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Presentazione ufficiale
Salve a tutti! Apro questo topic per presentarmi ufficialmente, in quanto l'ho già fatto, anche se in modo non ufficioso, all'incirca due mesi fa quando decisi di iscrivermi a questo forum. Dopo una parentesi di tempo in cui non ho più partecipato attivamente al forum ho deciso di tornare a farvi visita, sperando in una mia partecipazione attiva e costante. La mia assenza è stata dovuta a vari problemi che mi hanno tenuto lontano da internet, ma ho deciso di tornare in quanto sento il disperato bisogno di evadere dalla mia solitudine e dal bisogno di avere anche una minima voce che mi permetta di parlare al mondo.
La mia situazione non è molto cambiata, anzi sta degenerando: sono sempre più solo e timido e si prospetta una lunga e solitaria estate di fronte a me. Le rare volte che esco e vedo qualche mio coetaneo che è con la ragazza gli amici (che insomma si vivono la vita) provo una grandissima invidia mista ad avvilimento per la mia incapacità di relazionarmi. Qui potete leggere la mia "storia": http://www.fobiasociale.com/postt5533.html Quest'anno per me finisce il liceo e sono molto triste: ma non sono triste perchè non rivedrò più i miei compagni, ma perchè so che sto per chiudere un capitolo della mia vita che non è mai stato aperto. Ho gettato al vento quelli che sarebbero dovuti essere i miei anni migliori e non li avrò mai più... :( :( :( |
Welcome Alfonso 8)
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benvenutissimo
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Ben venuto alfonso...e buona partecipazione al forum :wink:
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Re: Presentazione ufficiale
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Non mi sembra la tua opinione, ma qualcosa che hai preso come dato di fatto e che in realtà è parecchio discutibile... Probabilmente devi ancora trovare un modo tuo di affrontare le cose, perchè come ti è già capitato (da quello che leggo della tua storia), hai visto che l'obiettivo che ti eri prefisso (o prefissato?) non era ciò a cui aspiravi veramente... Cerca di essere il più onesto possibile con te stesso, che vuol dire nè essere troppo accondiscendente, nè condannarti senza appello in continuazione: solo così riconoscerai un obiettivo raggiunto con fatica come una conquista non imposta da altri ma davvero tua! :wink: Ah ciao! e ben arrivato! :!: |
Re: Presentazione ufficiale
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Anche per me quest'anno è finito il liceo e non vedo proprio l'ora di ricominciare da zero. Che questi siano gli anni migliori è discutibile, è un classico luogo comune tra l'altro neanche troppo condiviso tra i "normali".E poi perchè mai questo capitolo della tua esistenza non dovrebbe mai esser stato aperto? Solo perchè non hai vissuto questi anni come gli altri o come avresti voluto? Gli anni del liceo indipendentemente da cosa realizzi di concreto sono comunque sempre intensamente vissuti, è il periodo in cui si cristallizza la tua personalità e in cui grazie agli stimoli provenienti dalla scuola (non sempre purtroppo) maturi idee e riflessioni che ti introducono nella vita adulta. Anche io sotto il profilo di cui parli tu ho fatto ben poco in questi anni. E allora?Nonostante tutto penso di aver dato loro un senso, sicuramente più di coloro che hanno speso le mattinate sui banchi scolastici in attesa della sbornia del sabato sera! Vedila sotto un aspetto positivo: da settembre ricomincia per te una vita nuova, e come viverla dipende solo da te :wink: Sfrutta la consapevolezza maturata in questi anni per crearti un futuro più soddisfacente. Porco cane, hai 18-19 anni, la vera vita comincia ora! :wink: |
Ribenvenuto anche da parte mia
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Hey, benvenuto.... :D
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Ehi, ciao!
Ho sempre preferito Alfonso, "l'inetto contemplatore" della vita, a quel borioso di Macario!! :wink: |
Lo dico io che è sempre colpa delle scuole medie. :O
Benvenuto |
Re: Presentazione ufficiale
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@Clizia: Io invece aspiro a Macario. E' brillante e sicuro di sè, non come Alfonso, che alla fine, sentendosi incapace alla vita, decide di cercare nella morte una via di scampo. Io finirò come lui. Comunque complimenti per il nick, anche a me piace Montale! |
Re: Presentazione ufficiale
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Quello che posso dirti, caro Alfonso Nitti, è che essere consapevoli di sè è un già un bel passo avanti, perchè comprendere le proprie fragilità è sicuramente un punto di partenza importante che ti mette in grado di lavorare su te stesso e le tue paure, che ti offre quegli strumenti per comprenderti al meglio nella dialettica incessante col mondo. Stai tranquillo, perchè ne hai di strada da fare, ma per prima cosa, quello che devi fare, è accettare il tuo modo d'essere senza rincorrere modelli diametralmente opposti alla tua personalità, perchè questo sì che vorrebbe dire annientarsi e vivere in subordine a qualcosa che non ti appartiene e che ci viene imposto dall'alto. Vuoi essere colonizzato nell'anima? Spero di no. Preferisco gli inetti di Svevo ai suoi super-uomini cinici e strafottenti (come lo è Macario, appunto!), perchè nonostante tutto, questi fatidici "lottatori" non solo vivono alla mercè di pseudo-valori, ma, soprattutto, non sono veramente in grado di afferrare il senso delle cose e il nocciolo più profondo di se stessi, perchè vivono in balia di atteggiamenti fatti di sterile e vuota forza, che non corrisponde nè ad un reale dominio di sè nè del mondo. Almeno gli inetti sveviani hanno talvolta barlumi di chiaroveggenza, sanno vedere oltre, lì dove i "normali" non sanno vedere. Ti piace Augusta, la moglie di Zeno? Per me lei è la classica rappresentante di tutte quelle persone che vivono senza porsi mai una domanda, senza mettersi mai in discussione, incapaci di cogliere la complessità e la contradditorietà del reale, e questo perchè totalmente calate nella concretezza delle cose e soprattutto così schiave di regole precostituite, da rendere il loro sguardo opaco e privo di lungimiranza. Vuoi vivere felice ma in un'opacità di percezione? Felice ma senza porti mai una domanda? Le persone sensibili - proprio perchè tali - non avranno mai quella pienezza di serenità come può avercela un'Augusta, proprio perchè sono continuamente minati dal demone del dubbio, attraversate da così tante domande che non possono non farsi turbare, almeno per un attimo, dalla complessità e dalla drammaticità dell'esistenza, che in quanto tale li rende per forza inquieti. Il segreto, forse sta non nell'inseguire la tanto sospirata normalità, nel desiderare di essere un Macario o un'Augusta, quanto nel canalizzare la nostra sensibilità esasperata verso un modo d'essere costruttivo (e non distruttivo), per acquisire consapevolezza di sè e del mondo. Infatti Clizia mi piace tanto, proprio perchè non è solo espressione dell'adesione di Montale a quei valori umanistici e poetici, bensì rappresenta anche il tentativo del poeta stesso di resistere ad una barbarie e ad un'irrazionalità che avanza sempre di più, giorno dopo giorno. Clizia è un monito a preservare la propria identità, contro la massificazione e la stupidità che avanza. Insomma, il messaggio che voglio darti è di utilizzare la tua sensibilità per difenderti dalla stupidità e dall'omologazione imperante (così forte alla tua età). Vedi il lato di forza propositiva insita nella sensibilità, e non viverla come una condanna o come segno di debolezza, nonostante gli effetti collaterali siano, per forza di cosa, così tanti. Se tu ti avverti diverso dai tuoi coetanei, non vivere la tua diversità solo come inadeguatezza rispetto ad un modus vivendi, bensì cerca di vedere questa tua diversità con occhi nuovi. Forse sei più sensibile dei tuoi coetanei, e perchè, dunque, non difendere questa tua sensibilità e valorizzarla, anzichè vergognartene e sentirtene sconfitto? Solo perchè questa ti fa avvertire con più dolore i contraccolpi del mondo? |
A CLIZIA:
Cara Clizia, in diversi punti non sono d’accordo con te. Innanzitutto io non accetto il mio modo di essere, e non perché voglia omologarmi agli altri, ma perché lo voglio io. Non riesco più ad accettarmi per quello che sono perché vorrei essere qualcun altro: sono maturato più tardi rispetto agli altri e sono nella fase adolescenziale che solitamente si è soliti attraversare verso i 14-16 anni in cui abbiamo una sorta di crisi delle certezze, in cui non sappiamo più chi siamo o che cosa vogliamo. Una cosa però è certa: sento che non voglio più essere quello che sono stato fin ad oggi, perché non rispecchia più il mio modus cogitandi et vivendi. Quello che vorrei io è avere un minimo di vita sociale, poter uscire qualche volta con un amico, poter condividere con qualcuno parte della mia vita. Io vivo in una piccola città dove per me è stato praticamente impossibile trovare qualcuno con cui socializzare nell’unico luogo in cui vi poteva essere questa possibilità, ovvero a scuola. Gli studenti che la frequentano sono in gran parte figli di professionisti locali, spesso "importanti'' e quindi intoccabili. La mentalità che domina in quel contesto è quella dei piccoli borghesi arricchiti e del loro turgido compiacimento per il ruolo che ricoprono nel loro irrilevante, insulso microcosmo. E` incoraggiata una mentalità ipocrita, di deferenza mafiosa verso il potere. Certamente la maggior parte della colpa della mia asocialità è mia (causa carattere di merXa e ipertimidezza), ma gli altri non hanno fatto altro che respingermi per tutti questi anni, col risultato di essere solo e senza amici (giuro, non ho neanche un amico!). Anche Alfonso, come me, è incapace di stabilire relazioni con gli altri e si costruisce una maschera fittizia (e parlando di maschere potrei anche ricollegarmi a Pirandello) e come me l’eroe sveviano combatte una battaglia che oppone il personaggio ai meccanismi della società capitalistica, dominata da una spietata lotta per la vita che schiaccia i più deboli. In questa società, in cui gli unici valori sono il profitto, il successo e la realizzazione personale, il diverso (che può essere rappresentato in questo caso da una persona con un grado di sensibilità maggiore rispetto agli altri, ma che può benissimo essere raffigurato dall’anticonformista, dall’intellettuale ribelle etc…) è destinato a soccombere. Probabilmente Macario sarà anche un cinico, uno strafottente alla mercé di pseudo-valori, vivrà forse solo in superficie una vita che è essenzialmente falsa e vuota senza porsi mai domande, senza scavare e arrivare mai al senso profondo del reale, ma se analizziamo pragmaticamente la questione giungiamo a questa conclusione: è Macario che alla fine della vicenda sottrarrà all’eroe la donna, è lui il vero vincitore. Inoltre lo stesso Svevo opera un atteggiamento critico e di correzione nei confronti del suo personaggio, tanto che il romanzo sembra assumere le vesti di un vero e proprio processo alle menzogne, alle doppiezze, alle velleità e alle evasioni nei sogni da megalomane di Alfonso (e ricordiamoci che queste specie di evasioni sono un altro aspetto caratteristico dell’inetto, del vinto, dell’incapace alla vita, del perdente). Ti rammento inoltre che l’autore assumerà anche il punto di vista dall’antagonista Macario per esprimere la propria posizione critica verso il personaggio dell’inetto (qui trattasi dell’intellettuale ozioso), incapace di agire nella realtà. Preferisco quindi vivere in un’opacità di percezione, felice, senza pormi mai una domanda, ma almeno conscio di aver lottato e di non essere scappato di fronte alle occasioni (come Alfonso, Zeno ed Emilio), cosa che fino ad ora ho fatto. Augusta, la moglie che Zeno sposa per ripiego dopo il duplice rifiuto di Alberta ed Ada viene ritratta come “sana” e nel descriverla rappresenta se stesso in antitesi, contrapponendo la presunta salute della moglie alla propria malattia e mostrando come il confine tra sano e malato sia molto labile. successivamente però, quando si ritrova a guardarsi indietro , Zeno si accorge di quanto malate siano in realtà le convinzioni che sostengono un comportamento sano e di come sia atroce quella salute che non analizza se stessa e neppure si guarda allo specchio. La moglie è quindi proprio come la descrivi tu: fa parte della schiera di quelle persone che vivono senza mettersi mai in discussione, incapaci di cogliere la complessità e la contraddittorietà del reale, totalmente calata nella concretezza delle cose e schiave di regole precostituite. Ma alla luce di ciò l’eroe soccombe, l’inetto è destinato alla sconfitta, mentre gli antagonisti nella loro negatività trionferanno. Lo stesso motivo è destinato a ripetersi, vedi il caso di Michele Ardengo; certo i risultati sono quelli che sono, ma sempre meglio che rinunciare alla lotta ed uscire da perdenti. Svevo aveva inoltre intenzione di scrivere un altro romanzo, sempre con protagonista Zeno, ma è significativo il fatto che non sia mai stato completato (a parte ovviamente a causa della morte dello scrittore). |
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Sei un po' prevenuto? Secondo me è solo un discorso di autostima.Li disegni cosi' ma li conosci veramente?Molto spesso ragioniamo per stereotipi. |
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Ma tu ci vuoi entrare in quei giri?e per entrarci ci vogliono dei requisiti?
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è un aut aut?Siamo sicuri?Hai provato a stare con loro cosi' come sei?
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Ho letto la storia.Hai scritto che hai avuto degli inviti ma li hai rifiutati.
Capisco che i gruppi si siano formati ma prima di fare una cernita,di stabilire chi non ti piace,prova ad uscire.Stai rimandando quello che in realta' vuoi fare.Vivere la tua vita.La prima uscita sara' drastica,la seconda pure ma se insisti le cose andranno meglio.Hai 18 anni e hai tutto il tempo per farlo.Hai ben chiaro quello che è successo,l'hai sviscerato a te stesso quindi vuol dire che ti sei accorto dell'errore.Non rimuginarci piu' su.Adesso è tempo di cambiare. |
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Voglio cambiare, ma non riesco a cambiare. Ho bisogno di aiuto, di qualcosa/qualcuno che mi dia una bella scrollata. Da solo non ce la faccio più e l'unica cosa che sto facendo è quella di perdere ancora tempo bruciando la mia gioventù. Sto vivendo solo di rimpianti. Voi non potete neanche immaginare il DOLORE, il MALE che mi faccia l'aver gettato nel cesso gli anni del liceo. Mi aspetta un'altra estate da solo, come sempre, ed io non credo di potercela fare. Ho toccato davvero il fondo, ora non mi resta che scavare. |
Ti colpevolizzi troppo.Quel che è successo è successo.Adesso hai preso coscienza di questo.Non ti attorcigliare su te stesso per quel che è stato.Comincia a fare dei piccoli passi.Se hia bisogno di un sostegno piscologico cercalo.Ma se è semplicemente la paura di vivere che ti frena e hai questa consapevolezza,buttati.Vivila.
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io sono sempre dell'opinione che inetti si nasce e non si diventa, così come si nasce estroversoni pieni di voglia di vivere; l'unica nostra speranza potrebbe essere quella del rifugio nella cultura e nello studio come mezzo per opporci alla società dell'apparire e del denaro; ma anche in questo caso è impossibile fare a meno di essere schiacciati da chi riesce con la forza ad adattarsi alla vita: la condanna alla sconfitta è inevitabile così come la legge del più forte.
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Se avessi letto la mia storia, che ho scritto dettagliatamente e contenuta in un link ad inizio post, allora sapresti che io vado già in palestra, e aggiungo che molto recentemente ho partecipato a corsi scolastici ed extra-scolastici al fine di cercare di socializzare di più con gli altri, ma ogni tentativo è risulatato vano. E' colpa mia, solo e soltanto mia e della mia inettitudine alla vita. Punto. |
Partiamo dalla nostra “diatriba letteraria”.
Sei sicuro che nei romanzi di Svevo agli inetti vada sempre male e siano costretti a soccombere, in quanto il trionfo spetta solo e indiscutibilmente ai cosiddetti “lottatori”? Se così può sembrare nel romanzo “una vita”, se ci fai caso, ne “la coscienza di Zeno”, il finale è più complesso e ambiguo di quel che dici. Qui è Guido – all’inizio descritto come brillante e sicuro di sé – a soccombere e a suicidarsi, mentre è l’abulico e inconcludente Zeno ad arricchirsi e a trionfare. A parte che la figura dell’inetto è assieme ai “superuomini” spia della crisi dell’uomo contemporaneo, costretto ad assistere inerme e a vivere sulla sua pelle i processi di spersonalizzazione derivanti dall’ascesa della società di massa. Se ci pensi anche i superuomini rivelano – dietro l’apparente spavalderia – un fondo di debolezza e inettitudine. Che un superuomo d’annuziano trionfi veramente non si è visto mai, nei suo romanzi. Sono tutti maledettamente minati nel loro intimo, e le loro figure si rivelano molto più profondamente decadenti di quel che sembra. E poi, la letteratura è molto più complessa e ambigua di quello che sembra; essa non ci offre né vincitori né vinti e, a dirla tutta, anche l’iniziale sguardo critico di Svevo nei confronti dell’inetto si trasforma nel tempo. Gli inetti – proprio perché tali – appaiono come esseri in divenire, abbozzi, e questo grazie alla loro “assoluta mancanza di uno sviluppo marcato della loro personalità in qualsivoglia senso”. I sani, proprio perché cristallizzati in una personalità, sono per forza di cose più rigidi e meno aperti al cambiamento, a differemza degli inetti, che quindi sono più malleabili e più pronti ad adattarsi ai contraccolpi della vita. Quindi non è vero che gli inetti siano sempre destinati a soccombere (almeno secondo l’ottica di Svevo), anzi!! Il trionfo finale di Zeno apre uno scenario inquietante anche sull’imprevedibilità del caso e della vita! Ma torniamo a te; dici di non piacerti e che vorresti cambiare. Hai anche provato ad avvicinarti ai tuoi compagni, rincorrendo certe situazioni sociali, ecc. Però - pur dicendo che non ti piaci e che vorresti essere sicuro come quei compagni tanto irraggiungibili - allo stesso tempo li critichi, reputandoli persone dalla visione ristretta e provinciale…non ti sembra una contraddizione? Vuoi assomigliare a chi non ti piace, a chi non stimi? Da una parte sembri quasi ammirarli, nel momento in cui ne cerchi l’approvazione e vorresti instaurare un legame con loro, ma dall’altra sembri criticarli e non approvarne il modus vivendi. Sei sicuro di aver le idee chiare? Magari pensi di non piacere a te stesso e di essere una persona poco valida solo perchè giudichi te stesso attraverso il parametro dell’esclusione sociale che sei costretti a subire, ma essere escluso da un tipo di comunità, non sta affatto a significare che non saresti mai accettato in gruppi di altro tipo o che non troveresti una tua dimensione altrove. Uno dei miei libri preferiti s’intitola “memorie di una ragazza perbene” di Simone De Beauvoir (la compagna di Sartre) e lì lei racconta della feroce solitudine che ha scandito la sua adolescenza, nonché della sua incapacità di integrarsi nel mondo borghese a cui apparteneva. Poi ha scoperto, diventando adulta, che quel suo stato d’animo di diversità e alineazione, non era altro che il frutto del suo tendere ad un altro tipo di mondo, diverso da quello a lei noto. Nel momento in cui le si aprirà il vasto mondo dell’università e della cerchia degli intellettuali, comprenderà che il suo sentirsi diversa, derivava solo dal suo essere un’intellettuale, e quindi una persona incapace di adeguarsi alle convenzioni del mondo borghese in cui era nata e cresciuta. Forse tu devi solo trovare il tuo mondo, per scoprirti cigno tra persone più simili a te. Forse se continui a bazzicare sempre tra le anatre, continuerai a percepirti appunto come brutto. Tutto è relativo. Anch’io alle superiori non ero granchè in sintonia coi miei compagni di scuola e mi sentivo diversa, ma all’università ho trovato finalmente persone affini grazie alle quli mi sono riscoperta, e con le quali ho potuto condividere una certa visione della vita e del mondo. Mi fai comunque pensare tantissimo al protagonista di “una barca del bosco” di P. Mastrocola. Te lo consiglio, leggilo. Parla di un ragazzo liceale (latinista doc!), anch’egli pesce fuor d’acqua tra i suoi “più moderni e spigliati” coetanei. Comunque hai tutta la gioventù davanti, che sa offrirti molte più occasioni rispetto all'’adolescenza, spesso vissuta nel disagio e nel disorientamento di sè |
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Credo che ad Alfonso farebbe moooolto più male leggere i libri di Tozzi, con inetti al seguito. Quelli si che sono inetti belli tosti...alienati, totalmente incapaci di comunicare col mondo e di uscire da se stessi, sordi, ciechi (appunto, da qui il titolo "con gli occhi chiusi")...non intravedo spiragli di salvezza per i personaggi dello scrittore senese.... Almeno, quelli di Svevo, barlumi di consapevolezza e chiaroveggenza ogni tanto ce li hanno.... |
@ Clizia:
Cara Cliza, non mi trovo d’accordo con il tuo punto di vista. Innanzitutto Zeno si arricchisce solamente grazie a fattori esterni, che non comportano azioni concrete e attive da parte dell’inetto: è infatti grazie al suicidio di Guido che Zeno diventa un abile uomo d’affari e non dimenticare che con la fine della guerra perderà tutto (il successo era stato quindi frutto solo del caso, come ci viene rivelato da uno dei frammenti del “quarto romanzo” incompiuto). Egli, alla luce dei fortuiti accadimenti, si dichiara perfettamente guarito, ma questa conclusione è un palese esempio di quanto sia, al contrario, ancora molto malato. Comunque, seppur ritenga molto ambiguo il giudizio di Svevo sul suo personaggio (ed anche la prospettiva dello stesso Cosini –cognome fra l’altro scelto non a caso- può essere interpretata come verità o bugia, quindi con grande incertezza nelle interpretazioni), riconosco che i veri malati sono i borghesi, i quali vivono cristallizzati in una forma rigida e immutabile. Zeno, nella sua inettitudine, è inquieto e disponibile alle trasformazioni e il valore di tale mobilità è da considerarsi come un antidoto a questa malattia che è la vita, la quale “ha dei veleni, ma poi anche altri veleni che servono da contravveleni”. Proprio perché l’inetto vede il mondo da questo punto di vista mobile, in continuo divenire, può cogliere la necrosi che paralizza i sani. TUTTAVIA in Zeno non vi è un deliberato, consapevole atteggiamento critico verso il mondo che lo circonda. Anzi, il lui vi è un disperato bisogno di salute, cioè di normalità, di integrazione nel contesto borghese,però, a causa della sua inettitudine non riesce mai a coincidere veramente con quella forma compiuta e definitiva di uomo (neanche e soprattutto nel finale, nonostante il successo degli affari e le sue pretese di essere guarito, che non sono che un’ennesima mistificazione). Ed egli non ci riesce proprio per la sua incapacità alla vita, che, come già detto innumerevoli volte, non gli permette di cristallizzarsi in una forma determinata e concreta e ciò gli permette, di contro, di mettere in discussione la presunta salute borghese (che in realtà è atroce malattia) e di estraniarsi da quel mondo, minandone alle basi le certezze indiscusse. Ma dobbiamo essere pragmatici e vedere il lato opportunistico delle cose (per quanto sia negativo, immorale e ingiusto): Zeno, Alfonso ancor di più ed Emilio (insieme a moltissimi grandi inetti, vedi ne “Gli Indifferenti” di Moravia) seppur capaci (e secondo questa prospettiva superiori rispetto agli altri) di vedere il senso profondo del reale, usciranno sempre sconfitti. Ti risparmio la citazione del capitolo apocalittico (quello finale) de “La coscienza”, in quanto anch’io condanno duramente l’indifferenza borghese e il loro mondo costituito da felzi valori, ma sono giunto alla conclusione che sia meglio comportarsi da conformisti nella vita anziché trascorrere una vita “a rebours”, magari soli e arrivando alla conclusione dell’esistenza esasperati dai rimpianti. Certo, probabilmente saremmo consci di aver vissuto con dei valori veri, seguendo i nostri principi, rimanendo noi stessi, non conformandoci solo per far piacere agli altri, ma non è questo quello che voglio, perché, se c’è una cosa che ho imparato, è che chi segue questi principi sarà solo un perdente. Mi aspetto tantissime critiche per ciò che ho detto, ma se sono giunto a tanto (e pur io condanno questo mio modo di pensare negativo, che inneggia alla regressione, in quanto furono i nobili ideali e principi a cambiare il mondo, mentre un conformismo sempre più drastico genera aridità, crisi e decadenza) è perché fino ad oggi non ho avuto i risultati sperati: sarò io a cambiare, a rinnegare il mio vecchio io, e lo faccio perché ne ho la piena consapevolezza e la convinzione e soprattutto perché LO VOGLIO. E guarda bene Clizia, ho già risposto alla tua presunta accusa di mia contraddittorietà in un precedente intervento, quindi, a mio avviso, la tua è solo una sterile illazione. Detto ciò tengo a precisare che non è mia intenzione litigare, ma stabilire un rapporto simbiotico e collaborativo, con tanto di scambi di idee. Tuttavia mi sembra che con tutte queste polemiche si resti in una dimensione astratta, mentre i miei problemi permangono. |
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Ma prendiamo anche il caso di Eveline (Dubliners, Joyce). Nonostante vivesse in lei un ardente desiderio di fuggire, di cambiare vita e di riscattarsi, quando le si presenta la tanto agognata occasione ne fugge via. Ecco io sono perfettamente come lei e, se fossi appertenuto al gentil(?) sesso, di sicuro avrei adottato il suo nome come nickname. |
Quello che non capisco è come fai a ragionare cosi' bene e a sentirti un inetto.Dovresti avere piu' autostima,gia' solo per questo.
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Senti,
che ti devo dire....io non sto facendo polemica, sto solo cercando di farti vedere le cose da una prospettiva diversa da cui le guardi tu, totalmente pessimista e priva di speranze. La letteratura è comunque un'interpretazione della realtà da parte di uomini con sensibilità diverse, non è mica una verità assoluta!! Anche se tutti gli inetti della letteratura soccombessero di fronte alla forza dei cosiddetti vincenti, questo non vuol dire che il tuo destino sia già scritto da un'opera letteraria o che ricalcherà - quasi a mo' di profezia - quella di un personaggio letterario! La fine o la mediocrità dei personaggi sveviani non deve essere la scusa per identificarti totalmente con loro o per sentirti già sconfitto in partenza... La letteratura ci aiuta a riflettere sulla vita, punto, e non può essere usata come filtro deformante per leggere il proprio destino come se fosse già scritto dalle parole dei grandi autori. E poi credo nelle vie di mezzo: esistono solo INETTI o VINCENTI? Persone che non si riconoscono in queste facili e vacue categorizzazioni ci sono e, capaci di trovare soluzioni a cui forse tu non hai pensato. Volersi integrare è un conto, ma non trovo nemmeno proficuo svalutarsi e darsi sempre addosso, rinnegare i propri ideali per emulare qualcosa che nell'intimo non ti piace e non ti appartiene. Forse il vero segreto sta nell'avere personalità e imparare ad affrancarsi dai modelli esterni per ricercare a fondo la propria identità. E poi io ne conosco tanta di gente che riesce ad essere positiva e vivere senza conformismo, senza per questo condurre giorni da reietto e escluso come potresti pensare tu. Se a 18 anni hai già bruciato il senso della possibilità credo che la vita possa apparirti solo sterile. Posso darti un consiglio? esci dal tuo paesello, prendi lo zaino e girati l'Europa questa estate, invece di vivere la vita con un senso di fatale ineluttabilità...così facendo l'inettitudine potrebbe anche diventare una scusa per non fare lo sforzo di uscire dal guscio, convinto che la vita sia solo un aut-aut: o stronzi, o perdenti. Ma non è così. E poi è tutto relativo, a partire dalla propria scala di valori e ideali: vincenti rispetto a cosa? Io, comunque, cercavo di incoraggiarti, portandoti ad esempio la De Beauvoir con la sua esperienza, rammentandoti la favole del brutto anatroccolo, ma non mi sembri molto ben disposto con chi cerca di farti vedere più positivamente le cose, le tue qualità e potenzialità... Adesso sarei io la polemica...mah :roll: ps: il viaggio è lo strumento migliore per ampliare le proprie prospettive e per capire che ci sono tanti modi di stare al mondo, oltre che per decentrarsi e per relativizzare quei modelli sociali opprimenti con cui quotidianamente abbiamo a che fare. Impararemmo così a capire che il concetto di normalità non ha quel valore così assoluto, come tendiamo a credere quando non conosciamo altro di diverso |
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P.S.: No, non credo nell'ideale oraziano dell'aurea mediocritas, dell'"ottima condizione intermedia". Aut aut, sono sempre stato così, o esagero o scarseggio, sempre drastico. |
Almeno decidi il tipo di aiuto di cui necessiti visto che ne hai preso coscienza.Ne hai una vaga idea?
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In altre parole, voglio finalmente vivere, voglio cambiare. |
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Io te lo dico: in 21 anni (tale è la mia età) di mentalità DRASTICA non ho mai cavato nulla di buono... Fidati: la vita è un gioco. E' molto meno complessa di quello che noi crediamo. E soprattutto non pensare che per gli altri siano tutte rose e fiori. C'è gente circondata da amici che si sente più sola di un eremita. Il consiglio che voglio darti, quindi, è questo: smettila quanto prima di pensare in bianco e nero. E seconda cosa: perchè non vai a fare l'università in qualche altra città? Cambiare aria potrebbe solo farti bene. |
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L'università devo per forza andarla a fare altrove, da me non c'è! Quello che mi fa rabbia è tutto il tempo che ho perso e che non riavrò mai più. E non consolatemi dicendo che ho ancora tanto tempo. Ma per favore... E comunque, per ciò che riguarda l'aurea mediocritas, non posso farci niente, sono fatto così... |
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Un'altro consiglio, più piccolo, è quello di non assalire in maniera sgarbata chi sta solo cercando di aiutarti. |
Mi sono letto bene la tua storia.
Innanzitutto una cosa: d'accordo, hai perso tanto tempo. E non tornerà più. OK. Ma piangersi addosso, perdendone così altro, è la reazione peggiore che tu possa avere. Diamine, mi sembri un ragazzo molto intelligente da come scrivi... quindi cerca di entrare nell'ottica che devi tirare fuori le palle. E fallo celermente. Più stai a pensare a "quanto tempo hai perso" e meno ti dai da fare per cercare di non sputtanare i tuoi restanti anni. Secondo me, la ragione per la quale hai sempre rifiutato gli inviti di questi ragazzi è perchè loro non ti interessano. Evidentemente senti di non avere nulla in comune con loro. Non te ne frega nulla uscirci. Quindi trovatene altri, al di fuori magari del posto dove abiti, andandoteli a cercare in contesti dove immagini possa esserci gente che ti va a genio. Che so, ti piacciono la letteratura, le arti? Biblioteche, circoli culturali... Insomma, ti ripeto quello che ti ho già detto. Cambia ambiente, vattene. In secondo luogo: di questo tuo disagio ne hai mai parlato con qualcuno che non sia un utente di un forum? Con qualcuno in carne ed ossa, intendo. I tuoi ne sono a conoscenza? Non sottovalutare la forza della condivisione dei problemi. Più ti apri, più ti liberi. |
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Per quanto riguarda il viaggio, capisco il tuo disagio a partirtene da solo, ma posso offrirti una soluzione che non sarebbe affatto male per te, e posso dartene la certezza perchè l'ho sperimentata io per prima sulla mia stessa pelle. Certo, se si hanno problemi di timidezza girovagare da soli forse può creare imbarazzo e quindi perchè non aderire ad un campo di volontariato per ragazzi dai 18 anni in su? In questo caso partiresti solo, però ti inseriresti in una struttura ben precisa, con incarichi e persone che, come te, sono lì per svolgere le mansioni del campo. Inserirsi in una struttura con uno scopo ben preciso è più rassicurante che andarsene senza meta in giro qua e là. Io lo feci a 23 anni, e in quell'occasione partire da sola non mi pesava, perchè avevo chiaro quello che stavo facendo: avevo una meta che riusciva a darmi il senso di uno scopo che forse non sarei riuscita ad attribuire ad un viaggio in completa autonomia da tutto e tutti. Scegli una meta che ti interessa e scegli il campo con le attività a te più consone. Lì conosceresti ragazzi/e provenienti da tutto il mondo e che non si conoscono gli uni con gli altri, quindi ben disposti ad accoglierti - chiunque tui sia ! - senza pregiudizi. In genere, in questo tipo di esperienze, conosci tutta gente carina, disposta al dialogo e priva di pregiudizi e anche molto naif! :wink: A parte una tedesca che credeva di avercela solo lei (nonchè molto estroversa sino all'imbarazzo), ho conosciuto tutte persone squisite, desiderose di scambio e di confronto: giapponesine timide e gentili, canadesi un po' indie, lesbiche berlinesi ( 8O ), francesine, e chi più ne ha più ne metta. Per me potrebbe essere un'esperienza veramente nuova per te; sia mai la volta buona che ti sbocchi e inizi a renderti conto che non tutte le persone inseguono uno stile di vita basata sull'immagine e sul potere economico... Bè, buona fortuna! |
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