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Elogio della depersonalizzazione
Vorrei spezzare un'arancia in favore della depersonalizzazione, ovvero la dissociazione dal senso di sé, erroneamente ritenuta un disturbo psicologico da questa nostra civiltà occidentale, malata e individualista.
Nessun sé, nessun problema, come ebbi modo di scrivere altrove...ebbene: perché dobbiamo avere un carattere, una personalità, identificarci in un'immagine costruita in sinergia da noi e dagli altri? A che serve la coscienza di sé, dell'io, dei propri meriti/demeriti, valori/disvalori, quando sono proprio queste le cose che ci fanno più soffrire? Quanti di noi hanno avuto paura di cimentarsi nel fare qualcosa perché quest'atto avrebbe potuto ledere la loro già fragile autostima e dar loro conferma di un radicato senso di inferiorità? E anche tutte quelle persone che, al contrario, possiedono un ego smisurato e imponente...sono forse esse felici nel dover sempre dimostrare (a chi poi?), con annesso sfoggio di vanagloria, di essere i migliori? Lasciamo perdere il ritratto che ci siamo creati, smettiamola di identificarci con un ipotetico, inutile e pericoloso "io" e identifichiamoci con l'atto (più o meno come mi disse Marco Russo quella sera in cui gli rovesciai il vino sulla camicia), come se riuscissimo ad osservarci dall'esterno. Che ne pensate? :) |
Re: Elogio della depersonalizzazione
Peccato che questo thread non abbia ricevuto l'attenzione che meritava.
Sono sempre più convinto che la via per l'illuminazione risiede proprio nell'accettare l'idea che la scelta è un'illusione, e che noi non siamo attori ma strumenti. E inoltre, ma qui mi sa che mi spingo in territori davvero inesplorati, che la vita non esiste. E' solo un'astrazione, un fenomeno accessorio e contingente, come la coscienza. |
Re: Elogio della depersonalizzazione
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Re: Elogio della depersonalizzazione
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I più fortunati muoiono prima.Sia chiaro:NON E' un elogio del suicidio,giusto per evitare qui pro quo. |
Re: Elogio della depersonalizzazione
La prossima volta mi ricorderò di aggiungere la parola "ragazze" al titolo :sisi:
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Re: Elogio della depersonalizzazione
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Re: Elogio della depersonalizzazione
Avere una coscienza individuale troppo marcata, un senso di sé troppo forte può portare alla sofferenza. E' il sé a soffrire...si parla di orgoglio ferito, io ferito...eliminare queste cose per eliminare la sofferenza...
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Re: Elogio della depersonalizzazione
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Come se la sofferenza venisse fuori sempre e soltanto dalla coscienza troppo marcata. |
Re: Elogio della depersonalizzazione
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Vaffanculo! :ridacchiare: (ma non rivolto a te: depersonalizzato :mrgreen: ) |
Re: Elogio della depersonalizzazione
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Re: Elogio della depersonalizzazione
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Re: Elogio della depersonalizzazione
E' proprio una coscienza troppo marcata che ci rende così permeabili al male (morale o meno) e alle aspirazioni fallite...se tu ci provi con una ragazza partendo da un disegno di te che ti sei confezionato su misura (quello di non piacere alla maggioranza delle donne), un eventuale rifiuto ti peserà come un macigno. Ma se invece di costruirti un senso dell'io così forte, ti limitassi a cercare ciò che ti piace per il puro piacere che può regalarti, senza pensare al fatto che un eventuale successo o insuccesso possa confermare o smentire l'immagine di te che ti sei dato, il rifiuto potrà essere meno devastante.
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Re: Elogio della depersonalizzazione
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E il male esiste, non è che se lo inventa la nostra coscienza per farci stare male. Quote:
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Re: Elogio della depersonalizzazione
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Vergognarsi di essere occidentali è un luogo comune postmoderno. |
Re: Elogio della depersonalizzazione
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Re: Elogio della depersonalizzazione
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Re: Elogio della depersonalizzazione
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Re: Elogio della depersonalizzazione
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Re: Elogio della depersonalizzazione
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Re: Elogio della depersonalizzazione
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Re: Elogio della depersonalizzazione
Comprendersi per annullarsi...
Vanitas piano con le parole o ti segnalo alla moderazione :D |
Re: Elogio della depersonalizzazione
Si forma non in maniera automatica, ma in maniera involontaria (non siamo noi a decidere chi farà parte della nostra vita appena nati e come ci educherà).
Quanto al carattere, è modificabile e, pur non arrischiandomi a dire fino a che punto, ritengo che l'obiettivo finale dell'essere umano dovrebbe consistere nell'intraprendere una progressiva strada verso la depersonalizzazione. Comunque sappi che io sono un utente di lunga data, con me non è permesso l'utilizzo di determinati vocaboli :D |
Re: Elogio della depersonalizzazione
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La spersonalizzazione totale è l'anticamera del Grande Fratello (e se lo dico io :occhiali: ). |
Re: Elogio della depersonalizzazione
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Re: Elogio della depersonalizzazione
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Re: Elogio della depersonalizzazione
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Re: Elogio della depersonalizzazione
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Rinunciare alla personalità non significa rinunciare alla distinzione tra bene e male, anzi è proprio la creazione del mito del carattere a creare i fraintendimenti comunicativi e le incomprensioni che generano poi conflitti e divergenze ideologiche. |
Re: Elogio della depersonalizzazione
sono tutti ossessionati dall'essere se stessi, essere veri, essere originali, non essere imologati.
queste sono cazzate. più che al grande fratello winston io tenderei al brave new world, che per me è un romanzo utopico, non distopico. |
Re: Elogio della depersonalizzazione
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Re: Elogio della depersonalizzazione
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Come ti ha risposto Vanitas, con la depersonalizzazione si annulla ogni fine. Se il sé non esiste, che senso ha tendere a un fine? Chi tenderà a questo fine? Tutto diventa un magma indistinto, tutto è uguale a tutto e nulla ha senso se io non esisto, se nessuno esiste. Quote:
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Re: Elogio della depersonalizzazione
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Re: Elogio della depersonalizzazione
Discussione interessante ma troppo filosofica e mentale per i miei gusti e per la mia propensione odierna a riflessioni di tal portata :)
Rimuginare troppo su molte questioni filosofiche porta ai pericolosi nichilismo e insensatezza di tutto. Depersonalizzazione? Vade retro Satana ;) Non sono per l'estremo individualismo perché sono un sostenitore, per certe cose, dell'agire in senso collettivo, altruista e socialista (politicamente parlando). Al tempo stesso trovo distopica una società dove c'è poca differenziazione, dove le persone arrivano ad omologarsi, essere fin troppo simili, essere poco critiche e passive nei confronti di tutto e di tutti perché, tanto, si evita di avere una coscienza individuale e si attinge da quella collettiva. A quel punto, cosa differenza Tizio da Caio? Pensando alle due tematiche di cui mi piace discutere, ovvero relazioni/sentimenti e sesso :D, senza una personalità una vale l'altra... Si assisterebbe ad una società orgiastica e basata sul poliamore. Probabilmente dopo le prime settimane passate a fare gang bang, diventerebbe tutto dannatamente noioso. Che incubo! :P Vedo che c'è paura del male, della sofferenza, dell'esserne permeabili. La sofferenza, il male fanno parte della vita ed è anche necessario viverli ed imparare a reggerli. Anche la bassa autostima e le implicazioni legate al senso d'inferiorità a causa di un'eccessiva personalità (secondo le teorie presentate) sono tutti scenari psicopatologici e non normali. Perché modellare la società ad immagine e somiglianza di ciò è antagonista alle proprie fobie? E' un vincere facile.... :) Poi, è anche vero che c'è tanto di cambiare di questa società ma io sono ben lieto di avere un po' d'individualismo, personalità, coscienza del mio io e di essere dannatamente materialista e terreno su alcune cose |
Re: Elogio della depersonalizzazione
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Se mi fossi impegnato a leggere i vari post e a rispondere al topic credo che non avrei saputo rispondere meglio! :bene: |
Re: Elogio della depersonalizzazione
Stai proponendo una rivoluzione copernicana improponibile.
Quando si gode di bassa autostima che si dia più importanza al proprio ego o alle azioni/cose che richiedono attenzione, costanza e applicazione non cambierà un bel nulla |
Re: Elogio della depersonalizzazione
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Re: Elogio della depersonalizzazione
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« Il nichilismo come negazione radicale o metafisica, è dunque negazione del senso dell'essere e degli enti in quanto significato e realtà sostanziali e valorativi, che possono essere tali solo in quanto fondati nell'assolutezza dell'essere. Nichilismo è dunque, essenzialmente, l'assoluta negazione di ogni assolutezza, che percorre le strade o dell'indeterminazione dell'essere e degli enti o dell’univocità radicale essere nulla » (fonte: Wikipedia) Del resto, se si nega l'esistenza della propria individualità, non si vede perché la successiva conseguenza logica non dovrebbe essere negare anche quella altrui, e di conseguenza mettere in discussione, nichilisticamente, i diritti (da un punto di vista sia etico che giuridico) che a quella vengono associati. Io non esisto come singolo individuo => posso pensare, provare e fare tutto e il contrario di tutto perché non ho carattere definito => quello che ricevo dall'esterno può essere visto come male o bene indifferentemente perché non ho una personalità definita che possa giudicarlo come tale, e a seconda della multiformità del mio carattere quello che ricevo dall'esterno può farmi male o bene => lo stesso può valere per gli altri => non ha senso parlare di diritti individuali => non ha senso qualunque forma di etica => nichilismo. |
Re: Elogio della depersonalizzazione
Partiamo da punti di osservazione differenti: tu fai del mio discorso una lettura ontologica con implicazioni etiche, quando l'intento soggiacente all'intera discussione riguarda tutt'altro...a me interessa demistificare la tendenza a incasellare le persone a seconda dei rispettivi caratteri e ad insegnare sin dall'infanzia a identificarsi in tratti comportamentali predefiniti.
Faccio un discorso totalmente riferito a me e alla mia esperienza: allo stato attuale delle cose non mi interessa che la gente mi giudichi in un determinato modo, non voglio essere giudicato negativamente ma nemmeno desidero essere riconosciuto come una persona dotata di determinate caratteristiche piuttosto che di altre. E ritengo anche più utile, nell'affrontare persone e situazioni, un approccio volto ad avvicinarsi il più possibile ad un'ideale di depersonalizzazione...un esempio? Devo fronteggiare un colloquio di lavoro ma anche un semplice tentativo di avvicinamento con scopi amicali/sentimentali ad una persona: se io mi affaccio a dette situazioni con un'idea di carattere (e tutto ciò che essa comporta, dai pregi ai difetti, dalle potenzialità alle debolezze) troppo definita, finirò per far deviare l'intero percorso dell'evento secondo quelli che sono i miei pregiudizi di conferma. Penso di non essere abbastanza preparato per affrontare quel colloquio o per ottenere l'amicizia/affetto di quella persona? Probabilmente finirò per dare vita a situazioni di fallimento da me stesso autogenerate. E la stessa cosa vale anche per quelle persone dotate del difetto opposto, ovvero un'eccessiva considerazione di sé nonché vanagloria. Possono queste persone raggiungere ogni volta il loro obiettivo basandosi su una percezione amplificata delle proprie forze? Probabile, ma è altrettanto probabile che finiscano per applicare altri filtri distorsivi alla realtà che possono sfociare in forme di megalomania o fastidioso narcisismo. E la ricetta per ovviare a tutto è, secondo me, affrontare quello che dobbiamo affrontare solo ponendoci un obiettivo, senza pensare a come siamo fatti (resta poi da considerare che noi non siamo fatti in un modo, ma ci sentiamo fatti in un modo), all'immagine che siamo soliti affibbiarci e quant'altro. |
Re: Elogio della depersonalizzazione
come sai ho un certo qual scetticismo in relazione all'assolutizzazione del potenziale cambiamento e al rifiuto categorico di concetti più attinenti alla sfera della staticità, da me invece considerati plausibili ritenendo io stesso alcuni piccoli aspetti verosimilmente troppo hardwired per essere modificabili con tempi e modalità realistiche.
Ciononostante mi fa riflettere che l'approccio qui proposto offre un punto di convergenza tra il mio modo di vedere l'Uomo e il tuo, proponendo di ignorare, per assurdo, che suddette differenziazioni esistano. Nel caso poi queste dovessero effettivamente esserci emergeranno naturalmente, senza le forzature o le sovracostruzioni tipiche di chi rende statico ciò che è per natura fludo. Essere uguali per essere diversi, essere aperti al cambiamento per capire dove non si può cambiare, essere flessibili per scoprire la propria rigidità. Separare gli aspetti contingenti da quelli necessari. |
Re: Elogio della depersonalizzazione
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Re: Elogio della depersonalizzazione
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