soc gravi invece facessero bene!

Che con una pillolina si risolvano tutti i problemi esistenziali, veramente, non l'hanno mai detto; la giornalista (Zoli) ha detto che le psicoterapie sono inutili e perfino dannose: è una opinione, che io NON condivido.

Diciamo la verità, prima dell'avvento delle "pilloline" il destino dei fobici era affidato a psicologi e psicoanalisti. Una parte di loro –quelli di sicuro con meno talento che è quello che più conta per fare quel mestiere- si son sempre considerati una sorta di casta spocchiosa, scienziati in possesso di un sapere superiore da dispensare forse attraverso protratti silenzi in numerosissime e costose sedute.
Se le pilloline hanno riportato costoro coi piedi per terra è meglio così, se hanno dato a chi soffre un’alternativa terapeutica che può vantare dei riscontri e dei risultati buoni, rispetto ai loro sui quali non esistono nemmeno statistiche a quanto mi consta, allora, eh, meno male che hanno inventato le pilloline.

Detto questo ….quali terapie della psiche conosco io? Quelle freudiane junghiane e kleiniane mi pare abbiano delle teorie robuste alle spalle, non le possiamo buttare nel dimenticatoio e possono portare dei benefici pure ai depressi; quelle reichiane hanno una teoria che farebbe ridere i polli ma una pratica che funziona anche piuttosto bene.
Le terapie cognitivo-comportamentali, valgono zero o poco più..

Il fatto è che non tutti hanno il tempo, la voglia, le nozioni e il denaro per fare psicoterapie che comunque saranno lunghe, anzi Freud ha concluso la sua attività e vita facendoci sapere e mettendolo in un titolo, che sono quasi quasi INTERMINABILI, ma, idea mia, molto dipende dall’indole dell’individuo. Nel senso che se oltre ad essere depresso-fobico sei anche stronzo, prevaricatore, arrogante, insensibile, orgoglioso, puttaniere, bugiardo,superbo, insofferente, invidioso, maligno, egoista, attaccato all’avere ecc, ecc… tale rimarrai sostanzialmente, anche se ti vai a spremere le meningi per 20 anni a casa di un luminare. Con pazienza e l’intenzione di migliorarsi si può invece concludere qualcosa di buono.
.

07-08-2005 13:50

Non posso far altro che ribadire quello ho scritto. I bisogni, le motivazioni stanno alla base delle azioni di ognuno.
Nell'esempio che hai fatto se uno non spara è perché non ha voluto veramente uccidere altrimenti l'avrebbe fatto. "Lui voleva ma non ha potuto" mi sembra una speculazione. Sta di fatto che non ha premuto il grilletto e tanto mi basta per dedurre che non HA VOLUTO uccidere.

Tornando a te invece, tu hai scritto che NON TI ANDAVA DI USCIRE, non che NON POTEVI.
Comunque ammesso che fosse la depressione o la fobia a tirare i fili delle tue scelte consentendoti di fare solo qualche giretto dovresti spiegarmi come mai invece le stesse non t'impedivano di lavorare.

Secondo me il tuo modo di ragionare non fa altro che alimentare il vittimismo delle persone e un certo modo sbagliato di pensare i problemi che poi spinge le stesse a cercare di "medicalizzare" i propri stati d'animo quando negativi o inaccettabili.
Questo modo di pensare potrà essere consolatorio per qualcuno dato che allontana da ogni responsabilità facendo ricadere ogni colpa sulla malattia, ma non mi pare molto utile per crescere come persone.

Black81 08-08-2005 11:24

Io credo che non bisogni generalizzare per quanto riguarda il discorso sulla volontà e chiedo umimilmente alla moderatrice se forse non sia il caso di ridimensionare alcuni interventi dato che si tratta di un forum sulla fobia sociale e gli utenti gradirebbero delle risposte e non dimostrazioni della nostra immensa cultura :wink:
Ritornando alla volontà il mio pensiero è simile a quello di polpopaolo in quanto penso che non siamo artefici al 100% della nostra vita.
Sicuramente molte cose che evitiamo di fare dipende dalla mancanza di motivazioni o interesse per es. ieri sarei dovuto andare allo stadio di Monza per una partita tra la squadra locale ed il Lecce; ebbene non ci sono andato semplicemente perchè non ne avevo voglia.
Questo non significa che questa regola valga per tutto ad es. per ciò che riguarda il lavoro (anche se con grande difficoltà e nonostante abbia un diploma) non sono riuscito a trovare qualcosa di interessante e sono bloccato in magazzino. Ho ricevuto altre proposte ma ho dovuto rifiutare non per mancanza di volontà ma per la fottuta paura...
Il magazzino è un luogo molto dispersivo e non devo necessariamente interagire con qualcuno, mentre in ufficio sarebbe diverso.
Tutto questo risale alla mia infanzia, alla sicurezza in me stesso che non ho mai avuto e in questo i genitori hanno fatto ben poco mio padre in primis (il quale mi ha danneggiato più di ogni altra cosa) , inoltre ha influito parecchio il contesto in cui sono vissuto e potrei aggiungere altro.
Con questo non voglio sottrarmi da eventuali responsabilità ma dire che tutto dipenda da noi che ci siamo scavati la fossa da soli mi sembra davvero orrendo e crudele e ciò mi fa pensare che il vissuto di qualcuno non sia stato così nefasto e che abbia trovato la strada già spianata.
Saluti


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