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Timidezza e potere
Chi è timido ha paura che gli altri si accorgano di alcuni suoi aspetti che desidererebbe mantenere nascosti. Perché? Che cosa desideriamo dagli altri, così tanto da tradire noi (poiché nascondendoci mortifichiamo aspetti del nostro essere: ci costringiamo ad essere quello che non siamo) e loro (poiché ingannandoli ci relazioniamo a loro strumentalmente, solo per ottenere conferme o evitare disconferme)?
Per i più, mi pare, una prima risposta potrebbe essere "l'appartenenza". L'introverso fa finta di essere come gli altri per non essere escluso, il pauroso fa lo spavaldo, chi si sente "piccolo" fa l'adulto, chi è triste lo nega... Quasi tutti vogliono essere "normali", i più senza essere consapevoli che la normalità varia moltissimo da contesto a contesto, oltre che nel tempo. Alcuni intuiscono la paura dell'esclusione che è dietro il desiderio di normalità, ma la negano (perché? che succede alle persone che hanno paura? che succederebbe a loro, se lo ammettessero?), raccontando a sé e agli altri che le loro sono libere scelte, magari "razionali", o "etiche". E dunque ciò che fanno in quanto "normale", lo mascherano da "sensato", o "giusto". Ma la sostanza non cambia. La timidezza dunque deriva dall'idea di avere un potere, cioè di essere in grado di influenzare le decisioni altrui. Se fossimo sicuri di non poter essere accettati da nessuno, non avremmo alcun motivo di vergognarci di alcunché. Come mai molti (i più, mi pare) custodiscono al proprio interno un tale bisogno di appartenenza? I rapporti umani sono fondamentali, è innegabile. Sono tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta... Ma lo sono solo se onesti: se fondati su una conoscenza profonda dell'altro, e su un'accettazione reciproca di quello che si è, e magari sulla compassione (nel senso buono). Solo se danno luogo ad un contatto vero, profondo, tra persone, insomma: amore, o amicizia (che è una forma di amore). Ma l'amore non si può meritare: se esso consiste in un desiderio disinteressato di contatto, fondato sulla capacità di identificarsi ed empatizzare con l'altro, quello che noi facciamo è del tutto ininfluente ai fini dell'amore che riceviamo. L'amore è sempre "gratuito". Essere amati non significa naturalmente avere relazioni, dato che queste si intrecciano anche per altri motivi. Ma è ciò che dà un qualche valore alle relazioni (che sono altrimenti del tutto strumentali, e insignificanti sul piano umano). Il potere che i timidi ritengono di avere è dunque, in ultima analisi, del tutto illusorio. Ma cos'è che porta le persone a rinunciare all'amore (o quantomeno alla sua ricerca), per rincorrere ossessivamente l'appartenenza? Perché si preferisce l'illusione di un potere, alla consapevolezza della propria impotenza? |
Re: Timidezza e potere
Bell ragionamento.
Tempo fa ci pensavo a questo. Credo che noi timidi vogliamo avere questo potere perche vogliamo ottenere piu di quel che meritiamo ( di solito poco o non sufficente rispetto a quello che vogliamo ) o semplicemente scegliere che cosa laltro deve dare (provare per noi) . D'avanti all obbiettivo perdiamo un po la ragione e ricorriamo alle informazioni che ti mostrano come devi essere per avere . Siamo gia persi in partenza se diamo per buone queste informazioni. Questo discorso vale solo per i timidi. Sapendo questo cosa si fa dopo. Come si cambia:nonso: |
Re: Timidezza e potere
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Re: Timidezza e potere
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Re: Timidezza e potere
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Re: Timidezza e potere
E difficile mettere in pratica . E difficile eliminare un desiderio ( anche essendo impossibile) Sarebbe bello e utile eliminare o comunque catalogare come inutile o inesatte le informazioni che ti dimostrano come fare , come essere ecc , A volte si concentra piu n queste info che sul desiderio stesso.
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Re: Timidezza e potere
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Re: Timidezza e potere
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Più che appartenenza la chiamerei approvazione. |
Re: Timidezza e potere
Interessante :pensando:
Io credo che sia necessario offrire la migliore immagine possibile di sè, soprattutto durante una prima conoscenza, in modo che le altre persone possano innanzitutto apprezzarci, tramite i nostri aspetti migliori ma che sono comunque parte di noi stessi. Una volta stabilita una confidenza di base, è possibile mostrare anche altri tratti della nostra personalità, in modo che l'altra persona possa filtrare le sue reazioni secondo la misura in cui le importa di noi... Non significa ingannare. Chi mette in mostra i propri problemi troppo presto farà generalmente più fatica. |
Re: Timidezza e potere
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Credo che succeda anche ai non timidi quando non si sentono accettati, sebbene loro magari sono più in grado di nascondere. E quindi si ritorna al discorso di non mostrarsi completamente per come si è. |
Re: Timidezza e potere
Personalmente, desidero essere perfetta, mi sento un villain e non sono :mrgreen: niente di tutto questo.
Mi piace l'idea illusoria del timido con i super poteri, ma per tornare sulla retta via, credo sia fondamentale ricercare la sincerità in se stessi, prima di tutto, accettando di avere dei bisogni e tutto quanto... |
Re: Timidezza e potere
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Intanto se non lo fa questo, spesso viene escluso realmente, non è una paura, in molti casi questa cosa qua è qualcosa di reale. Ora bisogna trovare una strategia alternativa per ottenere delle forme di riconoscimento sociale, ma non è che questa strategia può consistere nel dirsi che l'appartenenza e il riconoscimento possono anche non esserci proprio e si sta bene comunque. Quote:
Se fossi sicuro di non essere accettato da nessuno io sarei comunque triste perché delle persone con cui relazionarmi, avere relazioni sessuali e quant'altro le vorrei avere comunque. Quindi sinceramente non capisco dove vuole andare a parare questo discorso, se io sapessi di essere brutto e repellente per tutte le persone, questa cosa non potrebbe e dovrebbe crearmi alcun problema? A me sembra che il ragionamento non regge. Quote:
Ora il problema consiste nel capire come ottenere questa cosa qua, ed attualmente a me sembra sia vero che questo potere magari non lo si possiede o che la situazione in cui una persona si trova è quella in cui viene esclusa. Delle persone, ad esempio, non andrebbero mica con delle prostitute pagandole se avessero il potere di convincere altre donne simili a queste (così come questo potere lo possiedono altre persone) restando semplicemente se stessi. Quote:
Di persone da conoscere ce ne sono tante, tantissime, però poi mi chiedo "ma perché le persone giovani tendono a condividere e conoscere qualcosa più spesso con altre persone giovani e non se ne vanno per ospedali a conoscere profondamente chi è moribondo?". Se l'amore fosse basato davvero sulla compassione gli ospedali sarebbero pieni di persone che vengono amate e non di badanti che vengono pagate per aiutare queste persone. Quote:
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L'appartenenza serve per ottenere altro talvolta, ed è vero, da solo puoi per caso sperare di poter essere eletto presidente della repubblica o come minimo sindaco di una città? Un cane potrebbe mai aspirare a questa cosa qua? Ammettendo che questo possa essere un tuo obiettivo, dovrai comunque anche preoccuparti un po' di essere accettato da un partito che condivide certi tuoi ideali, avere dei sostenitori e così via. Se si potessero ottenere certe cose senza queste forme di potere qua e senza alcuna forma di riconoscimento sociale o di appartenenza, sarei il primo a sputarci sopra, ma questo in pratica non è vero ed è palesemente falso. Quindi una qualche forma di lotta per ottenere certe forme di potere e di appartenenza e di riconoscimento, là dove mancano davvero, la reputo sempre necessaria. Spesso bisogna anche affermarla in modo violento, o quantomeno fermo questa cosa, e non è un'illusione purtroppo, guarda come trattiamo i membri che non riconosciamo come appartenenti alla nostra specie e ti renderai ben presto conto che l'appartenenza è la condizione di base per fondare il resto, se non c'è questa mancherà anche il resto. Anche l'amore stesso (mi riferisco a quello erotico sessuale) lo potrai ottenere concretamente, se sei eterosessuale, se qualche femmina ti riconosce come appartenente alla categoria maschio umano. Certo non basta questa forma di riconoscimento di appartenenza qua e ce ne vogliono anche altre, ma senza non ci sono proprio le condizioni di base per poter sperare di ottenere questa cosa qua. Siamo d'accordo solo sul fatto che si è realmente impotenti attualmente, nel senso che questo potere non c'è, ma non è affatto vero poi che questo potere non serve, che l'amore è basato sul disinteresse e che non c'è bisogno di certe forme di riconoscimento sociale per ottenere altro, tutte queste affermazioni qua sono illusorie. Non è illusoria l'impotenza in cui si versa, questa impotenza è reale e concreta in molti casi (intesa come una condizione in cui non si possiede una certa forma di potere). E' illusorio negare questa impotenza affermando poi che questo potere relativo al riconoscimento non serve. Io direi di negare l'assunto che questo potere lo si possa ottenere solo col conformismo, ecco questo potrebbe essere vero, però non si può negare il fatto che delle forme di accettazione sociali e di riconoscimento servono per poter ottenere certe cose. |
Re: Timidezza e potere
XL, non hai davvero capito il senso del discorso.
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Amare significa riconoscere la preziosità dell'altro, in cui ci identifichiamo. Se riconosciamo, ad esempio, di essere in grado di soffrire, e che questo non è desiderabile, proviamo compassione nei confronti di chi è sottoposto alla medesima possibilità (e dunque tutti). Però siamo persone finite, con dei bisogni, e nell'insieme delle persone che amiamo è ragionevole scegliere di stringere legami con quelle che più sono in grado di soddisfarli: dunque, quelle che ci amano (senza pretendere), quelle intelligenti, attraenti esteticamente, ricche... Quote:
Essere o non essere amati dipende sostanzialmente dal caso (e dalla disponibilità a lasciarsi amare). |
Re: Timidezza e potere
Oddio dipende un pò da come si colloca l'amore all'interno del ventaglio dei sentimenti. Angus mi sembra che tenda a trattarlo come qualcosa di abbastanza (se non totalmente) scollegato dagli altri, il che è perfettamente lecito. Io però penso che l'amore sia una risultante degli altri sentimenti, ed è questo in fondo che lo rende "non disinteressato" come dice XL: l'amore per una persona per me è la risultante della stima, dell'ammirazione, della simpatia, dell'attrazione che si provano per quella persona. In questo senso trovo perfettamente lecito che le persone tendano a mascherare le parti di se che potrebbero portare gli altri a NON provare per loro i sentimenti di cui sopra, poichè se le mostrassero finirebbero per essere meno amati.
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Re: Timidezza e potere
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Re: Timidezza e potere
Comunque non so, questa cosa dell'amore disinteressato più ci penso meno mi convince. Se l'amore fosse davvero disinteressato, allora una persona continuerebbe ad amarne un'altra anche se l'altra la trattasse male, per fare un esempio, mentre questo normalmente non accade (qualche volta si). Se A ama B ma B non ricambia, dopo un pò A smetterà di amare B, tendenzialmente. Quindi non so, magari l'amore è disinteressato nel senso che non ci si aspetta un ritorno materiale, ma un ritorno sentimentale lo si aspetta eccome, ed in ultima analisi è questo che conta davvero.
Detto questo, per provare a rispondere all'ultima domanda che hai posto, quando io rinuncio a rapportarmi con gli altri e dunque rinuncio agli eventuali legami affettivi che potrebbero crearsi, lo faccio perchè non mi reputo in grado di suscitare negli altri quei sentimenti che abbiamo citato prima, tali da permettermi di essere amato. Stando così le cose uno o evita direttamente l'interazione con gli altri (ed è timido nel senso di "sta sulle sue") o interagisce con gli altri ma mostrando solo un lato di se (e di nuovo o "sta sulle sue" o "si vergogna in determinate circostanze"). In questo senso ritengo che, ancora una volta, la timidezza derivi principalmente da una scarsa stima di se: per questo è così difficile da debellare. Spero di essere stato chiaro e di non aver scritto troppe ovvietà. |
Re: Timidezza e potere
Non credo di aver capito quello che intendi.
Secondo me il fine della socializzazione non è solo l'amore, è anche il riconoscimento stesso. E' anche attraverso il riconoscimento che si sente di avere un senso come persona, un posto nel mondo. E poi, come hanno scritto gli altri, per ottenere amore bisogna passare per il riconoscimento. L'amore disinteressato? Non vedo come potrebbe esistere. Se esiste, io non l'ho mai visto. Si deve pur amare sulla base di qualcosa. |
Re: Timidezza e potere
Sull'amore disinteressato.
Mettiamola così: ognuno di noi è consapevole della propria precarietà. Siamo qui, e sappiamo che non c'è alcun motivo per cui le cose dovrebbero andarci bene. Potremmo morire, fare una vita brutta, una vita insignificante... Potremmo perdere tutto da un momento all'altro. I più, mi sembra, semplicemente rimuovono la cosa: non ci pensano. Si buttano nel gruppo, come se fosse una madre in grado di salvarli, o confliggono con esso, con l'ottimismo di un adolescente ribelle (contro-dipendente). Ipotizziamo però che qualcuno ci pensi, affronti la questione e accetti l'incertezza come costitutiva della vita. E che arrivi dunque a provare compassione per sé. Povero me, sono così in bilico, bisognoso, spaventato... Ipotizziamo che questa persona se ne trovi di fronte un'altra, e che si renda conto che essa è "esposta alle intemperie" come lo è lei. Cosa potrà provare, se non un senso di vicinanza? E come potrà non desiderare per lei (come la desidera per sé) una vita felice? Chiaramente, poiché tale persona vuole avere una vita felice, scegliere di compiere il proprio percorso con persone in grado di soddisfarne i bisogni, anche se non sono le uniche che ama. Questo è l'amore, come lo intendo in questo discorso. E' un sentimento "condizionale"? Sì, ma solo perché è richiesto essere uomini (o essere vivi). |
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Alla seconda domanda non sono ancora sicuro di poter dare una risposta |
Re: Timidezza e potere
No, Angus. Spesso, l'unico aspetto che differenzia il timido dal non timido è la maggiore sensibilità psicologica del primo. Non nel senso che ha più valori morali ma che è più debole interiormente. Quindi, la paura di essere ferito lo rende evitante. C'è anche chi diventa timido in un secondo momento per anormalità del fisico o dei gusti ma per questi penso si debba fare un discorso separato (come avevo già detto in un'altra tua discussione a tema).
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Re: Timidezza e potere
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A me sembra utopistico uno scenario del genere. Io penso che si possa amare un numero limitato di persone, con le altre ci si può relazionare con il massimo rispetto possibile, cercando ovviamente di richiedere lo stesso dagli altri. Potrei capire se si stesse parlando di provare compassione per chiunque nel momento in cui questo viene visto in una condizione di sofferenza, ma non semplicemente perchè umano e vivo. In un certo senso, è come se stessi parlando di un senso di appartenenza il più ampio possibile, quello relativo al genere umano e per il quale ogni persona dovrebbe essere riconosciuta e accettata dall'altra per tale motivo. In teoria sarebbe giusto, ma in pratica accade che ognuno prova un senso di vicinanza maggiore o minore a seconda delle persone che si trova davanti, a volte spiegabile in modo conscio altre volte no. |
Re: Timidezza e potere
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Re: Timidezza e potere
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E' vero: tutti amano sempre solo fino ad un certo punto (anche se non concordo con il "numero limitato di persone"). Ma perché quando qualcosa va storto non dovremmo ammettere che l'altro è, per suoi motivi, distante da noi, e non siamo noi ad essere sbagliati, o a doverci correggere? |
Re: Timidezza e potere
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Sarebbero invece portati a simulare un comportamento innaturale gli allergici al divertimento superficiale, gli omosessuali...per questi, che per me sono la minoranza tra i timidi, invece ti dò ragione; così non otterrebbero l'accettazione e anche se la ottenessero non starebbero bene con se stessi. Potrebbero tentare di fingere più coerentemente solo se spinti da vanità. Poi c'è una terza categoria che comprende quelli che hanno un fisico fuori dai canoni sociali del bello e del normale pur avendo una mentalità ben massificata. Questi secondo me è giusto che tentino di mascherarsi per stare bene con gli altri ma anche e soprattutto con se stessi. |
Re: Timidezza e potere
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Cioè con quelle persone che ci riconoscono continueremo a essere timidi? Perchè a me piacerebbe, per dire, non aver paura di parlare quando si è in gruppo e poter dire la mia; che il gruppo mi accetti ok, ma a me sembra normarle volersi togliere almeno un po' di quel peso rappresentato da blocchi vari. Per gli altri, quelli che non mostrano molta empatia nei nostri confronti: o fai qualcosa per ottenerla o provi a dare meno peso al loro giudizio e quindi diventi meno timido. Nel primo caso potresti esserti snaturato, nel secondo no. Ma mettiamo ad es. il contesto lavorativo, un timido che non prova a fare nè l'una nè l'altra cosa... a me sembra strano che si rimanga 'immobili' nello sperare che qualcuno ci accetta o nell'accettare che nessuno l'ha fatto. Voglio dire, proprio perchè uno è già indifeso istintivamente prova a difendersi. Quote:
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Re: Timidezza e potere
non credo di aver ben capito quale sia questo potere che i timidi si illudono di avere
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Re: Timidezza e potere
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Io, per esempio, credo di avere il potere di fare del male agli altri. |
Re: Timidezza e potere
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la capacità infinita di fare figure di merda va messo nei poteri? se la risposta è si, c'è un modo per levarselo o sono condannato a tenermelo come la Cosa dei fantastici 4? |
Re: Timidezza e potere
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Re: Timidezza e potere
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Re: Timidezza e potere
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Il fatto è appunto che le persone diciamo più timide o per meglio dire distimiche - perchè penso che il vero problema in questo caso non sia la timidezza quanto la distimia unita ad introversione e/o timidezza - credo non abbiano un concetto del se molto unitario o molto radicato. Una persona timida perchè distimica - ripeto, parlo di distimia perchè la semplice timidezza potrebbe essere un mero tratto caratteriale, facilmente superabile tramite rinforzi positivi - osserva se stessa e si analizza al punto da credere di sapere tutto di se stessa, quando in realtà è molto più probabile il contrario. Difatti è facile che una persona simile si trovi ad essere indecisa su ogni più becera questione, poichè per la necessità di apparire bella agli altri ha dimenticato (se l'ha mai saputo) quali siano le sue preferenze o affinità elettive. Come dicevo non ha un concetto di se unitario e/o radicato. Essendo più simile dunque ad un contenitore vuoto, una bagneruola al vento, una persona distimica può essere definita come una sorta di "Mistica" delle personalità, o di jolly se preferisci. Pronta a cambiare atteggiamento quando lo richiede la situazione, o quando la suddetta persona crede che la situazione lo richieda al fine di essere, come dici tu, accettata. Anche quando sente di fare violenza su se stessa, eventualità peraltro frequente per un tipo di persona simile. Il motivo per cui i distimici sembrano così attaccati alle maschere e al loro illusorio potere, penso sia in realtà piuttosto comprensibile: è lo stesso motivo per cui questa cosa vale per tutti gli esseri umani. Il desiderio di socialità. Le maschere permettono di rapportarsi in tutti i contesti sociali in cui la vita media di un essere umano si svolge, e non assolvono questa funzione solo per i timidi bensì per tutti. Permettono di donare al mondo una sua chiarezza: come ci sono le uniformi professionali, ci sono comportamenti codificati, perchè funzionali, inseriti nella tradizione, nel costume, nelle leggi e vari regolamenti di un paese, che Durkheim definirebbe fatti sociali, tali per cui a lezione ci si comporta in un modo, con un amico in un altro, in chiesa in un altro, con la ragazza in un altro e con tuo padre in un altro ancora, eccetera eccetera. Certo i fatti sociali non devono essere in assoluto più funzionali per tutti: in tua coscienza potresti dissentire con il divieto di violentare le vecchiette in metropolitana; tuttavia sono funzionali per la società in un dato periodo storico, perchè questa difatti esiste a prescindere da noi, esisteva prima ed esisterà dopo, e i suoi cambiamenti interni avvengono lentamente, secondo molti proprio quando certi fatti sociali cessano di svolgere la funzione per cui erano nati (e devono essere quindi rimpiazzati da altri, ma qui si aprirebbe una parentesi troppo vasta). Insomma tutti siamo dei pirandelli mascherati, anche i più estroversi, e per gli stessi motivi, cioè vivere in società. Ciò che dunque davvero distingue un timido-distimico, che è una persona molto riflessiva, da una persona socievole e/o ben inserita, non è (necessariamente) il maggior peso che da alle proprie azioni, non è tanto la paura di sbagliare, che come la timidezza potrebbe appunto andarsene, non è nemmeno il pensiero ossessivo di valere poco che pure non lo lascia mai. E' la coscienza di stare indossando una maschera ma non sapere come gettarla via, forse perchè non è ancora certa di cosa ci sia sotto, di come riempire questo vuoto che lui sente nella sua vita, in se stesso, o se si chiama Leopardi, nel cosmo. Perchè infatti credi che molti approcci di aiuto psicologico (psic. cognitivo-comportamentale) o sostegni di altro tipo (centri di recupero, lavori socialmente utili) siano così improntati alla prassi, alla dimensione sociale? tutti abbiamo bisogno di "esserci", "sentirsi di essere qualcuno" non inteso come credere di avere una minchia tanta, ma appunto di sentire di essere uomini, di far parte di una comunità di altri uomini e di avere in quanto tali una qualche dignità, o quantomeno di non meritare meno rispetto a qualcun altro. Stare in mezzo alle persone aiuta innanzitutto a ridimensionare le paure. Dopodichè bisognerebbe fare quel passo in più che porta a gettare la maschera, e in quel momento, come dal nulla, scoprire con una sorta di epifania chi si è veramente, ovvero un individuo unico nella propria individualità ma che fa parte di un tutto estremamente più vasto, l'umanità. (L'umanità per i più, la natura per altri, tipo Spinoza credo). Non sto profetizzando: credo che questo sia lo stato mentale tipico delle persone socievoli, quelle che meno soffrono di frequenti ansie e assurde paranoie. Solo così la loro socievolezza è spiegabile: è un atteggiamento positivo verso l'altro che parte da un'intima confidenza in se stessi (perlomeno quando non parte da eccessiva tracotanza, aka desiderio di dominare sull'altro) che è coscienza di avere un potere sulla propria vita e su ciò che gli gravita intorno, persone incluse, e di saperlo controllare. Infatti solo le persone coscienti del proprio potere e quindi di se stesse, trovano poi il coraggio di gettare le maschere riuscendo comunque a vivere la loro vita. Se uno ha così paura di gettare una maschera perchè non sa cosa ci sia sotto, o per tutte le difficoltà che ti vengono in mente, non saprà mai cosa vuol dire essere "uomini", saprà solo cosa vuol dire essere maschere, che in quanto fittizie non valgono nulla. Non bisogna nemmeno fermarsi a considerare tutti gli altri come maschere e solo noi come "puri e incontaminati" (oltre che più intelligenti), perchè anche quella è una illusione - che personalmente trovo risibile seppur spesso diffusa. Credo che tu, ad esempio, non conducendo una vita molto dinamica e piena di nuove esperienze in ambito sociale, hai molto tempo per rimuginare su questi fattori. Difficilmente in questi casi può giungere "l'epifania" di cui dicevo sopra. La coscienza di se stessi negli altri, e gli altri in se stessi. Aspè che cazzo ho detto? Credo comunque di meritare la palma per il commento più lungo del giorno, ciao Mila Kunis |
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